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Autore: Dreamer47    03/09/2019    0 recensioni
Seguito di Heartbeat: ambientato all'inizio della sesta stagione.
Dal testo:
"Un po’ stordito aprì gli occhi trovandosi disteso su di un divano a lui sconosciuto: mise a fuoco la stanza intorno a se, non riconoscendola, finché una figura comparve e si diresse nella sua direzione.
“Sei sveglio finalmente, raggio di sole!” Scherzò una voce femminile a lui davvero familiare, sedendosi.
“Hailey?” Biascicò il ragazzo ancora molto confuso, passandosi una mano sul viso e sedendosi. “Dove mi trovo?”.
“Al sicuro” disse una voce ancora più familiare di quella della ragazza davanti a se. “Ciao Dean”.
Il ragazzo alzò lo sguardo, chiedendosi se fosse solo un sogno o se fosse la realtà, ma quando incrociò il suo sguardo, si riprese del tutto e sgranò gli occhi.
“Sam..?!” Chiese scosso, alternando lo sguardo incredulo fra i due.
[...]
Dean sentí gli occhi pizzicare ed il suo cuore esplodere di felicità.
Fece un balzo in avanti e si avvicinò velocemente al fratello, stringendolo tra le braccia. Come poteva essere tornato? Quando era uscito dalla gabbia?
Lasciò le domande per dopo, si strinse al suo fratellino godendosi il momento, mentre la felicità si impossessò di lui e si lasciò invadere da un senso di pace.
Genere: Drammatico, Erotico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bobby, Castiel, Dean Winchester, Nuovo personaggio, Sam Winchester
Note: Lemon, Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Sesta stagione, Più stagioni
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Family don't end with blood'
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Capitolo 15.
One thing right.




Due colpi alla porta. Per più di un istante fu tentata di non alzarsi dal divano e non aprire la porta. 
Sapeva bene chi fosse e cosa volesse, ma forse era un po troppo arrabbiata per parlare. 
Avere saputo del ritorno di Dean in quella maniera l'aveva davvero scossa e non poteva neanche pensare lucidamente in quel momento, figuriamoci parlare con lui. Lasciare che le parlasse, che le spiegasse le sue azioni così sconsiderate o il motivo che lo aveva spinto a non andare da lei non appena avesse messo piede sulla terra. 
Altri due colpi alla porta, più forti e decisi dei precedenti, e Katherine sobbalzò leggermente, sentendo la sua rabbia montare e desiderando che il maggiore dei Winchester svanisse dalla sua porta. 
Aveva sentito una decina di minuti prima il rombo dell'Impala avvicinarsi al suo vialetto, alla casa che avevano scelto insieme dopo che i Leviatani l'avessero rapita e che Bobby fosse stato assassinato da Dick. 
Dopo essere evasa dalla prigionia grazie al cacciatore più anziano, Dean le aveva chiesto di vendere la sua casa di Lawrence e trasferirsi, cambiando città e permettendo anche a Judith di cominciare un'altra vita lontana dai pericoli. 
Osborne non era poi così male come città, dopo poco tempo la figlia si era ormai ambientata e aveva preso bene il trasferimento, sapendo la madre sana e salva sempre vicina a lei e Katherine non poteva che essere contenta di tornare a passare il suo tempo con lei. 
Di nuovo, due nocche bussarono con violenza contro la porta di Katherine ed ebbe paura che se non avesse aperto avrebbe addirittura sfondato la porta di casa. 
"So che sei in casa, apri questa maledetta porta!". 
La donna sbuffò e scese dal divano, e quando si trovò faccia a faccia con lui quasi sentí il fiato venirle meno, perché Dio, era così bello e così dannatamente triste allo stesso tempo. 
Non aveva avuto modo di osservarlo prima, ma sul viso barbuto spiccavano i suoi grandi occhi verdi così spenti, cerchiati da occhiaie scure e uno sguardo così colpevole, come un cucciolo che sa di avere combinato un guaio e che non riesci proprio a rimproverare. 
Katherine avrebbe voluto sapere cosa ci fosse che non andava, perché la luce nei suoi occhi era cambiata così tanto. Cosa avesse vissuto durante quell'anno in purgatorio. Perché non era venuto da lei. 
Dean la guardò dritto negli occhi e la bocca gli si asciugò improvvisamente, le parole gli morirono in gola e i discorsi che aveva preparato nella sua mente fecero tabula rasa, cancellandosi del tutto e lasciandolo impreparato davanti agli occhi un po delusi e un po arrabbiati di Katherine. 
La osservò bene e vide un viso stanco e triste, e per un attimo pensò che fosse un riflesso del suo. 
"Dobbiamo parlare".
Due parole e la donna sentí nuovamente la rabbia dentro di sé, il cuore perdere il conto dei battiti in eccesso. 
"Beh, non pensi di essere in ritardo di 6 mesi?". 
"Kath, ho guidato tutta la notte per venire da te, dammi 5 minuti.." sussurrò l'uomo sospirando, rimanendo dritto davanti alla sua porta con sguardo quasi implorare. 
E Katherine sospirò rumorosamente, chiedendosi quando mai lo avesse visto in quelle condizioni. Jud dormiva da un'amica, così la donna decise di farlo entrare e lentamente aprí del tutto la porta, invitandolo ad entrare con un cenno del capo e lo sguardo quasi seccato. 
Dean fece qualche passo ed entrò nel piccolo ingresso, notando come tutto fosse rimasto lo stesso, le stesse due foto riposte sul piccolo mobile del corridoio che portava alla cucina: la prima ritraeva una Katherine di forse tredici anni insieme a suo padre e Bela, con un grosso sorriso sul volto, e la seconda rappresentava uno dei loro natali alternativi passati a casa di Bobby; i fratelli Winchester stavano seduti al tavolo con un'espressione sorridente e quasi felice, Haiely abbracciava Sam da dietro, mentre Katherine era stretta alla vita dal braccio di Dean e stringeva anche Judith, che lo guardava con un sorriso pieno di amore. 
"Birra?" chiese la donna superandolo e raggiungendo la cucina senza attentendere una risposta. 
L'uomo accennò un sorriso ed avanzò verso di lei, trovandola già appoggiata all'isola della cucina con i gomiti mentre stringeva la sua birra fra le mani, mentre un'altra era posta dall'altra estremità del bancone. 
Dean sospirò, capendo che Katherine non lo voleva piu vicino del necessario e la osservò, perdendosi nei suoi occhi blu proprio come avrebbe fatto fino ad un anno prima. 
"I 5 minuti passano" disse Katherine bevendo qualche goccio della sua birra, non riuscendo però a staccare gli occhi dai suoi.
