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Autore: Enchalott    28/08/2019    4 recensioni
Questa storia è depositata presso lo Studio Legale che mi tutela. Non consento "libere ispirazioni" e citazioni senza il mio permesso. Buona lettura a chi si appassionerà! :)
"Percepì il Crescente tatuato intorno all'ombelico: la sua salvezza, la sua condanna, il suo destino. Adara sollevò lo sguardo sull'uomo che la affiancava, il suo nemico più implacabile e crudele. Anthos sorrise di rimando e con quell'atto feroce privò il cielo del suo colore".
Genere: Avventura, Introspettivo, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Xiomar!
 
Il vento gelido del Nord imperversava con rinnovata collera, sollevando ondate tremanti di minacce e spruzzi salati dal mare violaceo e furente.
L’Amara - o ciò che era realmente - aveva ammainato le vele, prima a terzarolo e poi definitivamente, per evitare che venissero strappate dalle violente folate e continuava ad accostare, per eludere i gorghi che costellavano la superficie mobile del Pelopi in quel tratto. Il rischio di ammascare o, peggio, di disalberare si esplicitava nell’impegno frenetico di Dalian, che manovrava il timone consultando alacremente l’anemometro, infagottato nella cerata rossa per ripararsi dall’umidità e dagli schiaffi infuriati dell’oceano.
Le briglie del bompresso e le draglie schioccavano in modo sinistro, le sartie maggiori, agganciate alle bigotte e madide degli umori del mare, cigolavano la loro inutile protesta contro la terribile burrasca.
Bicks sbraitava ordini all’equipaggio, sovrastando il fragore dei flutti e il sibilo dell’aria, fissando risoluta un punto remoto dell’orizzonte con i capelli sparsi al vento, simile a una divinità guerriera: i marinai correvano a piedi nudi sul ponte per eseguire immediatamente i suoi severi comandi, certo più preoccupati dalle sue bieche arronzate che dalla tempesta in atto.
La nave si inclinava pericolosamente alle strambate, affacciandosi sulle bocche scure dei vortici, che minacciavano di risucchiarla nei loro ventri oscuri fatti d’acqua e morte, ma non si lasciava catturare dai loro mulinelli impetuosi, proseguendo ostinatamente per la sua strada, come se portasse in sé la memoria atavica del percorso per lei più sicuro.
“Ho sempre pensato che l’inferno fosse fatto di fiamme e brace” borbottò Dare Yoon, reggendosi al mancorrente del lungo corridoio di poppa e sentendo lo stomaco rivoltarsi allo stesso ritmo dei flutti rabbiosi “Invece, per tutte le dannate onde, possiede almeno un ingresso liquido, a giudicare dal finimondo là fuori!”.
“Risparmia il fiato per pregare Manawydan” disse Narsas, più divertito che scandalizzato dalle reiterate imprecazioni del compagno “Magari riesci a convincerlo con le buone a risparmiarci la vita!”.
“Loro non sembrano affatto preoccupati” notò Adara, indicando i due ufficiali impegnati a governare l’imbarcazione “Indaffarati sì, ma la paura è un’altra storia”.
“Bah!” grugnì il soldato “Saranno abituati al movimentato balletto, per esibire una tale faccia di bronzo. Non so se ringraziare questo intermezzo burrascoso, che sta impedendo loro di realizzare le losche intenzioni di cui sono armati, a questo punto”.
“Oppure hanno già percorso questa rotta e sanno come aggirare gli ostacoli” considerò l’arciere del deserto “Nonostante lo sballottamento, mi pare che stiano seguendo un tragitto molto preciso”.
La principessa fissò l’espressione concentrata del ragazzo, ancora una volta ammirata dalla sua perspicacia e dal suo sangue freddo. Sembrava, inoltre, che il rollio non gli creasse più problemi di mal di mare, il che era un vero miracolo. O uno spaventoso sortilegio che gli avrebbe prima o poi domandato il conto.
“Se è così” osservò poi, seguendo il suo ragionamento “Significa che ci stanno portando esattamente dove vogliono e che Neirstrin non è mai stata la loro meta”.
“Già” bofonchiò Dare Yoon “Quindi, anche se avessimo la meglio sulla ciurmaglia, il che è un puro miraggio, ci troveremmo ugualmente in un guaio smisurato, perché nessuno di noi sarebbe in grado di riportare la nave sulla sua rotta primigenia, soprattutto dopo aver attraversato una zona pericolosa come questa”.
