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Autore: NyxTNeko    27/10/2019    1 recensioni
Napoleone Bonaparte, un nome che tutti avranno letto almeno una volta sui libri di scuola.
C'è chi l'ha adorato, chi odiato, chi umiliato e chi glorificato.
Ma siamo sicuri di conoscerlo veramente? Come si sa la storia è scritta dai vincitori e lui, il più grande dei vincitori, perse la sua battaglia più importante.
Dietro la figura del generale vittorioso e dell'imperatore glorioso si nasconde un solitario, estremamente complesso, incompreso che ha condotto la sua lotta personale contro un mondo che opprime sogni, speranze e ambizioni.
Un uomo che, nonostante le calunnie, le accuse, vere e presunte, affascina tutt'ora per la sua mente brillante, per le straordinarie doti tattiche, strategiche e di pensiero.
Una figura storica la cui esistenza è stata un breve passaggio per la creazione di un'era completamente nuova in cui nulla sarebbe stato più lo stesso.
"Sono nato quando il paese stava morendo, trentamila francesi vomitati sulle nostre coste, ad affogare i troni della libertà in mari di sangue, tale fu l'odioso spettacolo che colse per primo il mio occhio. Le grida dei morenti, i brontolii degli oppressi, le lacrime di disperazione circondarono la mia culla sin dalla nascita".
Genere: Drammatico, Guerra, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza | Contesto: Rivoluzione francese/Terrore, Periodo Napoleonico
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Valence, 18 giugno

Napoleone ottenne la promozione come tenente, sempre nell'artiglieria, e fu spostato al 4° reggimento, non molto lontano dall'abitazione in cui alloggiava. Quell'avanzamento di carriera inaspettato, nemmeno lui, infatti, lo sospettava poiché aveva trascorso poco tempo in servizio, accrebbe in lui la sicurezza di poter arrivare ai gradi superiori e poter comandare liberamente, senza dipendere da altri. Non amava troppo obbedire, non aveva mai abbassato il capo, i suoi inchini erano sempre accennati e concilianti, per trasmettere la giusta impressione all'interlocutore. 

Non appena si sistemò nella nuova collocazione, scrisse allo zio Giuseppe Fesch "Mandatemi 300 franchi" iniziò senza troppi indugi o tentennamenti "Tale somma mi consentirà di andare a Parigi. Lì almeno è possibile farsi notare e sormontare gli ostacoli. Tutto mi dice che avrò successo. Mi impedirete di farlo per la mancanza di 100 corone?" Nonostante la promozione lo stipendio non era aumentato di molto, inoltre stava accumulando gran parte dei suoi risparmi per il fratello, tra non poco sarebbe partito per Auxonne e lui voleva essere sicuro di poter viaggiare senza doversi occupare troppo di Luigi.

Parigi, 20 giugno

Le 23 e 30 erano appena scoccate, i sovrani di Francia si erano recati nella camera da letto per la consueta cerimonia del coucher du roi. Ma furono 'disturbati' da La Fayette e il suo aiutante Roumeuf, per una visita di cortesia, ritardando così il cerimoniale e ripetendo tutto il piano, una volta rimasti soli. Il generale aveva piazzato soldati della Guardia Nazionale per sorvegliare il palazzo delle Tuileries.

In quei mesi, il re era riuscito a mantenere solidi rapporti con le corti straniere, allarmate dall'evolversi della situazione in Francia e a chiedere loro supporto per abbattere i rivoluzionari, era appoggiato dalla Chiesa e dai refrattari. Luigi XVI aveva fatto credere al popolo e all'assemblea, con la quale simulava anche una stretta collaborazione, di aver accettato i cambiamenti politici e sociali della Rivoluzione. Illusi dall'atteggiamento accondiscendente del sovrano, nessuno aveva mai pensato, tranne un'esigua fetta di sostenitori repubblicani, a rinunciare, mettere da parte, la sua carica e la sua corona. Per il popolo restava ancora un 'padre'.

Intanto, di fianco al palazzo del Louvre, in rue de l'Échelle, ad aspettare e preparare il tutto per il re, c'era Hans Axel von Fersen, assieme alle cameriere della regina, il Delfino di Francia travestito da bambina, la sorella Maria Teresa e la governante, la marchesa de Touzel. Per giungervi passarono lungo la Senna. Sarebbe stata una lunga notte, per fortuna era quasi estate e fresco, non avrebbero sofferto il caldo. 

