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Autore: Enchalott    29/10/2019    5 recensioni
Questa storia è depositata presso lo Studio Legale che mi tutela. Non consento "libere ispirazioni" e citazioni senza il mio permesso. Buona lettura a chi si appassionerà! :)
"Percepì il Crescente tatuato intorno all'ombelico: la sua salvezza, la sua condanna, il suo destino. Adara sollevò lo sguardo sull'uomo che la affiancava, il suo nemico più implacabile e crudele. Anthos sorrise di rimando e con quell'atto feroce privò il cielo del suo colore".
Genere: Avventura, Introspettivo, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Jarlath
 
Illtyd avanzava sul sentiero innevato, che si inerpicava impervio tra i monti Sirideain con un galoppo armonioso ed elastico, come se sapesse perfettamente dove porre le zampe e non temesse l’insidia sdrucciolevole del ghiaccio.
La coltre bianca e soffice, pestata dagli zoccoli ferrati in corsa, schizzava ai lati della strada, disegnando macchie simmetriche sul manto candido ancora intatto.
Quando Anthos le aveva detto che avrebbe cavalcato con lui, Adara aveva inteso al suo fianco, montando il proprio cavallo al passo sostenuto. Invece, il principe l’aveva depositata in sella al suo stallone ed era salito dietro di lei, prendendo le redini e impartendo l’ordine secco di partenza, ignorando le sue risentite rimostranze.
Narsas e Dare Yoon si erano scambiati un’occhiata indignata, pretendendo con fermezza una maggiore deferenza per la principessa, ma il reggente aveva risposto seccamente di conservare le energie per il tragitto e di prestare attenzione a non finire in qualche crepaccio nascosto dalla neve.
Poi aveva spronato il purosangue, che si era impennato maestosamente ed era scattato in avanti, distanziando in poco tempo il resto della comitiva con la sua innata velocità, accentuata dalla voglia di sfogare la lunga immobilità.
Solo dopo una mezz’ora Anthos aveva frenato la corsa, facendo arrestare il destriero su un altipiano sporgente per attendere il suo seguito.
Il mare non era più in vista. La vallata sottostante era velata di una bruma gelata, che si contorceva in volute fumose e sfilacciate, innalzandosi come al rallentatore verso il cielo incolore. L’altura rocciosa, invece, era esposta al vento, che trasportava di taglio una neve bagnata e appiccicosa.
Adara rabbrividì, nonostante il pesante mantello di pelliccia ricevuto in dono.
“Avete freddo?” domandò il principe, continuando a mantenere una salda presa intorno alla sua vita e il focoso cavallo a riposo.
“Mi domando come facciate voi a non averne”.
“Sono abituato. A Jarlath troverete tutto il calore di cui avete bisogno”.
“Ne dubito” replicò lei.
Anthos sorrise all’obiezione, che non alludeva certamente al clima. Puntò lo sguardo lungo la via, scorgendo le sagome dei compagni di viaggio salire lungo la china.
“Stanno arrivando. Non manca molto, ormai”.
“E’ proprio necessario che io continui a starvi in braccio? È un’ostentazione di forza o di mascolinità per caso?”.
“No” replicò lui, alquanto divertito “La prima l’ho già ampiamente provata… né voi né Iomhar avete bisogno di ulteriori esibizioni. La seconda, invece, ve la dimostrerò in privato la sera delle nozze.  Fino ad allora, dovrete resistere alla curiosità. Sono un gentiluomo, nonostante ciò che si racconta di me”.
“Piantatela!” sbottò Adara, avvampando.
Osservò gli altri sei viandanti a breve distanza seguire le loro orme già tracciate.
“I vostri servitori” gli disse, cambiando argomento “Sono esseri umani o animali?”.
“Sono lupi. Li scioglierò dalla fedeltà nei miei riguardi prima di oltrepassare le mura”.
“Capisco” sospirò lei, come se avesse inteso qualcosa in più nella breve delucidazione fornita.
“Avverto poca meraviglia nella vostra voce”.
“E’ così. Conferma il vostro modo di vivere, il vostro non confidare mai nel prossimo”.
“Si tratta di praticità, piuttosto. Non ho voluto sottrarre personale al castello”.