“Noi no, ma Alyecc sì” affermò Adara, convinta “Io sono certa che ci aiuterà”.
“Tsk! E come farebbe a governare l’Amara con quattro servitori lobotomizzati? Non li avete visti? Non osano neppure alzare gli occhi da terra in sua presenza” ringhiò l’ufficiale, poco rassicurato dall’eventualità.
“Loro cinque più noi tre, se ben instradati” replicò Narsas “Ci si potrebbe anche riuscire. Ovviamente, sono convinto che quell’individuo farà esclusivamente il suo interesse. Il vero azzardo è quello di cadere dalla padella nella brace, a parer mio”.
“Va bene che vi chiamano i Guardiani del Mare, ma non sei un po’ troppo ottimista sulle tue inespresse doti di navigatore?” constatò Dare Yoon, scoccandogli un’occhiata acidissima “Comunque la questione non si porrà neppure e su questo sono pienamente d’accordo con te: il Daimar farà solo per sé”.
La principessa sospirò, rassegnata al fatto che l’uomo avesse etichettato definitivamente Alyecc come demone dell’ombra, seppur senza prova alcuna. Indubitabilmente, lo straniero era impenetrabile e apparentemente privo di sentimenti; le parole che gli uscivano dalle labbra confermavano una natura distaccata e inviolabile, pressoché inavvicinabile da tutto ciò che era semplice calore umano… ma lei aveva spinto lo sguardo in quei suoi occhi profondi e inflessibili, scorgendovi un crogiolo di sensazioni che non si erano lasciate volutamente interpretare, schermate da una ferrea volontà di isolamento.
“Narsas, anche tu sei convinto che sia una creatura oscura? In fondo, ti ha salvato la vita…” domandò in una composizione di speranza e timore.
L’arciere scosse la testa, incerto.
“Sinceramente non lo so. Non mi è mai capitato di essere così altalenante in una valutazione. È come sbattere contro un muro quando cerco di capire qualcosa di lui. Mi auguro solo che tu abbia compiuto la scelta giusta nel dargli fiducia”.
“Già…” mormorò lei altrettanto dubbiosa.
Da quando li aveva messi in allerta, tuttavia, Alyecc era sparito come era solito fare e Adara non aveva avuto occasione di indagare ulteriormente sul suo fermo “compirò quanto necessario”. Guardò l’eccentrico bracciale d’argento che portava al polso, lavorato a foggia di scaglie di pesce, e avvertì una fitta. Non era il Crescente però a pungerla con tale vigore: era la nostalgia che provava nel non averlo più incontrato, mista al timore di poterlo perdere senza averlo mai realmente trovato.
Che lo volesse ammettere o no, Alyecc l’aveva colpita profondamente. In sé avvertiva chiaro il desiderio di conoscerlo per davvero e parimenti la certezza che lui non lo avrebbe permesso per alcuna ragione.
Un lampo squarciò il cielo livido, seguito dal cupo rimbombo del tuono, che si infranse tra i cavalloni spumeggianti in un’eco rocciosa. Alcune gocce di pioggia gelata iniziarono a piovere sull’assito dell’Amara, lentamente, come se stessero compiendo un’esagerata fatica per precipitare dalle nuvole gonfie e scure.
Narsas ebbe un sussulto e istintivamente strinse nella destra il puntale dell’arco che teneva appoggiato a terra, pronto alla difesa.
Scrutò alle sue spalle il mare aperto, spingendosi nella densità della burrasca, attendendo che un nuovo fulmine gettasse la sua incandescenza sulle onde ribelli.
“Maledizione…” disse a fior di labbra, quando il fenomeno naturale ripeté la sua effimera opera di illuminazione.
Dare Yoon si voltò nella sua stessa direzione, senza vedere nulla. Fece per chiedere spiegazioni, ma un’ulteriore saetta serpeggiò attraverso i neri cumuli di vapore, esplodendo in un boato che scosse i pennoni svettanti del galeone.
Un’ombra inconfondibile, che si spostava con estrema rapidità tra i marosi ribollenti, apparve per un infinitesimo e tornò subito a celarsi tra il cielo e l’oceano.
“C’è davvero!” ammise sconvolto “La nave… quella che ci sta seguendo!”.
