Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: LazyBonesz_    28/09/2019    1 recensioni
Eren Jaeger si sta preparando per il college da tutta la vita, nascondendo la propria personalità per trovarne una nuova. Ma il tempo sta per scadere e gli rimangono un paio di mesi prima dell'inizio dell'anno. L'unica soluzione è usare come cavia del proprio piano Levi Ackerman, suo compagno di scuola.
***
A Levi Ackerman non piace quasi nessuno e la sua filosofia di vita consiste nel farsi notare il meno possibile e stare lontano da persone come Eren. E proprio il suo carattere sarà il motivo per cui verrà scelto nel suo piano strampalato: trovare la personalità adatta per affrontare al meglio il college.
Genere: Comico, Fluff, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Eren Jaeger, Levi Ackerman
Note: AU, Lime, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Mi alzai dal letto di malavoglia, sentendo la mia testa pronta a scoppiare da un momento all'altro. Ero una persona che dormiva poco solitamente, con il caldo era ancora peggio. 

Guardai le coperte stropicciate e sudate, feci una smorfia e le tirai via per poterle cambiare più tardi. 
Decisi di farmi una doccia veloce, mandando via il calore accumulato durante la notte, mi vestii con una canotta larga e dei pantaloncini in tuta prima di raggiungere la cucina. 

"Hey, tesoro", la voce di mia madre mi accolse assieme al suo solito sorriso gentile. Anche lei aveva le mie stesse abitudini e si alzava dal letto sempre poco dopo le sei. Era lei che preparava il caffè e apparecchiava la tavola anche per me. 
Mi limitai a farle un cenno, non mi piaceva parlare di mattina, sopratutto quando dormivo meno del solito. Presi posto al suo fianco e afferrai la tazza di caffè freddo davanti a me, bevendone un lungo sorso. 

"A che ora devi essere lì?", mi chiese, portando una mano fra i miei capelli ancora umidi.
Sollevai lo sguardo sull'orologio, notando che fossero appena le otto. 

"Esco fra poco", mormorai prendendo un biscotto che portai alle labbra, mordicchiandone il bordo. Mia madre smise di toccarmi i capelli e si alzò per mettere in ordine. 
Mangiai un secondo biscotto, mi alzai e andai a infilarmi le scarpe, delle vecchie vans che usavo per andare in piscina, senza il timore che si rovinassero. Afferrai il mio zaino e infilai dentro il pranzo che mia madre aveva preparato, assieme a una bottiglia d'acqua. 

"Cerca di mangiare tutto, Levi", la sentii dire dalla cucina. Alzai gli occhi al cielo davanti alle sue preoccupazioni. Certe volte mi trattava come se avessi dodici anni. 

"A stasera", dissi prima di uscire di casa e prendere la bici. Salii su di essa e mi allontanai dal mio quartiere. Non amavo stare troppo tempo in quel posto, sopratutto a casa mia, un'abitazione grigia, piccola e con un solo piano. Però avevamo un giardino, nonostante l'erba al suo interno fosse sempre di un colore tra l'arancione, il giallo e il verde bruciato. 

Raggiunsi la piscina e stavolta fui il primo ad arrivare, nessuna musica classica ad accogliermi. Erano passati quattro giorni da quando avevo iniziato a lavorare con lui e la sua personalità era rimasta la stessa. Continuava ad ascoltare Beethoven e a presentarsi molto prima dell'orario d'apertura. Ogni suo comportamento sembrava legato alla personalità che aveva scelto. 
Mi chiedevo quando sarebbe cambiata. 

Abbandonai la bici contro il muretto e aprii lo stanzino, afferrando il mio solito fischietto per poi andare a sedermi sulla mia sedia. 
Finalmente potevo godermi un po' di pace, senza Eren che mi parlava di quanto la musica classica fosse bella, elogiando le sinfonie di Beethoven. 

Tenni gli occhi chiusi, ringraziando mentalmente il vento fresco che colpiva la mia pelle nuda. Non so per quanto tempo rimasi così a rilassarmi. Seppi solo che il momento finì quando sentii il click di una macchina fotografica. 

