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Autore: pelham    02/09/2019    1 recensioni
Febbraio 1999. Dopo la battaglia di Hogwarts e la definitiva sconfitta di Lord Voldemort, molti Mangiamorte o simpatizzanti del Lato Oscuro si sono dati alla fuga. Un discreto numero di civili è disposto a dare loro la caccia per un prezzo onesto e gli Auror sono felici di chiudere un occhio quando un ricercato viene portato alla loro porta.
[Personaggi Originali || Il rating potrebbe subire leggeri cambiamenti]
Genere: Avventura, Comico, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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CAPITOLO QUARTO
Philomena Pfeiffer

La mattina dopo, Crankshaw andò a bussare alla porta di Pickering. I due avevano opinioni contrastanti sull’orario in cui diventava appropriato andare a bussare alla porta degli altri. Nello specifico, Crankshaw pensava che le sei di mattina fossero un orario appropriato, Pickering stava ancora dormendo. Riprovò alle sette, quando Pickering stava continuando a dormire. 
Questa volta bussò abbastanza forte da svegliarlo. Pickering aprì la porta assonnato e ancora in pigiama. 
“Leopold, cosa diavolo…?”
“Stavi ancora dormendo? Sono le sette”.
“Appunto”. 
Sbadigliando, Pickering gli fece cenno di entrare. “Non possiamo presentarci da… ehm, come si chiama…” Uno sbadiglio. “Philomena Pfeffer-”
“Pfeiffer”.
“Sì, lei… beh, non poss-” Un altro sbadiglio. “Non possiamo presentarci a casa sua alle sette di mattino”.
“Dobbiamo strategizzare, prima” ribatté Crankshaw. “Dobbiamo trovare un modo per scoprire se è davvero Lavinia Larcombe senza farle capire che è quello che stiamo facendo per evitare che si smaterializzi e scappi via”.
“Oh” mormorò Pickering. “Sì, hai ragione, ma, ehm, stavo pensando…”
“Sì?”
Pickering decise di sedersi sulla propria poltrona preferita prima che la potesse occupare Crankshaw. Il tè, ormai freddo, della notte prima era ancora lì. Agitò la propria bacchetta, mormorò la formula di un incantesimo e guardò le tazzine lievitare fino al lavandino e lavarsi da sole.
“Dicevo, stavo pensando, ehm, forse è meglio se vado da solo a parlare con lei”.
“Ti ho già detto che puoi prenderti tutto il merito”.
“No, no, non è per quello è solo che…”
“Sì?”
Pickering iniziava a credere di non essere poi un gran conversatore. Forse era il sonno, forse semplicemente l’argomento ma non gli venivano in mente le parole appropriate.
“Anche se non fosse Lavinia Larcombe è una... una bigotta, insomma, e tu sei un… beh, lo sai, e quindi…”
“Non ti preoccupare” tagliò corto Crankshaw. “Non ho intenzione di dirglielo. Comunque, stavo pensando. Tu sei più bravo a parlare, quindi tu ti occupi di quello, io trovo una scusa per guardare un po’ in giro e vedere se c’è qualche cosa di sospetto”.
“Mi sembra ragionevole” borbottò Pickering. “Ma non riesco a pensare prima di fare colazione”.
“Ci vediamo giù alle otto e trenta?”
Crankshaw non aspettò una risposta e uscì. “Non ho detto sì” disse Pickering tra sé e sé. Sapeva che se anche l’altro avesse potuto sentirlo l’avrebbe ignorato.
Ecco perché preferisco lavorare da solo, pensò. Al mondo, si disse, c’erano troppe persone che sottovalutavano l’importanza della colazione.

 

Pickering scese in ritardo di circa cinque minuti. I suoi genitori avevano sempre cercato di insegnargli che “arrivare in anticipo significa arrivare in orario, arrivare in orario significa arrivare in ritardo e arrivare in ritardo è inaccettabile” ma la frase non lo aveva mai convinto. L’unica cosa che gli era rimasta impressa di quella frase era che, a quanto pare, se arrivare in anticipo significava arrivare in orario e arrivare in orario significava arrivare in ritardo, allora poteva arrivare in ritardo ed era come arrivare in anticipo. I suoi genitori non erano mai stati d’accordo.
Quando arrivò, Crankshaw si guardò l’orologio ma non disse nulla. Per Moses Pickering, un ritardo di cinque minuti era da considerarsi breve.