Dean bevve dalla sua bottiglia e tornò a guardarla: lo sguardo glaciale, le labbre strette in una smorfia di insofferenza. 
Come poteva biasimarla, sapeva di avere fatto un errore a non dirle del suo ritorno, a non alleviare il suo dolore. 
Avrebbe voluto tanto parlarle, lo aveva desiderato tutti i giorni e le notti negli ultimi sei mesi, ma preferiva soffrire che rivelarle di essere tornato a metterla di nuovo in pericolo. 
"Tu non sei venuto da me!" esclamò Katherine prendendo la parola e sollevandosi dall'isola della cucina, appoggiando i palmi aperti delle mani e sentendo il marmo freddo.
Lo guardava negli occhi e Dean percepí l'astio e persino un po di fastidio nella sua voce. 
"Non mi scuserò per averti tenuta fuori dalla caccia" disse l'uomo facendo appena spallucce e ricambiando lo sguardo duro. "Tu e Jud avete cambiato vita e..". 
"E questo te l'hanno detto Sam ed Haiely? Perché loro sanno tutto di me.." disse ironicamente la donna, scuotendo la testa e bevendo qualche sorso della sua birra. 
"Li ho convinti io a non dirti nulla". 
Katherine lo guardò ancora negli occhi e sapeva bene che stesse cercando di proteggerli, scaricando la responsabilità solamente su di lui. Ma lei lo conosceva meglio delle sue tasche e sapeva che lo avrebbe detto. 
"Non ho mai smesso di cacciare, neanche per un giorno. Non da quando sei scomparso!" esclamò la donna stringendo i pugni e fissandolo con uno sguardo di fuoco. "Tu credevi davvero che io potessi stare lontana dalla caccia? Io?".
Dean deglutí a vuoto per un paio di volte, poi sospirò sentendo una stretta allo stomaco: non aveva mai smesso di controllarla da quand'era tornato, come aveva fatto a sfuggirgli? 
"Perché non lo hai detto a Sam ed Haiely?". 
"Perché non volevo farli preoccupare! Si sono appoggiati a me perche pensavano che io stessi reagendo bene a tutto questa merda!" esclamò Katherine alzando il tono della voce di qualche tono e sgranando gli occhi, come se avesse detto la cosa più ovvia del mondo e Dean non riuscì a fare altro che abbassare lo sguardo e sentirsi uno stupido, perché non ha ragionato con lucidità. "Per un anno intero sono stata ossessionata dall'idea che tu e Cas foste dispersi da qualche parte e voi non siete venuti ad avvertirmi che eravate tornati!". 
"L'ho fatto per te!". 
"L’unica cosa che ho sempre voluto è che tutti voi stesse bene, non importa quanto fosse brutta la situazione!". 
"Non era mia intenzione ferirti, volevo solamente fare quello che era meglio per te!" esclamò Dean quasi con disperazione, guardandola con confusione e cercando di chiudere in positivo quella discussione. 
Katherine lo guardò per qualche altro secondo, sentendosi davvero ferita ed annuì lentamente; abbassò il capo nel tentativo di nascondere i suoi occhi lucidi. 
"I 5 minuti sono scaduti.." sussurrò la donna con voce spezzata dal dolore che provava e fece il giro dell'isola per recarsi all'ingresso ed invitarlo ad uscire, non riuscendo più a sopportare quella situazione. 
"Aspetta.." sussurrò Dean afferrandole il braccio appena prima che uscisse dalla cucina e finalmente la donna lo guardò di nuovo negli occhi. 
Vide il suo dolore e sentí il cuore così pesante: Dean aveva sentito al sua mancanza fino allo sfinimento, così come Katherine aveva sentito la sua. 
La donna lesse nei suoi occhi una grande stanchezza, forse dettata dalla guidata notturna e sospirò con disappunto. 
"Puoi restare nella camera di sopra stanotte, ma te ne vai prima che Judith torni!". 
"Voglio che anche lei sappia che sono tornato, le voglio bene e..". 
"Non voglio illuderla del fatto che rimarrai!" esclamò Katherine interrompendolo e liberandosi dalla presa del ragazzo sul suo braccio.
"Sai che ho stretto un legame con Judith quando tu non c'eri, la amo come se fosse mia figlia!" esclamò Dean aggrottando le sopracciglia ed allargando leggermente le braccia. "Voglio vederla". 
"Chi ti credi di essere?" chiese Katherine riducendo gli occhi a due fessure e guardandolo in cagnesco. 
"Solo un uomo che vi ama con tutto sé stesso e che non ha mai smesso di proteggervi da quando è tornato!". 
La donna sentí il fiato venirle meno ed il cuore perdere qualche battito udendo quella frase, mentre studiava lo sguardo che il cacciatore le stesss riservando: così dolce e tenero, come se fosse la persona più innocente del mondo. 
Ed improvvisamente capí, tutto le fu chiaro. 
"Hai mandato qualcun altro a proteggermi, a parte Garth, vero?".
Dean accennò un sorriso imbarazzato ed annuí, guardandola negli occhi e sperando che riuscisse a leggere l'immenso amore che non aveva mai smesso di provare. 
Sentí il cuore farsi pesante e strinse la mandibola con una smorfia, sentendo gli occhi pizzicare e velarsi di un leggero strato trasparente. 
"In questo momento vorrei davvero prenderti a pugni in faccia.." sussurrò Katherine con voce tremante, stringendo i pugni e guardandolo con gli angoli delle labbra piegati all'ingiú. 
Lentamente, Dean le si avvicinò di qualche passo lasciando che le braccia gli scivolassero lungo i fianchi, e le sorrise teneramente, spostandole una ciocca dietro l'orecchio. 
"Fallo se ti fa sentire meglio..". 
Katherine detestava farsi vedere fragile, specialmente da Dean, ma non riuscì a trattenere due lacrime solitarie che le rigarono il volto. 
"Ti odio davvero, ti odio così tanto per avermi fatto questo e per avermi fatto male per l'ennesima volta.." sussurrò con voce rotta avvicinandosi di qualche passo e guardandolo con occhi rossi e gonfi di lacrime trattenute.
E poi fu un attimo: strinse le braccia attorno al suo collo e respirò ancora una volta il profumo della sua pelle, stringendolo in un forte e profondo abbraccio. 
Come una molla, Dean ricambiò immediatamente la stretta poggiando la sua fronte contro la spalla della ragazza e solo in quel momento che la teneva così stretta permise a sé stesso di realizzare quanto davvero gli fosse mancata. 
"Sono così felice che tu stia bene, mi dispiace di non esserti stata accanto quando sei tornato..".
Quelle parole pronunciate con voce rotta dal pianto, fecero sì che l'uomo stringesse ancora di più la presa su di lei, stringendola e baciandole delicatamente la tempia: sapeva quando fosse stato difficile per Katherine avvicinarsi e abbattere il suo muro interno, così com'era costato molto a Dean guidare tutta la notte per andare da lei a spiegarle la situazione. 
 

