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Autore: NyxTNeko    03/11/2019    1 recensioni
Napoleone Bonaparte, un nome che tutti avranno letto almeno una volta sui libri di scuola.
C'è chi l'ha adorato, chi odiato, chi umiliato e chi glorificato.
Ma siamo sicuri di conoscerlo veramente? Come si sa la storia è scritta dai vincitori e lui, il più grande dei vincitori, perse la sua battaglia più importante.
Dietro la figura del generale vittorioso e dell'imperatore glorioso si nasconde un solitario, estremamente complesso, incompreso che ha condotto la sua lotta personale contro un mondo che opprime sogni, speranze e ambizioni.
Un uomo che, nonostante le calunnie, le accuse, vere e presunte, affascina tutt'ora per la sua mente brillante, per le straordinarie doti tattiche, strategiche e di pensiero.
Una figura storica la cui esistenza è stata un breve passaggio per la creazione di un'era completamente nuova in cui nulla sarebbe stato più lo stesso.
"Sono nato quando il paese stava morendo, trentamila francesi vomitati sulle nostre coste, ad affogare i troni della libertà in mari di sangue, tale fu l'odioso spettacolo che colse per primo il mio occhio. Le grida dei morenti, i brontolii degli oppressi, le lacrime di disperazione circondarono la mia culla sin dalla nascita".
Genere: Drammatico, Guerra, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza | Contesto: Rivoluzione francese/Terrore, Periodo Napoleonico
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Valence, 25 giugno

Napoleone aveva seguito la vicenda della fuga del re con grande curiosità, apprensione, per il destino della Francia "Ecco...la storia si sta ripetendo ancora una volta..." pensò tra sé, posando il giornale sul tavolo "Come in Inghilterra...la rivoluzione, il re catturato, fra un po' processato... pagando con la vita il suo atto...e presto anche la Repubblica" chiuse per un istante gli occhi grigi, poi li riaprì - Chi sarà il prossimo Cromwell? - si domandò sussurrando - Temo che ci sarà solo tanta anarchia e confusione...

Ricordava le discussioni avute con i suoi compagni di reggimento, nei giorni precedenti, mentre commentavano gli avvenimenti. Tutti mostravano lo stesso atteggiamento di disprezzo per quel gesto, lui li aveva appoggiati. Possibile che avesse preferito la fuga alla lotta? I Borboni erano sempre stati dei buoni a nulla, mai avrebbe pensato che fossero addirittura codardi.

Aveva condiviso ad alta voce le loro ragioni, tuttavia, c'era molta incoscienza nelle loro parole, non avevano mai conosciuto la guerra civile. Si combatteva tra fratelli, tra gente un tempo amica, divenuta nemica, pronta ad uccidere pur di mantenere fede alle proprie parole e ai propri giuramenti. In Corsica si stava scatenando ciò: al momento era una guerriglia urbana combattuta con parole e rappresaglie, ma era convinto che, tra non molto, si sarebbe trasformata in vera e propria guerra.

L'incertezza del momento, prodotta dalla vigliaccheria di un solo uomo si sarebbe diffusa, come un'epidemia, anche sulla sua isola. Era costantemente aggiornato sulle questioni corse, c'era la sua famiglia, più ancora dei suoi possedimenti, da difendere. E al momento, l'unico ufficiale dei Buonaparte era lui, per cui spettava a lui soltanto battersi per essa, persino contro Paoli se fosse stato necessario.

"Non ho dimenticato ciò che ha fatto" rammentò alla fine, stringendo il pugno rabbioso "E glielo rinfaccerò, fino all'ultimo respiro!" Il suo sguardo si posò nuovamente sul giornale e su quella vignetta satirica che compariva ovunque: i sovrani raffigurati come maiali - Volevano salvare la monarchia, invece, non hanno fatto altro che ucciderla - mormorò.

Inoltre, era certo che la dichiarazione di guerra contro le altre monarchie assolute, non si sarebbe fatta attendere. A quel punto qualsiasi ufficiale che non fosse fuggito avrebbe combattuto per la Rivoluzione. Ma cosa sarebbe diventata? Un veicolo per la libertà o per l'anarchia, oppure per la tirannia?

Marche-les-Dames

- Hanno arrestato vostro fratello, signor conte - informò d'Avaray all'amico, il conte di Provenza con cui era fuggito - Assieme a tutto il resto della famiglia...

- Lo so già - rispose Luigi Stanislao pacato, come se l'avvenimento non lo scalfisse minimamente, sorseggiava del vino, comodamente seduto sulla poltrona riccamente decorata - Noi abbiamo avuto fortuna solo perché l'attenzione era rivolta verso di loro, noi non siamo mai stati troppo importanti per la Francia...