“Ho pensato a quello che hai detto” disse Pickering. “Parliamone mentre camminiamo. Vive su Terry Lane, una laterale di Church Street. Ho chiesto alla signora Brinton”.
“Chi?”
“La tesoriera della Libera Associazione… insomma, quelli del Graal”.
Pickering iniziò a camminare e Crankshaw lo seguì. L’intero villaggio di Pennfroe poteva essere percorso a piedi in pressoché quindici minuti, diciotto al passo lento di Moses Pickering. Abbastanza tempo per parlare.
“Comunque”, ricominciò Pickering, “innanzitutto dobbiamo trovare un motivo per cui ci faccia entrare…”
“Beh, possiamo cercare di venderle un’enciclopedia”.
“Sii serio, per favore”.
“Le diciamo che dobbiamo farle qualche domanda… per me ha sempre funzionato”.
“Tu vai in casa della gente, chiedi di fare qualche domanda e loro ti fanno entrare?”
“Se hai in mente qualcosa di migliore…”
A Pickering piaceva avere chiaro quello che stava facendo. Non poteva negare di non amare Pennfroe, ma avrebbe preferito trascorrervi due o tre giorni in più piuttosto che precipitarsi a casa di Philomena Pfeiffer senza un vero piano. Ma ancora peggio di precipitarsi a casa di Philomena Pfeiffer senza un vero piano era lasciare che ci si precipitasse Leopold Crankshaw.
Ma nonostante tutto, non aveva in mente qualcosa di migliore. Trascorse un buon quarto d’ora a pensare a tutte le scuse che poteva usare (“buongiorno, signorina Pfeiffer, stiamo conducendo un sondaggio…” o “dobbiamo controllare che tutta la vostra roba elettrica e altri apparecchi simili siano in ordine”, arrivò persino a riconsiderare l’enciclopedia) con scarsi risultati. 
“D’accordo, allora” disse, più a se stesso che a Crankshaw. “Facciamo così. Tu trova una scusa per allontanarti e cerca di vedere se trovi qualcosa”.
Arrivarono presto a Terry Lane. Naturalmente, tutte le case erano uguali identiche le une alle altre. Erano delle villette a schiera di color crema, ognuna con un piccolo giardino. Tutti i giardini, naturalmente, erano tenuti alla perfezione, se per perfezione si intende che non c’era niente di veramente particolare o interessante in essi, ma neanche qualcosa di veramente brutto o negativo. 
La casa al numero sette non faceva eccezione. Neanche le streghe con vaghi sentimenti anti-babbani potevano evitare di tagliare l’erba almeno una volta la settimana a meno di non voler incorrere nell’ira dei vicini di casa. E anche le streghe con vaghi sentimenti anti-babbani sapevano che al mondo c’erano poche cose più temibili di una coppia di vecchietti pensionati sputasentenze disposti a scrivere lettere con parole forti riguardo al prato dei vicini. 
“Sei sicuro che sia la casa giusta?” chiese Crankshaw.
“Direi di sì. Perché?”
“Niente, è solo molto… babbana”.
Pickering decise di suonare il campanello. 
Non rispose nessuno.
Suonò di nuovo.
Ancora nessuna risposta.
“Forse non è in casa” disse Pickering. “Molte persone non sono in casa di mercoledì mattina”.
“Meglio”. Crankshaw tirò fuori la bacchetta. “Diamo un’occhiata indisturbati”.
“No, Leopold, non puoi semplicemente…” Normalmente Crankshaw avrebbe evitato di ascoltarlo e avrebbe aperto la porta lo stesso. Ormai, Pickering lo aveva capito, il pattern era quello: lui diceva di non fare qualcosa, Crankshaw la faceva lo stesso. A scuola lo ricordava come uno studente ligio alle regole ma certe cose cambiano quando si cresce. “Metti via quella bacchetta. Sai meglio di me che i babbani amano spiare la gente dalla finestra”.
Crankshaw esitò. Infrangere lo statuto di segretezza non comportava sempre problemi legali (in genere era un semplice errore che veniva risolto con qualche incantesimo di memoria) ma spesso significava dover avere a che fare con la burocrazia infinita del Ministero della Magia. Tutti i maghi avevano una paura condivisa di essere scoperti da qualche babbano.
“E credo che tu sappia anche”, aggiunse Pickering, “che entrare in casa della gente senza il loro permesso è illegale”.