 
Le correnti vorticanti dell’oceano si erano quasi esaurite e l’Amara non era più costretta a procedere come in un labirinto costituito di innumerevoli porte. Rimanevano un vento meno teso e gli sporadici granelli di ghiaccio bagnato, che il firmamento ostile liberava su di loro con granitica insistenza.
Avevano rallentato sensibilmente. Forse, gli uomini di supporto ai remi erano stanchi, forse il capitano attendeva alla barra il manifestarsi di un pericolo ancora maggiore e più infido della tempesta che avevano quasi superato e si stava preparando ad accoglierlo. Forse, invece, avrebbe dato l’ordine di armare le vele di taglio e di procedere verso l’ignota destinazione finale.
Narsas e Dare Yoon si guardarono con inquietudine, indecisi sul da farsi e soprattutto sul ruolo dell’imbarcazione in scia, che appariva e scompariva come un fantasma.
“Dalian se ne sarà accorto ben prima di noi” ipotizzò l’arciere, con un rapido cenno del capo rivolto a poppa “Se sta riducendo la velocità si possono supporre solo due alternative: o si prepara a combattere perché sa di non avere scampo contro gli inseguitori oppure si tratta di una nave d’appoggio e in tal caso noi siamo davvero con le spalle al muro…”.
“Se invece non ha realizzato di avere uno scafo incollato al didietro” continuò il soldato, esponendo la tesi opposta “Non mi spiego il suo aver moderato l’andatura, ma penso che dovremmo avvertirlo che non siamo soli. Lo so che non è affatto nostro amico, ma questa intrusione da parte di terzi potrebbe costituire un lieve vantaggio per noi nel distoglierlo dal suo scopo principale”.
“Lo so io perché si sta fermando!” esclamò Adara affannata “Guardate laggiù!”.
I due uomini seguirono con gli occhi la direzione del suo indice puntato.
“Per tutti i diavoli…!” ringhiò Dare Yoon.
Una breve striscia di terra, sbucata come dal nulla, si profilava all’orizzonte interrompendo la linea ondulata del mare e appariva raggiungibile in un tempo molto esiguo.
“Sta aggirando le secche” brontolò Narsas, intuendo le intenzioni del capitano “Ci porterà esattamente su quella specie di scoglio, che non ho assolutamente idea di dove si trovi rispetto a Neirstrin!”.
“Io… io non pensavo ci fossero isole in mezzo al Pelopi” balbettò la principessa.
“Iniziano a esserci troppo cose che non so!” abbaiò il soldato, portando la mano all’elsa della spada “Sono davvero stanco di tutto questo dannato affare marinaro! Sarà un attracco per effettuare un rifornimento o una trappola perfettamente oliata che sta per scattare?”
“E’ Karadocc” pronunciò una voce alle loro spalle.
“Alyecc…” sussurrò la principessa, girandosi verso il nuovo arrivato.
L’uomo avanzò sulla tolda in un fruscio di stoffa bruna sollevata dalle raffiche di vento, seguito a rispettosa distanza dai suoi silenziosi servitori.
Narsas sbarrò gli occhi, osservando nuovamente l’isola a prua.
“Impossibile” brontolò Dare Yoon “Quella è una stupida leggenda!”.
“Come potete constatare, non lo è” ribatté Alyecc incolore “Abbiamo appena superato indenni il campo dei gorghi oceanici, la tempesta di fuoco e ghiaccio … e ora ci stiamo muovendo tra i banchi di sabbia senza problemi. Esattamente come scritto sui libri che avete letto”.
“Che cos’è Karadocc?” domandò la ragazza.
“L’isola dei pirati citata nei racconti di mare” rispose il soldato, sprezzante “Un luogo che si trova in mezzo al Pelopi, difeso dalla natura… sempre secondo i romanzi d’avventura, il che non è una dimostrazione della sua effettiva esistenza”.
Il forestiero rimase silenzioso e impassibile all’obiezione.
“E’ molto di più in realtà” interloquì l’arciere “Le storie cui fai riferimento dicono anche che sia il covo personale dei bucanieri più famigerati e temuti e che non tutti conoscano la via o posseggano l’abilità per arrivarci”.
“Precisamente” asserì Alyecc, celato nell’ombra buia del mantello “Iniziate a considerare di aver raggiunto il porto cui eravamo destinati sin dall’inizio del viaggio”.
“Voi lo sapevate!?” esclamò Adara, sentendo crollare tutte le sue fragili certezze.
