Anime & Manga > Inazuma Eleven
Segui la storia  |       
Autore: Melabanana_    14/10/2019    1 recensioni
A un certo punto della storia che conosciamo, in tutto il globo terrestre hanno cominciato a nascere bambini con poteri sovrannaturali, dando inizio alla generazione dei "portatori di doni". Assoldati dalle "Inazuma Agency" come agenti speciali, Midorikawa e i suoi coetanei dovranno lottare contro persone disposte a tutto pur di conservare e accrescere il proprio potere. Ma possono dei ragazzini salvare il mondo?
Avvertimenti: POV in 1a persona, AU, forse OOC, presenza di OC (secondari).
Questa storia è a rating arancione per via delle tematiche trattate (violenza di vario grado, morte, trauma, occasionale turpiloquio). Ho cercato di includere questi temi con la massima sensibilità, ma vi prego comunque di avvicinarvi alla materia trattata con prudenza e delicatezza. -Roby
Genere: Angst, Azione, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Crack Pairing | Personaggi: Jordan/Ryuuji, Xavier/Hiroto
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Spy Eleven -Inazuma Agency '
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
aiuto, questo capitolo è venuto lunghissimo asdfsadfgfghj



[Normal POV]


 
 
L’atmosfera tranquilla nella mensa fu interrotta da un rumore di piatti infranti.
Lo schianto fece sussultare la maggior parte dei presenti, compreso Hiroto, che in quel momento era in fila per prendere un vassoio. Si guardò attorno confuso, cercando la fonte del rumore.
Individuò sua sorella per prima: stava in piedi sull’uscio della porta, con un’espressione turbata in volto. Davanti a lei, c’era Kazemaru, il quale aveva ancora un estremo del vassoio nella mano destra. Sporgendosi per guardare meglio, Hiroto vide sul pavimento la ciotola infranta ed un groviglio di ramen sbolliti e altri ingredienti, tutto in una pozza di brodo. Kazemaru era voltato verso la porta e Hitomiko, per cui Hiroto non poteva vedere la sua espressione; riconobbe, però, i tremori che gli scendevano dalle spalle lungo le braccia. Un senso di inquietudine si impadronì di lui. Quasi istintivamente lasciò la fila ed iniziò ad avanzare verso di loro.
A quel punto Hitomiko si accorse di lui, lo chiamò per nome. Hiroto la vide muovere le labbra, ma per qualche motivo la sua mente rifiutò di registrare le parole che aveva appena sentito. Era come se il tempo avesse rallentato e lui fosse diventato capace, improvvisamente, di distinguere ogni singolo battito del proprio cuore. Era una sorta di rimbombo nelle orecchie, che copriva ogni altro suono. Frastornato, riuscì solo a guardare la bocca di Hitomiko aprirsi e chiudersi.

Midorikawa è scomparso.

 
xxx

 
 
La notizia mise in subbuglio l’intera agency; le ore successive trascorserotra una telefonata e l’altra, lentamente, fino all’esasperazione. Eccetto per l’aiuto offerto da Fumiko, la quale le faceva da centralino, Hitomiko si trovò costretta a gestire la situazione quasi interamente da sola, alternando telefonate all’ospedale e a Kudou. Dal canto suo, Hiroto sapeva di doverla aiutare, ma anche volendo non sarebbe riuscito a muovere un muscolo. Sua sorella stessa gli aveva imposto di rimanere fermo, mandandolo a sedersi in sala riunioni assieme agli altri agenti operativi che al momento dell’arrivo dell’orribile notizia si trovavano nella mensa. Oltre a lui, erano presenti Kazemaru, Endou e Gazel.
Hiroto non sapeva come descrivere il proprio stato d’animo. Dal momento in cui aveva sentito quelle parole, non era più stato capace di pensare. Anche in quel momento, mentre se ne stava seduto su una sedia, con le mani intrecciate sul grembo e gli occhi fissi sul soffitto, aveva la sensazione che la sua mente si stesse scomponendo, frammentando, e che tutto il suo mondo, compreso lui stesso, stesse precipitando nel caos. Al momento, tutte le sue energie mentali erano concentrate su una cosa sola: respirare. Ricordarsi come respirare. L’ospedale aveva chiamato l’agency non appena si erano resi conti che il paziente era scomparso, presumibilmente qualche ora dopo l’avvenimento. Avevano già perso fin troppo tempo. Il presentimento che Midorikawa fosse in pericolo pesava come un macigno sul suo petto, impedendogli di respirare.
Fumiko fece capolino nella sala, annunciò:- Kudou-san si sta occupando di una questione importante, ma dovrebbe arrivare a momenti-, poi si allontanò di nuovo.
Apparentemente incapace di restare seduto ancora a lungo, Kazemaru si alzò e cominciò a girovagare senza meta all’interno della sala. Hiroto registrò a malapena il momento in cui gli passò accanto. Provare a parlargli avrebbe probabilmente peggiorato le cose per entrambi. Nessuno all’infuori di Kazemaru avrebbe potuto capire cosa Hiroto stesse provando, perciò qualsiasi parola di conforto da parte sua sarebbe suonata falsa, vuota. Consolarsi a vicenda sarebbe stato privo di significato.
Passò un’infinità di tempo, o almeno così parve a tutti loro, prima che ci fossero aggiornamenti. Fumiko ritornava ogni quarto d’ora circa per accertarsi di come stessero e aggiornarli sulla situazione. Ad un certo punto, Gazel si alzò di scatto e corse fuori dalla stanza; nessuno lo seguì. Qualche minuto dopo, Fumiko arrivò e comunicò che Kudou era arrivato. Finalmente, pensò Hiroto. Guardò sul proprio cercapersone l’orario: un’altra ora era andata. Altro tempo perso. Ma, finalmente, Kudou era lì. Hiroto non sapeva in che modo avrebbe potuto aiutare a chiarire la situazione, ma chiamarlo era stato letteralmente il primo pensiero di Hitomiko, quindi in teoria doveva esserci un senso. In pratica, al momento sarebbe stato disposto ad aggrapparsi a qualsiasi possibilità, visto che comunque brancolavano nel buio.
Quando Kudou entrò nella stanza, non era da solo. Con grande sorpresa di tutti, con lui c’era Fubuki Shirou. Hiroto aveva sentito dire, da voci di corridoio, che Kudou avrebbe trovato una soluzione per i drifter creati da Garshield. Possibile che fosse diventato responsabile anche dei Fubuki? Di Fubuki Atsuya, però, non c’era traccia. In effetti, dei due gemelli, solo Fubuki Shirou era ancora un drifter. Il ragazzo si sedette in silenzio alle prime file, non sembrava essere un problema per nessuno.
Kudou procedette fino a raggiungere, più o meno, il centro della sala; mantenne i pugni rigidi lungo i fianchi e lo sguardo basso per tutto il tempo, come se non volesse incrociare i loro occhi per nessun motivo. Aprì la bocca, esitò, la richiuse.
Il senso di sollievo che avevano provato nel vederlo sfumò immediatamente. Se non si fosse trattato di Kudou, Hiroto avrebbe detto che sembrava… turbato, persino scosso. Non riusciva a spiegarselo e, proprio per questo, lo inquietò. Un brivido freddo gli corse lungo la schiena. Il suo istinto gli diceva che alle brutte notizie ne sarebbero seguite di peggiori. Kudou riprovò a parlare.
-Purtroppo, credo che una persona interessata al potere di Midorikawa abbia scoperto che è vivo e abbia trovato il modo di arrivare a lui- disse, mestamente, e non aggiunse altro.
Kazemaru smise di muoversi e si bloccò dov’era arrivato, a pochi metri da Kudou; indietreggiò, barcollante, e si appoggiò ad una delle sedie per mantenere l’equilibrio. Endou gli offrì un appoggio, ma Kazemaru lo respinse, troppo scosso per registrare chi fosse venuto ad aiutarlo. Kazemaru provò a parlare (forse a chiedere spiegazioni), ma la voce gli mancò. Hiroto si sentì sprofondare nuovamente nel caos. Il suo viso era cereo e i suoi lineamenti rigidi per la tensione. Guardare Kazemaru fu come trovarsi davanti ad uno specchio e vedere la sua stessa paura e la sua stessa disperazione coi propri occhi. Per fortuna, prima che la sua mente potesse cominciare a confezionare scenari sempre più agghiaccianti, Hitomiko intervenne. Hiroto non si accorse di quanto si fosse avvicinata finché lei non mise una mano sulla sua spalla, con fare protettivo.
-Se quello che dici è vero, organizzeremo immediatamente un’operazione di salvataggio- affermò Hitomiko. -Kudou, ti prego di darci più dettagli possibili sulla situazione. Chi è questa persona? Hai idea di dove potrebbe aver portato Midorikawa?
Con lo sguardo ancora rivolto verso il pavimento, Kudou si schiarì la voce.
-Kenzaki Ryuuichi… Era un ricercatore, tuttavia ha perso il lavoro tempo fa, durante un’inchiesta sui crimini che aveva perpetrato ai danni di minori, durante i suoi studi nel settore…- Aggrottò la fronte, pensieroso. -Per il resto, sono incline a credere che stia utilizzando una delle vecchie cliniche per i suoi studi… Anche se abbandonate da tempo, sono le uniche strutture a possedere gli strumenti di cui ha bisogno. Posso redigere un elenco di quelle che si trovano in zona immediatamente, datemi carta e penna.
Fumiko scattò immediatamente per porgergli un blocchetto e una penna. Kudou si sedette e cominciò a scribacchiare furiosamente. Nel frattempo, Gazel rientrò nella stanza: aveva con sé il proprio portatile. Dietro di lui, comparve anche Burn, con un’espressione torva e confusa. Forse Gazel gli aveva accennato la situazione al volo. Hitomiko non perse tempo.
-Gazel, fai subito una ricerca su questa persona, Kenzaki Ryuuichi- ordinò. -Burn, il cavo del proiettore, presto!
I due scattarono subito agli ordini. Burn saltò sul palco, afferrò il cavo e lo srotolò, poi ne lanciò un’estremità a Hitomiko. La donna l’afferrò al volo e lo passò a Gazel, il quale lo inserì nel proprio portatile. Una manciata di secondi dopo, Gazel esclamò:- Trovato!-, mentre Burn accendeva il proiettore. Dopo qualche aggiustamento necessario, lo schermo del PC di Gazel comparve anche sul telo appeso alla parete.
Fu così che, per la prima volta, Hiroto si trovò faccia a faccia con Kenzaki Ryuuichi.
Era un uomo dagli zigomi alti e pronunciati. La sua pelle era così pallida da sembrare quasi grigia e la sua bocca era aperta in un sorriso viscido; se non fosse stato per quei dettagli inquietanti, sarebbe apparso come una persona perfettamente elegante, con i capelli divisi in una riga centrale e un impeccabile completo gessato, con cravatta. Una serpe vestita di tutto punto. I suoi occhi erano due voragini, nere come la pece e privi di ogni emozione.
Non appena li incrociò, Hiroto distolse lo sguardo con un brivido, istantaneamente. Burn, al suo fianco, fece lo stesso e commentò sottovoce:- Cazzo, sembra quasi possa pietrificarti con lo sguardo…
-È schedato- disse invece Gazel. -Era sotto inchiesta anni fa, giusto? Ma non sono mai riusciti a trascinarlo in tribunale, anzi, risulta proprio irrintracciabile… Ci sono altri nomi coinvolti nella stessa inchiesta… Alcuni sono ancora in carcere.- Con un altro click, la foto di Kenzaki venne affiancata da altre: in totale erano una quindicina di uomini e circa cinque donne. In quel momento, Hiroto sentì distintamente qualcuno trattenere il fiato in modo brusco.
Guardandosi attorno, notò con non poca sorpresa che si trattava di Fubuki. Stava fissando, in particolare, una foto sullo schermo, una donna con gli occhi azzurri, chiari come il ghiaccio, che sembravano poterti trafiggere attraverso le lenti degli occhiali e persino attraverso lo schermo. Fubuki mormorò un nome, poi se ne pentì e strinse le labbra in una linea sottile. Come se la parola gli fosse sfuggita contro la propria volontà, come se fosse stato un tabù.
Intanto, Kudou aveva finito di scrivere e Kazemaru passò l’elenco a Hitomiko, la quale lo lesse con attenzione per circa un minuto prima di passarlo a Gazel e di dare nuovi ordini.
-Gazel, fai una rapida ricerca su queste ex cliniche. E dirama una notifica di allerta a tutte le stazioni di polizia nelle zone interessate. Cerchiamo qualunque anomalia, qualunque spostamento. Non deve sfuggirci niente- disse, perentoria. -Con voi altri ci aggiorneremo appena possibile. Purtroppo, in questo momento non abbiamo abbastanza informazioni per muoverci.
Aveva appena finito di parlare, quando all’improvviso Kazemaru si voltò e lasciò la stanza di corsa. Sembrava impossibile, per lui, sopportare oltre. Endou lo inseguì, poi tutti, poco a poco, lasciarono la stanza. Hiroto avrebbe voluto scappare, come Kazemaru. Avrebbe voluto urlare. Invece rimase immobile, pietrificato. Il mondo gli era crollato addosso un’altra volta; ma stavolta, senza Midorikawa, gli sembrava impossibile rialzarsi.
 