Lei scosse la testa, per nulla convinta dalla solerte giustificazione.
“Dovreste ringraziare la mia preferenza, anziché biasimarmi” precisò il reggente a bassa voce “E’ merito dei miei orlagh se respirate ancora”.
“Che dite?” esclamò la principessa, voltandosi indietro repentinamente.
Lui sogghignò, scorgendo la sua espressione titubante a una spanna la suo naso. Gli occhi castani di lei erano colmi di stupore mentre lo guardava da sotto il cappuccio blu, dimentica del fatto di essere sulla sua sella, nella sua stretta aderente e salda.
“Karya” sottolineò Anthos “La foresta non vi è stata fatale poiché io ho inviato i miei lupi contro i kira. Non vi sarà certo sembrato un capriccio della sorte…”.
“Io… io ho pensato che foste stato voi ad attaccarci tramite quelle belve dagli sguardi vermigli!” ribatté la ragazza, sconcertata dalla rivelazione.
Il principe inarcò un sopracciglio, pensieroso, volgendo Illtyd verso nord.
“Perché avrei dovuto…” mormorò “Come vedete, ho bisogno di voi viva. Se fosse stata una mia iniziativa, al contrario, ora non sareste che polvere”.
Il cavallo riprese improvvisamente ad avanzare al trotto lungo la salita malagevole e Adara fu costretta ad afferrare la sua folta criniera per non sbilanciarsi. Istintivamente, si resse anche al braccio con cui il reggente la stava circondando.
“Aspettate, Anthos!” pregò “Fermatevi ancora un istante!”.
Skaed, Illtyd…” ordinò lui, tirando leggermente le briglie decorate.
La guardò. Nessuno aveva mai pronunciato il suo nome con una tale urgenza.
“Tasautia!” proseguì lei, visibilmente agitata “L’avete fatto crollare voi?”.
“Per lo stesso motivo, no. Ma ho avvertito quando è accaduto”.
“Oh, stelle!” esalò lei “Se non siete stato voi, allora chi ha potuto compiere un’azione del genere? Si è trattato di una magia devastante, ho assistito personalmente a quell’emanazione spaventosa, la porto ancora indelebile nell’anima!”
Le iridi d’ambra del principe indugiarono su di lei, misteriose e penetranti, impregnate di un sensibile interesse.
“Occhi rossi…” ripeté piano fra sé “E un sortilegio molto efficace…”
“Voi sapete chi è all’origine di tutto ciò?”.
“No” fece lui asciutto, celandosi dietro l’espressione imperturbabile.
“Com’è possibile?” continuò lei, spaesata “Oltre a voi, quanti posseggono un tale potere? Fate mente locale, vi supplico!”.
Hah, Illtyd” comandò lui, spronando lo stallone senza dargli di tallone.
“Non vi interessa apprenderlo? Non vi tange che possa esistere qualcuno forte come o più di voi nella stregoneria? Non temete che sia vostro nemico?”.
Anthos rise apertamente, mentre il galoppo si faceva sempre più sciolto.
“Che sia mio avversario, ci sono pochi dubbi! Ma ha cercato di eliminare voi, non me!” affermò “Ho fiutato già da tempo la sua presenza e no, non mi fa alcuna paura. Mi infastidisce e basta. Lieto che vi siate preoccupata per me, ma nessuno mi è superiore nei poteri, neppure gli dei!”.
“Non potete essere così sconsiderato! Così presuntuoso!” gridò la principessa, sovrastando il sibilare del vento e lo scalpiccio degli zoccoli in movimento “La vostra eccessiva baldanza vi metterà in pericolo!”.
“E’ di voi stessa, che dovete curarvi!” ringhiò il principe, adombrandosi.
Adara percepì la pressione della sua mano aumentare insieme con la velocità.
“Siete talmente pieno di voi da non considerare che il vostro rivale potrebbe essere quello di cui parla la Profezia!” dichiarò con rabbia impotente.
“Ah, il cosiddetto Traditore del sangue? Non siate sciocca!” sbottò lui.
“Irkalla!” urlò lei nell’aria gelida del Nord “Potrebbe trattarsi di Irkalla!”.