“No” rispose lui “Io semplicemente non mi fido mai di nessuno per natura e quando i miei sospetti sono divenuti certezze, vi ho messo in guardia”.
“Che cosa suggerite, allora?” sbottò Dare Yoon, spazientito “Contando i membri dell’equipaggio, siamo cinque a uno, sempre che i vostri leccapiedi siano in grado di impugnare un’arma! Inoltre, temo che dovremo inserire nel conteggio anche la ciurma del veliero che ci sta raggiungendo in tempo zero!”.
“Esatto” affermò lo straniero “Dieci a uno per la precisione”.
Adara trattenne il fiato, terrorizzata, mentre i tre uomini si scrutavano duramente in silenziosa sfida di volontà e con tangibile insofferenza reciproca.
“Pare che la cosa vi diverta” dichiarò Narsas, sottile.
“Al contrario. È una fastidiosa seccatura cui porre argine” sogghignò Alyecc.
“Vi prego!” intervenne la principessa, interrompendo l’elettricità statica “Se voi avete in mente un piano, mettetecene a parte! Che cosa dobbiamo fare!?”.
L’uomo la fissò dall’oscurità del cappuccio, come se stesse riflettendo su quel drammatico appello appena rivoltogli.
“Aspettare” disse poi con gelida fermezza.
 
Karadocc era poco più di un grosso scoglio a precipizio sull’oceano, che lasciava intravedere alcune spaccature verticali da erosione nelle ripide falesie color crema, senza fornire a un primo sguardo la possibilità di un attracco. Pareva disabitata.
Ma forse, dalla prospettiva dell’oceano, era solo un trompe l’oeil e nascondeva nelle sue viscere frastagliate un passaggio o uno stretto corridoio d’acqua.
Bicks si liberò velocemente del mantello nero in cui si era avviluppata durante la tempesta, rivelando un’aderente casacca color cremisi, chiusa da un cinturone di pelle e tagliata di sbieco su un paio di pantaloni dello stesso colore.
“Ancore in afforco!” ordinò con le mani sui fianchi, scuotendo la lunga chioma corvina all’ormai moderata brezza “Veloci, branco di smidollati!”.
Tre marinai si affrettarono alla catena, facendo scendere rapidamente i due ormeggi, che sparirono con uno sciabordio nell’acqua buia.
“Cercate di abbrancare correttamente questa volta, se ci tenete alla testa!”
“Così li terrorizzi” ridacchiò Dalian, gettando la cerata umida su uno dei cassoni di tribordo “Per una volta che hanno accavallato le funi, tu li perseguiti per sempre!”
“Non voglio incapaci tra i miei uomini” saettò lei, seccata.
L’Amara si fermò, dondolando pigramente sul mare ancora mosso ma più tollerabile.
“Allibare il carico!” comandò la donna con gli stessi modi spicci e irruenti di poco prima, mentre alcuni membri dell’equipaggio acceleravano le procedure per disporre le scialuppe con alcune delle casse che ingombravano il ponte.
“Segnalo a Raidel che può avvicinarsi” comunicò Dalian, incrociando le braccia e seguendo con interesse le lance che venivano calate in mare.
Bicks annuì, traendo dal corpetto aderente una catenella con un ciondolo d’oro massiccio a forma di Jolly-roger, nelle cui orbite vuote splendevano due granati accesi come braci. La indossò e il teschio aureo parve prendere vita, ghignando sinistro e soddisfatto dal centro del suo petto niveo.
“Ah, presentazione in grande stile, quindi…” ridacchiò l’uomo, estraendone uno identico da una delle tasche degli ampi pantaloni bordeaux e mettendoselo al collo.
Lei sogghignò, stringendo alla vita la cinta che reggeva la sciabola infoderata e sistemandosela con noncuranza sul fianco sinistro.
“Armare le vele!” gridò poi, mentre Dalian osservava con ammirata attenzione i sei drappi del colore del sangue spiegarsi in verticale lungo gli alberi del galeone e poi disporsi di taglio in un’esibizione di minaccioso fasto, più vanesio che destinato a un utilizzo reale, dal momento che la nave era saldamente alla fonda.
La ciurma si dispose al proprio posto senza bisogno di ulteriori incentivi, accompagnando quella procedura familiare con sguardo carico d’orgoglio e di trepidante attesa. Il momento era giunto.
“Janiel!” continuò lei imperiosa, rivolta al marinaio più vicino “Gratta subito via quelle stupide “A” dalla mia prua, ne ho davvero abbastanza!”