"Cosa cazzo...", borbottai, aprendo gli occhi di scatto, cercando il colpevole. Vidi subito Eren con una macchina fotografica fra le dita. 
I suoi capelli erano spettinati, indossava una maglietta rossa e dei pantaloni kaki, lunghi. Attorno ai fianchi portava una giaccia in jeans, allacciata sul bacino. 

"Eri bello, dovevo fartela", ammise, facendomi schiudere le labbra. Mi stava tipo facendo un complimento? 

Si avvicinò a me, tenendo la macchina fotografica attorno al collo grazie al laccio. 

"Cancellala, stalker", borbottai, allungando una mano verso l'oggetto ma Eren balzò all'indietro, sorridendomi furbescamente. Non avevo mai visto un simile ghigno sul suo viso. 

"La devo mettere nella mia collezione, magari un giorno potrò esporla", disse, prendendo posto al mio fianco, su quella che era diventata la sua sedia. 

"Da quando hai un album fotografico?", chiesi confuso. Quel ragazzo era capace di inventarsi così tante stronzate tanto da stupirti continuamente. Si stava rigirando la macchina fotografica fra le dita e l'aveva accesa per guardare le foto. 

"Da oggi. Beethoven non mi piaceva poi così tanto e stavo diventando noioso. Invece i ragazzi con una certa sensibilità artistica sono interessanti. Sto sviluppando la mia", mi spiegò seriamente. Sembrava piuttosto importante per lui quel suo piano idiota. Non capivo perché cercasse così tanto di piacere agli altri, era così brutta la sua vera personalità? Decisi che non era un problema mio e che almeno mi intratteneva durante quelle lunghe ore. 

"Dovresti andare alla tua postazione per prendere i soldi", gli ricordai, cercando un libro dentro al mio zaino. Lo tenevo sempre lì nel caso mi stessi annoiando più del solito. 

"Potresti andare tu oggi, l'ho fatto io per tre giorni." Non alzò neanche il viso dalla macchina fotografica. Iniziavo a sentire la mancanza della sua precedente personalità. 

"Non credo proprio, moccioso, sono il tuo capo", sentenziai, per niente disposto ad alzarmi dalla mia sedia quasi comoda. Anzi, aprii anche il libro per sottolineare la cosa. Iniziai a leggere ma Eren non si mosse da lì, scattando altre foto totalmente a caso. Chissà che diavolo di senso artistico credeva di star sviluppando. 

"Idiota, muoviti", borbottai, leggendo l'orario dal telefono che avevo in tasca, erano quasi le nove e mezza. 

"Ti ho detto di no, ieri mi stavo per sentire male. Se non vai neanche tu allora niente soldi." 

Chiusi il libro di scatto e presi un respiro profondo per evitare di picchiare quel ragazzo. Avevo chiuso con le risse e la violenza ma Eren mi stava facendo cambiare idea. 

"Cristo, sei insopportabile", mormorai più a me stesso che a lui, alzandomi dalla sedia per andare a prendere la scatola in latta dove mettevamo le banconote. Non potevo permettermi di lavorare male, anche se Shadis non era presente. Avevo bisogno di quei soldi. 
Mi appoggiai al muretto dell'entrata, iniziando a sudare dai primi secondo fuori dall'ombrellone. Ma ero abituato e feci il mio lavoro silenziosamente. 

Dopo la prima ondata di persone tornai sotto l'ombrellone, decidendo che mi sarei alzato solo quando avessi visto qualcun altro entrare. Ignorai bellamente Eren e la sua macchina fotografica, riaprendo il mio libro. 
Ovviamente la pace durò poco perché fu bloccata da un altro click. Alzai gli occhi al cielo e sbuffai, "vuoi un pugno in faccia così puoi farti un selfie originale?", lo minacciai. E lui mi scattò un'altra foto, nascondendo il suo stupido sorrisetto dietro alla macchina fotografica. 