21 giugno

La mezzanotte era passata da circa dieci minuti, il conte svedese stava controllando febbrilmente l'orologio da tasca - Quando arrivano? - domandò la sorella del re, Elisabeth.

- Presto, presto - rispose Fersen evitando di mostrarsi agitato. Batteva ritmicamente i piedi al suolo, cercando di passare inosservato, non aveva indosso abiti appariscenti e lussuosi.

Luigi XVI, travestito da valletto, arrivò al luogo indicato. Di Maria Antonietta ancora nesssuna traccia, stava girovagando nelle viuzze che circondavano il Louvre, tenendosi il vestito correva e correva, era sudata, stanca, non aveva intenzione di demordere. Dopo tanti tentativi riuscì a trovarli e li raggiunse, erano passati più o meno quindici minuti - Fersen - riuscì a dire affannata, dopo aver riconosciuto lo svedese.

- Altezza - rispose il conte eseguendo un rispetto e breve inchino, per nascondere il rossore, lo sguardo innamorato, non era il momento adatto per il romanticismo.

- Perdonate il ritardo - sussurrò mortificata l'austriaca - Mi ero persa...

- Parigi è labirintica - giustificò l'avvenente svedese sorridendole dolcemente - L'importante è essere giunta qui il prima possibile...

- Ci siamo tutti - fece il re rincuorato dalla riuscita, finora, del piano - Possiamo andare dunque...

- Attendete un momento maestà - lo interruppe il duca di Choiseul.

- Cosa c'è ora? - sbuffò il re impaziente di partire. La sua posizione era in pericolo ed ogni secondo era prezioso per il buon esito della fuga e del piano.

- Ecco, la marchesa qui presente insiste nell'occupare lei l'ultimo posto nella carrozza, che avrei voluto riservare ad uno dei miei uomini più fidati - espose il duca di Choiseul, guardando la governante dall'alto in basso.

La donna s'intromise per difendere il suo ruolo di 'governante di Francia' ribadendo con assoluta fermezza di non voler  abbandonare i figli della Francia, ossia i discendenti del re - Per cui il posto spetta a me, non riuscirei a separarmi da loro, altezza - Il re non poté non commuoversi di fronte a  tanta fedeltà e amore, intercedette per lei e il soldato, l'uomo al servizio del duca, fu costretto a cedere il posto. Il duca avrebbe viaggiato separatamente da loro. Eliminato l'ultimo scoglio, poterono finalmente mettersi in viaggio.

La destinazione finale sarebbe stata Montmédy, una roccaforte situata nel nord-est della Francia, al confine con il Lussemburgo, sempre in territorio francese, per tutelare ciò che restava del prestigio e dell'autorità della monarchia. Lì avrebbe incontrato un ufficiale, de Bouillè con uomini fedeli al sovrano, e una volta riunitisi avrebbe elaborato una controrivoluzione. Sapeva che sarebbe scoppiata una vera e propria guerra civile, ma era altrettanto certo che erano stati i suoi stessi sudditi francesi ad averlo voluto.

Bondy

Il viaggio fu tranquillo, il primo cambio di cavalli si ebbe nella cittadina, non molto distante dalla capitale, qui Fersen, scese dalla carrozza e salutò la famiglia reale, specialmente la sua amata regina - Ci rivedremo? - domandò la donna allo svedese.

- Se Dio lo vorrà... - fu la sola risposta che riuscì a darle - Addio... - si allontanò trattenendo le lacrime, incerto del destino e del futuro. Si augurava con tutto il cuore che si sarebbero rivisti e amati.

La carrozza partì nuovamente, nel cuore di tutti c'era tristezza ed incertezza, la paura li rendeva vigili, nervosi, restavano uniti, si conoscevano bene, dopotutto. Poche ore dopo si unì alla loro berlina, un'altra con le due cameriere, insieme proseguirono il viaggio.

Parigi

Di buon mattino, come di consueto, il cameriere si recò nella stanza del re per svegliarlo, bussò varie volte, ma non ricevette alcuna risposta. L'uomo si preoccupò e d'istinto aprì la porta: non trovò nessuno, né Luigi XVI, né la moglie, se non un insieme di fogli, ben ordinati sul letto. Si avvicinò, li prese e ne lesse il titolo 'Dichiarazione di Luigi XVI ai Francesi alla sua uscita da Parigi' contò le pagine erano sedici, le aveva scritte di suo pugno: giustificava la sua partenza direttamente al suo popolo.