Le mura possenti di Jarlath si ersero scure dalla coltre bianca e vaporosa dell’altipiano, come una macchia inaspettata su una tela intonsa.
Anthos spinse il destriero al massimo della velocità, incurante della neve che li flagellava impietosa, come se le ultime parole della principessa lo avessero contrariato più del dovuto o stesse riflettendo sull’eventualità da lei indicata.
“Neppure lui…” affermò poi in un sussurro severo al suo orecchio “Neppure Irkalla in persona oserebbe sfidarmi!”.
 
Le torri di pietra grigia della capitale del Nord emersero una dopo l’altra, additando il cielo pesante d’ovatta e facendosi sempre più distinte con l’incedere dei cavalli.
Dalle guglie pendevano ricami ghiacciati simili a cristalline tele di ragno e stalattiti azzurrognole, aguzze come punteruoli.
Le cinta fortificate, squadrate in blocchi giganteschi e grevi, erano ricoperte di neve solidificata, cui si andava aggiungendo quella fresca che fioccava sulla città abbarbicata in cima al dirupo.
Un artiglio di ghiaccio serrava Jarlath, rendendola identica a se stessa nei millenni, così come era stato scritto. Era una promessa mantenuta.
Adara sollevò lo sguardo sullo spettacolo geometrico che si tendeva, quasi borioso, al firmamento cupo di Iomhar. Quel sito immutabile era identico alle raffigurazioni che aveva visto sui libri, ma tutte le dettagliate descrizioni poste in calce ai ritratti della sublime Jarlath erano insufficienti a descrivere il freddo assoluto che avviluppava l’ambiente in una morsa letale.
Narsas e Dare Yoon non si reggevano quasi in sella, scossi da brividi incontrollabili, cinerei in viso a causa del gelo immane cui erano rimasti esposti. Avevano necessità di riscaldarsi immediatamente o presto avrebbero subito le gravi conseguenze di quell’iniziale principio di assideramento.
Anthos si girò verso gli esseri antropomorfi che lo avevano accompagnato fin sotto il portale principale, che descriveva un arco basso e tozzo attraverso le mura.
“Andate” ordinò, indicando il candido nulla che si estendeva al di fuori della fortezza.
I quattro si allontanarono lentamente attraverso il manto gelato e le loro mosse si fecero sempre più agili, fino a quando non presero a balzare sulle lunghe zampe artigliate, perdendosi poi nella nebbia. Forse in cerca di una foresta lontana o non visibile nella densità lattea dello spiazzo deserto.
Il principe attraversò la volta grigia dell’ingresso, portando il destriero al trotto nel cortile principale. I passi di Illtyd risuonarono sull’acciottolato spazzato e sgombro.
Due palafrenieri accorsero da sotto il porticato maggiore, inginocchiandosi sul suolo duro e fradicio al cospetto del loro sovrano ed esalando un omaggio ossequioso, per poi affrettarsi a prendere le redini dei cavalli.
Anthos smontò, porgendo la mano alla principessa, ma lei rifiutò l’offerta senza parlare, balzando a terra in autonomia.
“Quasi quasi gli chiedo di aiutare me…” borbottò Dare Yoon, battendo i denti “Sono completamente congelato, non sento più le gambe”.
Narsas scosse i cristalli trasparenti dalla chioma bruna e si aggrappò ai finimenti, scivolando faticosamente giù dalla sella e mantenendosi in precario equilibrio.
“Credo non esista una sola parola nella lingua comune per indicare un freddo del genere” articolò a fatica “Domanderò quella locale…”.
Seguirono il reggente lungo la scalinata principale, ansiosi di trovare un riparo. Il gelo stava ammantando anche i loro pensieri, quando avevano invece bisogno di mantenersi svegli più che mai.
 
L’atrio del palazzo era illuminato dalle torce, abbordiate alle pareti da spessi anelli di metallo, e da un lampadario di ferro battuto arrugginito; un ampio camino irradiava la sua vampa rossastra tra i pesanti tendaggi di broccato blu. Non era sufficiente a riscaldare l’ampia stanza, ma rispetto alla temperatura esterna quel tepore costituiva una vera benedizione.
Anthos abbassò il cappuccio sulle spalle e prese una coppa dal vassoio che l’intimorito valletto appena giunto gli stava porgendo senza sollevare lo sguardo.