A quel punto afferrai il laccio che permetteva ad Eren di tenere la macchina fotografica attorno al collo e costrinsi il ragazzo ad avvicinare il viso al mio. Sapevo come intimidire le persone e un idiota del genere non sarebbe stata l'eccezione. 

"Jaeger, giura che la finisci se non vuoi vedere questa macchina in mezzo alla piscina", lo minacciai a bassa voce, notando il suo sguardo riluttante e il suo labbro inferiore tremare leggermente. Lo lasciai andare, non volendo attirare l'attenzione dei bambini su di noi. 

Eren smise di farmi foto e prese qualcosa dalla sua borsa, sembrava un album da disegno. Che voleva fare ora? Stare al suo fianco era come farsi un giro sulle montagne russe. 
Sbirciai i suoi movimenti dal mio libro e notai che stesse disegnando. La sua espressione era concentrata, la fronte aggrottata e teneva la lingua fra le labbra. La noia era tale da portarmi a chiedermi cosa stesse disegnando.
La sua mano si muoveva veloce, impugnando elegantemente la matita fra le dita, senza premere troppo sul foglio. Poi sollevò il viso, incrociando il mio sguardo e cogliendomi in flagrante. 

''Devi stare fermo o sbaglierò'', disse e allora capii di essere il soggetto del suo disegno. Alzai gli occhi al cielo e ripresi a leggere, non volendo immischiarmi più nelle sue cose. 
Ogni tanto guardavo i bambini nella piscina dato che Eren era così preso da quel dannato album da disegno. Verso l'una chiusi il romanzo e mi alzai in piedi per stiracchiarmi, lanciando uno sguardo sull'album di Eren. 
Da quella posizione vidi il suo disegno e quasi sussultai. 

Era la cosa più brutta che avessi mai visto, probabilmente alle elementari disegnavo meglio. Eren si accorse del mio sguardo e sollevò il viso. 

''Sai che fa schifo?'', domandai schiettamente, facendolo impallidire. 

''Non capisci l'arte'', si difese, portandosi l'album al petto, stringendolo con le braccia. Alzai gli occhi al cielo e mi allontanai per andare a sistemare le sdraio: avremmo chiuso per pranzo. 
Salutai le persone che se ne stavano andando e continuai a mettere in ordine, tentato di rimproverare Eren che continuava a farsi i fatti propri. 
Ritornai da lui e gli diedi un colpetto contro la nuca, facendolo sussultare più per la sorpresa che per il dolore. 

''Se vuoi i soldi devi lavorare, quindi smettila con quelle cazzate e finisci di mettere in ordine'', dissi severamente per poi prendere il mio pranzo e tornare al mio posto. 

''Fa davvero schifo?'', domandò dopo aver infilato l'album da disegno nella sua borsa. 

''Oh si'', commentai, dando poi un morso al mio panino.

''Allora mi sa che non fa proprio per me'', ridacchiò, allontanandosi per sistemare le ultime cose. Finalmente un po' di silenzio. 
Decisi di prendere la sua macchina fotografica che accesi per guardare le foto che aveva scattato. Solitamente non frugavo nelle cose degli altri ma era stato Eren in persona a darmi lo sfortunato compito di scegliere quale personalità fosse la migliore, quindi ero anche autorizzato a farmi un po' di affari suoi.
Le foto non erano niente di che, riflettevano l'ambiente che ci circondava senza esprimere nulla. Non c'era nessuna scelta nel fotografare un oggetto rispetto a un altro. Sembravano fatte totalmente a caso. 

Guardai le mie foto e feci una smorfia, notando la mia espressione tranquilla mentre mi rilassavo. Mi aveva colto in un momento personale. 

Uscii dalla galleria e sollevai la macchina fotografica per scattare una foto. Mi guardai brevemente attorno e poi decisi di catturare un angolo della piscina. In acqua giaceva un pallone e sul pavimento c'era una sdraio rovinata dal tempo. Premetti il dito sul pulsante e mi accorsi dello sguardo di Eren su di me. 