“Non lo saprebbe nessuno” borbottò Crankshaw. “E se io fossi un Mangiamorte che nasconde qualcosa metterei degli incantesimi protettivi su casa mia”.
“Una ragione in più per non entrare spavaldamente con poco più di un Alohomora!”
“Ero molto più preparato di…”
Prima che Crankshaw potesse finire di mentire, si interruppe. Notò, esattamente quando lo notò anche Pickering, che non erano da soli. Era arrivata a un certo punto (quando non lo sapeva e non lo avrebbe mai saputo) una donna. O forse alcuni avrebbero detto una ragazza. Era di quell’età, appena superati i venticinque anni in cui si smette definitivamente di essere considerati ragazzi a meno che non bisogni partecipare in una conversazione in cui un vecchietto deve lamentarsi dei giovani di oggi. 
“Posso aiutarvi?”
“No” assicurò Crankshaw, ed era abbastanza sicuro della propria risposta. L’unico modo in cui quella donna avrebbe potuto aiutarli era tornando indietro nel tempo e non finendo dietro di loro nel momento in cui stavano considerando se valesse la pena entrare in casa di una sconosciuta per guardare se aveva dosi di Polisucco nel cassetto delle medicine.
“Siete davanti a casa mia” osservò la donna. 
“Ah, abita qua?” chiese Pickering indicando la casa numero sei, di fronte alla casa numero sette. Ci sperava poco anche lui.
“Abito al numero sette. E voi stavate parlando di Mangiamorte?”
“Non esattamente”.
“Philomena Pfeiffer?”
“Sono io”.
In quel momento la mente di Moses Pickering fu attraversata da un fiume di pensieri che andavano dal terrorizzato al falso-rassicurante-ma-in-fondo-terrorizzato ma l’unica cosa di tutto ciò che trasparve fu un sorrisetto nervoso che avrebbe fatto preoccupare chiunque lo conosceva bene ma che poteva apparire come assolutamente naturale a una sconosciuta. “Dovevamo giusto parlarle” le disse.
Philomena Pfeiffer lo guardò aggrottando le sopracciglia. C’erano molte cose che altri avrebbero detto in quella situazione. Per esempio, alcune persone avrebbero detto che non volevano far entrare due persone che fino a due minuti prima stavano considerando di violare il suo domicilio o che l’avevano subdolamente accusata di essere una Mangiamorte. Philomena Pfeiffer, però, non era una di quelle persone.
Si limitò a mormorare: “ma io non ti conosco?” e a guardare Pickering con attenzione un altro po’. “Massì! Eri Prefetto di Serpeverde, vero? Quando io ero al primo anno eri all’ultimo!”
“Oh” mormorò Pickering. Anche lui, se fosse stato nella situazione della Pfeiffer, avrebbe detto qualcosa riguardo ai Mangiamorte o alla violazione di domicilio e per questo rimase piuttosto stupito. “Sì, lo ero ma devo ammettere che non mi ricordo di lei”.
“Non ha importanza. Dicevate che dovevate parlarmi?”
“Già”.
“Volete entrare?”
“Sì”.
La casa non sembrava avere ulteriori incantesimi difensivi. Philomena Pfeiffer aprì la porta con una chiave (“i babbani spiano sempre dalla finestra, non posso usare liberamente un incantesimo” disse e Pickering annuì con fin troppo vigore e diede un’occhiata che voleva essere piena di significato a Crankshaw). Se la casa fuori sembrava positivamente babbana, all’interno la situazione non era molto diversa.
Se non fosse stato per una fotografia di famiglia in movimento esposta su uno scaffale non si sarebbe mai detto che era la casa di una strega. 
Crankshaw si defilò chiedendo dove fosse il bagno e Pickering cercò di dargli un’occhiata che voleva significare: diciotto minuti di camminata e non sei riuscito a pensare a una scusa migliore? ma non era certo che Crankshaw l’avesse visto. E forse era meglio così perché in diciotto minuti di camminata lui non era riuscito a pensare a nulla di meglio di “dobbiamo farle qualche domanda”. Inoltre, e questa era la cosa peggiore, di cui si stava rendendo conto solo in quel momento, non aveva pensato a che domande fare.
Philomena Pfeiffer lo fece accomodare non smettendo per un attimo di parlare di infiniti argomenti che non lo interessavano per nulla (più un argomento che lo interessava particolarmente e che riguardava la vita personale della signora Evans che viveva lì di fianco; Pickering aveva un certo debole per i pettegolezzi) e lui cercò di pensare a che domande fare. 
