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Autore: _Agrifoglio_    30/10/2019    14 recensioni
Una missione segreta, un’imboscata vicino al confine austriaco e il corso degli eventi cambia. Il senso di prostrazione dovuto al fallimento, il dubbio atroce di avere sbagliato tutto, un allontanamento che sembra, ormai, inesorabile, ma è proprio quando si tocca il fondo che nasce, prepotente, il desiderio di risorgere. Un incontro giusto, un’enorme forza di volontà e, quando tutto sembrava perduto, ci si rimette in gioco, con nuove prospettive.
Un’iniziativa poco ponderata della Regina sarà all’origine di sviluppi inaspettati da cui si dipanerà la trama di questa storia ricca di colpi di scena, che vi stupirà in più di un’occasione e vi parlerà di amore, di amicizia, di rapporti genitori-figli, di passaggio alla maturità, di lotta fra concretezza e velleitarismo, fra ragione e sogno e della difficoltà di demarcarne i confini, di avventura, di duelli, di guerra, di epos, di spirito di sacrificio, di fedeltà, di lealtà, di generosità e di senso dell’onore.
Sullo sfondo, una Francia ferita, fra sussulti e speranze.
Davanti a tutti, un’eroica, grande protagonista: la leonessa di Francia.
Genere: Avventura, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: André Grandier, Nuovo Personaggio, Oscar François de Jarjayes, Quasi tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Il Vescovo zoppo
 
– Vescovo de Talleyrand Périgord – disse Maria Antonietta non appena l’interlocutore le si fu avvicinato – Non posso esaudire la Vostra richiesta e nominarVi Ministro degli Esteri.
– Maestà, ritengo di avere l’abilità politica necessaria per servire la Francia in questo periodo delicato di guerra contro l’Austria. E’ questa la ragione che mi ha indotto, alcuni giorni addietro, a propormi come Ministro degli Esteri.
Nel Salone degli Specchi, era sceso un silenzio innaturale che faceva sì che la voce della Regina, già sufficientemente alta e severa, fosse udita da tutti. I cortigiani, nondimeno, aguzzavano le orecchie per non perdere una sola sillaba dello scambio di battute fra la Sovrana straniera, dura e reazionaria e Sua Eccellenza de Talleyrand, Vescovo dalle idee illuminate, già membro degli Stati Generali e dell’Assemblea Costituente oltre che grande amico dell’ormai defunto Mirabeau. Gli elementi per uno scontro ai vertici c’erano tutti, perché i membri del casato dei Talleyrand Périgord si erano contraddistinti, sin dal medioevo, per la grande consapevolezza del proprio alto lignaggio che li aveva sempre fatti sentire simili ai Re. Il Vescovo zoppo, in tutto ciò, non faceva eccezione e, infatti, dietro l’apparenza dell’affascinante seduttore, del brillante uomo di mondo e del fine conversatore, si celava un Re senza corona che considerava gli affari della Francia la naturale prosecuzione di quelli di casa sua.
– Eccellenza, ho vagliato con attenzione la Vostra richiesta, ma sono costretta a respingerla. Quell’eversivo cahier de doléances che avete redatto in occasione degli Stati Generali fa di Voi un uomo ostile ai Borbone e molto pericoloso per la monarchia.
– Nel mio cahier de doléances, mi limitavo a riferire le opinioni dei miei fedeli, Maestà.
– E io, adesso, Vi riferisco la mia, Vescovo de Talleyrand – sbottò Maria Antonietta – Non siete la persona adatta a servire la Francia in questo momento né in altri!
Ciò detto, gli passò accanto con aria indignata e lo sorpassò senza più occuparsi di lui, seguita da una schiera di cortigiani ansiosi di rivolgerle la parola. L’attenzione del resto dei presenti restò, invece, concentrata sul volto del Vescovo zoppo, allo scopo di coglierne un segnale di umiliazione che, per il dispiacere di tutti, non trasparì dall’espressione sicura e sorridente che egli riuscì a conservare.
 
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– L’umiliazione che la Regina Vi ha inflitto è intollerabile, Eccellenza – disse il Duca d’Orléans, intrecciando le dita delle mani mentre se ne stava seduto su una comoda poltrona di uno dei sontuosi salotti del Palais Royal – Avrebbe potuto declinare la Vostra offerta con toni e argomentazioni diversi e, soprattutto, in privato. Ha preferito, invece, infliggerVi un pubblico smacco. Alla fine, comunque, l’unica a rimetterci è stata lei che si è privata della Vostra abilità diplomatica.
– Conosciamo tutti l’impulsività e l’estrema franchezza di Sua Maestà la Regina, Duca – rispose Talleyrand, senza scomporsi, mentre guardava l’interlocutore con bonomia impenetrabile – Io, personalmente, non ci ho mai fatto caso.