- Avete ragione, signor conte - ammise l'amico, guardandolo. Somigliava incredibilmente al fratello, almeno fisicamente, poiché in lui aveva sempre intravisto una calma, quasi arrogante, che Luigi XVI non aveva mai posseduto. Era stata anche la sua prudenza, la sua accortezza ad averli salvati dal linciaggio e dalla cattura - Che faremo adesso? - chiese.

- Niente, se non aspettare che quegli esaltati in Francia scatenino una guerra contro l'Europa intera - consigliò agitando teatralmente la grossa mano - E quando saranno travolti dalla loro stessa follia, noi torneremo e saremo accolti come protettori della pace e dell'equilibrio...

- Avviserete anche vostro fratello Carlo? - chiese ancora.

- Penso che sia già al corrente di tutto, nella Savoia e abbia avvisato, come me, le altre potenze - emise lui, poi gli fece cenno di allontanarsi - Ora lasciatemi solo, il lungo viaggio mi ha spossato e devo ancora riprendermi - aggiunse sdraiandosi lentamente per far riposare il fisico grassoccio, nonostante avesse pressappoco 36 anni.

Vienna, 10 luglio

Leopoldo II d'Asburgo-Lorena, imperatore del Sacro Romano Impero, che era succeduto al fratello Giuseppe II da poco più di un anno, era allarmato da quanto stava accadendo "La Francia è ormai una bomba pronta ad esplodere" sussurrò terrorizzato dopo aver ricevuto le ultime nuove "L'insuccesso della fuga ha acuito enormemente le divergenze interne al regno, maledizione, devo assolutamente avere dalla mia parte tutte le monarchie europee, riuscire dove mio cognato ha fallito, per impedire l'espansione di quella pazzia chiamata Rivoluzione!"

Leopoldo II, nonostante il suo atteggiamento riformatore tenuto in Toscana quando fu Granduca, modernizzando il territorio come pochi altri nella Penisola, abolendo addirittura la pena di morte, non vide mai di buon occhio gli eventi rivoluzionari. Rimase comunque spettatore osservando la sorella e il cognato riuscire a mantenere sottocontrollo la situazione, seppur per breve tempo. Concepì l'arresto come mancanza di rispetto per l'autorità del potere e sovvertimento dell'ordine. Una violazione incalcolabile. "Devo allearmi con la Prussia, il suo esercito è il più potente d'Europa, in caso di dichiarazione di guerra, avremo qualche speranza di abbattere la minaccia ed evitare che il morbo rivoluzionario si propaghi ovunque"

Valence, 14 luglio

- Perdonate il ritardo, amici - esordì Napoleone giungendo di corsa al banchetto di festeggiamento in occasione del secondo anniversario della presa della Bastiglia.

- Quando si tratta di occasioni speciali, siete sempre puntuale, Buonaparte - ridacchiò uno dei suoi nuovi colleghi.

- Stavamo aspettando voi, segretario - emisero gli altri uno dopo l'altro.

- Vi ringrazio per la pazienza e la fedeltà dimostratemi, amici miei - sorrise Napoleone - Per me è ancora dura abituarsi a questo nuovo incarico, ma vi dimostrerò di esserne degno - ammise con finta modestia. In realtà il ruolo di segretario degli Amici della Costituzione gli era ben gradito: un minuscolo trampolino di lancio per puntare ai piani alti, che considerava utile e fondamentale. Per tale motivo aveva abbracciato la Rivoluzione, aboliti gli inutili privilegi aristocratici, la strada per accedere alla gloria era stata spianata.

Il desiderio e l'ambizione gli donavano un'energia inestinguibile, ecco perchè era stato scelto dai suoi colleghi, folgorati da quel fuoco ardimentoso presente nel cuore e negli occhi, quella luce perennemente sfavillante, quella bramosia di voler servire il Paese. Non potevano sapere che, in verità, della Francia gli interessava relativamente poco, che tutte le conoscenze acquisite riguardanti le leggi, lo stato francese che stava sviluppando, lui le avrebbe portate sulla sua isola per poter creare uno stato autonomo, davvero indipendente che potesse essere da esempio persino ai francesi.

"Non lo devono sapere" precisò poi "Perché altrimenti sarei ostacolato" sorrise più sinceramente, dopo essersi accomodato al posto d'onore - Prima di cominciare a mangiare, vorrei fare un brindisi - propose alzando il bicchiere. Tutti si voltarono: che sensazione soddisfacente gli procurava sentirsi importante, vedere quegli occhi seguirlo come fosse una guida, appoggiandolo, sostenendolo. Non era paragonabile al potere, quello vero, era certamente inebriante, vitale, non provava alcun disagio o esitazione, anzi, per la prima volta si sentì appagato, forse era il suo posto. Sì, in quel momento ebbe la certezza: comando sarebbe stata la sua vocazione.