 
xxx
 


Passarono tre giorni. Tre giorni interi nella paura e nell’incertezza. Hiroto non riusciva a stare calmo: Midorikawa era l’oggetto di ogni sogno, di ogni pensiero. Non riusciva a darsi pace per non esserci stato quando Midorikawa ne aveva avuto bisogno. L’unico motivo che lo spingeva a mangiare, bere e dormire era che avrebbe dovuto trovarsi in forze quando sarebbero arrivato il momento di muoversi. Inoltre, Hiroto aveva la costante sensazione che Kudou non avesse raccontato loro tutta la verità; la storia dell’inchiesta era piena di vuoti, di interrogativi irrisolti. L’intera situazione era surreale.
Dopo tre giorni, Hitomiko li convocò nel proprio ufficio.
Li aspettava seduta sul bordo della scrivania, con le braccia incrociate sul petto; alla sua destra c’era Kudou, in piedi e rigido come una statua, mentre a sinistra stavano Fumiko e Gazel. Oltre alle persone presenti la volta precedente, inoltre, si erano aggiunti Kidou e Gouenji, Reina e Maki.
-Una delle stazioni di polizia che abbiamo contattato ci ha risposto- dichiarò Hitomiko non appena tutti furono entrati. –Sono stati rilevati movimenti sospetti in un edificio abbandonato ai margini della città, nei pressi di Nagoya. Quando li abbiamo avvertiti, hanno avviato una serie di controlli e hanno scoperto che le videocamere presenti in quella zona sono tutte fuori uso. Ci hanno inviato le coordinate, quindi non perdiamo altro tempo.
Hitomiko li squadrò uno ad uno, come se stesse misurando la loro determinazione. Si soffermò un attimo di più su Hiroto.
-Vedo dai vostri sguardi che siete pronti. Avete già un motivo per cui lottare, non devo aggiungere nient’altro. Ora darò gli ordini- disse.
-Yagami, Sumeragi, Gazel e Burn saranno con me. La polizia di Nagoya ha acconsentito a collaborare, ma dovremo recarci lì per ottenere un’autorizzazione ufficiale. Purtroppo siamo fuori giurisdizione, per cui i possessori di doni hanno bisogno di permessi per muoversi liberamente.
Si fermò, riprese fiato, poi proseguì:- Useremo dei mezzi anonimi per passare inosservati. Hiroto, Kazemaru, Endou, Gouenji, Kidou, voi andrete con Kudou-san, che vi accompagnerà in auto fino a destinazione. Una volta ottenuti i permessi, sarete voi ad infiltrarvi nella clinica e recuperare Midorikawa. Partiremo il prima possibile, quindi andate a prepararvi e ci ritroviamo qui tra mezz’ora al massimo. Domande?
Inaspettatamente, Gazel alzò la mano. Hitomiko gli fece cenno di parlare.
-So di non essere un agente operativo- disse Gazel, -ma vorrei partecipare alla missione insieme al gruppo di Hiroto. Questa volta vorrei il permesso di agire sul campo.
Hitomiko lo guardò sorpresa, e non solo lei. -Non hai mai espresso desiderio di far parte delle operazioni in questo modo. Credi di avere quello che serve? I tuoi compagni sono preparati a queste situazioni. Tu credi di esserlo?- ribatté, severa.
-Sì. Non la sto prendendo alla leggera, lo giuro. Ci ho pensato in questi ultimi giorni e ho deciso così. Vorrei il permesso di scendere in campo… solo per questa volta- disse Gazel. Il suo sguardo era determinato, ma Hiroto non aveva idea di cosa lo spingesse a tanto. Impossibile dire cosa avesse in mente. Gazel non aveva mai mostrato il minimo interesse nella loro area di lavoro, quindi perché ora?
Hitomiko soppesò la richiesta per qualche minuto; infine, annuì.
-In questo caso…- mormorò. -Kidou, saresti disposto a fare a cambio con Gazel? Saresti l’unico in grado di farlo, considerato che hai effettuato e superato sia la prova da agente operativo che quella da archivista.
Gazel si girò verso Kidou, basito. -Cosa? Non ne avevo idea. Ma si può fare?- esclamò.
-Certo- rispose Hitomiko senza scomporsi. -Solo che nessuno ci riesce, normalmente. Allora, Kidou?
Kidou si sistemò gli occhialini. -Non ho nessuna obiezione a riguardo- affermò.
-Perfetto, allora direi che potete scambiarvi e…
-Un momento!- A quel punto, anche Burn fece un passo in avanti. -Anche io vorrei scendere in campo, per questa volta. Prometto che sarò utile!- esclamò. Per un attimo abbassò lo sguardo sui propri pugni chiusi, poi rialzò il volto di scatto. I suoi occhi ardevano come metallo incandescente. -Voglio rendermi utile! Voglio aiutare i miei compagni. La prego...!- disse e, con stupore di tutti, accennò persino un inchino in avanti.
Hitomiko sospirò.
-Se il tuo desiderio è tanto forte... A dire la verità, sono felice di vedervi così determinati. Significa che siete una vera squadra- commentò. Sembrava sinceramente colpita e, forse, un po’ commossa. -Vedere tanta devozione, tanta voglia di proteggervi a vicenda... Questo mi rende orgogliosa di voi. Burn, Gazel, avete il mio permesso. Fatevi valere.
I due ragazzi si scambiarono uno sguardo sorpreso, poi ringraziarono praticamente all'unisono. Hitomiko scosse il capo.
-Sono io che ringrazio voi. Ora andate tutti a prepararvi- disse, e così tutti fecero.