– E fate bene, Eccellenza. Ci troviamo nelle mani di un’irresponsabile che gioca a fare l’irreprensibile, quando gran parte dei problemi in cui versa la Francia è ascrivibile a lei. Mio cugino Luigi era un uomo amato a stimato e guardate com’è finito….
– Scommetto che detestate la mano dell’assassino di Vostro cugino – gli fece eco il Vescovo, con voce suadente ed espressione indecifrabile.
– Così come detesto l’idea di una rivoluzione – replicò, con aria altrettanto indecifrabile, il Duca d’Orléans.
– Pensavo che aveste idee illuminate – lo provocò Talleyrand, accompagnando alle sue parole uno sguardo sornione.
– E le ho, infatti, esattamente come Voi e come il compianto Conte de Mirabeau, ma non credo che esse implichino necessariamente il rovesciamento della monarchia.
– Cosa auspichereste per la Francia, Duca? – gli chiese il Vescovo, con l’atteggiamento noncurante di chi formula una domanda banale che, invece, è di capitale importanza.
– Una monarchia illuminata che non si opponga al progresso delle scienze e che faccia prosperare le arti, le professioni e i commerci.
– A tutto ciò osta il principio di legittimità che individua con regole ferree il Monarca naturale – ribatté il Vescovo – e, finché il Re sarà bambino, comanderà la madre che sta all’illuminismo come i reumatismi a una piacevole giornata.
– Il principio di legittimità è, comunque, violato, visto che colui che siede sul trono….
Il Duca d’Orléans si arrestò all’improvviso, consapevole di essersi spinto troppo oltre e domandandosi come avesse potuto commettere una leggerezza del genere. L’uomo che gli stava di fronte non era il Duca di Germain o il Conte di Compiègne, ma un abile politico che molti frequentavano, ma che quasi nessuno conosceva.
– A ogni trono il suo Re – rispose, con aria sibillina, il Vescovo de Talleyrand – A noi non resta che sperare che la Francia sia ben guidata dalla persona giusta e questa si trova sicuramente qui, in mezzo a noi….
Il Duca d’Orléans si rasserenò e guardò il Vescovo zoppo con sottile compiacimento.
 
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– Maestà, perdonate la mia estrema franchezza e il mio ardire, ma trovo molto azzardato il modo in cui avete pubblicamente declinato l’offerta del Vescovo de Talleyrand Périgord. Egli è un uomo abile e potente e averlo come nemico non Vi gioverà – disse Oscar, guardando la Regina con aria preoccupata.
– Ma avete letto il cahier de doléances che ha redatto ai tempi degli Stati Generali, Madame Oscar? – rispose Maria Antonietta con voce spazientita e fronte corrucciata – Fra quelle proposte, c’era anche l’eliminazione della monarchia! Si tratta, oltretutto, di un uomo corrotto e dissoluto, come lo fu Mirabeau, con l’aggravante che Talleyrand appartiene ai ranghi della Chiesa!
– Un abile politico è meglio di un devoto pasticcione, Maestà – replicò Oscar senza scomporsi e mantenendo il suo tono grave – Avere accanto Talleyrand sarebbe stata una benedizione, senza contare che, adesso, c’è chi sussurra che lo avete allontanato per indebolire la Francia e aiutare l’Austria.
– Se per questo, c’è anche chi ha ripreso a porre la questione di legittimità del Re…. – sospirò Maria Antonietta, con un’inflessione che più niente aveva di aggressivo – Proprio all’indomani dell’allontanamento del Duca d’Orléans dal Consiglio di Reggenza, sono riprese a circolare con insistenza le voci per cui il padre di mio figlio sarebbe il Conte di Artois. Quando si dicono le coincidenze! – e soffocò una mezza risata sarcastica.
– Proprio per questo sarebbe auspicabile avere un alleato come Talleyrand! – insistette Oscar, con voce assertiva, mentre fletteva il busto in avanti.
– La decisione è presa, Madame Oscar – e, con un cenno del capo, la congedò.
 
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– Considero le Vostre proposte sulla costituzione civile del clero e sull’incameramento dei beni della Chiesa molto interessanti, Eccellenza – disse Talleyrand, mentre guardava Robespierre con l’aria soddisfatta di chi è piacevolmente colpito dall’eloquio dell’interlocutore – La Vostra visione del mondo governato da un Essere Supremo, poi, è molto affascinante!
– Non mi aspettavo che un uomo di Chiesa avrebbe gradito le mie proposte – rispose Robespierre, lusingato dall’idea che un Vescovo lo chiamasse “Eccellenza” e che chicchessia apprezzasse i discorsi che faceva, di solito ritenuti troppo lunghi e noiosi.