Cominciò a leggerli, vi era la sua proposta riguardante il modello politico che avrebbe voluto davvero creare in Francia: una monarchia costituzionale, con un esecutivo forte, distinto dall'assemblea, ai suoi occhi divenuta troppo ingombrante. Per quanto riguardava la Rivoluzione apprezzava senz'altro l'abolizione dei privilegi del clero e della nobiltà, tuttavia metteva in guardia sulla pericolosità di alcune ale dell'assemblea, in particolare il club dei Giacobini, i quali stavano acquisendo sempre più influenza sulla società francese.

Il manoscritto terminò con parole abbastanza forti, però pacate e velate dall'amore che il re provava ancora per i suoi 'figli': 'Francesi, e soprattutto voi Parigini, abitanti di una città che gli antenati di Sua Maestà si sono compiaciuti di chiamare la buona città di Parigi, diffidate da suggestioni e delle menzogne dei vostri falsi amici, tornate al vostro Re, egli sarà sempre il vostro padre, il vostro migliore amico. Che piacere che avrebbe di dimenticare tutte queste ingiurie personali e di ritrovarsi in mezzo a voi quando una Costituzione che egli avrà accettato liberamente farà sì che la nostra santa religione sia rispettata, che il governo sia stabilizzato in modo solido e utile, che i beni e lo stato di ciascuno non siano più turbati, che le leggi non siano più violate impunemente, e infine che la libertà sia posta su basi ferme e solide. A Parigi, li 20 giugno 1791, Luigi'

Immediatamente il cameriere corse dal comandante delle Guardia Nazionale, La Fayette per raccontare tutto ciò che sapeva e aveva letto. Il generale si allarmò non poco della situazione, si consultò con il collega Bailly. Sì fece consegnare il manoscritto - Faremo di tutto per riportarlo a Parigi - rassicurò, il cameriere si era già tranquillizzato. Il problema da risolvere ora era se allarmare o meno la popolazione, oppure tenere nascosta la notizia fino a quando non li avrebbero trovati.

- La decisione la prenderemo assieme all'Assemblée - ribadì con forza il sindaco Bailly - Se la estromettessimo da questa faccenda, porterebbe accusarci di tradimento

- Sì, mi sembra la soluzione migliore da prendere - confermò La Fayette.

Mons

Anche il conte di Provenza, il fratello minore di Luigi XVI, Luigi Stanislao Saverio, con il suo amico d'Avaray, aveva lasciato Parigi per arrivare, senza alcuna difficoltà in quel piccolo paesino situato nei Paesi Bassi Austriaci. Qui si riposò un po' e riprese il viaggio verso quella destinazione che lo terrà lontano dal suo Paese per più di vent'anni.

Parigi

Non appena l'Assembleé Constituent seppe della notizia si sentì con le spalle al muro: stavano finalmente riuscendo a stabilizzare la Rivoluzione, tramite le giuste riforme elaborate ed ottenute. Per i sostenitori della monarchia, in maggioranza, quella notizia rappresentò un duro colpo, per salvare il salvabile, dopo una lunga discussione, si decise in primis di non diffondere il cosiddetto 'Testamento di Luigi XVI', per non essere costretti ad accusarlo di tradimento e in secundis di far passare la fuga dei sovrani per un rapimento - In modo da evitare che si accenda la rabbia popolare - spiegò la Fayette.

Il visconte creolo Alexandre de Beauharnais, eletto presidente dell'assemblea da un giorno appena, accolse la proposta di censura del documento e fece stilare un resoconto sul rapimento, che poi lesse ai deputati della Nazione.

La Fayette rimase in allerta per tenersi aggiornato sulla situazione e captare alcune informazioni utili per poter riportare il re indietro, quella lettera era chiarissima, Luigi XVI non era stato rapito, ma era fuggito di sua spontanea volontà: aveva tradito la fiducia dell'assemblea. Il popolo, per il momento, avrebbe creduto a quella menzogna. Inoltre non poteva nemmeno ritardare di troppo le ricerche, altrimenti lo avrebbero considerato complice "Sempre che non lo sospettino già" pensò.