 
Nonostante gli tremassero le mani, Hiroto si impose di mantenere il sangue freddo. L’orologio scorreva rapidamente e ogni minuto avrebbe potuto essere fatale per Midorikawa. Non poteva permettersi di andare nel panico adesso. Si vestì in modo da essere il più leggero ma protetto possibile, indossò il giubbino antiproiettile e una pistola alla cinta.
Per tutto il tempo in cui furono in camera assieme, Endou non tentò neanche di confortarlo: anche lui era troppo impegnato a prepararsi, sia fisicamente che mentalmente. Solo quando erano sul punto per uscire, il suo partner gli poggiò una mano sulla spalla, lo guardò per un lungo momento negli occhi e poi annuì. Hiroto capì che Endou aveva trovato solo questo modo di incoraggiarlo, laddove le parole non sarebbero bastate, e ricambiò a sua volta con un cenno del capo.
Scendendo nuovamente al piano terra, incrociarono gli altri. Era la prima volta che vedeva Burn e Gazel indossare le divise da agenti operativi ed era… strano, in qualche modo. Ma, dopotutto, l’intera situazione era fuori dall’ordinario. Hiroto immaginò che dovessero essere nervosi e si chiese cosa li avesse spinti a fare quella richiesta, ma decise di non dire nulla. Tutti i presenti avevano delle espressioni cupe. Hiroto scoprì che, più di tutti, la persona che più avrebbe voluto vedere in quel momento era Kazemaru. Perciò, appena scorse la sua coda di cavallo azzurra, Hiroto gli andò incontro e istintivamente cercò la sua espressione. Non sapeva cosa vi avrebbe trovato.
Gli occhi di Kazemaru sembravano ardere come fuoco e la sua bocca era stretta in una linea sottile. Aveva i suoi pugni rigidi lungo i fianchi. Hiroto non gli aveva mai, mai visto un’espressione simile in volto. Kazemaru si era sempre mostrato forte e fiducioso davanti a lui, persino quando Midorikawa era stato in coma; adesso, invece, l’impressione che dava era che potesse andare letteralmente in pezzi da un momento all’altro e che tutti i suoi sforzi fossero raccolti per impedirlo. Mentre camminavano fianco a fianco verso l’uscita, però, Hiroto notò che Kazemaru portava due pistole: una 38, la propria, e una Smith&Wesson che Midorikawa era solito usare.
Nonostante la disperazione nel suo cuore, Kazemaru non aveva perso la speranza. Al contrario, stava scendendo in campo a testa alta. Questa, si disse Hiroto, è la differenza tra essere trascinati dagli eventi ed affrontarli a viso aperto. Una lezione che Kazemaru conosceva benissimo, e anche Gazel e Burn, e tutti gli altri. Hiroto l’aveva imparata da Midorikawa e non l’avrebbe mai dimenticata.