– Se non altro, esse risanerebbero l’economia francese e impedirebbero il perpetuarsi di atroci ingiustizie – rispose Talleyrand con voce bassa e quasi afflitta – Divenni sacerdote per volontà della mia famiglia e passai la notte antecedente l’ordinazione in un mare di lacrime….
– Sono le devianze di una società corrotta! – gridò, per tutta risposta, Robespierre, con espressione fanatica, battendo un pugno sul tavolo e spalancando gli occhi mentre alcuni tic gli agitavano il viso.
– Senza contare, Eccellenza – proseguì Talleyrand, evitando di mostrare biasimo o stupore per quell’improvviso scatto d’ira – che la Vostra intuizione sull’Essere Supremo spiega molte cose. Un Dio che è bontà infinita e infinita misericordia non tollererebbe le atrocità che, invece, un Essere Supremo, espressione di pura ragione, potrebbe accettare in vista di un fine più elevato.
– Vedo che ci troviamo d’accordo su tutto, Vescovo de Talleyrand! – esclamò Robespierre, in una delle sue rare manifestazioni di entusiasmo e di contentezza, mentre l’interlocutore annuiva sorridente – L’austriaca oscurantista e bigotta e quella donna vestita da soldato che l’asseconda in tutto, però, si opporranno!
– Non crucciateVi, Eccellenza. Eva fu creata al solo scopo di essere una spina nel fianco di Adamo! Scommetto che il poveretto passò il resto dei suoi giorni a rimpiangere la costola!
I due risero a lungo, divertiti.
– Le donne non sono fatte per comandare – disse, dopo qualche istante, Robespierre, ridivenuto improvvisamente serio e corrucciato – Sono troppo umorali e isteriche – e, mentre pronunciava queste parole, gli occhi gli brillavano in modo innaturale e i muscoli del viso erano scossi da numerosi tremiti.
– Proponete all’Assemblea la costituzione civile del clero e la requisizione dei beni della Chiesa, Eccellenza e diffondete in ogni angolo della Francia il culto dell’Essere Supremo. Quando il popolo avrà accolto le Vostre idee – e lo farà sicuramente – la Regina dovrà accettare la cosa e chinare la testa di fronte alla superiorità della Vostra visione.
– L’Essere Supremo non avrebbe mai commesso un simile errore! Con Lui, Adamo avrebbe conservato la sua costola! – disse Robespierre, convinto di avere fatto dell’ottimo spirito.
Talleyrand rise come se si fosse trovato di fronte al più fine umorista di tutti i tempi.
 
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Oscar si stava sistemando i risvolti e gli alamari della divisa mentre usciva dal suo ufficio e il valletto chiudeva dietro di lei le ante della porta. Era pomeriggio inoltrato e, per quel giorno, aveva concluso il suo servizio. André, che si era incontrato con Robespierre di mattina, l’attendeva a casa ed ella non vedeva l’ora di rincontrare lui e i figli.
– Posso rubare qualche minuto del Vostro tempo, Generale?
Oscar sobbalzò, perché non aveva sentito alcuno avvicinarsi. Voltatasi di scatto, vide un’aristocratica figura in abito vescovile che procedeva silenziosamente verso di lei con andatura claudicante e, al tempo stesso, regale.
– Certamente, Eccellenza. Cosa posso fare per Voi? – rispose Oscar, guardando, con aria interrogativa, il Vescovo.
– Dovreste invitare la Regina a essere più diplomatica, Generale. Ieri, mentre si stava discutendo della costituzione civile del clero e della requisizione dei beni della Chiesa, Sua Maestà ha fatto irruzione nei locali ove era adunata l’Assemblea Nazionale e ha inveito violentemente contro Robespierre, dicendo che la madre, in Austria, non avrebbe mai tollerato un simile abominio e che l’autorità spirituale e temporale del Papa non era in discussione.
– Lo so – rispose concisamente Oscar.
– Queste prodezze estemporanee – proseguì Talleyrand – potrebbero paradossalmente fare il gioco della parte avversa e dare forza a una proposta che, finora, ha lasciato tiepidi quasi tutti. La politica è fatta di delicati equilibri, Generale, che, una volta alterati, cedono il passo al caos.
– Eccellenza, la Regina non è un politico.
– Questo lo so, ma una maggiore prudenza sarebbe ugualmente auspicabile in chiunque. Voi avete un forte ascendente sulla Regina. Confido molto in Voi, Generale. Sapete guardare lontano e, allo stesso tempo, governare il presente e Sua Maestà si fida di Voi. Con Voi al suo fianco, la Regina potrà traghettare la Francia fuori dalla palude. Diversamente, sarà travolta e già la stanno accusando di portare avanti una politica filoaustriaca, senza contare che è riemersa la questione di legittimità del Re.