“Prego” disse alla principessa, passandole il calice di vino bollente e facendo segno al servitore di provvedere anche agli altri due ospiti “Brindiamo alla sopravvivenza”.
Adara bevve un sorso di quel liquido cremisi scottante e speziato, sentendolo scendere fin nello stomaco in una scia piacevole e tranquillizzante. Il calore le salì alle guance, arrossandole sotto l’abbronzatura.
Il reggente vuotò rapidamente il proprio bicchiere e se ne fece riempire un altro, osservandola con acuto interesse.
“Ti conviene ingoiarlo senza fare storie” borbottò Dare Yoon all’indirizzo dell’arciere, che invece aveva rifiutato l’alcolico “Non sfiderei ulteriormente la calma del principe”.
“Non conviene a me” replicò Narsas, aggrottando la fronte “Inibisce gli effetti dell’antidoto, altrimenti non farei tanto lo schizzinoso”.
“Ah, ecco…” rimandò il soldato, ripensando a tutte le volte in cui il ragazzo aveva preferito il chae a bevande decisamente più energiche.
Anthos squadrò freddamente il guerriero Aethalas, ma non fece alcun commento.
La principessa colse lo scambio di battute e sguardi, deliberando di porre al reggente una questione irrisolta che le stava a cuore ormai da giorni, prima che la sua apparente ospitalità si trasformasse nell’ennesimo scontro con i suoi due accompagnatori. Sorseggiò un altro goccio di vino per darsi coraggio e gli si avvicinò.
“C’è una cosa che desidero chiedervi da tempo” disse con riserbo “Perché avete salvato Narsas dal veleno? Si nota che non vi piace affatto…”.
Il principe abbassò la coppa, esibendo un sorriso scaltro.
“In questo modo voi avreste fatto qualunque cosa, come avete garantito. Non ho dimenticato il vostro impegno e ve ne chiederò conto al momento opportuno”.
“No” considerò lei “Sarei stata in debito con voi anche se non fosse sopravvissuto. Sarebbe stato semplice per voi ucciderlo, attribuendo poi la colpa alla malattia…”.
Il giovane smise di fissare il fondo bordeaux della coppa e sollevò il viso. Era terribilmente serio e non pareva intenzionato a rispondere alla confutazione.
Prima che Adara potesse sollecitarlo, il Crescente iniziò a contorcersi di colpo, facendole mancare il fiato. Trasalì, portando una mano al tatuaggio.
Anthos la vide impallidire e inarcò un sopracciglio, strappandole il bicchiere di mano. Annusò l’alcolico, realizzando che non conteneva tracce di tossina. Il suo sguardo si abbassò sulle dita tirate di lei, poste sul ventre, e qualcosa di simile alla consapevolezza gli attraversò le iridi dorate.
Tutto accadde in un istante, prima che il Primo Consigliere del reggente entrasse nella sala d’ingresso, seguito dall’efficiente Iristel e da due guardie armate.
“Il mio sincero bentornato, altezza” disse mellifluo, accennando un inchino, mentre percorreva rapido l’ambiente, scivolando come fumo scuro.
Da sotto la cappa nera, i suoi occhi borgogna lampeggiarono maligni in direzione dei nuovi venuti, tentando di carpire di loro quanto utile. Si posarono poi sulla giovane donna, squadrandola con sdegnosa animosità.
“Urien…” mormorò il principe, distogliendo con fastidio l’attenzione dalla ragazza, che aveva ricambiato con agitazione la sua occhiata “Novità imprescindibili?”.
“No, sire. Nessun cambiamento da quando ci siamo parlati l’ultima volta”.
“Bene. Sono io a portarle, allora. Ti presento la principessa Adara di Elestorya”.
“Molto lieto, mia signora, vi stavamo attendendo con trepidazione”.
Piegò leggermente il busto, senza abbassare il copricapo, mantenendo le braccia incrociate all’interno delle ampie maniche della tunica bruna. Nulla di lui era visibile, se non lo scintillio inquietante del suo sguardo.
“Questi sono il vicecapitano Dare Yoon e il primogenito del bailye Aethalas, Narsas. Sono nostri ospiti… con beneficio” aggiunse con un sorriso sarcastico.