 
xxx



I mezzi “anonimi” di cui parlava Hitomiko si rivelarono essere dei furgoni, il cui lato posteriore era come un’ampia sala d’attesa, con due panchine disposte sui due lati verticali; la parte di guida era separato dai posti posteriori soltanto da un finestrino, per cui chi stava seduto dietro poteva facilmente tenere d’occhio chi era alla guida, e viceversa. Il viaggio durò per circa quattro ore, in totale silenzio. Per tutto il tempo, gli occhi di Kudou rimasero fissi sulla strada.
Hiroto non poteva fare a meno di sbirciare verso di lui più spesso di quanto riuscisse a dissimulare. Gazel sembrava essersi accorto che qualcosa lo turbava, ma si limitò a scoccargli un paio di occhiate interrogative, senza parlare, e Hiroto scosse il capo ogni volta. Gli altri, invece, erano troppo immersi nei propri pensieri per notare cosa succedeva al di fuori di loro. Kazemaru, per esempio, stava seduto con la schiena ricurva in avanti e lo sguardo basso, senza nessun focus particolare, come se si fosse chiuso al mondo. Nonostante fossero seduto tra Endou e Hiroto, non provò a parlare con nessuno dei due, a parte qualche breve scambio di circostanza.
La situazione cambiò poco quando il furgone iniziò a rallentare. Erano intorno alle dieci di sera e il cielo era già buio. Dopo alcune manovre, Kudou parcheggiò il furgone, a sua detta “nelle vicinanze dello stabile”. Hiroto si girò e guardò lungamente il viso dell’uomo nel riflesso dello specchietto retrovisore. Purtroppo, il retro del mezzo non disponeva di finestre, per cui non c’era modo di verificare la loro posizione se non dal posto di guida, e Hiroto non giudicò prudente aprire le porte del furgone. Dopo qualche minuto che stavano fermi, Burn fece una domanda:- Quindi, ora come funziona? Che facciamo? Aspettiamo che arrivino gli altri?
-Aspettiamo- gli rispose Kudou. La sua espressione era inflessibile, ma non più di quanto lo fosse stata prima di mettersi in cammino. Rimase in silenzio per un po’, poi disse:- Kiyama, se c’è qualcosa che devi chiedermi, questo è l’unico momento che avrai.
Quindi era sempre stato consapevole dello sguardo di Hiroto su di lui. Bene. Tutti si voltarono verso di lui e Hiroto prese un respiro profondo prima di parlare.
-Come posso fidarmi di te?- chiese, nel tono più neutro possibile.
Kudou aggrottò la fronte.
-Come posso guadagnarmi la tua fiducia?- ribatté. Rispondere con un’altra domanda era un po’ come non rispondere affatto. A Hiroto non piacque, ma non si lasciò sbilanciare.
-Non ci hai detto tutta la verità. Quindi perché non cominci da quella?- replicò. Incrociò le braccia al petto e si appoggiò alla parete del furgone, senza mai distogliere lo sguardo da Kudou, che vedeva riflesso nello specchietto sul posto di guida. Dal silenzio dei suoi compagni, Hiroto intuì che non era l’unico a farsi delle domande. Kudou abbassò gli occhi sul volante, evitando ancora una volta un contatto visivo.
-Hai ragione. Io… cercherò di spiegare- disse, stranamente remissivo. -Partirò dal principio…
Inspirò a fondo, le sue mani si strinsero attorno al volante.
-Forse non ne avete idea, ma i “doni” sono una scoperta molto recente, i primi drifter si sono manifestati una trentina di anni fa. All’epoca ero un bambino, ne rimasi affascinato e decisi di studiare per diventare un ricercatore. Dieci anni dopo, scrissi una tesi sulla possibile provenienza dei doni. Fu molto apprezzata. Appena dopo essermi laureato, fui invitato a prendere parte ad un progetto sperimentale. Cercavano ricercatori “eccellenti” per produrre i “migliori” risultati…
-Avevamo molti fondi a disposizione, c’erano forti interessi dietro. Ma agli inizi c’era anche uno scopo puramente umanitario. I bambini che trovavamo o ci mandavano erano spesso soli, spauriti, e noi cercavamo di aiutarli a capire, a essere in controllo, mentre studiavamo i loro “doni”. È stato lì che ho conosciuto i genitori di Fuyuka… due persone meravigliose, dall’animo gentile e buono.
Lo sguardo di Kudou si accese per un istante, ma la tenerezza durò solo un istante e poi lasciò posto all’amarezza. -Ma, in realtà, pochi erano davvero interessati ad aiutare- disse. -Perlopiù, si lavorava per avere riconoscimenti e accaparrarsi un po’ di gloria. Alcuni, purtroppo, cercarono di arricchirsi sulla pelle degli innocenti…
-I bambini cominciarono a sparire, o ad ammalarsi. Non riuscivamo a capire cosa fosse andato storto, finché non scoprimmo che alcuni elementi stavano conducendo esperimenti illegali sui drifter specialmente dotati. Una ricercatrice, in particolare, si occupava di viaggiare per il paese e raccogliere i ragazzini, trasferendosi di posto in posto per non destare sospetti. Si chiamava Fuyumi e aveva accordi con cliniche in svariate città. Altri facevano lo stesso. Ma era Kenzaki a condurre davvero gli esperimenti…
-Kenzaki li spingeva oltre i loro limiti… Molti ragazzini venivano sopraffatti dai loro stessi poteri, altri reagivano male ai farmaci… Prima che ci fossero altre vittime, provammo a parlare con tutti, ma senza risultati... Fuyumi fu l’unica a mostrare tentennamenti, ma continuò lo stesso a fare il suo lavoro, finché un giorno non tornò più-. Kudou si fermò, come se stesse riflettendo su qualcosa.
-Midorikawa era uno di quei ragazzi…?- lo incalzò Hiroto. Kudou esitò, poi assentì col capo.
-Ryuuji era alla clinica assieme a sua madre. Lui... aveva manifestato qualche segno quando era molto piccolo- rispose, tentennante. -Tuttavia, quei segni scomparvero quasi subito. Avrebbero dovuto lasciare la clinica. Ma Kenzaki… Kenzaki era ossessionato da loro, credeva di aver visto un enorme potenziale in Ryuuji e cercava disperatamente di riportarlo alla luce…
-Quando Fuyumi scomparve, molti ricercatori si spaventarono e tradirono Kenzaki. Si costituirono alla polizia e vuotarono il sacco nel tentativo di ridurre la pena. Nel caos che seguì, molti fascicoli furono trafugati e i segreti delle nostre ricerche furono venduti nell'ambito militare… Pensiamo che sia così che Garshield Bahyan ne è venuto in possesso.
Tutti s'irrigidirono sentendo quel nome, ma Kudou continuò a parlare.
-Intanto, Kenzaki cominciò a far sparire le prove del suo operato, ma non fu abbastanza freddo, perciò riuscimmo a capire in quale clinica teneva rinchiusi molti drifter, tra cui Ryuuji. Ideai un piano e, insieme ai genitori di Fuyuka e alla polizia, ci intrufolammo nella clinica per liberare tutti. Ci separammo, avremmo dovuto ritrovarci tutti fuori dalla clinica… Ma qualcosa andò storto, e solo il mio gruppo riuscì ad arrivare fuori. Secondo la ricostruzione della polizia, Kenzaki aveva intuito tutto e aveva pagato qualcuno per bloccarci mentre lui portava via i drifter... Ci fu una sparatoria… Molti agenti vennero feriti, mentre i bambini presenti e i genitori di Fuyuka…
La sua voce si spezzò, e Kudou dovette fermarsi. Aveva gli occhi lucidi. Aspettò qualche minuto prima di riuscire a parlare di nuovo.
-Tuttavia, neanche per Kenzaki le cose andarono come previsto: riuscì a darsi alla macchia, ma senza portare con sé nemmeno un singolo bambino- disse Kudou. -Deve aver creduto che Ryuuji fosse morto… E lo credevo anch’io, finché non l’ho incontrato a Tokyo, mesi fa.