Montmirail

Decine di ussari, presso la zona di confine erano stanziati sotto ordini di vari ufficiali, principalmente nella zona di Varennes,  pronti a proteggere il re durante la fuga. Nella piccola cittadina il convoglio reale aveva fatto una sosta, nonostante fossero arrivati con parecchio ritardo rispetto alle previsioni.

Parigi

I postiglioni e gli addetti alle scuderie, che erano stati precedentemente messi al corrente dell'arrivo della berlina, avvisarono immediatamente la Fayette sugli spostamenti. Il generale, per non macchiare la sua reputazione, spedì subitamente corrieri in ogni dove - Con l'ordine categorico di arrestare la famiglia reale, in qualsiasi alloggio o momento essi si trovino, non ammetto errori o mancanze - imperò nervoso la Fayette. Non avrebbe voluto compiere un simile gesto, in quanto fiero sostenitore della monarchia costituzionale e del re, tuttavia non poteva sottrarsi al suo dovere.

Nel frattempo la carrozza reale continuava il suo viaggio, ignara del fatto che la Guardia Nazionale le stava dando letteralmente la caccia, alla stregua di fuorilegge e traditori, perché così apparivano ormai agli occhi dell'Assemblée e presto lo sarebbero stati pure per il popolo.

Pont-de-Somme-Vesle

- Non sono ancora arrivati, dannazione - sbuffò il Duca di Choiseul, il quale era stato costretto a percorrere la strada, per via della domestica fedele, con il suo gruppo di ussari, accompagnato dal cameriere della Regina, Autier.

- Che facciamo? - domandò uno dei suoi uomini - Se restiamo qui saremo costretti a placare dei contadini inferociti...

- Lo so, lo so - sbraitò irritato il duca - Credete che non ci stia pensando? - emise un profondo sospiro per calmarsi. Doveva restare freddo e lucido, non poteva permettersi di perdere la calma, non in una situazione critica come quella - Dunque... - disse poco dopo, osservando la strada e consultando le mappe - Ripiegheremo verso Varennes passando per i campi, non abbiamo altra soluzione...

- Agli ordini - fece l'altro andando a riferire l'ordine.

- Mentre voi Jean Francois - iniziò il duca  rivolgendosi al cameriere - Voi dovete consegnare queste - prese delle lettere - Agli ufficiali dei distaccamenti di Sainte-Menehould e di Clermont...

Il cameriere afferrò le lettere e seppur un po' spaventato per la situazione e le sorti della famiglia reale, non perse tempo e corse, a bordo del suo cavallo, ad avvisare i due ufficiali del contrattempo e di consigliava di far riposare i cavalli e far rientrare gli uomini. 
- Sarà una lunga giornata, me lo sento - soffiò il duca pentendosi già di quello che stava facendo.

Sainte-Menehould

La notte lentamente si faceva strada inghiottendo l'azzurro, le tinte rossastre, violacee del tramonto, regalando un manto sempre più scuro, carico di stelle luccicanti quella sera, però, nessuno in Francia aveva tempo per contemplarle. In quella serata la Rivoluzione stava prendendo una piega completamente diversa da quella che avrebbe voluto. Il destino amava giocare con le vite degli uomini.

- Avete visto passare da queste un corvoglio, scortato da un gruppo di soldati? - domandò un membro della Guardia Nazionale al mastro di posta Jean-Baptiste Drouet, che si era allarmato nel vedere tutto quel movimento di ufficiali e uomini d'armi.

- Un convoglio avete detto? Fatemi pensare - rispose l'uomo poggiando le dita sulle labbra e alzando gli occhi al cielo. Con l'altra mano tamburellava sul legno della porta - Sì, l'ho vista passare qualche ora fa, era diretta a Varennes, ed è esattamente come l'avete descritta...ecco dunque...quei visi mi erano familiari...

- Quali? - chiese ancora il soldato - Se sapete qualcos'altro ditecelo!

- Dei sovrani! Sì, erano proprio i loro... avevo avuto un sospetto prima, ma ora con tutto ciò che sta accedendo, non posso negarlo... - rispose l'uomo.

Senza avere nemmeno il tempo di ringraziare l'uomo di La Fayette si mise in marcia assieme ai suoi uomini per inseguire la carrozza reale - Verso Varennes, forza! - urlò.