“Beneficio?” ripeté il Consigliere, senza comprendere.
“Non sarebbe del tutto corretto chiamarli prigionieri” specificò il reggente “Saranno trattati con tutti i riguardi, ma esigo che vengano sorvegliati a vista. Li alloggerai nell’ala est, negli appartamenti situati sopra le carceri, in modo che non abbiano tentazioni di sorta. Dopo la cerimonia, saranno liberi di tornare nella loro terra”.
“Domando venia…” balbettò Urien, sempre più confuso, scoccando un’occhiataccia al povero Iristel che, invece, prendeva nota con velocità stenografica “Cerimonia?”.
“Sì. La principessa Adara ha accettato la mia proposta di matrimonio. Organizzerete tutto nei termini che vi indicherò”.
“M-ma…” squittì il braccio destro, esterrefatto e senza raccapezzarsi.
Persino il meticoloso funzionario smise di scrivere e osò sollevare uno sguardo sbigottito sul suo terrificante sovrano.
“Trattandosi di una questione personale, non ho bisogno del tuo parere, Urien” sogghignò Anthos, asettico “Obiezioni?”.
“N-no… no, sono solo molto sorpreso per la decisione inaspettata, perdonate la mia reazione fuori luogo. Quando volete che sia fissata la festosa ricorrenza?”.
“Fra tre giorni” ribatté il principe “Nel tempio principale. Con il rito antico”.
Adara sussultò. Così poco tempo… solo settantadue ore e poi sarebbe stata per sempre legata a quell’uomo, senza via di scampo.
 
“Dannazione!” ringhiò cupo Dare Yoon “Speravo che quel demonio aprisse uno spiraglio, permettendo a una delegazione di Elestorya di assistere alle nozze. In questo modo, nessuno riuscirebbe ad avvisare in tempo la regina, nemmeno lo strik più veloce del mondo! Lo sta facendo apposta per isolare la principessa!”.
“Che cosa ti aspettavi?” rimandò Narsas, contenendo a stento la reazione emotiva che quella dichiarazione gli aveva provocato “Ha un piano preciso, che noi non immaginiamo e che, a giudicare dalle apparenze, non sta condividendo neppure con il suo tetro assistente. Ha fretta e vuole parimenti rimandarci a casa”.
“Seh, credici… ci farà tagliare la gola appena avremo messo piede fuori dal suo palazzo!” brontolò il soldato, serrando le braccia sul petto.
“La questione non si pone” replicò l’arciere, determinato “Non intendo tornare al Sud. Rimarrò a Jarlath e porterò a termine il mio compito. Non permetterò che Adara rimanga sola in questo tartaro congelato!”.
“Pienamente d’accordo” sputò fuori Dare Yoon “Saremo in due, allora”.
“No” obiettò il ragazzo, gettandogli uno sguardo grato “E’ imperativo che tu rientri a Erinna per fare un quadro della situazione al reggente. Sei l’unico che può riuscire a evitare le trappole che incontrerai sulla strada. E poi Stelio si fida di te. Lo convincerai a mobilitare l’esercito, se necessario…”.
“Mi rifiuto di abbandonarvi quaggiù come un codardo!” sbottò l’ufficiale “Invieremo uno strik, sicuramente sarà più celere di me!”.
“Dare Yoon” sospirò il guerriero, accorato “Lo sai anche tu che un messaggero alato può essere intercettato o abbattuto. Non possiamo correre questo rischio. Inoltre, sono costretto a chiederti in aggiunta un enorme favore”.
“Sarebbe?” sbuffò l’uomo, tutt’altro che remissivo.
“Dopo aver messo in allerta Elestorya, dovrai recarti da mio padre. Gli dirai che ti mando io, ti lascerò il mio sigillo affinché non abbia sospetti su di te. Dovrai spiegargli che gli Aethalas sono chiamati al loro ruolo di Guardiani, che dovranno combattere accanto alla famiglia reale e vegliare sulla salvezza della principessa. Perché è giunto il tempo e ogni differente via ci è preclusa”.
“C’è altro?” domandò il soldato, a metà tra lo scontento e l’ironico.
