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Autore: linea_carmensita94    18/10/2019    1 recensioni
Cinque ricordi mischiati nel tempo narrano la dipendenza da l'acool di Lilija, una giovane donna vittima di un destino avverso e di un clima di fatalismo che ha segnato l'Ucraina di metà anni ottanta.
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Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Cap. 2
Settembre 1986.
 


«Eccoci arrivati. Questo è il suo appartamento, signora Kochanov. »

La voce della signora Borisevic mi rimbomba nelle orecchie come un suono fastidioso. La mia mente è persa nel vuoto, tutto ciò che mi circonda mi è indifferente da quando ho dato il mio addio a mio marito Dimitri.

« Signora? Mi ha sentito? » mi richiama la mia interlocutrice.

Sobbalzo appena e guardo l’anziana donna minuta di fronte a me. Lei non può capire ciò che sto provando in questo momento; so cosa pensa, quello che pensano tutti: questa donna proviene da Pripjat’e il suo defunto marito era un liquidatore di Cernobyl, sarà sicuro parlarle così vicino?   
Tutti gli sfollati sono visti come degli appestati da tutta la nazione, giornali  e riviste fanno a gara per scrivere le cose più terrificanti su di noi, sulla nostra terra avvelenata, sugli eroi caduti e sui presunti colpevoli.
Da quando ho perso mio marito, sono chiusa in me stessa e sono diventata silenziosa. La mia anima è incapace di contenere l’enormità di ciò che è accaduto, della mia perdita, del mio dolore …
Senza dire niente, entro con passi lenti dentro la mia nuova casa: il soggiorno e la cucina sono uniti, al centro c’è un piccolo corridoio che porta alla camera da letto. L’arredamento è minimale e tutte le pareti sono rivestite da una orribile carta da parati rosa e gialla.
Appoggio le mie due valige per terra e mi affretto ad aprire la finestra della cucina, non sopporto questo cattivo odore di chiuso.
La signora Borisevic si avvicina al tavolino del soggiorno con in mano le chiavi della casa.

« Tornerò alla fine del mese per riscuotere l’affitto. » detto ciò, lascia le chiavi nel tavolo e si congeda in silenzio.

Resto da sola con i miei dannati pensieri. Come farò, adesso? Fino a poco tempo fa, ero così felice: ero la moglie di un operaio che amavo alla follia! Eravamo inseparabili, facevamo un sacco di progetti per il futuro nonostante l’incidente alla centrale, lo sfollamento. Dovevamo ricominciare da capo proprio qui, a Kiev. Avevamo ritrovato entrambi un lavoro, stavamo mettendo i soldi da parte per comprare una casa più grande, per poter mettere su la famiglia che tanto desideravamo!
E poi è arrivata la chiamata: doveva andare a Cernobyl insieme a un gruppo di  compagni  per ripulire il tetto del reattore numero 4 dalla graffite. Solo 90 secondi di tempo per buttare la graffite nelle macerie del reattore.
Prima di terminare, cadde in mezzo a quel miscuglio di macerie e graffite e rimase con il piede destro incastrato tra di essi; nel tentativo di liberarsi, ruppe lo stivale e rimase ferito.
Dopo qualche giorno, Dimitri tornò a casa e da quel momento ebbe inizio il nostro calvario: Le escrescenze nerastre, la perdita dei capelli, i vasi che gli scoppiavano di continuo, i pezzi di pelle e carne viva che si staccavano ogni giorno dal suo corpo; cosa non abbiamo visto io e il mio povero Dimitri in quei suoi ultimi venti giorni!
Gridava giorno e notte dal dolore, tutti i medici che contattavo si rifiutavano di visitarlo appena scoprivano che Dimitri era “ uno di Cernobyl ”. Grazie al consiglio di alcune donne che avevano vissuto la mia stessa situazione, avevo trovato un diversivo per alleviare le sue sofferenze: con la siringa, gli iniettavo un intera bottiglia di vodka e lui si assopiva, ma quel trucco non durò a lungo a causa delle sue vene disintegrate. Fu allora che i parenti cercarono di convincermi a farlo ricoverare in un centro speciale per quelli come Dimitri; persino mio marito, ancora cosciente, insistette perché non voleva essere un peso per me. Oh, come poteva pensare una cosa così orribile? Io vivevo per lui, non lo avrei mai lasciato da solo.
Eppure riuscì a convincermi. Avrei fatto qualunque cosa pur di poterlo salvare e nonostante le sue condizioni disperate, io non volevo rassegnarmi a l’idea di perderlo.

Dimitri trascorse gli ultimi dieci giorni della sua vita in quella struttura ed io andavo sempre a trovarlo. Ogni giorno era un supplizio per entrambi: Dimitri perse la vista, andava di corpo venticinque volte al giorno fino a defecare muco mischiato a sangue, la sua pelle cambiava colore ogni giorno, il collo e il mento non c’erano più. Andando contro il parere delle infermiere, continuavo a starli vicino, a riempirlo di baci.  

Poi il vuoto … la mia mente ha rimosso i suoi ultimi istanti e il funerale. Sono stata costretta a vendere la nostra casa per poter pagare tutti i conti arretrati. La mia famiglia abita lontano, non se la passano bene nemmeno loro mentre la famiglia di Dimitri non mi ha mai accettata, non potrei mai contare su di loro! Così, adesso sono sola. Tutto ciò che mi resta sono solo i ricordi.

Sospiro mentre osservo la bottiglia di vodka che la signora Borisevic mi ha lasciato come regalo di benvenuto.
Senza nemmeno prendere un bicchiere, apro la bottiglia e mando giù un lungo sorso.
Per il mio Dimitri, era sollievo. Può esserlo anche per me.

 
  
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