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Autore: NPC_Stories    24/10/2019    4 recensioni
Collezione di oneshot fantasy a tema "fairy", come indicato nella lista di Inktober che io e la mia affezionata illustratrice Erika abbiamo scelto (no, non Erika la webmaster, un'altra Erika). Io scrivo, lei disegna... speriamo di tenere il passo!
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Alcune di queste storie saranno ambientate nel nostro mondo, alcune altre nell'ambientazione del fandom in cui sono più attiva, Forgotten Realms, e altre ancora saranno ambientate in mondi di mia creazione o di fantasy generico, o parodistico.
Alcune di queste storie vi faranno ridere (spero), altre vi faranno piangere (mh, forse sto esagerando), ma in ogni caso mi auguro che tutte vi piacciano.
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Che la vostra vita possa essere piena di momenti di piccola meraviglia!
Genere: Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Forgotten stories of the Forgotten Realms'
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24. Teeth


Sotto-genere: urban fantasy, black humor
Ambientazione: Terra, un qualche Paese del Primo Mondo, epoca contemporanea


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“No, no, no. Ancora non ci siamo, Gemmil. I tuoi risultati continuano a essere sotto la media.”
Gemmil, fatina dei denti di terza classe, deglutì a vuoto e fece vibrare nervosamente le ali da libellula. Ogni volta la stessa storia, la sua superiore leggeva i dati raccolti e la rimproverava per la scarsa quantità di denti che aveva collezionato in quell’anno.
“Mi dispiace, Melchil, ma mi occupo di una zona ricca dove la sanità è ben sviluppata, e la gente è consapevole della necessità della prevenzione…”
“Scuse, Gemmil. Sono decenni che non mi fornisci altro che scuse! Ero convinta di averti chiesto risultati.”
“Ma… io non so che cosa potrei farci se…”
Melchil, capo-settore di un’area che includeva diverse nazioni e che chiaramente non voleva perdere quel privilegio, sbatté il plico di pergamene sulla scrivania, facendo tintinnare tutte le sue penne di cristallo.
“Sei una vergogna, Gemmil. Non mi stupisce che dopo decenni tu sia ancora solo una Raccoglitrice di terza classe.” Sibilò, stringendo gli occhi.
Gemmil avrebbe preferito che si fosse messa a gridare. Quando la sua superiore stringeva gli occhi in quel modo, era un bruttissimo segno. Ci sarebbe andata giù pesante con le umiliazioni e poi forse le avrebbe dato un ultimatum. Invece…
“Sono stanca di te, sciocca imbecille senza spina dorsale. Sei licenziata.”
Gemmil impallidì e sentì che il sangue le defluiva verso i piedi. Smise di muovere le ali e si posò delicatamente a terra, bianca come un cencio.
“No… no, signora, ti prego, sono una fatina dei denti. Posso fare solo la fatina dei denti. Se non posso fare questo, io, io… cesserò di esistere. Ti prego” poco prima aveva paura di ricevere un ultimatum, invece ora stava implorando per averne uno “ti prego, dammi solo un’ultima possibilità!”
Melchil poggiò i gomiti sulla scrivania, congiunse le quattro mani e la guardò con scetticismo da sopra i pugni chiusi.
“Uhm… non so, Gemmil. Sono stanca di darti ultime possibilità.
“Ti prego! Se hai un cuore, non lasciarmi morire così!” La fatina terrorizzata cominciò anche a piangere, senza rendersene conto.
“Ah! E va bene, va bene. Ti darò dieci anni. Ma voglio dei risultati, o te ne sparisci nell’oblio eterno. Sono stata chiara?”
“Cristallina!” Gemmil scattò sull’attenti, raddrizzando la schiena. “Questa volta farò l’impossibile!”