“Direi di no” rispose Narsas, pratico.
“Oh, sì invece!” obiettò l’uomo “Gli dirò anche che ha un figlio insopportabilmente ostinato, che non ascolta nessuno, che crede di poter fare tutto ciò che gli si è inchiodato nel cervello, comprese le idee stupide che ne costituiscono la maggioranza! Che io ho provato a farlo desistere, ma è stato come svuotare il deserto con un cucchiaino e, per tutti i diavoli, che qualche volta vorrei prenderlo a sberle!”.
“Bravo, così sarà certo che sei un mio amico” rispose il ragazzo, mentre i suoi occhi scuri diventavano lucidi di commozione.
“Lasciamo perdere…” mugugnò Dare Yoon, abbassando il viso per nascondere il turbamento altrettanto profondo.
 
“In soli tre giorni nessuno riuscirà a presenziare da Elestorya” constatò Adara “Perché non concedete più tempo?”.
“Non ne abbiamo” rispose candidamente Anthos “Lo avete dichiarato voi stessa che la Profezia incombe, pertanto gli indugi sono controproducenti. I vostri compagni di viaggio vi faranno da testimoni, rappresentando il Sud. Non sarete sola”.
La ragazza gli lanciò un’occhiata di fuoco: la stava consapevolmente prendendo in giro, torcendole contro le osservazioni che lei gli aveva rivolto, pur non credendo assolutamente nell’ineluttabilità dei Testi Sacri.
Il sorriso graffiante che lui le spedì in risposta confermò la sua supposizione.
“Ehm…” intervenne il Primo Consigliere, acido, interrompendo il loro silenzioso gioco di sguardi “Perdonate, altezza. Devo predisporre gli appartamenti per la principessa. Dove desiderate che venga accolta?”.
“Non ti agitare, Urien” lo bloccò il reggente “Non ti toccherà spolverare alcuna stanza. Adara starà da me. A Leu-Mòr”.
“C-cosa?” stridette lui soffocato, prima di recuperare la modalità servile “Cioè, volevo dire… lì non è molto confortevole, mio signore…”.
“Lo sarà. Ora, muoviti. Fai scortare gli altri due ospiti alla loro destinazione. Sono stanchi e hanno bisogno di recuperare la temperatura corporea. E fai venire immediatamente la moglie di Haffgan”.
“Agli ordini, mio principe”.
Le guardie si mossero per raggiungere Narsas e Dare Yoon, che avevano accolto la notizia precedente con ben scarso entusiasmo.
“Concedete almeno che rimanga con loro!” pregò Adara.
“Non scherzate” ribatté il reggente, severo “Siete la mia futura sposa, non una popolana che fa mucchio con il resto della comitiva!”.
“Non osate parlare di loro in questo modo!” sibilò lei, adirata.
Ignorò l’ordine e raggiunse i due uomini, sotto lo sguardo stupefatto di Urien e Iristel.
Anthos appoggiò la mano sinistra sull’elsa della spada e ridacchiò divertito, in attesa che lei salutasse i compagni. In fondo, quel carattere ribelle e sfrontato non gli dispiaceva affatto. Una donna impaurita e remissiva gli avrebbe causato certo più incomodo e non ci sarebbe stato gusto a piegarla ai propri voleri.
Narsas accolse la ragazza tra le braccia, incurante delle espressioni allucinate degli attendenti del principe e delle dita di lui strette sull’impugnatura dell’arma.
Si abbassò leggermente, consentendole di appoggiare la guancia calda contro la propria, ricevendo il suo abbraccio spasmodico.
“Starò bene…” mormorò per tranquillizzarla.
“Anch’io” mentì lei per lo stesso motivo.
L’arciere sorrise con tristezza, inoltrandole le dita tra i capelli.
“La vita ci costringe a scegliere, anche quando non vorremmo” continuò “Se abbandoniamo noi stessi per amore del mondo, il distacco da ciò che in realtà auspichiamo ci costa inevitabilmente caro. Ma un seme non muore, Adara… si trasforma semplicemente in frutto, nutre un’esistenza e in essa prosegue senza mai perire. Avrei preso la medesima tua decisione, per gli stessi motivi che tu hai intravisto e che io accetto, anche se ora vorrei soltanto che tu non avessi mai incontrato quell’uomo. Possiedi un’energia straordinaria, l’Imis’eli saprà guidarti e difenderti, dunque non temere… è lui che dovrebbe avere paura di te, del granello di speranza che pianterai nel centro del suo nucleo inumano”.