-Quando l’ho rivisto, non potevo credere ai miei occhi... Ma ero sollevato… Non mi sono mai perdonato quello che è successo. A causa del mio piano, sono morte così tante persone… Midorikawa e sua madre non erano mai usciti dalla clinica, ma forse, forse in fondo speravo… Speravo che fossero vivi, là fuori, da qualche parte, dove non potevo vederli. Se solo questo fosse vero anche per i genitori di Fuyuka… Ma ho visto i loro corpi coi miei occhi. La verità… è che non sono riuscito a salvare nessuno.
Kudou tacque e, questa volta, non provò neanche a ricomporsi: provava troppa vergogna per se stesso. Nascose il viso tra le mani tremanti e si curvò in avanti, impedendo ai ragazzi di vedere la sua espressione. Calò un silenzio tombale. Tutti stavano ancora metabolizzando il racconto, così difficile da accettare. Nel furgone c’era una tensione soffocante, sembrava che nessuno osasse respirare.
Poi, inaspettatamente, qualcuno parlò.
-Questo è quello che credi tu- disse Gazel sottovoce. Si sporse in avanti, sedendosi sul ciglio del suo sedile, e levò lo sguardo e la voce. -Ma realtà, hai salvato altre persone, non è così?
Kudou si irrigidì, come se quello sguardo tanto intenso, puntato contro la sua schiena, lo avesse trafitto. Gazel lo guardava con qualcosa di simile alla compassione, ma, pensò Hiroto, c’era anche dell’altro. Sebbene avesse cominciato a mostrare più apertamente le proprie emozioni, era comunque difficile capire cosa smuovesse il suo cuore.
-Guarda che l’ho capito, sai? Sei stato tu a parlare a Chang Soo di me... Facendo ricerche tra gli archivi dell'agency, ho scoperto che un ricercatore si era interessato al mio "caso"... Il nome non era stato inserito nel sistema, ma... ma ora sono certo che si tratti di te. Grazie a te ho avuto la possibilità di addestrarmi con Chang Soo, anche se in apparenza non avevo nessun dono... Ma in realtà il mio dono è sempre stato dentro di me, giusto? Esattamente come Midorikawa- disse Gazel a bassa voce. Si morse il labbro, nervoso. -Più ci penso, più non posso fare a meno di trovare somiglianze… Dimmelo, ero anche io come loro, Kudou-san? Ero anch’io… uno di quei bambini…?
Kudou prese un respiro profondo. Gli tremavano le mani.
-No- affermò l’uomo. -Tu no. Non sei mai stato nelle nostre cliniche. Ma è vero che sono stato io a trovarti… Dopo quello che era successo, ho cercato di tenere d’occhio le situazioni di cui conoscevo l’esistenza. E cercando le famiglie che erano state visitate da Kenzaki, sono arrivato a te.
-Non è stato semplice... Tua madre era una drifter molto giovane, ma era intelligente e capace e più volte era sfuggita agli uomini di Kenzaki, trasferendosi di città in città sotto falsi nomi. Gazel fu l’ultimo nome prima che…- Non completò la frase, scosse il capo.
-Tua madre morì, ma anche i sicari che erano stati inviati persero la vita a causa di un incidente inaspettato... qualcosa che all'epoca nessuno seppe spiegarsi.
-La casa fu trovata interamente congelata- mormorò Gazel con un leggero tremito nella voce. Kudou annuì.
-Sì… E tu sei sopravvissuto per miracolo.
Gazel tacque, abbassando lo sguardo e passandosi una mano tra i capelli che gli cadevano sul viso. Hiroto intanto fissava ancora Kudou. Era sicuro che l'uomo stesse nascondendo ancora qualcosa. Credeva di essere ormai vicino a ricomporre l’intero quadro, ma mancava ancora qualcosa…
-Il mio nome- Gazel alzò la voce di colpo. -Se conosci il mio vero nome, dimmelo.
Kudou esitò.
-Fuusuke- mormorò. -Suzuno Fuusuke.
Suzuno annuì, piano.
Hiroto avrebbe potuto giurare che i suoi occhi fossero lucidi. E che la mano di Nagumo si fosse mossa d'istinto per prendere quella di Suzuno, avvolgendo le sue dita con le proprie. Era un gesto così intimo e delicato che Hiroto sentì di dover distogliere lo sguardo, per concedere loro un momento di vulnerabilità. Non avrebbero avuto molte altre opportunità, quella sera. Kudou riprese a parlare.
-Ho dato il tuo nome a Chang Soo perché ti tenesse d’occhio. E, quando ti sei trasferito qui, il compito è passato a Seijirou Kira. Le Spy Eleven sono state messe al corrente della situazione man mano che le hai incontrate lungo il tuo cammino. Ho dato loro tutte le informazioni necessarie, chiedendo in cambio solo di restare anonimo, per poter continuare le mie ricerche... Le tue… circostanze, infatti, mi hanno fatto capire che i doni… dormienti esistevano davvero- confessò.
-Ma, con le nuove ricerche, sono sorti anche nuovi problemi. Molti volevano zittirmi, vennero a cercarmi e Fuyuka rimase ferita per colpa mia. Per questo smisi di fare ricerche. Volevo chiudere gli occhi e le orecchie, dimenticare ogni cosa.
La voce di Kudou tremò.
-Tutto è cambiato, però, quando ho incontrato di nuovo Ryuuji- disse.
-Era come vedere un fantasma, tornato a ricordarmi dei miei errori… Ma lui era vivo e reale. Avrei voluto scusarmi con lui, ma capii subito che Midorikawa non si ricordava di me. Così appresi da Hitomiko Kira che Midorikawa soffriva di amnesia. Per questo, dapprima ho tenuto le distanze; poi ho cercato di avvertirlo di non scavare nel passato. Ma sapevo di non poterlo proteggere per sempre dalla verità, perciò… in questi ultimi mesi, ho ripreso le mie ricerche.
-E hai trovato delle risposte…?- domandò Hiroto. Tutti ascoltavano col fiato sospeso. Kudou deglutì, fece cenno di sì col capo.
-Ci sono… pochissimi casi di persone che hanno recuperato i propri poteri come Suzuno e Midorikawa. È come se… se ci fossero delle condizioni da rispettare. Ogni volta c’è stato un prezzo da pagare...
-Outsider… Così le ho chiamate… Persone fuori dagli schemi, capaci di risvegliare il proprio potere solo dopo aver visto la morte. Deve essere una morte violenta, e loro devono avere dentro di loro il desiderio di vivere ancora. Solo così può avvenire il miracolo: per un attimo il loro cuore smette di battere... e poi il loro dono li riporta in vita. È per questo che non possiamo sapere quanti ne esistano al mondo. E, per il loro bene, mi auguro che non lo scopriremo mai. Inoltre, sono dei poteri troppo forti perché una persona comune, soprattutto un bambino, possa accettarli...
-Per questo ho perso la memoria- lo interruppe Suzuno. -E per questo Midorikawa ha perso la sua.
-Sì… Credo anche che sia successo più di una volta- disse Kudou. -Tutti e due avete avuto un primo risveglio da bambini e un secondo durante quest'anno... La prima volta, il trauma è stato talmente forte da farvi perdere la memoria. La seconda volta, al contrario, i ricordi sommersi sono venuti a galla.
-Penso che la psiche di Midorikawa sia molto fragile in questo momento. Temo che, risvegliando il suo dono, si sia spezzato un delicato equilibrio…
Hiroto si sentì raggelare.
-Quindi sta dicendo che, se Kenzaki farà di tutto per far tornare il suo dono, ciò potrebbe danneggiare Midorikawa per sempre?- chiese.
Kudou tentennò, poi fece un cenno col capo. Hiroto si alzò in piedi di scatto: aveva sentito abbastanza.
-Se è così, non posso aspettare ulteriori ordini- affermò e, sotto lo sguardo sorpreso degli altri, iniziò a raccogliere la propria roba. Mentre stava infilando la pistola nella sua fondina nella cintura che indossava attorno alla vita, Endou gli afferrò il braccio.
-Hiroto?! Non stai mica pensando di entrare… adesso?!- esclamò. Hiroto non rispose, si limitò a fissarlo con determinazione. Kudou si girò verso di lui, visibilmente allarmato.
-No… non puoi- farfugliò. -Dobbiamo attendere ordini da Hitomiko… Se vai adesso, non avrai le spalle coperte! Rischi di incontrare tutti gli uomini che Kenzaki avrà assoldato! Ed io, una notte come quella… non posso lasciare che si ripeta mai più! Non se c’è un’altra scelta…!