Il mastro, avendo sospettato la situazione, non volendo sfuggire all'occasione di vedere il re, dopo aver ottenuto il permesso dalla Municipalità, chiamato un suo amico Chrisosthome Guillaume ed essersi diretti a Clermont per saperne di più, presero la strada per Varennes, passando attraverso la foresta delle Argonne.

Varennes

Mentre i fuggiaschi furono costretti ad aspettare nella carrozza davanti alla volta della chiesa di Saint-Gégoult, dopo che Monsieur de Préfontaines gli rivelò di non aver nessun cambio per i cavalli, non sapendo che il cambio si era spostato nella città bassa, dalla altra parte del ponte Aire, Drouet e Guillaume, si accorsero della loro presenza passando proprio accanto alla carrozza ferma e avvertirono la cittadinanza con cui si apprestò a preparare una barricata sul ponte. Il comandante della Guardia Nazionale, Radet, nel frattempo, fece piazzare due cannoni vicino allo stesso ponte, bloccando definitivamente la strada alla famiglia reale.

- Siamo in trappola! - esclamò la regina terrorizzata - Che ne sarà di noi, oh Signore!

Il re sbiancò nel vedere in che guaio si erano andati a cacciare - È la fine, possiamo solo sperare che non ci uccidano...

- Un signore si sta avvicinando verso di noi - avvertì il delfino di Francia, Louis Charles, indicandolo. Gli altri si affacciarono, rimanendo stretti fra loro, facendosi forza.

Era il droghiere che Drouet aveva avvisato per prima riguardante l'arrivo della famiglia reale, Jean-Baptiste Sauce. Bussò delicatamente alla porticina della berlina e con voce tuonante intimò loro di scendere senza fare storie: li fece alloggiare nella sua abitazione, a pochi passi da loro.

22 giugno

Alcuni degli ussari che non erano stati adunati si unirono alla folla, quelli che invece erano sotto gli ordini di Choiseul, invece, si  piazzarono davanti alla casa di Sauce. Un chirurgo di nome Mangin era partito per portare la notizia a Parigi. La martinella suonava avvertendo tutti i contadini.

Uno dei caposquadroni, Deslon, avendo visto il cavaliere di Bouillè e il sottotenente Röhrig, responsabili della protezione del re, si allarmò, dirigendosi verso Varennes insieme ad uno squadrone di ussari. Vi arrivò verso le 5 e mezza del mattino, ma fu impedito il passaggio alla sua truppa - Se volete vedere la famiglia reale, potete entrare in città solamente voi, mi spiace

Quando arrivò nell'abitazione in cui erano sorvegliati, propose loro una sortita, un attacco a sorpresa - Noi vi siamo fedeli, altezza, così come alcuni abitanti di questa cittadina, guardate lui, vi ha protetto nonostante tutto... - indicò Sauce con gratitudine.

Il re apprezzò, tuttavia si permise di rifiutare la sua proposta - Vi ringrazio molto per la vostra disponibilità, ma preferisco aspettare i rinforzi di Bouillè - Intanto quasi diecimila persone, sia gli abitanti di Varennes, sia le molte altre giunte dai paesi vicini, avendo udito la martinella, si erano ammassate, per vedere il re e la regina.

Gli uomini che il re attendeva non arrivarono mai, tuttavia, verso le 7 del mattino, giunsero alcuni inviati dell'Assemblée, il patriota Bayon e l'aiutante di campo di La Fayette, muniti di un ordine di arresto per Luigi XVI e la famiglia reale e di riportarli a Parigi. Diedero loro il tempo di prepararsi e ritornarono in carrozza.

Sempre più gente si era accalcata per la strada che da Varennes portava alla capitale, gridando infervorati, nel mentre passavano i 'prigionieri' - A Parigi! A Parigi! - la Guardia Nazionale della città tratteneva a fatica la folla confusa. Erano le 8 del mattino.

Il duca di Choiseul fu arrestato dalla folla, il caposquadrone Deslon tentò invano di attuare un colpo di mano con gli ussari e il suo distaccamento bloccato alle porte di Varennes. Si arrese quando si capì che senza una cartina non aveva alcuna possibilità di riuscirci - Ormai è finita - disse disperato e si unì agli altri ufficiali coinvolti nell'affare, che avevano pianificato  l'emigrazione, lasciando la famiglia reale in balia del destino e degli abitanti di Parigi. 

 

   
 
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