 
 
"Così siete Uomini di Lettere, eh?".
Katherine girò per la grande sala lettura all'interno del bunker, puntando gli occhi sulle grosse librerie e soffermandosi sulla moltitudine di libri che gli Umanisti avessero raccolto nell'ultimo secolo e mezzo: li conosceva bene, molti li aveva anche letti sotto consiglio di Giles che teneva molto alla preparazione culturale e folkloristica della sua Caciatrice. 
Dopo aver parlato per qualche ora con il maggiore dei fratelli e aver riposato un po, erano ripartiti insieme per tornare nella nuova casa dei Winchester e di Hailey, e Katherine aveva continuato a scrutare ogni angolo per la curiosità.
In quel momento sollevò lo sguardo verso Sam e Dean, che la guardarono di rimando con aria sorpresa: nessuno si aspettava che tornasse con quella calma e quella pacatezza che non l'aveva mai contraddistinta, ed invece se ne stava con un grosso sorriso sulla faccia, come se il tempo non fosse mai passato e non le avessero mai mentito. 
"Si, nostro nonno faceva parte del Consiglio.." sussurrò Sam accennando un sorriso, seduto al tavolo centrale della sala e con i gomiti appoggiati ad esso. 
"È la nostra eredità!" esclamò Dean accennando una risata, con la schiena appoggiata alla sedia e le gambe sdraite sul bordo del tavolo. 
Katherine lì guardò per qualche secondo, poi spostò lo sguardo su sua sorella che non aveva ancora detto nulla, tenendosi stretta alla sua sedia come un naufrago al salvagente appena lanciato: sapeva quanto potesse essere difficile per lei tornare in un posto del genere ed accettare il fatto che Sam e Dean fossero degli Uomini di Lettere. Esattamente come quegli uomini che l'avevano addestrata per tutta la vita e che le avevano completamente rovinato l'infanzia e l'adolescenza, finché non era riuscita ad evadere. 
"A te va bene restare qua?". 
Haiely rispose con una smorfia e roteò gli occhi in un gesto di insofferenza, come se avesse sentito quella domanda almeno un centinaio di volte negli ultimi sei mesi; si sollevò dalla sedia e disse che avrebbe preparato dei panini, dirigendosi in cucina ed evitando di rispondere alla domanda. 
Katherine fece una smorfia nervosa, chiedendosi mentalmente perché Sam avesse permesso di farla vivere lì; decise di non fare ulteriori domande e sospirò, sedendosi sulla sedia di fronte a Dean e rubandogli dalle mani la birra appena iniziata, guadagnandosi un'occhiataccia. 
Chiese di essere aggiornata, non tralasciando assolutamente nulla per essere completamente preparata per qualunque cosa sarebbe arrivata contro di loro: scoprí che Kevin fosse stato rapito da Crowley per tradurre la Tavola dei Demoni e aprire così le porte dell'inferno per sempre. Ma il ragazzino era stato più furbo del demone e aveva letto la parte opposta della Tavola, quella che suggeriva il metodo efficace per sigillare l'inferno e per uccidere i demoni con un incantesimo, che aveva usato per scappare da Crowley e rifugiarsi in un posto sicuro. 
Dopo una breve riunione con Kevin e sua madre, il profeta aveva cambiato aria, comunicando loro con un biglietto che stava andando via e che non sarebbe stato più utile nel ruolo di profeta poiché la Tavola era rimasta nelle mani di Crowley. 
I Winchester ed Haiely lo cercarono, ma Kevin era bravo a coprire le sue tracce, e così passarono le settimane, mentre nuove città e nuovi casi li accompagnavano nella loro solita routine a Mostroland. 
La minore delle Collins poggiò la birra ormai mezza vuota sul tavolo di legno e si alzò, incurante che i ragazzi stessero provando a coinvolgerla in una delle loro conversazioni sulle cacce, e si diresse verso la cucina nel tentativo di cercare sua sorella: si sporse appena dallo stipite e la vide fissare un punto davanti a sé, come se fosse preda di ricordi spiacevoli, intrappolata in chissà quale incubo ad occhi aperti che credeva di avere ormai rimosdo totalmente dalla sua mente. 
Katherine sapeva che avrebbe dovuto fare qualcosa, doveva aiutare sua sorella in quel periodo così brutto, ma a stento riusciva a tenere se stessa in piedi; la verità era che si sentiva anche un po in colpa, cosciente di tenere nascosta una grande verità che non voleva a rivelare per nessun motivo. 
Se solo avessero saputo, Hailey sarebbe stata molto peggio. 
Sospirò silenziosamente e riprese a camminare in quel corridoio così uguale agli altri: pareti bianche, identiche porte in legno scuro che sembravano ripetersi all'infinito. Superò quella che doveva essere una dispensa, poi la lunga serie di bagni comuni, un magazzino pieno di fascicoli che avrebbe amato sfogliare e conoscere, così come aveva sempre fatto quando era poco più di una bambina e il Consiglio aveva preso ad allenarla. 
Le si presentò un altro lungo corridoio a destra e pensò per l'ennesima votla che quel posto fosse un labirinto, ma vi si infilò notando i numeri scorrere sulle porte; erano tutte chiuse, tranne una che era socchiusa ed attirò la sua attenzione. 
La spinse leggermente per capire di che tipo di stanza si trattasse e rimase sulla soglia ad osservare: un grande letto sfatto a due piazze era posto al centro della stanza e aveva l'aria che qualcuno vi avesse fatto visita di recente, sopra la testiera vi erano appoggiate al muro una serie di armi da fuoco e pungenti, quasi come se chiunque dormisse lì si sentisse più al sicuro ad averle a portata di mano; un armadio con le ante scorrevoli semiaperte stava sulla destra, mentre una scrivania arrichiva la parete di sinistra, sulla quale spiccava in bella vista un giradischi e dei preziosi album in vinile. Non ebbe alcuna difficoltà a capire a chi appartenesse quella stanza. 
Avrebbe pure richiuso la porta dietro di sé, se solo la sua attenzione non fosse stata attirata da un malloppo di foto poste sul comodino: spinta dalla curiosità si avvicinò, prima di essersi assicurata di avere via libera, e si sedette sul letto, capendo immediatamente che quella fosse la stanza di Dean. 
La prima ritraeva un bambino di forse due anni con dei capelli biondo oro che stringeva forte fra le braccia la sua mamma, che sorrideva con tenerezza verso di lui e gli riservava uno sguardo carico di amore; Katherine sorrise a quell'immagine e notò come la foto stesse prendendo ad ingiallirsi sui lati, segno dell'usura del tempo. 
La posò delicatamente sul comodino, quasi a disagio ad avere sbirciato in un ricordo troppo privato di Dean; un'altra foto la fece sorridere: lui e Sam, da ragazzi. Davano le spalle al cartello che segnalava la scuola di New Orleans, Dean stringeva con delicatezza le braccia attorno al collo di un Sam molto basso e piccolo, che sorrideva e aveva uno sguardo carico di speranza e fiducia nel suo futuro, molto diverso da quello di un Dean diciassettenne, con l'aria scocciata, presumibilmente perché John lo aveva costretto ad accontentare un capriccio di suo figlio minore, e proprio non gli andava di farsi vedere dagli altri studenti mentre abbracciava il suo fratellino rompiscatole. 
Poi lo sguardo della donna cadde su una foto particolare ed il sangue le si gelò nelle vene, non aspettandosi che Dean la conservasse: era uno scatto rubato, loro due a letto insieme, lei che tentava di nascondere la testa sul suo petto, lui che la stringeva e le baciava forte una tempia stringendola forte a sé con il braccio. 
Era proprio l'essenza della loro relazione, uno che scappa e l'altro che cerca di rincorrerlo.
Ma non adesso, non più almeno. 
Posò le foto sul comodino e si alzò dal letto leggermente amareggiata: anche se era passato un po di tempo, avrebbe sempre fatto male. 
Si guardò attorno ancora un po e poi sgattaiolò fuori dalla porta, chiudendosela alle spalle e sospirando.
"Katherine..?".
La voce di Dean proprio accanto a sé la fece sobbalzare, voltandosi di scatto e vedendolo con un'espressione interrogativa sul volto. 
"Ti stavamo cercando, perché eri nella mia stanza?". 
"Non sapevo fosse la tua stanza, entro dovunque per studiare il posto.." sussurrò la ragazza sorridendo beffardamente, nascondendo il fatto che avesse sbirciato fra le sue cose. "Haiely mi ha chiesto di vivere qui, mi sto facendo un'idea". 
"V-vuoi vivere qui?". 
"A me piacciono le case vere, non i bunker sotterranei.." sussurrò la ragazza facendo spallucce e ridendo nervosamente, sotto gli occhi interrogativi dell'uomo che la studiava. 
Si guardarono per qualche secondo e Dean fece una smorfia ed annuí leggermente, intuendo che non volesse portare sua figlia in una casa come quella. 
"È meglio che ora vada: stasera torna Jud e non voglio lasciarla sola, quindi.." sussurrò la donna sorridendo e stringendosi nelle spalle, prima di superarlo di qualche passo nel corridoio. 
"Ti accompagno io". 
"No, vado con un'auto del vostro parcheggio se non vi dispiace" disse la donna annuendo e il suo sorriso cominciò a scemare, voltandosi a guardarlo con aria un po seria. "Ho bisogno di pensare un po, riflettere su.. Tutto questo!".
Dean annuí e parve capire, quando alzò lo sguardo su di lei le sorrise leggermente e la studiò: aveva il viso stanco, ma sarebbe stata in grado di affrontare il viaggio da sola. 
"Adesso vado.." sussurrò Katherine facendo un saluto con la mano e non aspettando neanche una risposta, si voltò e tornò sui suoi passi fino ad arrivare alla sala centrale per raggiungere Sam ed Haiely. 
Sapeva che Dean non avesse smesso di guardarla, sentiva il suo sguardo performante sulla schiena il suo sguardo indagatore. 
Sapeva che sicuramente avesse intuito qualcosa, dal suo modo di fare, il suo nervosismo.
Poi sorrise, sapendo che avrebbe potuto tenere un segreto con chiunque, tranne che con lui, che la conosceva troppo bene e sapeva benissimo cosa le stesse succedendo con un solo sguardo. 
 

 
 
