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Autore: laisaxrem    24/10/2019    1 recensioni
[KakaSaku] Sono passati due mesi dalla fine della guerra e si avvicina il primo natale di pace tra le Nazioni ninja.
Gai decide di dare una festa, e non una festa qualunque ma un Ugly Christmas Sweater Party.
Genere: Commedia, Fluff | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yaoi | Personaggi: Kakashi, Hatake, Naruto, Uzumaki, Sakura, Haruno, Sasuke, Uchiha | Coppie: Naruto/Sasuke, Sai/Ino, Shikamaru/Temari
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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- Questa storia fa parte della serie 'This Is Us'
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Capitolo 2: It’s the Right Time to Rock the Night Away

Fictober 2019 – Day 19: “Yes, I admit it, you were right.”
TITOLO: Jingle Bell Rock
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«Perché diavolo ho accettato di fare questa cosa?»
«Perché ci vuoi bene, Kakashi», rispose Sakura mentre gli metteva in mano un bicchierino colmo di sake.
«Inizio a dubitare del mio buon senso, allora», borbottò lui.
Si era trasferito in quella grande casa solo qualche mese prima. Aveva lottato con le unghie e con i denti contro il Consiglio per poter rimanere nel suo vecchio appartamento da scapolo, miracolosamente sopravvissuto senza troppi danni sia all’attacco di Akatsuki sia alla Guerra. Dopotutto anche se era l’Hokage, rimaneva comunque uno scapolo che passava dodici e più ore al giorno nel suo ufficio, perciò non gli serviva un’abitazione di quelle dimensioni. Alla fine però, dopo mesi di tira e molla, aveva dovuto cedere al compromesso e si era trasferito in una casa decisamente troppo grande per i suoi gusti. Insomma, cosa se ne faceva di tutto quello spazio? Era praticamente il doppio della casa in cui viveva da bambino, casa che, peraltro, aveva abbandonato proprio perché era troppo grande. Certo, doveva ammettere che c’erano dei lati positivi. Per esempio la vasca enorme era decisamente un punto a favore. E anche l’engawa e il grande giardino che i suoi ninken s’erano affrettati a battezzare; o la chashitsu, e il fatto che tutte le stanze fossero ricoperte di tatami… Ok doveva ammetterlo, quella casa gli piaceva da morire, ma riteneva comunque uno spreco usare uno spazio del genere per un solo uomo.
Comunque alla fine ci si era abituato; come ormai si era abituato all’idea di avere sempre attorno, appostate nell’ombra, almeno un paio di squadre ANBU ad osservarlo. Fortuna che non aveva una vita sentimentale – o sessuale – o sarebbe stato davvero molto imbarazzante. Aveva anche iniziato ad invitare a cena, una volta alla settimana, il Team 7 al completo… o almeno la parte che era ancora a Konoha.
In effetti Sasuke era stato lontano dal Villaggio per mesi, da quando lo avevano scarcerato a fine maggio, ed era tornato solo due settimane prima. Si era offerto di ospitarlo, ma il ragazzo aveva rifiutato ed aveva chiesto – sì, aveva chiesto, ed anche abbastanza cortesemente – di poter usare il suo vecchio appartamento. E così avevano avuto la prima cena al completo, ed era stata imbarazzante e rischiosa (Sai e la sua boccaccia), ma alla fine tutti erano tornati a casa interi e Kakashi la riteneva una grande vittoria. Il fatto poi che Sasuke non fosse ripartito immediatamente era un altro punto a favore. Abitare in una grande casa poteva essere una cosa positiva, dopotutto… o almeno l’aveva pensato fino a quel giorno. Perché in quel momento, la sera di Natale, dopo una pesante giornata in ufficio, con una ventina di persone che gli giravano per casa, ecco, in quel momento non riusciva a ricordare tutti quegli aspetti positivi dell’avere abbandonato il suo appartamento da scapolo.
Come ci era finito in quel guaio?