“Sissignora!” scattò lui, efficiente.
La donna avanzò fino al punto più rilevato della tolda per essere visibile da ogni angolatura dell’imbarcazione, abbracciando con una scorsa inflessibile tutti i presenti e il suo regno mobile fatto di mare, legno, tela e corde. Sorrise aspra, incrociando gli occhi stupiti del piccolo gruppo di passeggeri, che non erano parte del suo mondo, ma che erano destinati a subirne la crudele legge.
“Issare le insegne” pronunciò infine a mezza voce, come in una sentenza.
La bandiera corse rapida lungo la fune, sventolando nell’aria fredda, finalmente affrancata dalla sua tediosa prigionia: esibì, fiera, un sibilante serpente di mare tinta avorio, avvinghiato ad un sottile pugnale ricurvo in campo nero. Libera di tornare ad essere il vessillo più temuto al mondo: quello inconfondibile della Xiomar.
 
“Che io sia dannato!” esplose Dare Yoon, fissando esterrefatto il leggendario stendardo pirata garrire al vento “Se interpretare in modo teatrale una sciocca storiella è un sistema per spaventarci, non ci riusciranno!”.
“Siete ancora persuaso che si tratti di una farsa?” osservò Alyecc, pungente.
Adara pensò con angoscia all’identificativo ridipinto sulla murata, giungendo in ultimo a capo del mistero: era stato semplice aggiungere una “A” al fondo dell’effettivo nome della nave, coprendone le prime tre lettere con la medesima vocale. Così Xio-mar era diventato A-mar-a. E loro erano tutti perduti. Nessuno era mai tornato indietro per testimoniare la reale esistenza di quel galeone di bucanieri senza compassione, che evidentemente non creavano prigionieri.
Il Crescente continuò a restare inerte, come se quella drammatica circostanza non costituisse per lei un terribile pericolo.
Narsas alzò gli occhi scuri e fiammeggianti sull’uomo incappucciato, pronto più che mai ad incoccare le frecce contro il nemico ormai dichiarato.
“Siete voi Tsambika?” domandò secco, trattenendo a stento la collera.
Alyecc rise, leggero come la brezza che faceva tintinnare le gallocce del galeone.
“Vi facevo più perspicace” rispose divertito “No. Non sono io. Ma se l’istinto non m’inganna, quell’anima persa farà presto la sua comparsa. Conoscere il suo volto, tuttavia, corrisponde a morte certa. State in guardia”.
“Come se non lo fossi già!” esclamò il soldato lì accanto, esasperato “Date l’impressione di essere tranquillo come un passero nel suo nido… che cosa state tramando, Alyecc? Parlate!”
“Tramando?” ripeté lui, con ironico rammarico “Siete fuori strada, Dare Yoon. Mi sto conservando per dopo, con la calma che mi è congenita. Fidatevi, ce ne sarà bisogno e non dovrei essere io a ricordarvelo. Avete una donna da proteggere”.
“Tsk!” sbottò il soldato, offeso.
“Posso combattere!” rimandò Adara, contraendo le dita sull’elsa della spada “Non voglio risultare un peso per nessuno, pensate prima alle vostre vite!”.
Narsas fece un passo verso di lei, affiancandola e stringendole un braccio. Le sue iridi scure erano un pozzo di decisione e di inquietudine.
“Tu starai dietro di me” disse “Mi guarderai le spalle mentre prenderò la mira, ma non ti muoverai da lì di un centimetro”.
La ragazza fece per obiettare, ma la sua attenzione fu sviata dall’imponente veliero che li aveva tallonati fino a poco prima e che stava ora abbordando a tribordo. A mascone, in alto, era incisa la parola Agewe, Spirito del Mare.
“La nave d’appoggio” commentò Alyecc, serafico.
Se non fosse stato tanto prezioso in quel frangente, Dare Yoon l’avrebbe strangolato con le sue mani, insieme con la sua insopportabile spocchia e con la sua fastidiosa indolenza. Invece, preferì scambiare un cenno con l’arciere Aethalas, che rispose in muta affermazione. La principessa andava salvaguardata ad ogni costo e, forse, quello era l’unico punto su cui loro due riuscivano a trovarsi unanimi e sul quale anche Alyecc avrebbe, forse, concordato.