L'acqua batteva con forza contro le vetrate del salotto, il cielo scuro era illuminato da alcuni chiari fulmini e Katherine si godeva lo spettacolo seduta sul divano ed accoccolata su una coperta; erano le 22:30 e tra poco sarebbe rincasata sua figlia, che le avrebbe sicuramente dato sollievo solamente con un sorriso. 
Aver saputo del ritorno di Dean l'aveva turbata, ma anche resa felice, aveva sollevato dentro di lei dei dubbi, si chiedeva se lo amasse ancora ma la sua mente inserì quel quesito fra i più ridicoli di sempre, perché mai avrebbe smesso di provare quei sentimenti verso di lui. D'altronde erano legati persino da una profezia. 
Katherine non poté fare a meno di notare quanto lo sguardo di Dean fosse cambiato, era più freddo e distaccato, e non poté fare altro che biasimarlo perché nessuno poteva sapere ciò che aveva passato in purgatorio, se non lui. 
La porta di casa sbatté forte e la donna sobbalzò, pensando che avrebbe potuto continuare a ripetere a sua figlia di accompagnare la porta invece di sbatterla, ma lei avrebbe continuato a non ascoltarla. 
Judith continuava a crescere e della sua bambina con i riccioloni d'oro era ormai rimasto ben poco, lasciando spazio ad un corpo di una quasi sedicenne: ormai il suo viso stava prendendo i lineamenti di una donna, i suoi capelli erano diventati di qualche tono più scuro, mentre sul suo volto spiccavano quegli occhioni verdi ereditati da Henry. 
Era diventata molto matura e cresceva a vista d'occhio, facendo sentire la mancanza alla sua mamma. 
"Sono a casa!" esclamò Judith entrando nel salotto trascinando un borsone forse troppo pesante per lei, prima di gettarlo ai piedi del divano. 
Katherine le sorrise e tese le braccia nella sua direzione, abbracciandola e stringendola forte: le era mancata per tutta la settimana e avrebbe tanto voluto tornare da lei ogni giorno. 
Respirò il suo odore dai suoi capelli un po umidi dalla pioggia e la coprí con la sua coperta, prima di schioccarle un bacio sulla testolina profumata. 
"Mi sei mancata tanto, piccola!" esclamò Katherine stringendola ancora e sentí una leggera pressione da parte di sua figlia, che probabilmente ne aveva abbastanza di quell'abbraccio asfissiante. 
"Anche tu, mamma!" rispose la figlia, divincolandosi e sorridendo. "Cuciniamo qualcosa? Sto morendo di fame!".
La donna sorrise e non se lo fece ripetere due volte, prima di alzarsi dal divano e preparare una di quelle schifezze che tanto piacevano a sua figlia. 
Mangiarono raccontandosi com'era stata la loro settimana distanti: Judith le raccontò della scuola e degli esami, e come il suo migliore amico Chad le avesse rivelato il suo amore per lei, e Katherine le raccontò della caccia, rispondendo alle innumerevoli domande che sua figlia le riservò, spinta dalla curiosità. 
Quando ebbero finito Katherine mise a posto la cucina, riordinandola e lavando i piatti, mentre sua figlia rimase seduta sul tavolo a guardare qualche diavoleria sul cellulare; proprio quando Katherine continuò ad asciugare lo stesdo piatto, nello stesso punto, sua figlia prese a fissarla, notando il suo sguardo vitreo perso nel vuoto ed aggrottò le sopracciglia, guardandola con curiosità. 
"Tutto bene, mamma?". 
Katherine sgranò gli occhi e parve ritornare alla realtà, guardandosi intorno ed osservando sua figlia che la guardava con aria preoccupata, chiedendosi cosa ci fosse che non andava. 
"Che ne dici se ce ne andiamo via per un po? È da tanto che non stiamo insieme!" esclamò la donna dopo averci riflettuto per qualche secondo, posando il piatto ed appoggiandosi all'isola con i palmi aperti. "Però niente cellulari!". 
"Si, va bene, solo noi due: mi piace!" rispose la figlia sorridendo e riponendo il telefono in tasca. 
"Bene.." disse la madre sospirando, voltandosi verso la finestra e notando come il temporale fosse ormai finito da un pezzo, pensando che del tempo da sola le avrebbe fatto solo bene. 
"Ma che succede?" chiese Judith aggrottando le sopracciglia, guardandola con aria disorientata. "È successo qualcosa?". 
"No tesoro, prepara le tue cose!" esclamò Katherine sorridendo, passandole accanto e schioccandole un bacio sulla testa, prima di scomparire fra le scale buie e dirigersi al piano di sopra. 
"Vuoi partire adesso?". 
Judith sgranò gli occhi e la vide sparire al piano di sopra, essendo davvero sicura che qualcosa fosse successo e che sua madre non volesse parlarne. Qualcosa inerente alla caccia? O si trattava di ciò che Katherine nascondesse a sua zia Haiely e a Sam? 
Sbuffò e salí al piano di sopra, cosciente che durante quelle giornate avrebbe scoperto tutto. 
 
 
 
 
La casa sul Waconda Lake apparteneva ai Collins da generazioni, tutta la famiglia a turno l'aveva usata per fare una breve vacanza e staccare la spina divertendosi nel lago: Katherine e la sua famiglia erano soliti andarvi per brevi periodi, e lei aveva mantenuto la tradizione portandovi spesso sua figlia. 
Facevano molte cose insieme, dalle escursioni per le montagne vicine a giornate intere passate al lago, nuotando e passando le giornate con spensierstezza: in quel momento del giovedì pomeriggio, Katherine e Judith stavano sdraiate sulle loro sdraio bianche in riva al fiume, sentendo il flebile sole penetrare la loro pelle e riscaldarle.
Erano quasi le 5 del pomeriggio e la donna si tirò su, sedendosi sulla sdraio e guardando sua figlia con un sorriso fra le labbra. 
"Vado al supermarket qui vicino a comprare qualcosa da mangiare per stasera, d'accordo?". 
Judith annuí e sospirò, tirandosi a sedere anche lei e guardandola con aria un po preoccupata; si tolse gli occhiali da sole e sospirò. 
"Mamma non mi fraintendere, ci stiamo divertendo ed è tutto fantastico, ma tu non stai bene..".
"Di che parli? Io sto benissimo" rispose la donna sorridendo con troppa veemenza, meritandosi un'occhiataccia da parte di sua figlia che sollevò un sopracciglio. 
"Sai, a volte anche io agisco come te: chiudo tutti fuori e sorrido e dico che tutto va bene. Ma ho capito che agire così è sbagliato, reprimi i tuoi sentimenti e te stessa e..". 
"Dove hai sentito tutte queste parole?" chiese Katherine aggrottando le sopracciglia e fissandolo con aria sorpresa. 
"Il punto è che così mi spaventi!!".
Judith alzò di qualche tono la voce e sua madre si ritrasse indietro di qualche centimetro, non essendo abituata a sentire sua figlia parlare in quella maniera: forse fu quello il momento in cui realizzò che non aveva ancora respirato davvero da qualche giorno a quella parte. 
"No tesoro, non c'è niente di cui preoccuparsi.." sussurrò Katherine sospirando lentamente, respirando bene l'aria e riempiendo i suoi polmoni. Si passò una mano fra i capelli e guardò per qualche secondo il pavimento. 
L'ultima cosa che avrebbe mai voluto era proprio spaventare sua figlia, l'unica che aveva sempre cercato di proteggere e di escludere dal suo mondo fatto di sangue ed uccisioni.
"Ti devo dire una cosa.." continuò la donna sospirando ancora, alzando lo sguardo ed accennando un sorriso amaro. "Dean, lui..". 
"È tornato?!" chiese Judith sgranando gli occhi e facendole un grosso sorriso, mentre una strana luce di speranza si faceva largo dentro di lei.
"Si tesoro..".
"Come? Quando? Perché non me l'hai detto subito?" chiese la ragazza sorridendo ancora di più, battendo le mani come se fosse una bambina. "Verrà anche lui qui?". 
Katherine sorrise nel vederla così entusiasta, sapeva quando lei gli fosse affezionata e quanto lui le volesse bene, così si limitò a lasciare che sua figlia tirasse fuori tutte le sue emozioni, guardandola con un calore al cuore che credeva di avere dimenticato per sempre. 
Poi qualcosa successe ed il volto di sua figlia divenne meno radioso, mentre il suo sorriso sghembo scemò, fino a che le sue labbra divennero una leggera linea sottile. 
"Vuol dire che andrai via di casa? Che ci vedremo di nuovo una volta a settimane e..".
"No! Non andrò da nessuna parte! Staremo insieme, te lo prometto!" esclamò Katherine con voce perentoria, carezzandole il volto e sorridendo. 
Judith annuì leggermente e si sforzò di sorridere un po di più, sapendo di poter credere alle parole di sua madre che mai l'aveva tradita. 
"Quando è tornato? Perché non è ancora venuto qui?". 
"È occupato, la caccia lo assorbe e.." iniziò la donna schiarendosi la voce e sorridendo con troppa veemenza, ma sua figlia la interruppe, guardandola con occhi sgranati. 
"No, non è vero! Sei arrabbiata con lui, ma perché?".
Katherine rimase a bocca aperta per qualche secondo, poi rise nervosamente e si chiese mentalmente come facesse a conoscerla davvero cosi bene. 
"Qualsiasi cosa abbia fatto, Dean avrà avuto i suoi buoni motivi. Sai che non ti metterebbe mai in pericolo e sai anche che ti ama in maniera incondizionata; metti qualsiasi astio da parte e cerca di capire per quale ragione ha fatto ciò che ha fatto se non vuoi perderlo..".
La donna sgranò gli occhi e rimase nuovamente senza parole, guardando sua figlia con aria un po attonita e chiedendosi da chi diavolo avesse preso per ragionare in quella maniera. 
"Oh mio Dio, ma sei sicura di avere 16 anni?" chiese ironicamente la donna ridendo, passandole una mano sulla testa e scomoigliandole i capelli. "Sono stata fortunata ad avere te!". 
Katherine si allungò di qualche centimetro e l'abbracciò stretta, schioccandole un bacio sulla testa e sorridendo di felicità. 
"Ti voglio bene, lo sai vero? Nessun genitore ama il proprio figlio come io amo te!".
Judith ricambiò la stretta e questa volta non fece pressione per sciogliere l'abbracciò, stringendo forte la sua mamma.
"Anche io ti voglio bene, ma adesso è tempo di preparare la cena ed io ho fame!" esclamò la figlia ridendo, facendo segno alla madre di correre a fare la spesa con un simpatico sorriso sul volto. 
Katherine sorrise e si alzò, dirigendosi alla sua auto, avendo già in mente quale schifezza bomba calorica avrebbe cucinato quella sera per la sua bambina. 
 