Poi, Philomena Pfeiffer si sedette di fronte a lui, lo guardò negli occhi e disse: “so perché sei qui”.
“Eh?”
“Lo so, è per quella storia con il signor Roberts, vero?”
“Ehm…”
“Senti, lo so che non è…” Alzò gli occhi al cielo. “Politicamente corretto chiamare gente così sanguesporco…” 
Pickering sentì il disagio che provocava sempre in lui quella parola. Ringraziò mentalmente che Crankshaw non fosse nella stanza.
“E non ho niente contro Llewellyn Roberts o niente del genere, sono solo stata un po’ emotiva. Insomma, non che io fossi a favore di Tu-Sai-Chi, anzi, conosco molti nati-babbani e ti dirò, nessuno di loro ha problemi a farsi chiamare sanguesporco, comunque sia, ne conosco molti, sono anche miei amici, anche il signor Roberts è una brava persona però senti, semplicemente credo che ultimamente si stia cercando di andare un po’ troppo nell’altra direzione e non mi sembra giusto, peraltro mia cugina conosce un mago a cui un sanguesporco ha davvero rubato la magia, lo so che non tutti sono così, però, voglio dire, ci sono e la gente decide di non fare niente solo perché anche Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato era contrario a questa cosa, ma non è che solo perché Lui era contrario a qualcosa allora quella cosa è giusta, capisci? E quindi quel giorno ero un po’ arrabbiata e ho finito per dire cose che non avrei dovuto dire a Roberts ma non perché io abbia qualcosa contro di lui o gli altri nati-babbani, era solo uno sfogo, capita anche ai migliori, e loro adesso mi trattano tutti come se fossi una specie di Mangiamorte”.
Philomena Pfeiffer non brillava certo per intelligenza o abilità o capacità oratorie ma non si poteva negare che fosse capace di tenere il fiato per un periodo di tempo estremamente lungo. Tutto il suo discorso fu fatto senza prendersi neanche una pausa, neanche un momento per prendersi un respiro. Alla fine, Pickering si sentiva sfiatato al posto suo.
“Sono… sono sicuro che sia così” disse, perché sapeva che in quel momento era meglio dire qualcosa per evitare che lei ricominciasse il discorso. “Quindi quello con Llewellyn Roberts è stato un incidente isolato?”
“Oh, assolutamente, insomma, sì, ho chiamato altre volte dei nati-babbani sanguesporco ma non perché io abbia qualcosa contro di loro è solo un termine appropriato e poi non è così offensivo insomma è descrittivo e io non mi offenderei se fossi al loro posto insomma sì lo so che tutto quello che è successo…”
Pickering vide Crankshaw rientrare nella stanza mentre lei andava avanti. Si alzò di scatto e la donna si interruppe. 
“Molto interessante” disse. “Davvero molto interessante, è davvero ottimo sapere che non è una Mangiamorte. Ora dobbiamo andare. Ehm. Non si sa mai chi invece sia un vero Mangiamorte. Saluti!”

 

Leopold Crankshaw aveva detestato Philomena Pfeiffer sin dal primo momento. In parte era perché Leopold Crankshaw detestava quasi tutti sin dal primo momento. Alcune persone, poi, finiva per detestarle sempre meno fino a quando non le detestava più. In parte era anche perché non era particolarmente affezionato ai maghi bigotti, per ovvi motivi. Ma soprattutto era perché non sembrava essere capace di tacere.
Quando le chiese dove fosse il bagno era più per non sentire più la sua voce che per andare veramente a curiosare e vedere se trovava qualcosa di sospetto. 
Lanciò un incantesimo imperturbabile sulla porta ma era assolutamente sicuro che anche se si fosse messo a rompere vetri in bagno non l’avrebbe sentito nessuno. Oltre a non tacere, Philomena Pfeiffer parlava con una voce stridula, odiosa. 
Certo, Crankshaw odiava la voce della maggior parte delle persone. Aveva un udito sensibile. Quella di Philomena Pfeiffer però, era sicuramente una di quelle che odiava di più.Il bagno, constatò appena entrato, sembrava uscito dall’hotel di Shining. Era giallo. Quasi tutto nel bagno era giallo e un giallo forte.