''Fai vedere!'', esclamò entusiasta, raggiungendomi per poi sfilarmi l'oggetto dalle dita. I suoi occhi brillarono e le sue labbra si curvarono in un ampio sorriso. 

''E' bella, malinconica, sembra parlare della fine dell'estate o della giovinezza'', disse contento, spegnendo poi la macchina fotografica. 

''A me sembrava esprimere la desolazione di questo posto'', borbottai, riprendendo a mangiare. Eren si mise al mio fianco, tirando fuori il suo pranzo, una misera insalata. 

''Non so neanche fare delle foto, vero?'', disse all'improvviso. Ma non poteva mangiare in silenzio?

''Senza offesa ma no. Ti sforzi troppo di essere chi non sei, credo ci voglia passione per fare certe cose. Se non ti interessano cambia obiettivo'', dissi, prendendo il mio telefono per fargli capire che la conversazione finiva lì.
Lessi gli ultimi messaggi e risposi a quelli di Petra che mi chiedeva di uscire, come ogni venerdì. Ci conoscevamo da praticamente tutta la vita e per colpa del suo primo anno al college non riuscivamo a vederci quasi mai. 

''Le cose che mi piacciono non sono così interessanti'', mormorò Eren. Alzai gli occhi al cielo nel sentire le sue lamentele. 

''Non puoi essere semplicemente te stesso? Per me neanche sapere disegnare è così interessante.''

''E cosa lo è?'', chiese, puntando il suo sguardo curioso su di me. Sospirai, cercando una risposta da dargli, solitamente non mi facevo certe domande. 

''Non lo so, Jaeger, un insieme di comportamenti, suppongo. Non mi faccio certe domande, semplicemente provo a conoscere qualcuno e vedo come va'', spiegai, ''poi non sono neanche la persona più adatta a cui chiedere, conoscerò bene, si e no, cinque persone'', borbottai, scrollando le spalle. 
Eren raccolse l'informazione e rimase in silenzio. Forse si stava rendendo conto di come fossi poco disposto a socializzare. Stavo bene così, senza avere mille amici con cui uscire. 

Fino all'orario di chiusura mi raccontò qualcosa sull'arte, facendo dei discorsi più noiosi della musica di Beethoven per cui iniziavo a sentire una certa mancanza. 
Quando sentii il rumore familiare di un auto quasi esultai. Finii di rimettere le sdraio al loro posto e mi avvicinai al cancello, osservando la ragazza che stava scendendo dalla macchina di bel rosso acceso. 

''Levi, ciao!'', disse contenta, curvando le sue labbra in un sorriso. Petra era sempre stata carina con il suo particolare colore di capelli, le ciglia lunghe e il fisico minuto. Inoltre era anche simpatica e sempre gentile, dunque attirava molte attenzioni. 
Quella sera indossava un vestito rosa piuttosto corto e delle all stars bianche. I capelli erano sciolti e su di essi erano poggiati degli occhiali da sole. 

Dietro di lei notai Erwin, seduto al posto di guida nell'auto sportiva. Non sapevo se stessero insieme o qualcosa di simile, lei aveva sempre negato con un certo imbarazzo nonostante uscissero spesso assieme e lui l'accompagnava da me ogni venerdì. Si erano conosciuti al college e me lo aveva presentato. 

Lo salutai con un cenno e l'auto ripartì, lasciando Petra sul marciapiede. 

''Chiudo lo sgabuzzino e poi possiamo andare. Diner, vero?'', le chiesi. 

''Esatto. Erwin mi ha anche dato qualcosa da bere'', rispose con un sorrisetto, indicando con lo sguardo lo zaino che portava su una spalla. 
Lo ringraziai mentalmente, ne avevo proprio bisogno. Mi voltai e incrociai lo sguardo curioso di Eren.