Ovviamente era tutta colpa di Gai. La settimana precedente, infatti, il suo amico – o forse ora ex-amico – si era presentato in ufficio con due bento pieni di melanzane grigliate e onigiri al salmone, probabilmente uno dei suoi piatti preferiti, e a tradimento, tra una chiacchiera e l’altra, quando finalmente Kakashi aveva iniziato a rilassarsi, aveva accennato alla sua idea di riproporre la festa di Natale a tema che aveva fatto l’anno precedente. Non sapeva bene come, ma alla fine della pausa pranzo Gai era uscito da quella porta dopo avergli estorto la promessa non solo di partecipare alla festa ma anche di ospitarla nella sua nuova casa.
Merda. Iniziava a considerare seriamente l’idea di terminare l’opera iniziata da Madara.
La voce di Sakura lo riscosse dai suoi pensieri omicidi.
«Oh, andiamo. È il primo Natale da quando sei diventato Hokage. Rilassati un po’ e festeggia», lo rimproverò lei, dandogli un colpetto al fianco con il gomito.
«Mi sembri Gai».
«Lo prenderò come un complimento».
Kakashi grugnì e si svuotò l’alcol in gola mentre lei lanciava un’occhiata divertita a Naruto e Sasuke che discutevano animosamente in un angolo della stanza. Era bello vederla così serena nonostante la presenza dell’Uchiha.
«Pensi che quei due andranno mai d’accordo? Litigano come due fratelli».
«Non credo che sia il tipo di rapporto che hanno in mente», buttò lì Kakashi, distrattamente.
«Cosa intendi?»
Kakashi non rispose ma si limitò a lanciare un’occhiata ai due ragazzi, invitando silenziosamente Sakura a fare lo stesso. Dopo qualche minuto di clinica osservazione, quando la testa di Kakashi era già altrove, la kunoichi trattenne il fiato.
«No!» esclamò, fissandolo ad occhi spalancati. «Non vorrai dire…»
Ok, forse non avrebbe dovuto metterle quella cimice nell’orecchio. Durante l’ultimo anno aveva osservato la sua ex allieva: l’aveva osservata ammazzarsi di lavoro in ospedale, allenarsi nei ninjutsu (che erano sempre stati il suo punto debole), prendere missioni e diventare jōnin. Ed era proprio accanto a lei quando Sasuke aveva lasciato Konoha in maggio; l’aveva osservata chiedergli di rimanere e per un momento si era aspettato che si offrisse di partire con lui. Ma non l’aveva fatto e, mentre l’Uchiha spariva in lontananza, lei gli aveva afferrato la mano, stringendola forte per un secondo; poi gli aveva sorriso ed era tornata in ospedale e non avevano più parlato della faccenda.
Da quel momento aveva sempre cercato di evitare il discorso, delicatezza che Naruto non sembrava afferrare. Tuttavia Sakura sembrava sempre più serena man mano che il tempo passava, cosa che gli aveva fatto tirare un sospiro di sollievo: amava tutti e tre – tutti e quattro – i suoi studenti, anche Sasuke, ma era anche fermamente convinto che il ragazzo non meritasse l’amore di Sakura. Perciò si era crogiolato nell’idea che la sua unica studentessa avesse superato la cotta per l’Uchiha.
Ma forse non era ancora pronta a sentire quella verità. Forse aveva esagerato. E ora come diavolo avrebbe fatto a mettere a posto le cose?
«Tu pensi davvero che Naruto e Sasuke…» sussurrò Sakura, gli occhi spalancati che dardeggiavano tra lui e i due ragazzi. «Li ucciderò per non avermelo detto!»
Kakashi inarcò le sopracciglia, incapace di nascondere l’incredulità. Quella non era esattamente la reazione che si era aspettato. Immaginava pianto incontrollabile condito di rabbia omicida, non felice eccitazione.
«Oh, non fare quella faccia. Ho seppellito quei sentimenti molto tempo fa e sono felice per loro, tutto qui», gli comunicò, la fronte aggrottata mentre osservava i suoi compagni di squadra. «Ma li ucciderò per non avermelo detto».
Il peso che aveva sentito posarglisi sull’anima ad un tratto scomparve e Kakashi si permise di sorridere e farle l’occhiolino.
