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Autore: Annapis    24/10/2019    1 recensioni
Raccolta di one shot in collaborazione con DevilLight.
Dai capitoli:
•"se poteva avere la sua ragazza tutta per se per qualche ora avrebbe sopportato di tutto."
Erik×Silvia
•"Era davvero bella, forse la più bella ragazza che avesse mai visto, e ne aveva viste, lui, di bellezze nei suoi diciassette anni di vita."
Harley×Victoria
•"Quella divisa, poi, lo rendeva un bambolotto d'esposizione."
Mark×Nathan
•"Però, aveva un culo niente male, la ragazza."
Byron×Hayden
•" -Perché per me ogni tuo lavoro è sensazionale- "
Jordan×Xavier
•" -Voglio di nuovo giocare con loro-
-E con me no?-"
Caleb×Jude
•"-Certo che io non lo avrei mai detto che saremmo finiti così-"
Axel×Shawn
Genere: Fluff, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Crack Pairing | Personaggi: Altri, Axel/Shuuya, Caleb/Akio, Jude/Yuuto, Mark/Mamoru
Note: OOC, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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You call my name.
chapter. 2: Icecream.
Harley×Victoria

Se c'era una cosa che Victoria amava - ed erano relativamente poche -, quella era il gelato: il gusto fresco che le si scioglieva in bocca, il sapore dolce mischiato alla candida panna che, puntualmente, le sporcava il naso, il cono croccante... Sí, Victoria amava quel dolce e per lei era una sofferenza non poterlo mangiare nei mesi più freddi, motivo per cui appena un timido raggio solare minacciava di venire fuori, lei già correva alla gelateria. Esattamente come stava facendo quel pomeriggio, perché era in ritardo. Quando arrivó, Harley era già lí e non se ne stupì, come poteva, egli abitava poco distante da lì e quando voleva - ma solo quando voleva - sapeva essere estremamente puntuale e precisino. Gli si avvicinó cercando di riprendere fiato dopo la corsa. Accidenti, non era più abituata a fare grandi sforzi. -Dammi solo... Un... Secondo...- Il ragazzo sorrise, tirando fuori le mani che prima affondavano nelle tasche del pantaloncino color terra per aggiustarsi la maglietta della divisa. -Hai solo 5 secondi, perché dopo voglio sclerare come si deve.- disse poi, allargando il sorriso. Victoria a volte si domandava se non gli dolesse il viso a forza di sfoggiare sorrisi a trentadue denti, che erano, doveva ammetterlo suo malgrado, incredibilmente attraenti. Fece dei respiri profondi e lo abbracciò. -Tu a che gusto lo prendi?- gli chiese, certa che bastasse quello per far partire il rosa in uno dei suoi soliti sproloqui che terminavano con un "cosa vuoi che sia a confronto con l'immensità degli oceani?" Harley era, infatti, a dispetto delle apparenze, un gran golosone. -Uh, o pistacchio e caffé, o nocciola e pralinato- elencó, contando sulle dita affusolate e abbronzate.

Intanto stavano entrando nel negozio.

La rossa si sfregò gli occhi e sospiró, prima di sollevare il volto e osservare fiaccamente quanto la circondava.

Le tende avevano smesso di frusciare, e il negozio era piombato in quella immobilità in cui erano vagati i suoi pensieri nell'ultima mezz'ora, senza che tuttavia trovasse in sé la forza di agire e scuotersi di dosso quel torpore.

Il suo sguardo si posò su un vaso di fiori freschi posati sopra un pianoforte, da cui si era appena staccato un petalo che volteggiando brevemente si era poi adagiato sui tasti, restando il bilico tra un do e un si bemolle.

Quel lieve movimento aveva suscitato in lei, per un breve istante, il desiderio di sollevarsi da quella poltrona su cui si era appena seduta, per sedersi allo sgabello del piano e sfiorare i suoi tasti, le sarebbe tanto piaciuto suonare quello strumento.

Ma un altro particolare catturò il suo sguardo in quel momento, e si portò involontariamente una mano al cuore, quasi a voler inconsciamente scacciare quell'amore che vi avvertiva.

Una maglia della Raimon, abbandonata a terra, evocò nei suoi pensieri i contorni di un volto, un volto tanto familiare che avrebbe potuto tracciarne il profilo anche ad occhi chiusi, un volto che ora era a pochi passi dal suo.

-Che hai?- le domandò una voce, con lieve incrinazione.

La rossa si ritrovò a sbattere le palpebre - rigorosamente struccate -, un paio di volte prima che il suo cervello mettesse in funzione i neuroni necessari per formulare una risposta.

-Niente, ero solo sovrappensiero- rispose, aprendosi poi in un sorriso rivolta al ragazzo al suo fianco.

Harley fece per dire qualcosa, forse voleva chiederle cosa stava pensando, o forse aveva intenzione di dire una delle sue solite filosofie - del tipo: qualunque sia la cosa a cui stai pensando, pensa che inconfronto all'immensitá oceanica è nulla -, ma alla fine le chiese semplicemente come voleva il gelato. E Victoria lo apprezzó non poco. Forse perché tutto quello che una semplice maglia da calcio era capace di scatenare in lei - una tosta come lei - non era nulla inconfro a niente.