 
 
 
Il supermarket era molto piccolo rispetto a come se lo ricordava, o forse era lei che si era abituata a vivere nella sua nuova e grande città, dove il più piccolo supermercato era su due piani e si estendeva per mezzo mezzo miglio.
Katherine salutò l'uomo sui sessant'anni che stava seduto dietro al bancone, intento a guardare qualche soap opera alla TV, e cominciò a cercare fra gli scaffali qualcosa di gustoso che sarebbe sicuramente piaciuto a sua figlia, mentre Judith ispezionò l'altro lato delle corsie; parlare con lei di Dean l'aveva quasi rassicurata, non si aspettava che potesse essere così riflessiva ed oggettiva, in fondo aveva sempre meno di sedici anni. Come poteva essere così acuta? 
Sorrise a quell'idea e mise nel suo carrello dei pacchi di cosce di pollo confezionato appena usciti dal bancone frigorifero e si recò in un altro reparto in cerca delle patate, che avrebbe messo al forno e già immaginava l'acquolina in bocca di sua figlia. 
Prese qualche schifezza da mangiare durante la cottura della carne e si avviò verso la cassa, quando la punta del suo carrello contro quella di qualcun altro, e lo sguardo le cadde sul contenuto: birre e giornali porno. Wow, tipico di un uomo ordinario di quel luogo. 
"Scusi, non l'avevo completamente vista..".
Katherine alzò di scatto la testa, guardandolo con occhi sgranati ed espressione stranita: la sua voce l'aveva riconosciuta subito, ma quando i suoi occhi le diedero conferma rimase di sasso.  
"Mi stai seguendo?". 
"Cosa? No, sto lavorando!“ esclamò Dean aggrottando le sopracciglia ed allargando le braccia, sorpreso quanto lei. " Non dovresti essere dall'altra parte del paese?". 
"Io e Jud ci siamo prese qualche giorno di vacanza!". 
Dean cambiò espressione e serrò la mascella, guardandosi attorno in cerca della piccoletta che scorrazzava fra le corsie del supermarket come quando andavano a fare compere insieme. 
"Anche lei è qua?". 
"Si.." sussurrò sospirando rumorosamente, tenendo stresso il carrello con le mani. "Sam ed Haiely? “. 
Dean non ebbe il tempo di rispondere alla sua domanda, che vide arrivare in lontananza suo fratello e la sua ragazza in compagnia della piccola Judith, accorgendosi che di quella bambina tenera e paffuta non era rimasto proprio nulla. 
E provò panico, perché una persona adulta come Katherine aveva capito il motivo del suo gesto, ma una ragazzina lo avrebbe fatto? 
L'aveva delusa ancora una volta, proprio come quando se n'era andato tre anni prima, scappando da Lisa e Ben. 
Quando i loro sguardi si incontrarono, non poté spiegare cosa successe, tranne che si ritrovò una ragazza che ormai gli arrivava sotto al mento che lo abbracciava, stringendogli le braccia al collo e sorridendo con felicità. 
“Dean!” esclamò Judith sciogliendo l'abbraccio e guardandolo in viso, per poi tornare ad abbracciarlo, che stavolta il ragazzo ricambiò. "Sapevo che saresti venuto a salutarmi!". 
"Si, non può proprio stare lontano.." sussurrò Katherine con ironia e voce bassa, ma in realtà si accorse da come la guardavano i tre che lo avessero sentito perfettamente. 
"Oddio, come stai? Dove sei stato? Pensavo che fossi morto!" esclamò Judith alzando di troppo il tono della voce, sciogliendo l'abbraccio e sorridendo ancora. "Sono così felice! Dove alloggiate?!". 
"Siamo appena arrivati in realtà.." rispose Haiely sorridendo un po imbarazzata, guardando la sorella con un'espressione indecifrabile sul viso. 
Per quanto Katherine si fosse forzata a mandare giù tutta quella storia, certamente non avrebbe dimenticato tutto così in fretta. Ma ci avrebbe provato. Aveva solo bisogno di tempo. 
"Noi abbiamo una casa così spaziosa! Perché non venite tutti?" chiese Judith sorridendo speranzosa, senza neanche voltarsi a consultare la madre sapendo che però gliel'avrebbe fatta pagare. 
"Già, perché non venute tutti.. Urrà!" esclamò Katherine sbuffando e spingendo il suo carrello fino alla cassa con un'espressione tutt'altro che felice sul viso. 
Sarebbe stata una lunga serata, sicuramente. 
 
 

 
Il silenzio scandí l' intera cena, nessuno di loro proferí una parola ed evitarono persino di guardarsi, mentre i loro piatti divennero all'improvviso più interessanti. 
Judith si rese conto che forse aver chiesto loro di stare tutti insieme sotto lo stesso tetto fosse stata la scelta sbagliata: aveva capito che ci fosse un certo astio fra sua madre e gli altri, celato da un grosso sorriso di circostanza che Katherine non aveva smesso di indossare. 
Tagliò un pezzo del suo pollo e lo masticò, pensando che stavolta sua madre si fosse cucinare ed infatti i complimenti non tardarono ad arrivare, a cui Katherine rispose con una smorfia inespressiva. 
"Qualcuno dirà qualcosa ad un certo punto?" chiese Judith posando le sue posate sul piatto, guardando i presenti ed aggrottando le sopracciglia. Vide che nessuno di loro prese l'iniziativa, ma che continuavano tutti a mangiare come dei robot, così sospirò nuovamente e riprese a parlare."Cosa state cacciando?". 
Dean sollevò lo sguardo nella sua direzione e un'occhiataccia da parte di Katherine gli fece capire che forse era meglio tacere e non rispondere a quella domanda, mentre Sam ed Haiely parverono quasi rilassarsi su quella sedia e la guardarono con un sorriso. 
"Ci sono stati degli strani incidenti nel lago, tesoro" rispose Haiely sorridendo teneramente nella sua direzione. 
"Nel Waconda Lake?" chiese la ragazza spalancano la bocca e sgranando gli occhi. "Quando? Siamo state tutto il giorno lì e non abbiamo notato nulla di strano!". 
"Che tipo di incidenti?" chiese Katherine poggiando il suo bicchiere di vino ormai vuoto sul tavolo. 
"Wow, lei parla!" esclamò Dean accennando un sorriso infastidito, guardandola dritto negli occhi per qualche secondo, prima che lei tornasse a guardare sua sorella. 
"È annegato un ragazzo di trent'anni quattro giorni fa, stava facendo il bagno ed è semplicemente sparito nel nulla" spiegò Sam guardandola forse per la prima volta in quella giornata, accennando un sorriso. 
"I funerali sono stati due giorni fa" disse Dean sospirando, versandosi dell'abbondante vino nel suo bicchiere e traccannandone il contenuto. 
"Per archiviazione, immagino.." sussurrò Katherine sospirando rumorosamente. 
"Ma quale archiviazione?" chiese Dean un po agitato, guardandola in cagnesco per qualche secondo. "Le persone non scompaiono così, hanno smesso semplicemente di cercarla!"
"E questo cosa vorrebbe dire?!" chiese la donna aggrottando le sopracciglia e sporgenrosi di qualche spanna verso il tavolo, assottigliando gli occhi e ricambiano l'occhiataccia. 
Rimasero in silenzio a fissarsi in quella maniera per un'altra manciata di secondi, poi Haiely si voltò verso Judith e lesse sul suo volto un po di confusione e capí che probabilmente sua madre non l'aveva informata di ciò che fosse davvero successo. Si schiarí la voce rumorosamente e sorrise forzatamente, prendendo la parola e spostando l'attenzione verso di sé. 
"Abbiamo indagato, pare che sia successa la stessa cosa anche quasi vent'anni fa". 
Katherine distolse per un attimo lo sguardo riflettendo sul significato delle sue parole, fissando un punto davanti a sè e sgranando di poco gli occhi; bevve ancora un po di vino, poi tornò a fissarli, notando il loro sguardo stranito. 
"Parlate dei Wallas vero?".
"Come lo sai?" chiese Dean aggrottando le sopracciglia, fissandola dall'altro lato del tavolo. 
"George Wallas, 56 anni. Kim Wallas, 52 anni. Eric Wallas, 33 anni. E Chris Wallas, 7 anni" sussurrò Katherine sollevando lo sguardo ed alternandolo fra i presenti. "Seguivo il caso allora, avevo 17 anni". 
"Te ne sei andata senza risolvere il caso?" chiese Dean con tono di rimprovero, ma se ne pentí subito quando lo sguardo della donna si posarono su di lui, leggendovi dentro un grande dolore. 
"Il Consiglio mi aveva assicurato che se ne sarebbero occupati..".
"Non sei riuscita a salvarlo, vero?" chiese Sam con tono pacato e calmo, immedesimandosi e capendo immediatamente cosa stesse provando. 
Katherine scosse la testa e sospirò: era andata avanti dopo quella tremenda notte, quando il bambino che avrebbe dovuto proteggere fu preso da quell'essere nel lago. 
Ricordava la sensazione dell'acqua fredda e buia nella notte, ricordava di essersi spinta verso il fondale fino a non avere più aria nei polmoni pur di salvarlo, ma il corpo non fu mai ritrovato. 
"Cacciamo insieme, voglio friggere quel bastardo con le mie mani!".
"Si, saprai piú cose di quante ne riporteranno i giornali di sedici anni fa!" esclamò Haiely sorridendo, prendendo a sparecchiare e prepare il tavolo per cominciare ad indagare. 
Dovevano capire perché fossero ricominciati gli annegamenti, dato che i Wallas, l'unico bersaglio del mostro, erano ormai tutti deceduti; fecero delle ricerche sulla vittima di qualche giorno prima e Sam riuscì a trovare il quadro completo: Wright, Paul. 31 anni, ricco uomo d'affari sposato da dieci anni, aveva un bambino di 9 anni, John. Sua madre era del luogo, ma non si hanno notizie del padre. 
"Quindi Wright è il cognome della madre?" chiese Haiely sbirciando il computer da dietro le grosse ed imponenti spalle di Sam. 
“Esatto, che è morta tre mesi fa per cause naturali.." continuò il ragazzo facendo scendere il mouse e sfogliando il giornale elettronico. 
Katherine, che era rimasta in un angolo ad ascoltare, adesso scattò in piedi con un movimento nervoso, prendendo la borsa e dirigendosi verso la porta d'ingresso. 
"Devo parlare con la moglie". 
"Cosa? E che le dirai?" chiese Dean mettendosi in mezzo, sbarrandole il passaggio. 
"Devo sapere se era figlio di papà Wallas". 
"La spaventerai" continuò il ragazzo appoggiandosi allo stipite della porta con la schiena e incrociando le braccia al petto. 
"Sto bene, grazie, adesso togliti dalla porta!". 
"Sono le undici di sera, Kath! Andrai da una vedova e da suo figlio a quest'ora per chiedere se il marito fosse il figlio di una delle famiglie più importanti della città?" chiese Sam facendo spallucce e sospirando. 
"Sarà meglio andare domani.." sussurrò Haiely accennando un breve sorriso.
Katherine lo guardò ad uno ad uno e capí di avere precipitato le cose e di sentirsi ancora molto in colpa per non essere riuscita a salvare Chris; si passò una mano sul viso e disse loro di avere ragione e che probabilmente era solo molto stanca per ragionare lucidamente. 
Sospirò ed annuì leggermente, posando la borsa e recandosi a fare una passeggiata proprio sul lago, dopo avere schioccato un bacio sulla fronte di Judith che fingeva di guardare la televisione, sentendosi sempre più interessata alla caccia. 





