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Autore: NPC_Stories    25/10/2019    3 recensioni
Collezione di oneshot fantasy a tema "fairy", come indicato nella lista di Inktober che io e la mia affezionata illustratrice Erika abbiamo scelto (no, non Erika la webmaster, un'altra Erika). Io scrivo, lei disegna... speriamo di tenere il passo!
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Alcune di queste storie saranno ambientate nel nostro mondo, alcune altre nell'ambientazione del fandom in cui sono più attiva, Forgotten Realms, e altre ancora saranno ambientate in mondi di mia creazione o di fantasy generico, o parodistico.
Alcune di queste storie vi faranno ridere (spero), altre vi faranno piangere (mh, forse sto esagerando), ma in ogni caso mi auguro che tutte vi piacciano.
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Che la vostra vita possa essere piena di momenti di piccola meraviglia!
Genere: Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Forgotten stories of the Forgotten Realms'
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25. Weak


Sotto-genere: dark fantasy
Ambientazione: Forgotten Realms


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1278 DR, cittadella di Dallnothax, Montagne del Cammino

“Sei debole” affermò la voce dall’oscurità. “Fragile, debole, una cosetta da niente. Sei quasi spezzata. Non vali nemmeno le monete che ho pagato per te. Sei una frode.”
La ragazza si rannicchiò nel suo angolo, tenendo il capo chino in avanti in modo che i capelli rossi coprissero il suo volto e la sua espressione. Non voleva che l’elfo scuro potesse leggerle in faccia le emozioni viscerali che stava provando.
Lui fece schioccare la frusta sul pavimento, come gesto di stizza.
“Se continuo adesso morirai di sicuro. Pensavo che gli elfi chiari fossero più resistenti.”
Lei riusciva a percepirla, l’eccitazione del crudele drow, era palpabile, come un’onda di calore. Era la sensazione di potere. Per quelli come lui era una droga.
Non era solo sadismo. Non si divertiva a farle del male solo per il gusto di farlo. Era soprattutto il fatto di poterlo fare. Era la possibilità di dominare una femmina, qualcosa che sarebbe stato impensabile nella società matriarcale in cui quasi tutti gli elfi scuri vivevano. Lei lo capiva. Era uno dei tanti limiti di quella razza orgogliosa.
I drow erano più fragili e prevedibili di quanto immaginassero.
Quando lui le afferrò i polsi e la sollevò di peso, la schiava chiuse gli occhi come se fosse spaventata. In realtà non voleva che lui vedesse le sue iridi rosse, un colore inusuale fra gli elfi.
La buttò sul letto, ed era chiaro quello che aveva intenzione di farle. L’eccitazione del drow stava raggiungendo il culmine, e per una come lei quell’emozione brillava come la luce di una candela.

Sulerin lasciò scivolare il pollice della mano destra lungo il medio, fino a trovare al tatto un anello che era stato reso invisibile con la magia. Non aveva bisogno di toccarlo per sapere che era lì, il suo incantesimo costante l’avvolgeva e non c’era possibilità di errore, ma quel contatto la fece sentire più tranquilla. Ora tutto dipendeva dal fatto che fosse in grado di annullarne la magia. Se il suo complice non le aveva mentito…
“Astux” mormorò, la parola di comando per disattivare l’effetto dell’incantesimo.
La magia dell’anello smise di sostenerla e il suo fisico tornò a essere com’era sempre stato: intangibile. Solo la forza della concentrazione della donna faceva in modo che i suoi pochi stracci e l’anello non cadessero attraverso il suo corpo.
Quando il drow si avvicinò al letto e cercò di afferrarla per i capelli, trovò una gran brutta sorpresa. La sua mano passò attraverso alla testa dell’elfa, e prima che potesse avere il tempo di allarmarsi, lei alzò il viso e incatenò il suo sguardo in due occhi rossi come braci. Rossi e… famelici.
Sulerin si lanciò su di lui prima che il residuo dell’eccitazione sparisse del tutto. Una fata come lei, una predagioia, si nutriva delle emozioni delle sue prede. I drow sembravano incapaci di provare felicità, l’eccitazione e il piacere erano le cose che ci arrivavano più vicino. Lei sapeva di doversi accontentare. Prima che l’elfo scuro potesse riprendersi dalla sorpresa, la fata unseelie allungò una mano e gliel’affondò nel petto, in cerca del nucleo di quelle emozioni residue. Il suo tocco incorporeo cominciò a risucchiare dall’altro tutte le sue passioni, i suoi desideri, le sue paure… tutto quello che lui era, l’idea che aveva di se stesso. Il drow cercò di scostarsi, ma lei si alzò dal letto e lo seguì, lo incalzò, sempre toccandolo con quelle mani incorporee da cui lui non sapeva come difendersi. Il tocco di lei non era doloroso, ma portava con sé un… un nulla terrificante.
Dopo il terzo tocco, il drow cominciò a chiedersi a che cosa servisse cercare di resistere. Che cos’aveva da proteggere, dopo tutto? La sua vita non era forse miserabile e infelice?
Il tocco successivo gli strappò via anche questo pensiero.
Presto la sua mente non trovò posto per nessun tipo di emozione, né paura né interesse, o rancore. Né guerra né pace.
Il drow si appoggiò alla parete e cadde a terra come un sacco vuoto, fissando la ragazza come se non la vedesse neanche. Provò un ultimo barlume di sorpresa, di curiosità per quella creatura che di sicuro non era un’elfa, poi gli venne strappato anche quel pallido pensiero.

Sulerin atteggiò le labbra rosse in una smorfia che poteva passare per un sorriso. Si accovacciò per essere alla sua altezza e lo guardò negli occhi per accertarsi che non fosse rimasto alcun afflato di emozione nel suo spirito.
Le iridi rosse del drow incontrarono quelle della fata, ora di colore ambrato, dal momento che era sazia.
“Sei debole” scherzò la malvagia predagioia. “Fragile, debole, una cosetta da niente. Sei quasi spezzato.” Si concentrò per riuscire a fare presa sugli oggetti corporei anche se era intangibile, sfilò con calma il pugnale che il drow teneva nello stivale e glielo piantò in gola. Lui non fece una piega. Sulerin ridacchiò, deliziata. Adorava riuscire a rendere le persone così vuote, così inconsapevoli da non lottare più nemmeno per la loro vita.
“Non vali neanche il tempo che io e Zeerith abbiamo passato a pianificare la tua morte.” Ridacchiò ancora. “Sei una frode.”

Si alzò in piedi, ammirando la sua opera. Era stato difficile fingere di essere una povera schiava terrorizzata, e ad ogni colpo di frusta aveva avuto paura che lui si accorgesse che quell’arma comune non poteva farle nulla. Ma il drow non si era accorto di niente, troppo preso dalla scena che stava vivendo nella sua mente. Tutte le persone vivevano molto più nella loro immaginazione che nella realtà.
Un’altra grande debolezza che l’insidiosa fata sapeva sfruttare così bene.

   
 
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