Un giallo che la maggior parte delle persone non avrebbe usato neanche nella camera da letto di un bambino ma che per qualche motivo qualcuno aveva pensato dovesse essere il colore di ogni singola cosa in quel bagno. Anche gli asciugamani erano gialli. 
Normalmente Crankshaw sperava di aver trovato la persona giusta per tornarsene il prima possibile a casa. In quel caso, sperava di aver trovato la persona giusta perché significava mandare Philomena Pfeiffer e i suoi asciugamani gialli ad Azkaban.
Decise di guardare dentro l’armadietto dei medicinali. 
Dentro c’erano un’infinità di pozioni e boccette vuote. Per un attimo, pensò di aver davvero trovato della Polisucco. Poi si rese conto che si trattava di una comune pozione anti-raffreddore.
Chiuse l’armadietto. 
Guardò nei cassetti (gialli) del cassonetto (giallo) che si trovava vicino al lavandino (giallo) e constatò che tutti erano pieni solo di asciugamani di scorta (gialli).
Puntò la bacchetta sulla porta (gialla).
Finite Incantatem”.
Uscì. Sentì che nell’altra stanza, Philomena Pfeiffer stava continuando a parlare ininterrotta. Decise di dare un controllo rapido alla camera da letto. 
La prima cosa che notò era che non era per niente gialla. Poi, notò che si trovava in un incredibile disordine, al contrario del resto della casa.
Poi notò il cane enorme che dormiva sul letto.
Nel mondo magico la maggior parte delle dispute legali sono risolte privatamente. La pratica dei duelli è ben accetta e solo tre incantesimi sono proibiti (nonostante ci siano infiniti altri incantesimi che possono portare a risultati simili a quelli degli incantesimi proibiti). Insomma, i maghi e le streghe hanno una concezione morale drasticamente diversa da quella dei babbani. Non c’è da stupirsi quindi se, non appena visto un cane dormiente, l’istinto di Crankshaw fu di lanciargli un incantesimo per metterlo definitivamente fuori gioco.
Immobulus!
Il cane, che era già immobile, non sembrò avere una reazione. Crankshaw riusciva ancora a sentire Philomena Pfeiffer parlare dal salotto. Chiuse la porta della camera da letto, lanciò un incantesimo imperturbabile e spalancò l’armadio.
Nella maggior parte degli armadi ci sono dei vestiti e quello di Philomena Pfeiffer non faceva eccezione. Nessuno di quei vestiti sembrava essere una tunica nera che incute timore del tipo che indossano tutti i Mangiamorte o altri personaggi che vogliono apparire particolarmente malvagi o misteriosi. D’altra parte, c’erano due tuniche gialle.
Chiuse l’armadio. Guardò sotto il letto. C’erano alcuni vecchi libri. Riconobbe la copertina di Mille Erbe e Funghi Magici. Tra le altre cose, notò una piccola scatoletta di legno. Era ormai quasi completamente convinto del fatto che Philomena Pfeiffer era estremamente irritante, decisamente non una brava persona ma probabilmente non Lavinia Larcombe. Ma neanche il più cinico cacciatore di Mangiamorte (e il titolo non spettava certo a Crankshaw anche se gli sarebbe piaciuto; neanche lui poteva raggiungere i livelli di cinismo del cacciatore irlandese Eoin O’Connell) poteva perdere completamente la speranza di trovare delle prove per incastrare qualcuno il prima possibile e andare via da un villaggio gallese abitato da maghi complottisti e babbani pettegoli.
Vedere una scatola nascosta sotto un letto equivaleva quasi a una confessione nella mente di Leopold Crankshaw. Quasi perché non conosceva ancora i contenuti della scatola in questione. Era chiusa a chiave.
Alohomora”.
Aprì la scatola. Se fosse stato più attento a certi dettagli avrebbe notato che era di legno pregiato e che vi erano incise le iniziali P. C. P. e uno stemma che probabilmente qualcuno aveva attribuito alla propria famiglia nella speranza di farla sembrare nobile. 
Ma Crankshaw non prestò attenzione a nulla di tutto ciò. L’unica cosa che notò era che la scatola era vuota. Tentò una quindicina di incantesimi diversi e anche l’antico metodo babbano di provare a rompere la scatola (al contrario dei propri antenati, ebbe la possibilità di ripararla con la magia). 
Alla fine dovette ammettere che la scatola era effettivamente vuota. Non c’era un doppio fondo. Non c’erano oggetti invisibili. Non c’erano messaggi nascosti (solo a quel punto si concentrò sulle incisioni).