 
Una lunga passerella di legno si agganciò con maestria alla murata della Xiomar e fu percorsa agilmente da due uomini, che saltarono sul ponte con estrema confidenza, ignorando il pesante beccheggio, evidentemente assuefatti a quella serie di manovre e all’interazione tra le due imbarcazioni.
Il primo, quello che sembrava il comandante, era sulla quarantina e aveva lo stesso ciondolo kitsch dei suoi compagni di scorrerie; era vestito totalmente di azzurro cupo, come se avesse l’intento di confondersi con le onde agitate dell’oceano. Portava un prezioso fazzoletto cobalto in testa, numerosi orecchini ai lobi ed era armato come una fortezza. Aveva uno sguardo tagliente: gli occhi del colore della nebbia, che spiccavano ammiccanti e crudeli sulla pelle abbronzata, impiegarono solo un istante a dedurre il quadro completo della situazione.
Il secondo, più anziano e tarchiato, esibiva un abbigliamento eccentrico e multicolore, forse per distinguersi dal compagno, e si lisciava con cura la barba rossiccia e incolta. Portava un brillante infilato nella piega del naso e pesanti stivali di pelle marrone, che risuonarono pesantemente sul tavolato al suo robusto incedere.
“Lieta di rivederti, Raidel!” esclamò allegramente Bicks, afferrando gli avambracci del filibustiere in blu in una rispettosa stretta a distanza “Noto con piacere che tu e Tajo siete in forma smagliante!”.
Il nuovo arrivato si inchinò con riguardosa deferenza, imitato dal collega.
“Mai quanto te, mia cara!” rispose poi sorridendo suadente “Come sempre sono ai tuoi ordini, Tsambika!”.
 
Tsambika…
‘Bika…
Bicks!
Dare Yoon sbarrò gli occhi incredulo, ripensando a tutta la faccenda del diminutivo, evidentemente vero, che lei gli aveva propinato.
Maledetta faina!
“Spassoso” considerò Alyecc, quasi annoiato “Il celeberrimo comandante pirata è in realtà una donna. Non ci avevo pensato, ma torna. Nessuno può essere tanto spietato quanto una femmina arrabbiata”.
“Piantatela con le citazioni!” proruppe Narsas “La ciurma della Agewe sta salendo a bordo fino all’ultimo mozzo e voi non sembrate intenzionato alla difesa!”.
“E’ l’effetto che miro ad ottenere” rispose l’uomo, inscalfibile.
La voce squillante e gelida di Tsambika giunse improvvisamente a loro, come uno sgradito verdetto.
“Signori!!” proferì sarcastica “Benvenuti a Karadocc, la mia umile dimora! Vi prego cortesemente di abbandonare le armi e di non opporre resistenza. Sarebbe un inutile spargimento di sangue. Come vedete, i miei uomini e quelli del mio secondo sono stanchi, desiderano solo sbarcare a terra con le tasche zeppe dei vostri averi e io non posso certo biasimarli. Conto dunque sulla vostra piena collaborazione… le vostre vite ora sono mie!”.
I suoi occhi a mandorla d’ossidiana incontrarono quelli blu notte di Dare Yoon, soffermandosi su di lui in un’occhiata intensa. Sorrise, ma con scarso calore.
“Ve l’avevo detto che sarebbe stato meglio assecondarmi…” gli disse maliziosa “Ora dovrete farlo per forza, se ci tenete alla pelle”.
“Potete scordarvelo!” ruggì il soldato, sfoderando la lama “Preferisco combattere fino alla morte! Mostratemi che siete più brava con la spada che con le lusinghe… Tsambika!”.
L’espressione della donna si fece irosa e risentita a fronte di quella sfida irriverente, ma non si mosse dalla sua posizione sopraelevata.
“Prendeteli!” ordinò perentoria alla ciurma, che aveva assistito allo scambio di battute trattenendo il fiato “Fatene ciò che volete! Ma non toccate quell’uomo. Lui è… mio!”.
I pirati esplosero in un grido di battaglia unanime e assordante, riversandosi con le armi in pugno da ogni dove, come un’inondazione, nella direzione dei loro sfortunati passeggeri, pronti a depredare, a duellare, a uccidere.
“Dietro di me, Adara!” mormorò Narsas, scagliando la freccia già incoccata e colpendo al cuore il nemico più vicino.
La ragazza si pose alle sue spalle, dandogli la schiena e brandendo a sua volta la spada contro chiunque osasse avvicinarsi troppo, decisa a coprirlo come aveva garantito poco prima.