-Ma non c’è!- Hiroto scattò, incapace di trattenersi. -Non c’è scelta! Devo andare adesso! Se Midorikawa è in pericolo, devo portarlo subito fuori da lì! Ogni minuto può essere decisivo!
Anche Kazemaru scattò in piedi. Si asciugò il viso in fretta e furia con la manica della giacca, poi si liberò dell’indumento, lanciandolo sul sedile.
-Vengo anch’io. Non è il momento per starsene fermi ad aspettare!- esclamò.
Endou, Gouenji, Suzuno e Nagumo si scambiarono delle occhiate, poi si alzarono a loro volta.
-Mi dispiace, Kudou-san. Di certo gli avvenimenti di quella notte sono stati molto dolorosi, ma... non possiamo restare paralizzati per paura del passato e rinunciare al futuro- disse Suzuno con voce ferma. -L’unica verità, adesso, è che Midorikawa ha bisogno di noi… e noi dobbiamo andare.
-Midorikawa non avrebbe abbandonato nessuno di noi- aggiunse Endou.
-I nostri compagni vengono prima di tutto il resto- concordò Gouenji.
-Midorikawa è importante per la nostra squadra. È importante per noi- disse Nagumo, per quanto sorprendente fosse. Hiroto non aveva idea che Nagumo pensasse quelle cose di Midorikawa, ma ne era felice.
Sentirli difendere Midorikawa gli fece realizzare il vero senso delle parole di Hitomiko: provenivano tutti da contesti e percorsi diversi, ma avevano pianto, riso, combattuto insieme. Questa era la vera essenza di una squadra. E parte del merito era, naturalmente, di Midorikawa.
-Kudou-san… Noi sappiamo cosa stiamo facendo. Anche Midorikawa lo ha sempre saputo. Siamo abituati a difenderci da soli- disse Hiroto, piano. Abbassò lo sguardo e, accorgendosi di avere le mani che tremavano, le chiuse in pugni. Per un attimo, immaginò che Midorikawa fosse lì con lui. Cosa avrebbe fatto Midorikawa, se fosse stato lì?
Conosceva già la risposta. Di colpo gli venne in mente che, quando lui era nervoso, Midorikawa era solito prendergli le mani e stringerle finché non tornavano calde. Era un gesto semplice, eppure così spontaneo e confortante, così adatto alla sua personalità. Quando Midorikawa gli prendeva le mani, Hiroto non poteva che sentirsi invincibile.
-Kudou-san… Scappare dal passato è facile, ma… alla fine, non fa che ferirti di più, io lo so. Ma ho giurato a me stesso e a Midorikawa che non sarei più scappato. Non so da dove vengano i doni, né che scopo abbiano in realtà, e ho odiato il mio per tanto tempo… ma Midorikawa mi ha fatto capire che non importa che potere tu abbia, è come lo usi a fare la differenza. Ed io credo… credo che questi doni debbano essere usati per aiutare le persone.
-Kudou-san, ti prego… Credi in noi. Credi nel futuro. Noi torneremo, con Midorikawa, qualsiasi cosa accada. E contiamo su di te, perché tu faccia da tramite con la nostra agency. Puoi fare questo per noi?- Glielo disse con voce ferma e Kudou, che era rimasto a fissarlo per tutto il tempo con occhi spalancati, increduli, non poté che assentire. Si riscosse, si voltò e strinse le mani sul volante.
-Va bene… Non credo esista persona al mondo capace di restare indifferente dopo avervi sentito parlare così- acconsentì. Tacque per un momento, poi mormorò:- Solo… state molto attenti. Kenzaki cercherà in tutti i modi di tenervi lontani da Midorikawa. Quell’uomo non ha scrupoli, è completamente accecato dai propri obiettivi… E ha fatto perdere le sue tracce per tutto questo tempo, quindi non so proprio quali assi nella manica possa nascondere…
-Staremo attenti- replicò Hiroto. -Kudou-san, anche tu… stai attento. E riferisci ogni cosa a mia sorella appena possibile, per favore. Dille che mi assumo io la responsabilità.
Kudou scosse il capo. -Datevi una mossa- disse, burbero -prima che io cambi idea e vi chiuda qui dentro con le sicure.
I ragazzi non se lo fecero ripetere due volte.
Quando aprirono le porte posteriori del furgone e misero piede all’esterno, però, capirono subito di non essere soli. Qualcuno era già lì, ad aspettarli. La tensione si fece palpabile, mentre si mettevano tutti in guardia. Hiroto sollevò la propria pistola e puntò dove credeva di aver visto qualcosa muoversi. D’un tratto, Gouenji sussultò e si parò tra Hiroto e il presunto bersaglio.
-Non sparare- gli disse, cercando di non alzare troppo la voce. Hiroto gli scoccò un’occhiata interrogativa, ma per il momento gli diede ascolto. Intanto, dall’oscurità emerse una figura familiare.
-Uh?! Cosa ci fai tu qui…?!- esclamò Nagumo, puntando il dito verso Fubuki Shirou.
Il drifter camminava lentamente verso di loro, con le mani sollevate e ben in vista. Era vestito tutto di nero, con svariate cinture sui fianchi e sulle gambe, e stivaletti rigidi a mezza gamba. Quante armi potrebbe nascondere?, si chiese Hiroto. Bastava osservarlo per intuire che Fubuki Shirou non li aveva seguiti per noia o gioco; era venuto per combattere. Restavano parecchi misteri: contro chi o cosa stesse combattendo, per quale motivo, o come avesse fatto a seguirli fin lì. 
Fubuki Shirou si fermò a qualche metro dal loro gruppetto e si rivolse direttamente a Hiroto, ignorando gli altri.
-A quanto ho capito, tu sei il leader- disse, con voce neutra. -Voglio partecipare a questa, ah, come dite voi? Missione. Portami con te, saprò rendermi utile.
-Non ho dubbi a riguardo, ma, se vuoi lavorare con noi, devi dirmi chiaramente che intenzioni hai- ribatté Hiroto, ancora guardingo. Quasi sicuramente non avrebbe avuto da Fubuki le risposte che cercava. L'espressione dell'altro, infatti, non lasciava trasparire nulla , eccetto forse per il suo sguardo, penetrante e selvaggio come quello di un lupo a caccia. 
-Tranquillo, non voglio in alcun modo ostacolarvi. C’è solo una cosa che voglio…- mormorò Fubuki, inclinando leggermente il volto. Alcune ciocche di capelli gli scivolarono sul viso, mentre sulle sue labbra compariva una specie di sorriso, in cui non c’era traccia né di scherno, né di malizia, ma soltanto amarezza. 
-L’unico motivo per cui sono qui è per mettere fine a questa storia. Non voglio altro che spazzare via tutto ciò che resta del passato- disse Fubuki. -È sufficiente come risposta?
Hiroto lo scrutò attentamente per un altro minuto. Aveva la sensazione che Fubuki fosse irritato da qualcosa, ma non aveva modo di confermarlo. Solo Midorikawa avrebbe potuto capire quali sentimenti si celassero davvero sotto la superficie.
Hiroto si voltò verso Nagumo, che continuava a fissare Fubuki con sospetto, e incrociò il suo sguardo; Nagumo sostenne il contatto visivo per qualche secondo, poi annuì, riluttante, e lasciò perdere Fubuki. Quando Hiroto si guardò intorno, vide che gli altri sembravano essere della stessa idea. Sospirò. Non poteva impedire loro di essere diffidenti, l’importante era che fossero disposti a superarlo in nome di un obiettivo comune. Sembrava davvero che avessero deciso, di comune accordo e senza dirglielo, che lui fosse a capo dell’operazione, che fosse lui a dover avere l’ultima parola. Perché si fidano di te, disse la voce di Midorikawa, nella sua testa. Prese la sua decisione.
-Sì. Puoi venire con noi- disse infine. Il volto di Fubuki si illuminò e il suo sorriso diventò quasi genuino. Hiroto spostò lo sguardo da lui agli altri, soppesando tutti i membri di quella squadra.
-Per prima cosa, troviamo il modo di entrare- disse, stava per voltarsi quando Fubuki tossicchiò.
-A tal proposito- disse -c’è un’entrata secondaria, lo sapete?