 
12:43.
L'orologio dell'auto segnava proprio quell'orario, mentre i gradi stavano intorno ai 23, e Dean non poté fare a meno di chiedersi perché Katherine ed Haiely ci mettessero così tanto per scegliere dei panini ed uscire dalla tavola calda con il pranzo fra le mani. 
Avevano trascorso la mattinata a casa della signora Wright, esprimendole le loro condoglianze e cercando di sviare i discorsi fino ad arrivare a ciò che realmente gli interessasse: riuscirono a scoprire che Paul era davvero il figlio illegittimo di George Wallas, e quindi la pista continuava ad essere giusta. 
Qualcuno doveva odiare davvero tanto quella famiglia per sterminare tutte le generazioni viventi; ma la vera sorpresa la ebbero proprio quando tornarono a casa e Sam e Jud li accolsero con delle novità. 
La piccola Judith aveva fatto delle ricerche per tutta la notte, arrivando addirittura a dare una svolta al caso: grazie ad un controllo incrociato, riuscì a scoprire che un bambino di sette anni, Peter Lee, era stato ritrovato con il cranio fratturato negli anni sessanta, ma dopo un'attenta autopsia erano riusciti a scoprire che prima della ferita alla testa, il bambino era morto per annegamento. 
Scoprí che si trattava del migliore amico di George Wallas e con molta probabilità era stato proprio lui ad ucciderlo, e che quindi il fantasma si stesse vendicando in quella maniera. 
Dopo una pacca sulle spalle da parte dei Winchester ed un'occhiataccia da parte della madre e della zia, Katherine intimò a Judith di studiare qualsiasi cosa che non riguardasse la caccia e di non intromettersi più in questo mondo, ma la figlia non la prese bene ed uscì di casa con la rabbia che montava dentro di sé. 
Sam e Dean la seguirono senza darle troppo fastidio, osservandola sedersi davanti al lago e guardare l'orizzonte con uno sguardo strano, come se stesse cercando di fare o dire qualcosa, ma nessuno l'ascoltasse davvero, mentre Haiely e Katherine rimasero a casa a fare delle ricerche su internet per scoprire dove fosse stato seppellito il piccolo Peter per chiudere quella faccenda una volta per tutte. 
Nonostante si sforzassero di cercare delle risposte, era Sam il mago di internet, così le due donne decisero di lasciare perdere perché tanto non avrebbero mai capito la tecnologia come la capiva lui e Katherine fece un po di caffè, dato che la notte precedente non aveva dormito molto, essedista per com'era dai pensieri. 
".. zucchero?". 
La donna sgranò leggermente gli occhi e tornò alla realtà, guardando sua sorella che la fissava perplessa con un cucchiaino e la zuccheriera a mezz'aria. 
"Lo zucchero o no il tuo caffè?". 
"Va bene amaro Hailey, grazie.." sussurrò Katherine sorridendo in risposta allo sguardo interrogativo della sorella maggiore, prima di berne un sorso abbondante. 
"Quindi questa è casa tua?" chiese la sorella con un tono che sembrava più un'affermazione che una domanda, portandosi alla bocca la sua tazza e bevendo qualche sorso di caffè.  
"Più tua che mia, probabilmente.." rispose Katherine accennando un sorriso imbarazzato, facendo spallucce e sospirando.
Hailey sgranò leggermente gli occhi e la guardò, non riuscendo a credere che avesse appena detto una frase del genere, e sorrise appena. 
"Senti Kath, io credo che Dean cambierà il suo modo di fare prima o poi.." sussurrò Haiely mordendosi nervosamente il labbro inferiore. "Ci ha recriminato spesso di non averlo cercato e di esserci rifatti una vita durante quell'anno. Credo che adesso ce l'abbia con te, quindi dagli un po di tempo..".
Katherine la guardò e la sua espressione si indurí appena, mentre il suo corpo si irrigidí come una corda di violino. 
"So gestire Dean, grazie per il consiglio". 
La minore uscí dalla cucina e si difese nuovamente nel salotto, rimettendosi al computer per cercare quella maledetta tomba, sentendosi però notevolmente arrabbiata per ciò che sua sorella avesse detto. 
"Farai così ogni volta che ti rivolgerò la parola?" chiese Haiely entrando bruscamente nel salotto, avvicinandosi e fissandola in cagnesco.
"Ho scoperto questa merda da cinque minuti, ho il diritto di essere arrabbiata o vuoi che finga e ti sorrida come se non fosse successo nulla?" chiese Katherine non sollevando neanche lo sguardo, continuando a digitare le informazioni sul browser, ma poi la rabbia prese il sopravvento e piantò lo sguardo in quello di sua sorella. " Pensavo che avessimo capito che mantenere dei segreti di tale importanza fra di noi mandasse tutto a puttane, ma evidentemente mi sbagliavo!". 
"Non volevamo tenertelo nascosto, ma Dean voleva a tutti i costi che tu e Judith..". 
"Non c'entra Dean, c'entriamo solamente io e te: io non ti avrei mai fatto una cosa del genere, mai!" esclamò Katherine sbattendo un pugno sul tavolo e fulminandola con lo sguardo. "Sai che mi si è spezzato il cuore quando è scomparso, mi hai consolato tu per mesi interi quando non riuscivo a trovare una soluzione e tutti i demoni si rifiutavano di dirmi la verità! Era chiedere troppo risparmiarmi quella sofferenza e venirmi a dire che quello stronzo del mio fidanzato era tornato dal Purgatorio?!". 
Haiely sostenne lo sguardo, sapendo che prima sua sorella avesse tirato fuori il rospo per intero, prima sarebbe stata meglio. 
"Non sono stupida Katherine, so che a un certo punto hai fatto finta che tutto andasse bene e sei andata avanti!" esclamò la maggiore allargando le braccia e guardandola con aria arrabbiata. "So che non sei stata sola per tutto questo tempo, so che hai lavorato con qualcuno ma ti sei sempre rifiutata di parlarne. Quindi adesso sei pronta, comincia a dire tu la verità, dato che ti sei eretta paladina della giustizia! Comincia col dirmi con chi lavori o come sapevi dove si trovasse in realtà Dean". 
La minore rimase perplessa per qualche secondo senza sapere cosa dire, perché essere scoperta in quel modo da sua sorella non sarebbe stato piacevole; nulla di quello che avrebbe potuto rivelare l'avrebbe aiutata, così Katherine decise di fare quello che sapeva fare meglio. Mentire. 
"Non so di cosa tu stia parl..". 
"Oh, si che lo sai! Era un demone vero?".
Dopo un lungo silenzio e una lunga occhiata, la minore delle Collins sospirò. 
"Si. Non avevo altra scelta". 
"Ti ha ricattata?" chiese Haiely appoggiandosi alla parete del soggiorno e stringendo le braccia al petto. 
"Cosa?". 
"Hai detto che non hai avuto scelta: ti ha ricattata?". 
Katherine sospirò rumorosamente e si alzò dal tavolo, sentendo le voci dei ragazzi e di Judith nel porticato, pensando che mai tempismo fu più azzeccato.
"Non te ne parlerò, è personale". 
"Pensavo che avessimo capito che mantenere dei segreti di tale importanza fra di noi mandasse tutto a puttane.." disse Hailey sollevando le sopracciglia, usando le stesse parole della sorella, mentre Katherine le passò proprio accanto, dirigendosi verso la porta e sforzandosi di mettere su il suo migliore sorriso e comportarsi come se non fosse successo nulla. 