“Narsas…” sussurrò lei, impedendosi di piangere “Sei tu che mi dai forza, in ogni respiro, con il tuo esempio, in umiltà e coraggio. Non voglio restare priva di te!”.
“Non accadrà. Lo sai”.
L’arciere sciolse l’abbraccio, per dare modo anche a Dare Yoon di avvicinarsi e di accomiatarsi da lei.
“Gli dei non possono permetterlo! Tutta l’infelicità che vedo…” esclamò questi, mascherando l’angoscia con la rabbia “Per ciò che vale, io non mi rassegno!”.
“Neanch’io…” rispose la principessa.
L’ufficiale si inchinò davanti a lei, in un omaggio perfetto, dettato da quanto gli riempiva il cuore e non dal protocollo formale.
“Riposo, soldato…” disse Adara con dolcezza.
 
Anthos aveva congedato tutti e l’aveva invitata freddamente a seguirlo.
Avevano attraversato gli ambienti vuoti del palazzo senza parlare, percorrendo i corridoi in un alternarsi bitonale di luce e ombra, fino ad arrivare a una porta che pareva non avere nulla a che fare con tutte le altre. Era scolpita in modo semplice nel legno color avorio ed emanava una sorta di luminosità evanescente.
L’ingresso della Torre, quella che i racconti su Jarlath descrivevano come un luogo spaventoso, all’interno del quale nessuno osava inoltrarsi.
Senza che il principe lo sfiorasse, l’uscio si spalancò, rivelando i gradini di un’angusta scala a chiocciola sbalzata della roccia scura. Non c’erano fiaccole, ma gli scalini scabri erano visibili grazie al riverbero verdognolo che scaturiva dalle pareti bigie.
“Dopo di voi” mormorò Anthos con un gesto cortese.
Adara iniziò a salire, cercando di non appoggiarsi a quelle mura antiche, che trasudavano un’oscurità dalle venature di tormalina stinta.
“Leu-Mòr” disse, per fissare bene nella memoria il nome del posto che sarebbe divenuto la sua casa “Cosa significa?”.
“Dimora della Luna” tradusse il reggente, seguendola da vicino “Con il vostro ingresso, trovo che l’appellativo abbia guadagnato in appropriatezza. Magari vi stava davvero attendendo da secoli”.
La ragazza portò la mano al Crescente, che dormiva placido al proprio posto.
“Insieme con tutte quelle che voi avete chiamato stupidaggini, salvo poi cambiare versione ogni qualvolta vi giova” ribatté, riferendosi alla palese scusa che lui aveva addotto per non posticipare il matrimonio.
“Ci sono argomenti che non desidero spartire con il mio braccio destro”.
“Lasciatemi indovinare…” sorrise lei, sottile “Non vi fidate di lui, ma vi serve…?”.
“Diciamo di sì” ridacchiò il principe.
Continuarono a salire, con il rimbombo dei passi nelle orecchie, finché non si trovarono difronte a una seconda porta, scura e chiusa da un’elaborata maniglia d’ottone. La scala continuava ad attorcigliarsi verso l’alto, indicando la presenza di ulteriori piani, ma Anthos si arrestò.
“Le mie stanze” annunciò, varcando la soglia in modo naturale.
Adara lo seguì, accedendo ad una camera molto spoglia, che riceveva la rara luce del Nord da una bellissima finestra ad arco, incorniciata da tendaggi bianchi e dotata di un piccolo balcone di pietra a strapiombo sulla fortezza.
Un imponente camino, ora spento, occupava la parete di sinistra, mente sulla destra troneggiava un enorme letto a baldacchino, vestito di morbide pellicce. Ai suoi piedi erano posti un baule di legno laccato di nero, sbalzato con quelle che sembravano le insegne reali, e due sedie a faldistorio. Poco discosto un tavolino di fattura semplice e lineare. C’era un’altra porta, ma era serrata e non permetteva di scorgere che cosa custodisse.