 
xxx



Esattamente come Fubuki aveva affermato, c’era un’entrata secondaria sul retro dell’edificio: le scale d'emergenza esterne. Stavano in mezzo a un cortile, cinto da una staccionata di legno e pieno di scatoloni di cartone impilati qua e là senza un preciso ordine, bicchieri di plastica e rifiuti organici di vario tipo a terra. Sembrava una discarica. Le scale erano sorvegliate da un gruppo di uomini. Hiroto li osservò attentamente: pochi erano di stazza grande, la maggior parte erano tarchiati, ma con le spalle larghe. Avevano tutti l’aria di saper picchiare duro, sicuramente erano anche armati. Eppure, non erano abbastanza per contrastare loro. Apparivano rilassati, in quanto stavano approfittando del turno di guardia per fumare una sigaretta.
-Gouenji- mormorò Hiroto, senza muoversi né girarsi.
L’attimo dopo, da una delle sigarette uscì non fumo, ma fuoco: il fumatore si scottò le labbra e ululò di dolore. Una dopo l’altra, tutte le sigarette si trasformarono in tanti piccoli tizzoni ardenti, e seguirono grida e imprecazioni e bestemmie. Appena gli uomini gettarono a terra gli oggetti incandescenti e cominciarono a pestarli per spegnere le fiamme, Hiroto seppe che era il momento della mossa successiva. Si girò parzialmente alla propria destra, dove sapeva di trovarlo. Bastò un solo sguardo perché Fubuki scendesse in campo.
Fece un passo in avanti e una scia di ghiaccio si espanse sull'asfalto a partire dalla sua gamba. Il ghiaccio ricoprì tutta l’area del cortile in una manciata di secondi, facendo inciampare e scivolare le guardie, ancora impegnate a saltare sulle sigarette che non riuscivano ad estinguere in alcun modo. Nel momento in cui persero l’equilibrio, i ragazzi gli furono addosso, si avventarono sugli uomini senza paura, sebbene fossero più grossi e piazzati di loro.
Kazemaru fu il primo a buttarsi nella mischia. Era il più veloce fra loro, ma Hiroto non immaginava quanto veloce potesse diventare finché non accadde. In pochi secondi, Kazemaru colpì allo sterno un uomo grosso il doppio di lui, poi gli diede uno schiaffo a mano aperta sotto il mento e finì con una ginocchiata all’inguine. Mentre lui si piegava in due sull'asfalto, con le mani premute sui genitali, Kazemaru era già passato oltre; si abbassò rapidamente per evitare una coltellata e poi gli tirò un calcio sul polso, facendogli cadere l’arma. Un terzo uomo arrivò da dietro, pronto a colpirlo, ma in quel momento sopraggiunse Nagumo, che gli afferrò il polso e glielo piegò. Per un istante i suoi occhi ebbero un guizzo dorato, poi l’uomo urlò e lasciò cadere il proprio coltello in favore di premere una mano sulla scottatura. Lo sguardo di Hiroto fu subito attratto dall'arma a terra: erano coltelli grandi, da cucina o da macelleria. Queste guardie non erano professioniste, ma solo delinquenti, forse sicari, assoldati per il lavoro.  Soprattutto, erano decisamente molto meno spaventosi di qualsiasi drifter di Garshield avessero affrontato. Mentre l'uomo si manteneva il polso dolorante, Nagumo gli diede un calcio in faccia e gli fece perdere in sensi.
Meno tre, pensò Hiroto. Si guardò attorno. Altri sette. Non dovevano permettere a nessuno di loro di scappare e far scattare l’allarme. Dovevano silenziarli in fretta. Kazemaru, Endou, Nagumo e Gouenji stavano combattendo con quattro di loro, uno contro uno. Intanto, notò che il ghiaccio di Fubuki si era arrampicato sulla staccionata e aveva creato una sorta di arco, una sorta di tetto intorno a loro. Fubuki era davvero un osso duro: una barriera come quella avrebbe senza dubbio attutito tutti i rumori.
Qualcuno cercò di tirargli una coltellata al fianco, ma, per fortuna, mancò la mira a causa del ghiaccio sotto i piedi. Grazie al contrattempo, Hiroto lo evitò e lo colpì, forte, con un pugno sotto il mento, poi gli afferrò il braccio, girò su se stesso e lo scaraventò a terra. Nello stesso momento, Suzuno si acquattò a terra e, facendo leva sulle proprie mani, roteò su se stesso e colpì le gambe di una guardia. Quando questi perse l’equilibrio, Hiroto ne approfittò per assestargli un colpo alla nuca da dietro e fargli perdere i sensi.
Suzuno e Hiroto si voltarono, cercando gli uomini rimasti, e ne videro alcuni a terra, svenuti sotto una pila di scatoloni, che gli era crollata addosso dopo che vi erano stati scaraventati contro. Li contarono: ne mancava uno. Era lì, a pochi metri da loro. Tarchiato, pesante e furioso. E con una pistola. Sparò un paio di colpi su Suzuno, che era ancora a terra, ma il ragazzino li evitò spostandosi di fianco e si rimise in piedi con una capriola improvvisata. Questo distrasse il delinquente, permettendo a Hiroto di avvicinarsi abbastanza da colpirlo nel fianco, facendolo barcollare per un momento. Nel frattempo, Suzuno lo raggiunse e, con la mano sinistra, congelò la pistola, con dita annesse; poi strinse la destra in un pugno, lo rivestì di ghiaccio e gli tirò un gancio dritto sotto il mento. Gli occhi dell’uomo si riversarono all’indietro, mostrando il bianco, mentre il suo corpo cadeva all’indietro: sbatté nel ghiaccio e finì K.O. come tutti gli altri.
Fubuki sospirò e sciolse gli effetti del suo dono, letteralmente. Il cortile si riempì di acqua gelida. Il ragazzo entrò nel cortile, camminando lentamente e scavalcando le persone stese a terra come se fossero stati oggetti qualsiasi. Nagumo si voltò a guardarlo, nervoso.
-Come facevi a sapere che c'erano le scale d'emergenza?- chiese.
-Mentre voi parlavate dei vostri problemi nel furgone, io ho fatto un giro d’ispezione qui intorno. Il minimo, no?- rispose Fubuki. -Dall’altro lato ci sono parecchie auto parcheggiate, insomma… C’era la fila all’ufficio assunzioni, uh?- aggiunse, gettando un’occhiata disgustata all’uomo tarchiato che aveva ricevuto una solida lezione da Suzuno.
Hiroto sospirò e si avvicinò alle scale di ferro che si snodavano verso il cielo buio. Era una soluzione rischiosa, ma sicuramente la più rapida. Hiroto fece cenno agli altri di raggiungerli.
-Saliamo, piano- disse.
Salirono in silenzio, attenti a non fare più rumore del necessario. Alla fine della lunga gradinata trovarono una porta d'emergenza. Dovevano essere circa a un secondo piano. Hiroto fece cenno agli altri di coprirgli le spalle, poi l'aprì con cautela. Sbucarono su un corridoio apparentemente vuoto, fatta eccezione per alcune piante in dei grandi vasi e un carrello della biancheria carico di camici bianchi. Hiroto li prese e li distribuì: forse era ingenuo, ma almeno da lontano o di spalle avrebbero potuto passare inosservati. In realtà, non si rivelò poi essere una pessima idea. Per cercare il modo di salire al piano superiore, infatti, furono costretti un po' a girovagare per il piano, ma nessuna delle guardie che videro da lontano li fermò. Hiroto capì in fretta che le guardie non si aspettavano degli intrusi e si accontentavano di vedere, anche solo di striscio, dei camici bianchi. L’impressione che davano era che fossero stati assunti separatamente rispetto ai ricercatori, e che quindi non facessero caso a qualche faccia nuova. A quanto pareva, Kenzaki non aveva né la mente criminale di Garshield, né le sue capacità manageriali; e non era neppure alla stregua di un delinquente esperto. Era un delinquente improvvisato, cieco a qualsiasi cosa all’infuori del proprio obiettivo. Tutto ciò va certamente a nostro vantaggio, pensò Hiroto.
Una volta saliti al piano di sopra, decisero di separarsi per rendere più veloce l'esplorazione. Quando si ritrovarono, dopo circa un quarto d’ora, Endou e Kazemaru arrivarono un po’ in ritardo. Hiroto tirò un sospiro di sollievo vedendoli e subito andò loro incontro.
-Siete in ritardo di quattro minuti. Trovato qualcosa di strano?- chiese, serio. I due ragazzi annuirono.
-Pare che un piano più su ci sia una sorta di ponte che unisce due lati della clinica. Sarà una decina di metri da terra- disse Endou, indicò l’altezza con le mani.  
-E c’è un viavai di ricercatori- aggiunse Kazemaru, concitato. -Sospetto, non pensate? E se Midorikawa si trovasse là da qualche parte…?
-È possibile- commentò Hiroto, pensieroso. Fece cenno agli altri di seguirlo mentre andava verso le scale.