-Beh, dipende da come c'é!- Gli rispose, vaga, perché amava così tanto il gelato che ogni volta scegliere due soli gusti le faceva male.

-Allora, piccola, ti piace con il cioccolato?- lo stomaco di Victoria diventò il rifugio delle farfalle alla parola 'piccola'. Nessuno l'aveva mai chiamata così. Le sembrava davvero di essere piccola. Le aveva fatto venire i brividi.

-Non... Mi piace il cioccolato.- Esitò all'inizio, perché ora sarebbe arrivata la solita domanda: "Cosa? Non ti piace il cioccolato? Tu sei strana."

-Come non ti piace il cioccolato? Sei strana...- Ed eccola lì. La solita risposta. Ma lei non capiva proprio perché sarebbe lei quella strana. Il cioccolato faceva ingrassare e lei era super felice che non le piacesse.

-Non mi piace e basta.- rinfacciò, la voce di una bimba. E sì, sapeva essere capricciosa e questo Harley doveva saperlo piuttosto bene. -Comunque, lo voglio nocciola e stracciatella- gli sorrise e fece gli occhi da cucciolo sbattendo velocemente le ciglia.

-Salve, voglio un gelato con nocciola e stracciatella.- ripeté Harley al gelataio.

-Ecco a lei.- egli fu veloce a porgergli il gelato che poi passò a Victoria.

-Sono 1,50.- Pagò e salutò educatamente.

-Allora, piccola, ti piace il gelato?-

Di nuovo piccola. Forse stava pensando di ucciderla.

-Buono. Ma smettiamola di fare i bambini. Ti volevo ringraziare per avermelo offerto.- Se in quel momento si vedesse in uno specchio sarebbe ricoperta di gelato e avrebbe le gote arrossate. Che imbarazzo.

-Di niente- le disse sorridendole. Che bel sorriso che aveva, aggiunse il subconscio di Victoria.

Il sapore della stracciatella era freddo, e le gocce di cioccolato - così piccole da andare giù senza che se ne accorgesse - erano croccanti.

La nocciola invece sembrava più una crema, e Victoria amava sporcarsi le labbra con quel colore caldo.

-Perché non ne hai preso uno anche tu?- le venne quel dubbio, all'improvviso.

Il surfista la squadró per un attimo, prima di portare di nuovo lo sguardo davanti a sé, intenti a camminare sul marciapiede.

Si sedette su una panchina, ed invitò la ragazza a fare lo stesso.

A quel punto, rispose: -Perché posso mangiare il tuo-, con un sorriso che aveva un qualcosa di malizioso.

Le prese le mani e le fece inclinare il cono quel tanto che bastava per piegarsi un po' e prenderne un generoso boccone.

E Victoria povera ragazza innamorata - ma poco, proprio poco -, ci mise più del dovuto a collegare i movimenti delle labbra del rosa con le rispettive parole.

E non fece in tempo a ribattere perché, assorta com'era, non si era accorta del cono che le stava lentamente scivolando dalle mani e che sporcò la divisa da calcio di Harley. Victoria lo guardò, gli occhi lucidi che le brillavano.

-Scusa, mi dispiace tanto...-

-No, non importa...-

Rimasero così, a guardarsi, mentre il vento soffiava scompigliandole i capelli.

Gli occhi grandi e scuri del ragazzo erano fissi sullo sguardo un po' perso della più piccola, sulle guance colorate di una bella sfumatura rosa pesca e sulle labbra lucide socchiuse, quasi stesse respirando.

Era davvero bella, forse la più bella ragazza che avesse mai visto, e ne aveva viste, lui, di bellezze nei suoi diciassette anni di vita.

Victoria era piccola e grintosa, un vero terremoto con o senza il pallone tra le gambe snelle, modellate per portarla sempre più in lá e per lanciarla sempre più in alto.

Ed era femminile, sempre, anche con i ginocchi sporchi di terra e viola per le scivolate, anche quando si arrabbiava e si lasciava scappare qualche imprecazione.

-Sei davvero un capolavoro-, mormorò il rosa, trasognante.

Non sentiva più nemmeno la terra sotto i piedi, avvertiva però il gelato di lei che gli colava tra le dita e il freddo metallo della panchina contro il polpaccio lasciato scoperto dai pantaloncini.

Il cuore di Victoria saltò un battito.

-Cos'hai detto? Puoi ripetere?- chiese.

-Ho detto che sei... Tu... Ecco...-

Dio! Il suo cervello andò in pappa ma rimase abbastanza concentrato per dire: -Ho detto che... Ti è caduto il gelato? Sì, ho detto così-

La rossa sbatté le palpebre, interdetta.

Poi le labbra s'incurvarono, delineando una smorfia curiosa e sicura di se, mentre lasciava cadere il cono poco più in là e dava campo libero ai piccioni di mangiarlo.

-Ora é caduto- mormoró in un soffio, prendendo a strofinare le mani tra loro come a pulirle, -Me ne compri un altro?- aggiunse poi, la voce che si addolciva e gli occhi grandi che brillavano pericolosamente vicini al suo viso, gesto affatto accidentale, anche se poteva sembrarlo.

Harley si arrese in fretta.

-D'accordo d'accordo- borbottó, camminandole davanti e intrecciando le braccia dietro la testa.

-Certo che sei proprio una manipolatrice-

 

   
 
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