“Non siamo ancora sposati” commentò lei, osservando l’unico giaciglio disponibile.
“Non temete, vi lascerò in pace fino ad allora… anche se le tradizioni del Sud non pongono divieti, a quanto ho sentito” ridacchiò lui, osservando l’espressione imbarazzata della principessa “Farò portare quanto vi occorre in aggiunta, come vedete io mi accontento di poco”.
“Non si direbbe” lo provocò lei.
“Mi riferivo all’arredamento” concordò il giovane, approssimandosi “In altri ambiti, non sono disposto a patteggiare”.
Le prese la mano, voltandola all’insù, e le sfiorò lievemente il polso con le labbra, così come aveva fatto sulla nave, quando ancora si spacciava per Alyecc.
Un brivido corse lungo la schiena della ragazza, che non riuscì a sottrarsi al cavalleresco atto di ossequio. Sempre meglio di quando lui l’aveva baciata sul serio. Arrossì al ricordo, sperando inutilmente che lui non se ne accorgesse.
“Neppure io” replicò poi, seguendo la sua affermazione “Per esempio, mi piacerebbe sapere se di me vi fidate, Anthos. O se mi considerate invece alla stregua del resto dell’universo”.
Il principe le piantò addosso gli occhi dorati, aggrottando leggermente la fronte. Come se la domanda legittima lo avesse disorientato. Poi, sogghignò.
“Un vecchio amico di recente mi ha fatto notare che nutrire fiducia per qualcuno è come una forma d’amore. Se alludete a questo, credo di avervi già risposto”.
“No, non lo avete fatto. Avete semplificato e basta”.
“Allora, non colgo il senso della richiesta” troncò lui, spostandosi verso la vetrata “Venite, a vedere”.
Adara sospirò e lo raggiunse, osservando il turbinare della neve nel bianco assoluto del cielo, senza che alcunché fosse visibile all’orizzonte.
Anthos spalancò le imposte e una raffica gelida entrò nella stanza, trasportando i fiocchi leggeri sul pavimento di pietra e facendo sollevare le cortine del baldacchino.
“Non fatelo mai da sola” suggerì, conducendola sul terrazzino frustato dal vento e sospeso su un candido nulla “E’ rischioso”.
La principessa fu colta dalle vertigini e dovette aggrapparsi a lui, cercando rifugio e distogliendo lo sguardo dal vuoto sottostante.
Il reggente le sollevò il viso con l’indice, incurante sia del soffio impetuoso che gli scuoteva il mantello e gli agitava i capelli biondi sia dell’altitudine spropositata.
“Potrei gettarvi di sotto senza remore” le mormorò all’orecchio, avvertendo il suo tremito “Oppure rompere la mia promessa e usarvi violenza. Che cosa vi dice che non lo farò? Mi avete seguito senza esitare e non siete certo una stupida. E ora cercate il mio braccio nel pericolo. È ciò che chiamate fiducia?”.
“Rientriamo, vi prego…”
“Rispondete alla domanda, Adara! Perché vi fidate di me?”.
“Non lo sto facendo! Smettetela!”.
“Non è vero!” esclamò lui, trascinandola di qualche passo verso il parapetto.
“Lasciatemi andare!”.
“Parlate ora…”.
Nella sua voce c’era qualcosa di insolito, che oltrepassò il sibilo dell’aria fredda e il battito terrorizzato del cuore della principessa. Che valicò la loro distanza di animo e si accese come una fiammella nella tormenta.
“Mi avete detto di non sporgermi da sola!” gridò la ragazza in un fiato.
Anthos sbarrò gli occhi e allentò la presa, incredulo.
Rientrò con lei nella stanza e la finestra si chiuse alle sue spalle con un colpo secco. Tra le sue braccia, Adara tremava di freddo e di angoscia. Lui fece un movimento con l’indice e il camino si accese, riverberando il suo caldo chiarore nell’ambiente. La neve a terra si sciolse gradualmente, trasformandosi in gocce lucide e ondeggianti, mentre la principessa restava ancora stretta a lui, come se non fosse in grado di staccarsi.
“Che motivazione futile…” commentò, allontanandola bruscamente.
   
 
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