''E' la tua ragazza?'', domandò a bassa voce mentre chiudevo a chiave lo stanzino. Alzai gli occhi al cielo e scossi la testa, infilando la chiave nel mio zaino subito dopo, seguito continuamente dal ragazzo. 

''Ci vediamo domani, idiota'', dissi a voce alta, uscendo dalla piscina con la mia bici sgangherata. Petra ridacchiò e camminò al mio fianco prima di salire dietro, tenendosi la gonna con una mano. 

''Mi ricordo di lui, era quello che urlava cose strane'', disse al mio orecchio mentre pedalavo verso il diner. 

Abbandonai la bici vicino all'edificio ed entrai con la mia amica, sentendo la mia fame aumentare. Petra mi raccontò dello studio e mi fece tantissime domande su Eren.

''Sembra interessante'', commentò dopo il mio racconto, giocando con una delle ultime patatine sul suo piatto. Scrollai le spalle, poco convinto. Era strambo, tutto qua.

''E' strano, almeno fa passare il tempo'', borbottai. 

Dopo mangiato ci avviammo nel solito parco abbandonato dove potevamo bere dell'alcol senza essere beccati, e Petra tirò fuori la bottiglia che Erwin le aveva comprato.
Mi guardai attorno prima di bere il primo sorso di quello che sembrava Jack Daniel's poiché nascosto in una busta. Il sapore forte mi bruciò la gola immediatamente e feci una piccola smorfia. Non amavo bere, non mi faceva effetto a meno che non svuotassi più di cinque bicchieri. Ma in certe sere non mi dispiaceva, sopratutto dopo aver sopportato Eren per ore. 

"We were young and drinking in the park, there was nowhere else to go", canticchiò Petra, avvicinandosi a me dopo che bevvi il primo sorso, "and you said you always had my back but how were we to know", continuò, mettendo un braccio attorno alle mie spalle. 

Mi sorrise dolcemente per poi ridere davanti alla mia smorfia. Lo sapeva che non amassi particolarmente gli abbracci e quindi si divertiva a cercare qualsiasi contatto con me. Una sua mano mi scompigliò i capelli. 

"Dai, canta con me", disse, poggiando la testa sulla mia spalla, canticchiando il resto della canzone. 

"Te lo puoi scordare", risposi, dando un colpetto alla sua spalla con la mia. 

"Il solito guastafeste", brontolò, prendendo la bottiglia per bere a sua volta. Se io lo reggevo bene Petra era il mio contrario, le bastava un bicchiere per andare completamente su di giri. 
Non ci volle molto per vederla più allegra ed esaltata. Si alzò addirittura in piedi, cercando di prendere le mie mani per farmi ballare con lei. 

"All this bad blood here, won't you let it dry?", continuò a cantare, intrecciando le sue dita alle mie, "dai, Levi, concedimi questo ballo", rise. 

Alla fine mi alzai, lasciandomi trascinare nella sua danza pazza, facendole fare anche una giravolta. 
Stavo quasi per cantare con lei quando sentimmo delle voci vicine a noi. Mi voltai e vidi un uomo in uniforme, doveva far parte di qualche pattuglia che passava dopo una certa ora. 

"Hey ragazzi, che state facendo?", chiese a voce alta, facendo sussultare Petra. Mi sporsi verso di lei, stringendole una mano e sussurrai al suo orecchio, "corriamo."

Raggiungemmo la mia bici e salimmo su di essa per andare verso casa mia.








ANGOLO AUTRICE

Hey! Come va?
Ho deciso di scegliere per ogni capitolo una canzone tra le mie preferite in assoluto (che poi, alla fine, ascolto sempre le stesse band). E volevo anche specificare una cosa, cioè che ciò che i personaggi dicono o pensano non sono sempre cose che io direi-penserei-farei. Lo specifico soprautto per i prossimi capitoli in cui faranno vari discorsi etc etc.  Insomma fa tutto parte della loro caratterizzazione.

Ps: a me piace da morire la musica classica e l'ascolto soprautto quando leggo o per rilassarmi prima di dormire ahaha.

   
 
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