Era solo una scatola. La riportò sotto al letto. In un momento di disperazione e sicuramente sopravvalutando le abilità sia di Lavinia Larcombe che di Philomena Pfeiffer, tentò di individuare una botola o una stanza segreta. 
Con sempre meno speranza e convinzione, controllò i comodini (pieni di cartacce e zellini che se fosse stato un uomo migliore non sarebbe stato tentato di rubare), il tetto (un normale tetto privo di stanze segrete ma con una ragnatela abbastanza minacciosa in un angolo) e alla fine si arrese. 
Finite Incantatem”. Il cane, che era stato immobile sin da prima dell’incantesimo congelatore, continuò a non muoversi.
Di nuovo lo stesso incantesimo alla porta. 
Tornò verso il salotto.
“-perché io abbia qualcosa contro di loro è solo un termine appropriato e poi non è così offensivo insomma è descrittivo e io non mi offenderei se fossi al loro posto insomma sì lo so che tutto quello che è successo…”
Vide negli occhi di Pickering un’emozione che non può essere descritta ma che consiste di un mischio di irritazione, disgusto e soprattutto moltissima disperazione. Sembrò addirittura grato di rivederlo. 
Pickering balzò in piedi. “Molto interessante!” esclamò. “Davvero molto interessante, è davvero ottimo sapere che non è una Mangiamorte. Ora dobbiamo andare. Ehm. Non si sa mai chi invece sia un vero Mangiamorte. Saluti!”
Philomena Pfeiffer apparve inizialmente confusa. Poi si lasciò andare in un fiume di saluti riempito di aneddoti vari e frasi prive di senso logico. Crankshaw uscì senza salutare.
Non appena la porta si fu chiusa dietro di loro, Pickering tirò un sospiro di sollievo. “Credevo che non ne sarei mai più uscito”.
“Beh” borbottò Crankshaw. “Direi che questa è stata una gran perdita di tempo”.
Pickering sospirò di nuovo, questa volta non di sollievo. “Sì” ammise. “Onestamente, ho capito che non era Larcombe quando mi ha riconosciuto. La Larcombe vera è andata a Hogwarts solo quando noi ce ne eravamo già andati e io non sono certo abbastanza famoso perché lei mi riconoscesse. Però cosa dovevo dirle? Che non dovevamo più farle domande?”
“Non ha importanza. Andiamo, dai”.
La parlantina di Philomena Pfeiffer sembrava aver ottenuto un effetto positivo nel senso che Pickering, per timore di essere come lei, non parlò fino a quando non furono di nuovo davanti alla porta del Bed and Breakfast della Signora Jones.
“Inizio a credere che non la troveremo” mormorò. “Nessuno l’ha vista. Nessuno la conosce. Passano un sacco di maghi ogni giorno a cercare il Sacro Graal…”
“Probabilmente Caractacus Ironbark ha mentito. Succede. Peccato per i miei cinquanta galeoni”.
“Sì, hai ra… no, aspetta…” Pickering si interruppe nella maniera in cui si interrompono sempre i cacciatori di Mangiamorte quando credono di avere l’Illuminazione riguardo a chi è il Mangiamorte che stanno cercando. “Adesso che ci penso, c’è un’altra bigotta arrivata da poco nel villaggio e che molti non conoscono ma che potrebbe assomigliare a Lavinia Larcombe”.
“Chi?”
“Martha Clarke”.
“Ripeto: chi?”
“Martha Clarke? Dell’Esercito della Salvezza?”


Nota post-capitolo: Nonostante io mi basi perlopiù sulla vecchia traduzione (nello specifico, cose come Platano Picchiatore piuttosto che Salice Schiaffeggiante o Tassorosso piuttosto che Tassofrasso) per abitudine e perché è quella che ho conosciuto quando ho letto i libri per la prima volta, ho deciso di utilizzare Sanguesporco come traduzione di Mudblood al posto del mezzosangue che viene usato talvolta nella vecchia traduzione perché mi è sempre sembrato poco sensato. 
Per il resto credo non ci sia molto da dire. Vorrei ringraziare chi ha messo la storia tra le seguite e chi continua a leggere in silenzio. Dovrei continuare ad aggiornare regolarmente se tutto va bene, quindi il prossimo capitolo sarà probabilmente lunedì prossimo.
Arrivederci

   
 
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