«Maa, Sakura-chan, non credo che loro ne siano proprio consapevoli».
«Dici?»
«Bè, penso che Sasuke lo sia a livello inconscio, ma Naruto no di certo».
«Ma certo, dopotutto è di loro due che stiamo parlando. Pensi che dovremmo intervenire?»
Kakashi scosse il capo decisamente.
«Non ho alcuna intenzione di immischiarmi. Esula totalmente dai miei compiti», rispose e approfittò della distrazione della sua ex allieva per svuotare il bicchierino di sake. «E sono troppo vecchio per queste cose», aggiunse poi scuotendo il capo per alleviare il bruciore alla gola.
«Hai trentadue anni», gli fece notare Sakura, sorseggiando a sua volta il liquore e lanciandogli un’occhiata di traverso.
«Che in questo genere di faccende è come averne ottantasette».
«Sai, dovresti imparare a vedere il bicchiere mezzo pieno».
Lui sorrise e le mostrò la tazza di porcellana.
«In questo momento è completamente vuoto».
Sakura rise e si alzò, allungando la mano in richiesta.
«Dammi, qua, Hokage-sama, vado a riempirtelo».
«Non ti preoccupare di questo povero vecchio e vai a divertirti: penso che Kiba stia venendo qui a chiederti un ballo».
«Oh, Kami-sama…»
Kakashi vide il panico nei suoi occhi verdi ma quando lei si voltò con l’evidente intenzione di fuggire, il giovane Inuzuka era già a due passi, il sorriso ampio e caloroso.
«Hokage-sama… Sakura…» li salutò con un breve inchino della testa. «Ti va di ballare?»
La giovane lanciò all’Hokage uno sguardo che era un’evidente richiesta d’aiuto ma lui sorrise e si rivolse a Kiba.
«Credo che le piacerebbe molto. Stavamo giusto parlando di quanto avesse voglia di fare un giro in pista», disse gioviale Kakashi, ignorando l’occhiataccia della sua ex allieva.
«Oh, davvero? Sono contento di essere passato allora», esclamò il giovane, mentre afferrava la mano di Sakura e la trascinava verso il centro della stanza lasciando l’uomo ad accomodarsi meglio sul divano.
Kakashi ridacchiò mentre dalla sacca estraeva il suo volume di Icha Icha Paradise, lo apriva a caso e iniziava a leggere… per poi ricordarsi che quello non era Icha Icha Paradise ma il Rotolo dei Sigilli. Doveva proprio ricordarsi di mettersi in tasca un nuovo volume.
Privato del suo passatempo preferito lasciò che la mente vagasse mentre scrutava i suoi compagni nella stanza. Era Hokage solo da dieci mesi e già era stanco di tutta la carta che si trovava ad affrontare: non c’era da stupirsi dal fatto che Tsunade avesse sempre una bottiglia di sake pronta nei cassetti della scrivania. Per non parlare di quanto gli mancava il servizio attivo: era stato un soldato dall’età di cinque anni ed ora riusciva a ritagliarsi un paio d’ore la sera per esercitarsi in casa da solo e solo un’ora a settimana contro Sakura o Tenzō. Il resto era puro e semplice lavoro d’ufficio… una noia mortale.
«Ehi, Kakashi».
L’Hokage distolse lo sguardo dai ballerini di fronte a sé per guardare la donna che gli si era seduta accanto. Occhi rossi e indomabili capelli neri, Kurenai non era cambiata molto in quegli anni e Kakashi riusciva ancora a vedere la ragazzina che era stata un tempo. Anche la tristezza che da un paio d’anni era sempre presente nel suo sguardo ora era quasi scomparsa. 
«Kurenai. Come stai? Dov’è Mirai-chan?»
«Oh, se ne stanno occupando Shino e Hinata», rispose lei, indicandogli un angolo della stanza dove la bambina giocava sul pavimento insieme ai due ragazzi.
«Sembrano una giovane coppia di sposi», buttò lì Kakashi.
