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Autore: NPC_Stories    04/10/2019    4 recensioni
Collezione di oneshot fantasy a tema "fairy", come indicato nella lista di Inktober che io e la mia affezionata illustratrice Erika abbiamo scelto (no, non Erika la webmaster, un'altra Erika). Io scrivo, lei disegna... speriamo di tenere il passo!
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Alcune di queste storie saranno ambientate nel nostro mondo, alcune altre nell'ambientazione del fandom in cui sono più attiva, Forgotten Realms, e altre ancora saranno ambientate in mondi di mia creazione o di fantasy generico, o parodistico.
Alcune di queste storie vi faranno ridere (spero), altre vi faranno piangere (mh, forse sto esagerando), ma in ogni caso mi auguro che tutte vi piacciano.
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Che la vostra vita possa essere piena di momenti di piccola meraviglia!
Genere: Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Forgotten stories of the Forgotten Realms'
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4. Goat


Sotto-genere: comico
Ambientazione: fantasy generico / parodia
Nota: questa storia è il sequel di 1. Faun


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“Sei proprio sicuro di questa cosa, Gylas? Conoscere sua madre? Insomma, vi frequentate da quanto… due settimane?”
“Sinyel, stai dimenticando una cosa: qui il tempo passa in modo diverso.”
La mezzelfa rimase spiazzata per un momento.
“Ma… due settimane qui sono pur sempre due settimane, non importa quanto tempo passa nel nostro mondo! Mi stai prendendo per i fondelli?”
Il bardo sorrise e si strinse nelle spalle in un gesto di scuse. “Va bene, mi hai beccato. Ma vuole farmi conoscere sua madre, che posso dire?”
“La madre di un satiro” la donna vagò con il pensiero, cercando di ricordare quello che sapeva sulle creature fatate. “Dovrebbe essere una ninfa? O forse… un’umana? Se un satiro si accoppia con un’umana, viene fuori un altro satiro?”
“Non lo so, ma non ci sono molti umani qui” Gylas si guardò intorno, indicandole il panorama con un ampio gesto del braccio. “Sembra che in questo luogo vivano solo esseri fatati e buffi animali parlanti.”
“In questo momento vorrei aver prestato più attenzione alle leggende” Sinyel si sedette a terra, guardando il panorama come se le avesse fatto un torto personale. “Comunque sappi che non mi piace questo posto, non ho niente da fare e mi annoio.”
“Ma che dici? Pensa a quante avventure potremmo vivere in questo mondo fatato!”
“No” lo fermò la cugina. “Esplorazioni, non avventure. Se non affronti mai un nemico non è una vera avventura. La mia spada arrugginirà nel suo fodero!”
Gylas si sedette accanto a lei e si mise a pizzicare le corde del suo liuto. Sperava di risollevarle il morale con la sua musica bardica, ma Sinyel gli lanciò un’occhiataccia che era tutta una promessa di liuti spaccati su teste mezzelfiche.
“Qui non ho un lavoro, non ho una casa e non ho prospettive. Voglio tornare nel nostro mondo, cugino! Voglio sentirmi utile!” Sottolineò, in tono minaccioso.
“Ma l’armadio è stato sigillato dal vecchio monaco, e in ogni caso non sarei in grado di ritrovarlo…”

Per fortuna in quel momento vennero interrotti dall’arrivo del loro amico satiro, in compagnia di… una capra.
La capra aveva anche una campanella al collo.
Il fauno si avvicinò con la sua andatura saltellante, tutto orgoglioso.
“Gylas, amico mio, ti presento mia madre.” Si inchinò in modo teatrale, indicando la capra.
“Be-eeeh” belò quella.
I due mezzelfi rimasero di sasso, senza sapere cosa dire. Loro venivano da un mondo più o meno normale, in cui le capre erano capre e venivano considerate beni di proprietà dei pastori.
“Ehm… piacere, signora” tentò Gylas, con un sorriso incerto, sentendosi ridicolo.
“Lo decido io se è un piace-eeeh-re” rispose la capra, in tono molto altezzoso. “Cosa mi rapprese-eeeh-nti, strano satiro glabro?”
Gylas boccheggiò. La sorpresa del momento gli aveva fatto dimenticare che in quel mondo gli animali erano senzienti e parlavano.
“Io… eh?”
Gylas cercò lo sguardo di Sinyel, ma dalla sua espressione era chiaro che nemmeno lei aveva risposte.
“Quali sono le tue intenzioni verso mio figlio?” Insistette la capra.
“...”
La capra continuò a guardarlo male, con le sue pupille rettangolari, inquietanti.
“Perché avete un campanello al collo?” Domandò Sinyel, per spezzare la tensione.
La capra le gettò appena un’occhiata. “Be-eeeh, sono sce-eeeh-lte.”
“Ma chi produce le campanelle in questo mondo?” Sussurrò Sinyel, realizzando in quel momento l’assurdità della cosa. “Gli animali non hanno le mani.”
“Ebbe-eeeh-ne, giovanotto?” Incalzò la capra, all’indirizzo di Gylas.
“Io… non sono glabro” protestò lui, alla fine, accarezzandosi i capelli corti. “E le mie intenzioni sono… uh…”
“Si conoscono da due settimane! Dategli tempo, sorella capra!” Intervenne la guerriera.
“Perché le cose si fanno be-eeeh-ne” protestò la capra. “Allora, sei se-eeeh-rio con mio figlio?”
Gylas guardò in silenzio la capra, spiazzato, poi guardò il suo amante.
“Ovvio che no, ci conosciamo appena!”
La capra scalpitò sugli zoccoli e prima che Gylas si rendesse conto del pericolo, aveva già caricato per dargli una testata. Le corna erano piccole e girate all’indietro, come in tutte le capre femmine, quindi la testata non fu molto dolorosa.
“Allora aria, be-eeeh-llo!” Sputò il quadrupede, saltellando sulle zampe.
Il mezzelfo spostò lo sguardo sul fauno, che si strinse nelle spalle con espressione del tutto innocente.
“Ah.” Commentò il giovanotto. “Capisco. Non c’è problema, mia cugina voleva andarsene in ogni caso.”
“Già che ci siamo” suddetta cugina prese la palla al balzo. “Questo mondo è fatto tutto così, calmo e pacifico? Non c’è qualche altro regno dove la vita sia un po’ più movimentata?”

Il satiro e la capra rimasero a guardare i due mezzelfi che si allontanavano verso sud, verso regioni inesplorate.
“Grazie, Genevieve” borbottò il fauno. “Si stava appiccicando un po’ troppo.”
“Mi de-eeeh-vi un favore” belò l’amica.
Quando gli avventurieri di un altro mondo furono finalmente fuori portata d’udito, il satiro e la capra scoppiarono a ridere.
“Cre-eeeh-dere che fossi tua madre!” Genevieve si rotolò a terra dalle risate.
“Non so se è più ignoranza o più malizia” l’uomo-capra scosse la testa con un sorriso, facendo oscillare la lunga barba. “Ma è sempre divertente.”

   
 
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