- Facciamo un brindisi ai patrioti di Auxonne - tuonò imperioso, ebbro di quel 'potere' - Perché stanno difendendo la giustizia, pulendo la Rivoluzione dall'onta del tradimento reale, presentando una petizione per processare il re, alla pari di un qualsiasi cittadino che compie un reato, in quanto  uomo, non più unto da Dio! - gridò sempre più coinvolto dal suo stesso carisma. Fece tintinnare il bicchiere assieme i suoi compagni più vicini, seguito dagli altri, euforici.

Mangiò e bevve pochissimo, come al suo solito, i suoi colleghi non si stupirono, lo conoscevano abbastanza bene, seppur lo trovassero bizzarro ogni tanto. Erano affascinati dalla sua forza d'animo, dal suo ardore. Ovviamente Napoleone era stato abilissimo nel mostare solo un'immagine di sè, la migliore: quella del Patriota. Era sazio e affamato al tempo stesso, puntava già al prossimo obiettivo: tornare in Corsica.

25 agosto

'Questo paese è pieno di zelo e di fuoco' scrisse ad un suo amico. Aggiunse infine che, nonostante la Rivoluzione contasse soltanto sulla metà degli ufficiali del suo reggimento, la bassa forza la sosteneva. 
'Nelle mie vene il sangue meridionale scorre alla stessa velocità del Rodano, quindi dovete perdonarmi se incontrate qualche difficoltà nel leggere i miei scarabocchi' si scusò nel post scriptum.

Non aveva mai avuto una calligrafia leggibile, aveva tentato molto spesso di aggiustarla, si era scusato tantissime volte, addirittura con Giuseppe, ma il suo corpo s'infervuorava quando stringeva tra le mani una penna che gli permetteva di poter esprimere se stesso. Esattamente come aveva fatto con quel saggio che aveva elaborato per il concorso, era stato scartato, valutato in modo pessimo, perché, secondo la giuria, era stato elaborato con uno stile eccessivamente trionfo.

- Troppo poco interessante, disordinato, sconclusionato e scritto troppo male per trattenere l'attenzione del lettore - gli aveva riferito uno dei giudici. A Napoleone non importava di quel giudizio, che aveva accettato lo stesso, non poteva certo mettersi contro un'autorità dell'accademia. Ma niente e nessuno avrebbe strappato la sua sicurezza, la sua insaziabile voglia di migliorarsi, era padrone della lingua francese, oramai.

2 settembre

- Mi dispiace tenente Buonaparte e ve lo ripeto per l'ennesima volta, non posso concedervi la licenza che desiderate per poter andare in Corsica - negò con forza il suo superiore, il colonnello Compagnon, in tutta la sua vita non aveva incontrato un ragazzo così caparbio, ostinato - Siete stato assegnato al reggimento da due mesi appena, ci sono ufficiali che ne hanno diritto più di voi...

Napoleone, questa volta, non poté accettare ancora quel rifiuto, doveva tornare sull'isola e in fretta, era riuscito ad intercettare delle informazioni utilissime tramite Giuseppe, riguardante la formazione di ben quattro battaglioni della guardia nazionale corsa, era un'occasione che non poteva farsi sfuggire. Per questo si era rivolto al generale du Teil, dopo essere riuscito a far entrare suo fratello Luigi ad Auxonne, ottenendo il permesso da lui.

- Nemmeno se ho il permesso del generale du Teil? - chiese Napoleone mostrandogli il documento firmato con aria altezzosa e sprezzante.

Il colonnello restò sorpreso dall'arguzia, dalla spiccata intelligenza, dalla mente macchinosa del ragazzo, aveva pianificato ogni cosa: era riuscito ad instaurare un rapporto di amicizia e fiducia con du Teil, un ufficiale che aveva reso grande l'esercito francese, usufruendo di tale legame per trarne vantaggio - Alla fine avete ottenuto ciò che volevate, essendo firmato da un superiore non posso che darvi il congedo che tanto bramate, tenente - concesse poi guardandolo, intravedendo in lui una punta di arrogante soddisfazione, si mostrava così sicuro di sé, eppure era solo un giovane uomo - Ma ad una condizione: dovrete tornare sotto la bandiera entro e non oltre il 10 gennaio, altrimenti verrete considerato un disertore, siamo intesi?

- Quattro mesi saranno più che sufficienti, colonnello - riferì Napoleone chinandosi leggermente in segno di rispetto - Vi sono grato per la disponibilità - ringraziò, alzando leggermente le iridi grigie, abbagliate dall'ambizione. Detto ciò andò a prepararsi per partire immediatamente, non aveva tempo da perdere.

"Disponibilità...mi ha costretto...mi chiedo solo se ho fatto bene ad accontentarlo..." riflettè Compagnon "Spero di non pentirmene..." Ritornò alle sue faccende, ben più importanti di un ragazzino corso un po' troppo borioso.

- È un uomo abile - aveva detto il generale alla figlia, dopo essere stato informato dal corso e averlo ringraziato - Lo sentiremo nominare ancora...ne sono più che certo...

 

   
 
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