«Ti prego, non farmici pensare. Non riesco a capacitarmi del fatto che ora siano adulti», borbottò Kurenai, un sorriso che le scaldava il volto mentre guardava i suoi ex allievi.
«Ti capisco», assicurò Kakashi, il pensiero che sorvolava verso i suoi, di ragazzi.
«Volevo parlarti», disse dopo un momento la kunoichi, riportando l’attenzione su di lui. «Vorrei ritornare in servizio attivo».
«Sei sicura?»
«Sì. Mirai è la cosa più bella che mi sia mai capitata, ma ho bisogno di tornare ad essere una kunoichi oltre che una madre».
«Capisco», disse piano Kakashi.
Aveva cercato di stare accanto alla sua vecchia amica quando Asuma era morto e lei stava portando avanti la gravidanza senza il marito. Era stato un percorso lungo ma alla fine era andato tutto bene, la bambina era nata ed era dolorosamente simile a suo padre; un altro duro colpo per Kurenai. Poi c’era stata la guerra, e dopo ancora la ricostruzione e la difficoltà dell’imparare a vivere in un clima di pace. E quando Kakashi era diventato Hokage il tempo che una volta aveva dedicato ai suoi amici si era ridotto drasticamente. Si sentiva in colpa per non esserle stato accanto di più, nell’ultimo anno. Poteva vedere chiaramente lo sguardo deluso di Asuma e questo non semplificava affatto le cose. Ma forse ora poteva aiutarla, almeno con questa sua richiesta.
«Cosa ne dici di iniziare con missioni brevi? Avrei bisogno di un jōnin che accompagni un team di chūnin specializzato in genjutsu per catturare una banda di banditi», buttò lì lui.
«Sarebbe perfetto. Grazie, Hokage-sama».
Kakashi rabbrividì. Davvero, odiava quell’onorifico.
«Ecco, se mi chiami così salta l’accordo», borbottò lanciandole un’occhiata scontenta.
Kurenai rise di gusto… risata che venne interrotta dal pianto disperato di Mirai.
«Questa è la mia battuta d’uscita. Scusami», sospirò la donna, alzandosi e stringendogli la spalla in un gesto di saluto e ringraziamento.
Kakashi sorrise mentre osservava la sua amica correre dalla figlia e prenderla tra le braccia per farla calmare. In quel momento anche la musica cambiò e l’uomo chiuse gli occhi godendosi il ritmo lento e le voci felici che lo circondavano.
Doveva essersi appisolato perché si svegliò con il flash di una macchina fotografica che lo abbagliava anche attraverso le palpebre chiuse. Davanti a lui, sulla sua sedia a rotelle, c’era Gai, un altro maglione ridicolo addosso, la macchinetta tra le mani, il suo solito sorriso che lo abbagliava quasi quanto il flash.
«Gai…»
«Sì, mio Rivale?»
«Te la brucio, quella cosa», minacciò con aria seria.
Ma erano amici da troppo tempo perché l’altro lo prendesse sul serio. E infatti la sua minaccia venne accolta da una gioiosa risata.
«L’hai detto anche l’anno scorso, ma poi le foto le hai volute», lo punzecchiò Gai, mentre manovrava la sedia per accostarsi a Kakashi e guardare con lui Sai e Ino che ballavano malamente in pista.
«Sai, la vecchiaia ti sta rendendo più insopportabile».
«Oh, Kakashi, tu invece sei sempre lo stesso», rise Gai dandogli una pacca sulla spalla.
Non fece in tempo a pescare qualcosa di sagace da dire perché venne distratto dall’avvicinarsi di una testa con capelli rosa.
«Gai-sensei», salutò Sakura, chinando appena il capo ed elargendogli uno dei suoi sorrisi. «Kakashi ti sta dando fastidio?»
«Dovresti chiedere a me se lui mi sta dando fastidio», brontolò l’Hokage mentre intercettava il biscotto di pan di zenzero che la kunoichi aveva offerto a Gai… guadagnandosi peraltro uno schiaffo sulla mano. Possibile che non ci fosse più rispetto nemmeno per il Kage del Paese del Fuoco?