I dardi inesorabili del guerriero del deserto iniziarono a conficcarsi nelle membra dei filibustieri con la rapidità dei fulmini in un temporale, estorcendo loro gemiti di dolore e imprecazioni. Le punte acuminate, intrise preventivamente di veleno, arrecavano danni irreparabili anche a chi veniva solo sfiorato o aveva la malaugurata idea di liberare le ferite dei compagni dall’asticella piumata sporgente dalle carni.
Narsas stava tirando per ucciderli ad uno ad uno e non per arrestare l’avanzata dei filibustieri. Non poteva permettersi clemenza e, forse, neppure quella drastica risoluzione sarebbe servita a salvarli. Altre vite, altro sangue… quando sarebbe finito tutto ciò? Svuotò la mente da ogni pensiero e da ogni dolore, concentrandosi solo sui bersagli mobili, che continuavano ad offrirglisi in un flusso inarrestabile di corpi. Avrebbe voluto mirare al capitano della Xiomar, che sbraitava direttive dall’alto, ma non ne trovava il tempo, circondato e bloccato dove si trovava; inoltre, la vita della principessa aveva la priorità nella sua missione e nel suo cuore.
“Tieni duro, Adara!” le disse, facendo nuovamente schioccare l’arco letale.
Dare Yoon si sarebbe diretto con decisione ad affrontare Tsambika almeno per sputarle in faccia, per farla finita con lei una volta per tutte, ma era troppo impegnato ad incrociare la lama con i suoi straripanti bucanieri, che lo attaccavano anche in due o tre per volta con il rischio costante di salire di numero e metterlo alle strette, così come aveva calcolato in precedenza.
Non c’erano aperture di sorta e la sua attenzione era agganciata con strenua resistenza a quel duello fatto di più mani, dal quale non riusciva a sganciarsi e nel quale la donna non aveva evidentemente intenzione di intervenire. Tuttavia, possedeva un vantaggio: lei aveva ordinato di non ucciderlo e i pirati vibravano i fendenti in modo eccessivamente accorto, per evitare di incorrere nella leggendaria disumanità della loro comandante. Tentò con l’arte della provocazione.
“Avete intenzione di farmi combattere con dei garzoni ancora bagnati di latte, Bicks? Non contate uomini veri nella vostra raffazzonata marmaglia di disgraziati? Scendete almeno voi che siete una donna, se avete davvero fegato!”.
“Come ti ha chiamata?” fece Raidel, strabuzzando gli occhi nell’udire il diminutivo e senza conoscere i trascorsi tra i due.
Lo sguardo della capitana mandava lampi d’ira e le sue guance diafane erano tinte di scarlatto per la rabbia contenuta a stento. Portò la destra al fodero penzolante, intenzionata a non sentirsi dare ulteriormente della vigliacca.
“No” intervenne saggiamente Dalian, trattenendola per il braccio “L’orgoglio mal riposto è un pessimo padrino. Lo sai”.
Lei si divincolò con fastidio, tuttavia non abbandonò la posizione, osservando truce il massacro in atto, sorpresa che le ciurme congiunte delle due navi non avessero ancora avuto ragione di quel pugno sparuto di incauti viaggiatori.
“Fermate quel dannato Aethalas, branco di idioti!” strepitò, battendo il pugno sul legno del parapetto.
“Tajo” chiamò Raidel, senza scomporsi, indicando la mischia “Laggiù”.
L’individuo tarchiato sogghignò, facendo baluginare i denti d’oro, avvicinandosi al suo compare e arrotolandosi le maniche policrome fino ai gomiti.
“Però!” commentò Dalian, ammirando la piccola balestra di corno agganciata al polso nodoso dell’uomo, con le estremità chiuse come ali di un uccello a riposo.
“Questa fa proprio male se ti prende” asserì lui con voce roca, azionando il meccanismo che divaricò l’archetto con uno scatto secco e sinistro.
Inserì alcuni dardi a doppia punta seghettata nella corsia, tirando la corda oltre la leva di sgancio, pronto a innescare il dispositivo contro chi più di tutti stava dando del filo da torcere ai compagni della filibusta.
“Vediamo se sono più preciso di te, ragazzo…” gorgogliò beffardo, sollevando l’arma.
Alzò l’occhiello e mirò a Narsas senza pensarci due volte.
   
 
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