Non fu difficile trovare il suddetto ponte. Interamente placcato di metallo, con ringhiera annessa, costituiva una sorta di sovrappassaggio sospeso tra due corridoi; affacciandosi da uno qualunque dei due lati, si avrebbe senza dubbio avuto una discreta visuale del piano di sotto.
Nascosti dietro un muro, i ragazzi studiarono i dintorni per qualche minuto. Sul ponte c’era una singola guardia, con spalle larghe e imponenti e un manganello appeso alla cintura. Intanto, un uomo e una donna, entrambi in camice bianco, stavano battibeccando dall’altro lato del sovrappassaggio; dopo un po’ lei se ne andò, stizzita, e si incamminò nel corridoio, voltò l’angolo e sparì dalla loro vista. Il suo collega scosse il capo, spense una cicca contro il cestino e la buttò. Poi si appoggiò alla ringhiera del ponte e cominciò a smanettare col proprio smartphone con aria annoiata, seminascosto dietro la guardia. Forse scambiarono due parole di circostanza. Non pareva esserci nessun altro, ma il vero problema era la presenza di due telecamere: una appesa proprio sopra le loro teste, con visuale sul sovrappassaggio, e l’altra che puntava solo sul corridoio.
-Lasciate fare a me- disse Fubuki. Guardò Hiroto per conferma e, quando lui annuì, si mosse.
Per prima cosa, usò il suo potere per creare una sottile patina di ghiaccio sulla lente della telecamera sopra di loro, in modo che la visuale risultasse opaca. Poi, prima che chiunque potesse fermarlo, Fubuki uscì dal nascondiglio e approcciò i due individui. Il rumore dei suoi passi li allertò. Il ricercatore abbassò il cellulare, aggrottò la fronte. Non appariva sospettoso, più che altro sembrava che stesse facendo uno sforzo di memoria. Questo diede a Hiroto la conferma che i ricercatori e le guardie non si conoscevano tutti tra loro. Anche la guardia si voltò verso di Fubuki con aria interrogativa.
-Ehi, quest’area è off-limits per i non autorizzati!- disse il ricercatore.
Fubuki sorrise, annuì, poi sorprese entrambi. Mise le mani sulle spalle della guardia e gli diede una testata in piena faccia. Colto alla sprovvista, l’uomo si premette una mano sul naso già sanguinante e barcollò all’indietro, andando a sbattere contro la ringhiera. Il ricercatore rimase per un attimo a bocca aperta, in preda allo stupore, poi tentò di chiamare aiuto; tuttavia, Fubuki soffocò il suo grido con un rapido pugno alla gola. Il ricercatore annaspò e crollò in ginocchio, lasciando cadere il cellulare per premersi le mani sul collo. Fubuki si chinò rapidamente verso di lui, gli diede un pugno sotto al mento che lo mandò K.O. a faccia in giù sul ponte. Intanto, la guardia si stava riprendendo, perciò Fubuki gli sfilò dalla cintura il manganello e lo colpì alle gambe, spingendolo nuovamente contro la ringhiera. Lo afferrò per la giacca.
-Dimmi una cosa. Da quella parte si tengono gli esperimenti, giusto?- disse. Accennò col mento al corridoio dall’altro lato del ponte. L’uomo scosse il capo. Fubuki stava per incalzarlo, ma un rumore di passi concitati sul ponte li interruppe. Una delle prime porte sul corridoio si era aperta e ne erano uscite altre tre guardie. Stavano arrivando di corsa, armate di manganelli.
-Gli andiamo a dare una mano?- sussurrò Endou.
Hiroto gli mise una mano sulla spalla e scosse il capo. -Aspettiamo ancora un po’...
Intanto, anche Fubuki aveva notato gli altri uomini in arrivo. Tornò a guardare l’uomo che aveva tra le mani, ancora in attesa di una risposta. Lui deglutì e provò a farfugliare qualcosa:- Non lo so, non lo so, ti giuro, io sono solo stato pagato per stare di guardia...!
Fubuki non lo ascoltò fino alla fine. -Che noia- commentò e, nello stesso momento, mollò la presa bruscamente. Non perse tempo a guardarlo cadere. La sua attenzione si era già spostata sugli altri tre; strinse la mano attorno all’impugnatura del manganello rubato ed aspettò che si avvicinassero.
Appena uno di loro tentò di bastonarlo, Fubuki si scansò agilmente e ghiacciò la superficie del ponte col proprio dono. Colti di sorpresa, gli uomini scivolarono, regalando a Fubuki un vantaggio prezioso. Il ragazzo colpì il primo all’altezza del polso, così da fargli perdere la presa, ed afferrò al volo l’arma, con cui menò una sola bastonata all’altezza delle ginocchia. L’uomo crollò in ginocchio, piegato in due, ed uno schiaffo netto sulla nuca gli fece perdere i sensi. Senza perdere un battito, Fubuki tirò l’altro manganello contro l’uomo più lontano: lo centrò in mezzo agli occhi, facendolo indietreggiare e perdere l’equilibrio, così che bastò un semplice calcio a farlo cadere oltre la ringhiera. Non ebbe neanche il tempo di gridare. Con la spinta acquisita dal calcio, Fubuki si buttò a terra, roteò su se stesso e mirò alle gambe della guardia rimasta, strappandogli il terreno da sotto i piedi. Rapidissimo, Fubuki si rialzò, lo afferrò per un braccio e lo lanciò in aria: la guardia fu scaraventata addosso al collega, emise una specie di rantolo e poi rimase immobile. Era finita.
Nel silenzio generale, Suzuno sussurrò:- Se la cava benissimo da solo, mi pare.
-È stato… meraviglioso- soffiò Gouenji, ammirato.
-Terrificante, vorrai dire- ribatté Kazemaru. -Ah, ehi, ci sta facendo segno di avvicinarci…
In effetti, Fubuki stava agitando una mano verso di loro, perciò lo raggiunsero sul ponte. Fubuki si rivolse direttamente a Hiroto:- Non c’è stato il tempo di chiedere informazioni, ma se l’area è limitata… questo potrebbe voler dire che ci siamo vicini.
Hiroto annuì, mentre cercava di contenere le proprie emozioni al pensiero che, alla fine di quel corridoio, avrebbe potuto esserci Midorikawa. Ma essere vicini a Midorikawa significava anche che aumentavano le possibilità di imbattersi in Kenzaki. Hiroto non sapeva come avrebbe reagito nel trovarselo davanti, aveva paura di scoprirlo. Anche Kazemaru sembrava molto teso, ma inspirò a fondo per calmarsi.
Il corridoio era libero, almeno apparentemente, tuttavia abbassare la guardia non sarebbe stato prudente; dopotutto, le guardie erano uscite da una delle stanze.
-State sempre all’erta- disse Hiroto. -Avanziamo piano. Ci ritroviamo in corridoio tra poco.
Gli altri annuirono. Prima di tutto, Suzuno congelò la lente della seconda telecamera, imitando Fubuki, poi si divisero e ispezionarono tutte le stanze.
Hiroto e Suzuno si diressero all’ultima porta, in fondo al corridoio; si scambiarono un’occhiata, poi Hiroto bussò. Si spostarono entrambi lateralmente, appiattendosi contro le pareti. Dopo qualche secondo, la donna di poco prima uscì dalla stanza con un’espressione torva e, forse credendo di parlare con il collega, cominciò a rimproverarlo:- Sei in ritardo, come sempre, tanto lo so che le tue pause sigaretta sono solo una scusa per chattare con delle donne su siti di…- Non riuscì a completare la frase, perché Hiroto le si parò davanti e le premette una mano sul volto: un attimo dopo, la donna si accasciò, addormentata. La lasciarono cadere. Suzuno si scansò, pur di non toccarla; Hiroto ne scavalcò il corpo ed entrò nella stanza.
In mezzo alla stanza trovarono una scrivania di metallo con un PC, diverse siringhe vuote ed alcune pile di scartoffie; appena entrato, Suzuno si sedette e cominciò a rovistare in giro Intanto, due grossi macchinari attaccati ad un muro stavano elaborando dei dati, per poi stamparli su lunghi rotoli di carta bianca in rapida successione. La parete contigua era costituita quasi per l’intera lunghezza da un vetro, come nelle sale interrogatorio della polizia, con l’eccezione di una porta che collegava la stanza direttamente con la successiva.
Hiroto sentì il fiato mozzarsi in petto non appena i suoi occhi si posarono su Midorikawa: il ragazzo era rannicchiato su un fianco su un lettino, apparentemente addormentato, con indosso solo un pigiama bianco da ospedale. Alcuni fili, attaccati alla sua fronte con delle specie di ventose bianche, lo collegavano ad una macchina. Nel suo braccio destro c’erano due aghi, due flebo collegate a sacchetti di nutritivi. Hiroto rinfoderò la propria pistola, poi si lanciò verso la porta e la spalancò. Si diresse a passo spedito verso il letto e, per alcuni secondi, non poté far altro che osservare Midorikawa con un nodo alla gola. Era molto pallido e aveva diversi segni di morsi sulle braccia, come se avesse cercato di soffocare il dolore facendosi del male. Hiroto sentì la propria gola chiudersi al solo pensiero. Gli prese una mano, era fredda, ma al polso c’era battito.
-Non credo che togliendo i fili faremo danni. Sembra che la macchina serva solo a rilevare i livelli di attività mentale- disse Suzuno, facendolo sobbalzare. Hiroto non aveva neanche notato che fosse entrato dopo di lui. Era pericoloso distrarsi così. Deglutì e si sforzò di riflettere.
-Dobbiamo portarlo subito via. Prima i fili- disse. Suzuno annuì e, in un attimo, staccò tutte le ventose. Poi guardò il braccio di Midorikawa, pensieroso.
-Mi serve della stoffa per legargli il braccio, una volta che staccheremo gli aghi. Almeno finché non troviamo dei cerotti o qualcosa del genere- mormorò. Hiroto annuì e, senza esitare, strappò il camice. Suzuno rimosse i due aghi e legò il braccio ben stretto con il tessuto, con un doppio nodo.
Dopo aver passato un braccio sotto le ginocchia di Midorikawa e cinto le spalle con un altro, Hiroto lo sollevò tra le sue braccia. Il viso di Midorikawa si reclinò all’indietro e i capelli sciolti gli caddero sulle guance e sulle spalle come una cascata di acqua verde. Non stava facendo sogni sereni, a giudicare dalla sua espressione torva; la sua fronte si distese un pochino soltanto quando Hiroto ci poggiò le proprie labbra in un bacio leggero e casto. Intanto, Suzuno andò di nuovo alla scrivania, smanettò un po’ col PC, poi prese la pistola e uscì per primo. Solo dopo che lui ebbe dato il via libera, Hiroto lo seguì e si riunirono agli altri nel corridoio.
Alla vista dell’amico, Kazemaru si pietrificò. Endou gli poggiò una mano sulla spalla, incoraggiante, e lui e Gouenji si spostarono per fargli spazio. Solo allora Kazemaru si avvicinò, esitante. Sollevò una mano e accarezzò la guancia di Midorikawa, gli tolse i capelli dal viso. Lo studiò ancora per qualche secondo, poi si schiarì la gola e alzò lo sguardo.
-Perché non si sveglia?- chiese, con la voce roca.
-Credo gli abbiano somministrato una buona dose di tranquillante. C’erano delle siringhe- rispose Suzuno, disgustato. -Ma se avessi a disposizione le cose giuste…
-C’è un’infermeria. Possiamo trovare qualcosa per svegliarlo- suggerì Gouenji. Lanciò un’occhiata al braccio di Midorikawa e aggiunse:- E magari qualche cerotto per quello…
-Bene, andiamo allora, non perdiamo tempo- tagliò corto Hiroto. Gouenji li condusse alla stanza che lui e Fubuki avevano ispezionato e che era adibita, appunto, a infermeria. Mentre gli altri restavano di guardia, Hiroto entrò e adagiò Midorikawa su una sorta di ripiano, con l’aiuto di Kazemaru. Intanto, Suzuno cominciò a frugare nei mobiletti dei medicinali.
-Ew- disse dopo un po'. -Un cauterio... Ci sono modi meno dolorosi per rimarginare una ferita, sono davvero dei barbari.
Hiroto lo guardò e vide che si stava rigirando tra le mani un ferretto dalla curiosa forma a elle. Kazemaru sbuffò, spazientito.
-Puoi concentrarti?- esclamò. Suzuno scrollò le spalle con disgusto, mise da parte lo strumento e continuò a frugare in giro, finché non trovò esattamente ciò che cercava. Armeggiò un pochino vicino al bancone, poi si avvicinò a loro con una siringa in cui traballava un liquido trasparente. Quando afferrò il braccio destro di Midorikawa, Hiroto e Kazemaru lo fissarono allarmati.
-Cos’è?- domandò Kazemaru.
-Sugammadex, l’unico rimedio sicuro contro i miorilassanti- ribatté Suzuno. Aveva girato il braccio in modo che la luce del neon lasciasse intravedere le vene in trasparenza. -Con l’aggiunta di un po’ di adrenalina… lo sveglierà di sicuro. Potrebbe avere una reazione violenta, quindi state pronti- aggiunse, poi senza dire altro infilò l’ago della siringa in Midorikawa. Il ragazzo sussultò e cominciò subito a dibattersi, finché non si inarcò di scatto, annaspando per cercare aria. Hiroto si chinò su di lui, sostenendolo con una mano sulla schiena e l’altra sulla nuca, e chiamò il suo nome.
Gli occhi di Midorikawa si spalancarono: le sue pupille si mossero per alcuni secondi come impazzite e, finalmente, si posarono su Hiroto, chino su di lui, col fiato sospeso. Mentre Midorikawa sbatteva le palpebre più volte, con un’espressione a metà tra lo stordimento e lo stupore, Hiroto cominciò ad avvertire un familiare calore intorno agli occhi. Midorikawa lo guardava intensamente. A un tratto sollevò una mano, gli sfiorò il viso per asciugargli le lacrime e la fece ricadere. Le sue labbra si schiusero appena, e Hiroto ebbe un tremito quando Midorikawa chiamò il suo nome in un soffio di voce.




 
**Angolo dell'Autrice**
Buon pomeriggio. Non mi aspettavo che il 50 uscisse così lungo, mi ha fatta penare abbastanza... Spero che ne sia valsa la pena. 
Quando ho finito di scrivere, mi sono resa conto che tutte le mie scene preferite sono quelle con Fubuki. Mi sono divertita a scrivere di lui, non è stato facile, ma in un certo senso l'ho trovato liberatorio. Se avete letto la oneshot prequel su Shirou e Atsuya, probabilmente siete riusciti a comprendere un po' meglio le motivazioni di Shirou (se non l'avete ancora letta, ve lo consiglio! La trovate qui). Ah, e se vi state chiedendo come abbia fatto Shirou a seguirli... beh, la risposta è la sua hissatsu di difesa, "Snow angel" ("Difesa di ghiaccio" nel dub italiano). In breve: pattinando sul ghiaccio! (lol)
Spero che il capitolo vi sia piaciuto e che abbia soddisfatto alcune curiosità.
Alla prossima,
                Roby

 
   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Inazuma Eleven / Vai alla pagina dell'autore: Melabanana_