 
 
 
L'odore dei pancakes arrivò dritto fino alla sua stanza, inebriandola e facendole venire l'acquolina in bocca, mentre lo stomaco protestava e reclamava; si alzò dal letto e si diresse in cucina, dove trovò Dean ai fornelli intento a girare una di quelle frittelle che tanto amava e che lui le preparava ogni giorno a colazione quando vivevano insieme. 
Quando l'uomo si accorse di lei le sorrise gentilmente e le porse un piatto con due pancakes spessi e ricoperti di sciroppo d'acero; Judith sorrise e si sedetta su uno degli sgabelli dell'isola di marmo e ne tagliò un pezzo, mangiandolo e facendo una smorfia di puro piacere. 
"Ma è puoniffimo!!".
"Ah ah, piccola! Il grande uomo è tornato!" esclamò Dean schiacciandole l'occhio e facendole un sorriso sghembo, spegnendo il fuoco e sedendosi di fronte a lei per mangiare una delle sue frittelle preferite. 
"Dove sono tutti?" chiese la ragazza masticando in maniera non proprio fine ed educata. 
"Tua madre è qui fuori in veranda, Sam ed Haiely sono ad arrostire quel bambino!" esclamò Dean ridendo e masticando proprio come lei, ma solo dopo aver detto quella frase si rese conto di stare parlando con una ragazzina di quindici anni. "Scusami, non volevo essere troppo cruento..". 
"Non è facile spaventarmi Dean, non dopo essere stata per cinque mesi con Lucifero in persona. Che mi ha resuscitata dai morti, dopo che Lilith mi ha uccisa.." disse Judith continuando a mangiare, come se ciò che avesse detto fosse la cosa più normale del mondo.
"Wow, la nostra famiglia è proprio strana.." commentò l'uomo sgranando gli occhi e finendo i suoi pancakes con un sorriso fra le labbra, pensando quanto avesse sentito la mancanza di quel piccolo terremoto che era Judith.
Dopo aver passato un abbondante quarto d'ora a cercare di spiegarle il milione di contro che avesse la vita da cacciatori, Dean si sentí mandare al diavolo, perché lei sapeva quel che voleva e di certo non era andare al college ed avere una vita normale: voleva essere come sua madre, essere una cacciatrice per combattere ciò che da bambina l'aveva terrorizzata. 
Voleva esorcizzare la paura combattendo, nonostante l'uomo cercasse di farle cambiare idea. 
Dean sospirò, ormai stanco e guardò l'orologio al suo polso sinistro, rendendosi conto che Katherine fosse fuori da sola da più di un'ora, così intimò a Judith di non uscire da casa per nessuna ragione al mondo, ed uscì in cerca della donna, trovando il porticato completamente desolato. 
Si chiuse la porta di casa alle spalle e accelerò il passo, avanzando fino ad arrivare al lago e fu in quel momento che la vide: era così lontana da lui, eppure riusciva a vedere il sorriso triste sul suo volto, gli occhi spenti e il cuore pesante. 
Sapeva cosa si provasse a non riuscire a salvare un innocente, ma sapeva anche che non potevano salvare tutti. Qualcuno si sarebbe fatto male inevitabilmente, ma loro dovevano continuare a lavorare e a salvare vite. 
Fece qualche passo più lentamente, mettendo le mani dentro le tasche dei jeans e sentendo l'orgoglio urlargli di andare via, perché Katherine non l'aveva cercato, era andata avanti trovando un lavoro e vivendo bene con Judith: ma come poteva fargliene una colpa? 
Avrebbe dovuto passare tutta la vita as aspettare un fantasma che era riuscito ad uscire dal purgatorio per un pelo? 
Adesso che lei sapeva la verità, Dean non riuscì a fare a meno di sentirsi un egoista ad aver gettato nuovamente entrambe dentro quella vita orribile fatta di sangue e dolore. Si, Katherine non aveva smesso di cacciare, ma ogni sera tornava a casa da sua figlia e viveva in serenità con lei. 
Da adesso sarebbe cambiato tutto ancora una volta, lo sapeva bene, e lui non avrebbe voluto. Se solo Garth non avesse ceduto e non avesse votato il sacco, adesso Kath e Jud sarebbero state a casa loro al sicuro. 
Assorto per com'era fra i suoi pensieri non aveva fatto caso ad una sagoma più piccola che avanzava verso il lago, proprio accanto alla donna che prese a guardarlo con confusione e panico. Katherine cercò di strattonare il ragazzino e quando lo vide in volto capí perché si trovasse lì e perché fosse in quella sorta di trance: il piccolo Jhon Writhg, nipote illegittimo dei Wallas, camminava senza neanche controllare il suo corpo dritto verso il lago, respingendo i tentativi della donna di tirarlo via. 
Fu un attimo e Katherine si ritrovò a terra con il fiato spezzato dal colpo ricevuto in pieno petto, mentre Jhon le rivelò ciò a cui non aveva ancora capito: Peter si era impossessato di lui, costringendolo ad entrare dentro al lago e ad annegare, senza neanche dargli la possibilità di divincolarsi. 
Quando Dean la raggiunse, la rimise in piedi e la sorresse dalla braccia prima di farla sedere su una delle panchine presenti, notando che il piccolo Jhon avesse appena iniziato ad immergersi. L'uomo estrasse il telefono dalla tasca e chiamò in fretta suo fratello ed Hailey, dicendogli di sbrigarsi a bruciare le ossa e spiegandogli ciò che stesse succedendo al lago. 
"Quindi le stanno bruciando?" chiese Katherine guardando l'uomo negli occhi, sentendoci cuore battere all'impazzata nel suo petto per la scarica di adrenalina. 
"Qualche minuto e faranno un bel falò" rispose Dean puntando lo sguardo sul ragazzino, iniziando a togliersi la giacca per gettarsi in acqua insieme al bambino. 
Katherine sapeva di non poterglielo lasciare fare, era davvero troppo terrorizzata all'idea di perderlo ancora, così estrasse dalla sua giacca un paio di manette e quando meno se lo aspetto gliene miss una al polso, mentre l'altra la attaccò al bordo metallico della panchina. 
"Non abbiamo qualche minuto Dean, mi dispiace" disse la donna Indietreggiando immediatamente e  guardandolo negli occhi, non avendo la forza di aggiungere altro. "Non prenderà anche te". 
Poteva essere l'ultima volta, ma Katherine doveva salvare quel bambino, non gli avrebbe permesso di fare la stessa fine di Chris; si voltò di scatto e gettò la giacca lontano, correndo verso il lago ed ignorando i suoi richiami. 
Qualche secondo e si lanciò dal pontile, tuffandosi al centro del lago e nuotando in quell'acqua fredda che conosceva fin da quando era bambina; sentí la forza dell'acqua spingerla nel senso opposto, ma Katherine era un'esperta nuotatrice e sapeva come infrangere le onde per risalire e riprendere aria.
Si immerse nuovamente e scese più in fondo possibile, cercando sul fondale e attorno a sé, quando una sagoma scura accanto a lei la bloccò sott'acqua, impedendole di risalire in superficie per respirare. Con un calcio si liberò dalla presa e nuotò nella direzione del bambino, vedendo le bollicine bianche cariche di ossigeno uscire dal suo naso e quindi dal suo corpo. 
Gridò il nome del bambino, che sembrava svenuto sul fondale, e lo afferrò dai vestiti, ma la vista le si annebbiò e le forze le vennero meno; la testa divenne sempre più pesante, come le palpebre, che tutto d'un tratto non riusciva più a tenere aperte. Poi una terza mano l'afferrò, stringendola con forza e tirandola in superficie insieme a Jhon; non appena si voltò vide gli occhi verdi di Dean e le sua braccia che l'avevano tirata fuori dall'acqua con forza, permettendo a lei e al piccolo di Jhon di respirare di nuovo. 
Solo quando Dean lì traportò a riva, Katherine si accorse che ci fosse anche sua figlia, pronta ad aiutare il bambino, mentre Dean aiutava lei a stare in piedi. 
"Hai fatto la cosa più stupida che potessi fare a legarmi qui, potevo aiutarti!" esclamò l'uomo dandole delle forti pacche fra le spalle, aiutandola sputare l'acqua che le era entrata con prepotenza in gola. "Stai bene?!". 
"Come sta?!" chiese la donna lasciando la presa sull'uomo e avvicinandosi a sua figlia, che gli faceva un massaggio cardiaco. 
Pochi secondi di tensione che sembrarono un'eternità, poi il piccolo Jhon aprì gli occhi e sputò via molta acqua piegandosi da un lato. 
I tre si guardarono con un sorriso, fin quando il fantasma di Peter si materializzò in riva al lago pronto a colpire di nuovo, ma immediatamente sparì in una nuvola di fuoco, segno che Sam ed Haiely avessero trovato le sue ossa e le avessero bruciate. 
Katherine si lasciò andare e si sedette a terra, ridendo di gusto sentendosi estremamente felice che quel caso si fosse risolto una volta per tutte nel migliore dei modi. 
 
