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Autore: Sabriel Schermann    28/08/2019    3 recensioni
[Raccolta di Flashfics]
Frammenti di vita assaporati fino in fondo; istanti che segnano nell'intimo.
Vite intrecciate aggrappate a un debole bagliore di speranza.
[Raccolta classificata al sesto posto al contest "Il Contest del Simbolismo" indetto da Arianna.1992 sul forum di EFP]
Genere: Drammatico, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'La Casa di Cristallo'
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Questione di Sangue

 

 

 

 

 

Appena Sindy apprese la notizia corse di fretta fuori dal dipartimento di polizia, raggiungendo il marciapiede sconnesso nel tentativo di evitare i passanti. Li poteva udire protestare animatamente alle sue spalle, ma poco le importava in quel momento. Il proprio corpo era ormai così leggero da poter librarsi nel cielo, ma quando le gambe cedettero a causa della stanchezza, capì subito di non essere in grado di raggiungere l’ospedale a piedi. Ci mise qualche minuto a chiamare un taxi, ma ne valse la pena: l’ospedale distava solamente un quarto d’ora dall’angolo della strada in cui si trovava.
Era seduta alla sua scrivania quando Derek le si avvicinò quel pomeriggio, offrendole un pacchetto di gallette che lei gentilmente rifiutò.
«Da quant’è che non mangi qualcosa?» le chiese preoccupato il collega, quasi rimproverandola.
«Non ho fame» rispose Sindy di rimando, allontanandosi e raggiungendo il corridoio ormai vuoto.
«Ho delle faccende da sbrigare» mormorò, come giustificandosi.
«Ho sentito i genitori di Rickard questa mattina» la fermò l’uomo appena in tempo, «l’ospedale dice che forse il sangue non basta». La vide bloccarsi e impallidire improvvisamente. Il collega le spiegò che probabilmente i medici dovevano richiederne altro, ma non si sapeva quanto tempo ci avrebbe impiegato ad arrivare.
«Non sopravvivrebbe senza altro sangue» dichiarò Derek sconsolato, appoggiandosi a uno degli ampi tavoli dell’ufficio. Poi la vide fuggire via e riuscì chiaramente a immaginare quale fosse il suo obiettivo.
Quando la giovane vide il medico sfilarsi il camice, spalancò la porta del piccolo studio come uno squilibrato che ha tutt’altro che buone intenzioni. L’uomo fece in tempo a vederla inginocchiarsi ai suoi piedi con le mani giunte, supplicandolo di prendere il proprio sangue. Comprese immediatamente di chi si trattasse: la vedeva tutti i giorni da una settimana, ripetendo ogni volta la stessa routine. Si accovacciava accanto al letto di uno dei pazienti che aveva in cura, stringendogli la mano portandosela a una guancia, disperandosi.
Tentò di spiegarle che non sarebbe stato semplice, bisognava assicurarsi che fosse in salute e che i gruppi sanguigni fossero compatibili.
«La prego, sono una donatrice universale» rantolò Sindy e solo in quel momento il medico si accorse che stava piangendo. «Devo salvarlo, la prego» lo supplicò ancora in un singhiozzo.
Le lacrime sembravano tracciare una scia di fuoco sulle sue guance.
«Lei è chiaramente sotto peso, signorina» asserì l’uomo, «non posso accettarlo, mi dispiace» terminò duramente. Fece per allontanarsi, quando sentì due tenaglie stringergli forte le caviglie, rischiando di farlo ruzzolare all’indietro.
«Per favore!» gridò la donna con voce tremante. Il suo petto si alzava e abbassava aritmicamente.
«Non posso infrangere le regole» sbraitò il medico con aria stanca, «e ora esca dal mio ufficio!».
La vide alzarsi lentamente a testa bassa, per poi lanciargli un’occhiata infuocata: «Se Rickard morirà sarà soltanto colpa sua!» sibilò la ragazza, i capelli arruffati e gli occhi arrossati dal pianto.
L’uomo ebbe l’impressione di aver appena sfidato Lucifero in persona.


   
 
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