Le fate non avrebbero dovuto mischiarsi con i demoni. Questa era una regola non scritta, ma era anche semplice buonsenso.
La realtà però non era così bianca o nera. Esistevano fate buone e, naturalmente, fate malvagie. Non era strano che le fate malvagie facessero qualche piccolo patto con i demoni minori, di quando in quando. Piccole cose, scambi di favori, informazioni. Fra creature del caos ci si intendeva, e ogni tanto una fata nera riusciva a subodorare un buon affare per un demone. Il popolo dei folletti non aveva la costanza di mandare avanti un piano malvagio, anche le fate più crudeli avevano la soglia di attenzione di una farfalla.
Le fatine dei denti erano un po’ l’eccezione alla regola. Né buone né malvagie, il loro business principale era raccogliere denti che poi rivendevano come componenti per incantesimi o malefici, o come materia prima per gli alchimisti. Chissà cosa poteva venir fuori da un dente scartato; qualcosa di molto cattivo, o qualcosa di molto buono. In ogni caso, chissenefrega.
Gemmil aveva sempre pensato a se stessa come a una personcina buona. Insomma, per gli standard di una fata. Amava raccogliere i dentini dei bambini, e lasciava sempre una moneta sotto il cuscino, cosa che non tutte le sue colleghe si curavano di fare. Ma dove l’aveva portata la sua gentilezza? Ad avere risultati insoddisfacenti, e quindi ad essere quasi dispensata.
Era tempo di cambiare musica.
Sua cugina - le fatine dei denti sono tutte femmine - conosceva una certa unseelie che conosceva una banshee che conosceva un demone. Non si trattava di amicizie, ovviamente, ma tutto quello che a lei serviva era un nome, un contatto.

Nelle ultime due settimane Gemmil aveva fatto le sue ricerche. Su questioni mediche e sui patti con i demoni. Sapeva che quelle creature non potevano entrare nel mondo se non venivano invitate, e le fate, nonostante il progresso tecnologico che le stava progressivamente mettendo da parte, erano ancora parte del mondo.
Tracciò con cura il suo cerchio di evocazione, nell’auditorium vuoto della sede dell’università cittadina, polo di scienze naturali e chimica. Quanto mai appropriato.
Il demone comparve con uno sbuffo sulfureo, dandosi un sacco di arie. Gemmil non si lasciò impressionare. Era un mostriciattolo non più grande di lei, con ali da pipistrello e una ridicola coda dalla punta arrotondata. Un fallito, un po’ come lei. Questo aveva sentito dire.
“Bhayrozuzu” lo salutò, con un cenno del capo.
Il demonietto piegò la testa da un lato. Si aspettava di essere evocato da un umano, un mago, non di certo da una fata.
“Chi sei tu che osi convocare Bhayrozuzu il Velenoso, luogotenente del Signore delle Malattie?”
“Luogotenente delle mie campanule” commentò Gemmil, alzando un sopracciglio. “So benissimo che sei un Demone della Dipendenza, uno dei tanti e uno dei meno dotati. Ma ti ho chiamato proprio per questo: facciamo un patto, vuoi?”
Bhayrozuzu corrugò la fronte, perché non gli piaceva per niente il tono della fata. Lo stava trattando con troppo poco rispetto, e soprattutto gli dava fastidio che lei conoscesse la triste verità sulla sua carriera.
“Quale patto, creaturina zuccherosa? Parla, prima che ti mangi e mi pulisca i denti con le tue ossa!”
Gemmil gli concesse un risolino di cortesia, come se la sua battuta fosse divertente. (Non lo era.)
“Lo scambio che ti propongo è semplicissimo. Io ti libero da questo cerchio di convocazione, e tu per contropartita mi infetti questa regione con una dipendenza. Dovrebbe essere il tuo lavoro, se ho capito bene. È un affare due volte vantaggioso…”
“Ah! Niente di più facile, mia cara” Bhayrozuzu cambiò immediatamente registro, perché la cosa davvero difficile per un demone non era scatenare i suoi poteri e irretire gli umani, ma riuscire ad arrivare nel mondo degli umani. Forse la sua esistenza stava per avere una svolta. “Qualche richiesta in particolare?”
Gemmil sorrise. Un sorriso a settantadue denti, com’era normale per una fata della sua spece.
“Cocaina, se non ti dispiace.”

   
 
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