Poi Sakura si sedette accanto a lui, allungando verso di loro il piatto pieno di biscotti e salatini che stringeva in mano, e si mise a parlare con Gai delle sessioni di allenamento che stava facendo con Lee, di un certo kata che le risultava difficile, e Kakashi si rilassò in quelle chiacchiere, prestando solo parzialmente attenzione.
Si riscosse quando si rese conto che si era addormentato di nuovo e che ora era solo con Sakura, il suo amico dall’altra parte della sala a piangere di gioia insieme a Lee – non voleva sapere nulla su quest’ultimo punto. Sbattendo appena le palpebre si accorse che sul tavolino davanti al divano era comparsa una bottiglietta di sake e la kunoichi stava sorseggiando il liquido caldo mentre lo fissava.
«Che c’è? Ho qualcosa in faccia?»
«Lavori troppo, Kakashi», disse lei, ignorando la battuta. «Devi trovare del tempo per riposare».
«C’è tanto da fare», rispose lui, scrollando le spalle ed accettando il bicchiere pieno che gli veniva offerto.
«Lo so, ma se vai fuori di testa perché non dormi abbastanza che utilità pensi di avere come Hokage?»
«Non è una cosa molto gentile da dire, Sakura-chan».
Lei scosse le spalle e gli sorrise, un sorriso un po’ malandrino che gli fece presagire la battuta che le stava fiorendo sulle labbra. Peccato che in quel momento le voci concitate di Naruto e Sasuke interruppero la battuta sul nascere. I due ragazzi non erano nel salotto insieme a loro e, a giudicare dal suono, probabilmente erano sull’engawa… ed il tono delle loro voci lasciava intendere che sarebbe stata una discussione lunga e difficile.
«Ok, lo ammetto, avevi ragione: Naruto è innamorato di Sasuke», disse ad un certo punto Sakura, rosicchiando il braccio del suo biscotto. «Pensi che dovremmo dirglielo?»
«Lo capirà da solo quando sarà pronto», scosse il capo Kakashi.
«Ti rendi conto che nei tempi di Naruto potrebbe voler dire anni
«Allora dovrà essere Sasuke a tirar fuori la testa dalla sabbia. Io non intendo intromettermi».
«Sarebbe già un buon inizio se si togliesse il palo che ha in culo», borbottò Sakura, sorseggiano ancora un po’ di sake.
«Forse sta facendo pratica per quando Naruto si confesserà», commentò distrattamente Kakashi mentre faceva sparire in fretta un biscotto dietro alla maschera.
Sakura lo guardò ad occhi sgranati mentre le guance, già arrossate per l’alcol, diventavano ancora più rosse, evidentemente per l’imbarazzo. Kakashi non riuscì a trattenere un sorriso a quella vista.
«Porco».
«L’hai pensato anche tu, lo so».
«Forse», ammise lei dopo un momento, facendo ampliare il suo sorriso. «Ma certe cose si pensano e non si dicono», aggiunse Sakura, picchiandogli la mano che stava per rubarle un altro biscotto.
«Il bello di essere Hokage è che posso dire ciò che voglio».
«Spero tu non lo faccia con gli altri Kage o farai scoppiare un incidente diplomatico».
«Non hai fiducia in me, Sakura-chan, e questo mi ferisce».
Sakura ridacchiò della sua espressione addolorata, ma ad un tratto tornò seria, tremendamente seria, e per un attimo Kakashi temette di ascoltare le sue prossime parole.
«Certo che ho fiducia in te, Kakashi. Ti affiderei la mia vita senza esitare».
A quelle parole così serie, pronunciate con quella scintilla negli occhi, l’Hokage sentì le guance avvampare a tradimento e dovette distogliere lo sguardo per un attimo e schiarirsi la gola prima di rispondere.
«Grazie, Sakura».
Lei gli strinse appena la mano, attirando la sua attenzione, e gli sorrise, la serietà svanita in un lampo.
«Bene, io ho bisogno di un altro po’ di biscotti. Mi aspetti qui?»
«Sempre».
  
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