 
 

 
"Sto bene, quante volte devo ripeterlo?" chiese Katherine esasperata e seduta al tavolo del salotto, con la guancia appoggiata contro il palmo della sua mano ed il gomito contro il tavolo.
"Dovresti mangiare qualcosa.." sussurrò Sam sospirando, seduto di fronte a lei e guardandola con aria preoccupata. 
"Non ho fame". 
"Sei annegata!" esclamò Dean alzando il tono della voce e guardandola in cagnesco, appoggiato con una spalla al muro e le braccia incrociate al petto. 
"Avrò perso conoscenza per tre secondi, poi ho ripreso a nuotare" disse Katherine roteando gli occhi, sbuffando. 
"Sono d'accordo con loro, adesso riposerai un po!" esclamò Hailey appoggiandosi con i gomiti al tavolo e piegando la schiena, stendendola. 
"Oh, ma chi siete? I miei genitori?" esclamò la donna alzandosi dalla sedia e scuotendo la testa. "Fatela finita!". 
Si diresse verso la cucina e prese una birra dal frigo, dirigendosi verso la porta di casa, augurandosi che Judith dormisse già e non sentisse il rumore della porta. 
Una volta fuori, sentí l'aria fresca della notte infrangersi contro la sua pelle, permettendole di respirare come se non lo facesse da ore. Stare dentro quella casa con tutta quella confusione e quelle discussioni non le faceva bene, così tracannò un grosso sorso della sua birra e si accese una sigaretta, stringendola fra le labbra ed ispirano il fumo.
Lo sputò fuori e scese i pochi scalini del portico, stringendosi dentro quella larga felpa che Sam le aveva prestato e sciogliendo i capelli ancora bagnati, lasciandoli liberi.
Continuò a camminare, fino ad arrivare nuovamente in riva e si sedette sulla stessa panchina a cui aveva ammanettato Dean quel pomeriggio; tirò su le ginocchia e le strinse al petto, continuando a bere qualche sorso e fumando la sua sigaretta. 
"Ehi..". 
Non si voltò, non ne aveva bisogno, neanche quando lo vide sedersi accanto a sé, con la tipica espressione dura e fredda che aveva su da quando lo aveva rincontrato.
Rimase in silenzio per qualche secondo, poi si voltò verso di lei e la guardò per qualche secondo: un grande sorriso le solcava il viso, il sorriso di chi aveva pareggiato un conto col passato. 
Il cacciatore aprì la bocca come per dire qualcosa, ma la donna lo anticipò, bloccandolo ed evitando di sentirgli fare altre raccomandazioni. 
"Hai provato a respirare?". 
"Cosa?" chiese Dean aggrottando le sopracciglia e guardandola con ilarità. 
"Intendo fermarti un attimo e respirare" rispose Katherine guardandolo negli occhi e sorridendo. "Tu non respiri da quando sei tornato". 
Il ragazzo annaspò cercando una risposta efficace, ma davanti al suo sguardo così sincero e felice le parole gli morirono in bocca. 
"Dean, siamo adulti e non ho intenzione di giocare e farmi rincorrere: non sono arrabbiata con te, non posso neanche immaginare cosa tu e Cas abbiate passato in Purgatorio, quindi.." continuò Katherine facendo spallucce e sorridendo. "Se hai bisogno di parlare con qualcuno che non sia Sam, io sono qua".
"Perché mi offri il tuo aiuto? Non ti ho mai chiamata in questi sei mesi, ti ho messo Garth alle calcagna per controllarti!" esclamò Dean aggrottando le sopracciglia e studiando la sua espressione, che però non cambiò. "Non merito il tuo aiuto". 
Katherine sospirò e sorrise ancora, facendo spallucce, chiedendosi perché per lui fosse così difficile capire cosa la spingesse a comportarsi in quel modo. 
"Perché io e te eravamo amici un tempo, possiamo esserlo ancora!".
Per un momento nella mente del cacciatore passarono i ricordi di quegli anni in cui soffriva nel sapere che Katherine non ricmabiasse i suoi sentimenti, doverle stare accanto senza poterla avere, e si chiese come facesse a ricordarlo come un bel periodo. 
Dean fece una smorfia e sospirò, scuotendo la testa e mettendo su la sua faccia da poker. 
"Senza offesa, ma non ho bisogno di parlare con nessuno, né di amici". 
"Beh, magari io non sono pronta a cancellarti dalla mia vita". 
Dean distolse lo sguardo e le prese la birra dalle mani, bevendo qualche sorso per poi rigirarsi la bottiglia fra le mani. 
"Negli ultimi due anni sei andata avanti alla grande!".
Il sorriso che non accennava ad andarsene dal suo volto, scemò udendo quelle parole e Katherine abbassò lo sguardo fissandolo sul lago calmo e piatto; chiuse gli occhi e respirò profondamente, pensando che se solo sapesse ciò che avesse davvero fatto negli ultimi tempi avrebbe completamente cambiato atteggiamento. Tornò a guardarlo e questa volta il suo sguardo divenne più duro, quasi arrabbiato. 
"Tu non sai niente, niente degli ultimi due anni della mia vita Dean!".
Il cacciatore distolse lo sguardo, sentendosi quasi in colpa per come si fosse rivolto e ciò che avesse detto: sapeva che avesse sofferto anche lei e che avesse trovato la forza di andare avanti solamente in sua figlia, ma non riusciva proprio a smettere di comportarsi da stronzo. Era la sua corazza, quella che aveva dovuto indossare in Purgatorio e che non riusciva più a togliere. 
"Eppure non riesco a togliermi dalla testa che mi nascondi qualcosa..".
"Non tutto quello che è successo riguarda te..". 
Dean sospirò e sorrise appena, bevendo qualche altro sorso di birra, decidendo che per quella sera non avrebbe voluto indagare oltre.
Erano stanchi, provati da quella caccia e molto nervosi: perché continuare a discutere? 
"Quindi amici?" chiese l'uomo accennando un sorriso nella sua direzione per la prima volta, porgendole la bottiglia di birra. 
Katherine tornò a guardarlo con un sorriso e prese la birra, annuendo. 
"Amici!". 
 
  
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