Oscar non rispose, ma si limitò a reclinare il viso e ad abbassare le palpebre.
– Confido in Voi, Generale – ripeté Talleyrand che si allontanò, subito dopo, con passo leggero e silenzioso.
 
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In una fredda sera di aprile dell’anno 1793, Oscar e André stavano seduti davanti al camino, a conversare del più e del meno. Le fiamme crepitanti proiettavano i loro bagliori sulle coppe di cristallo, rendendo rossastro il colore già ambrato del cognac.
– Come c’era da aspettarsi, la guerra ha preso una piega infelice – disse Oscar, con voce mesta, mentre faceva roteare il suo cognac – E come sarebbe potuto andare diversamente? Gli austriaci, grazie a quel contingente militare che è stato qui per anni, sanno tutto di noi.
Dopo la vittoria di Valmy e di Lille, la guerra, per la Francia, aveva imboccato un sentiero scosceso e, all’Austria e alla Prussia, si erano alleate la Spagna e il Regno di Sardegna. Queste potenze, tutte insieme, stavano sferrando le loro offensive dal Belgio, dal Reno, dai Pirenei e dalle Alpi.
– Non ti crucciare, Oscar – le sussurrò André, con voce calda e affettuosa, mentre le carezzava una gota – Non è detta l’ultima parola e ancora tutto può succedere.
– E’ vero, ma è quello che sta succedendo adesso che mi preoccupa. Sul piano interno, poi, Robespierre ha formulato proposte assurde. Io non lo capisco più, con quel farneticare intorno all’Essere Supremo…. E, come se non bastasse, corrono insistenti le voci sull’illegittimità del Re. La Regina mi ha confidato che, all’indomani dell’allontanamento del Duca d’Orleans dal Consiglio di Reggenza, queste falsità sono riemerse.
– Lo so…. – mormorò André, attorcigliandosi una bionda ciocca di capelli della moglie intorno all’indice destro – Guarda le fiamme! Scherzano sulla tua capigliatura dorata!
– La Regina mi ha detto che una banda di Nevers, già sospettata dell’omicidio di Re Luigi XVI e del tentato assassinio di Re Luigi XVII nel giorno dell’incoronazione, è in gran fermento. Mio padre, che, come sai, è Signore di alcune terre a Nevers, ha confermato. Da questa gentaglia, c’è da aspettarsi di tutto….
– A Nevers, se non erro, dovrebbe abitare una zia di Alain – disse André, con aria scherzosa – La sorella della madre, per la precisione, che, se ben ricordo, è munita di un dolce caratterino! Potremmo sguinzagliargliela contro! La povera banda non avrebbe scampo!
– Ma la smetti di prendere tutto a ridere! – sbottò Oscar, allontanando, con il braccio, la mano di André e tornando padrona indiscussa dei suoi capelli – Dimmi cosa c’è da ridere! No, su, dimmelo!
– Volevo soltanto tirarti su di morale, Oscar – rispose André, tornato di nuovo serio – La situazione è quella che è e noi possiamo soltanto prendere la vita con saggezza, senza abbandonarci alla disperazione e analizzando con freddezza tutte le possibilità che ci si offrono.
Oscar parve rabbonirsi un poco anche se il volto di lei era tutt’altro che disteso.
– Scusa…. – bofonchiò e, poi, si asserragliò nel mutismo.
– Pensa, poi – aggiunse, dopo qualche istante, André per rompere il silenzio – che non sei l’unica ad avere problemi. La povera Geneviève de Compiègne è prigioniera in casa sua, sta passando le pene dell’inferno e ancora si ostina ad amare quel suo marito….
– E’ gravida, vero? – domandò Oscar.
– Sì, dopo circa due anni di matrimonio, è in attesa…. Non so quanto dolce, ma è in attesa. Me lo ha scritto la Marchesa d’Amiens, lamentandosi di essere venuta a conoscenza della gravidanza della figlia dalle chiacchiere dei servitori anziché dalla famiglia de Compiègne. Che tengano segregata quella poveretta, del resto, ce ne siamo accorti tutti.
– Che situazione! – sospirò Oscar, bevendo una sorso del suo cognac.
– Che ne pensi di Talleyrand? – gli domandò, poi, cambiando bruscamente argomento.
– Non l’ho inquadrato bene e non so se fidarmi o meno di lui – rispose, perplesso, André – Di una cosa, però, sono sicuro. Evita accuratamente di prendere posizioni nette e dice a ognuno quel che vuole sentirsi dire.
– Già…. – grugnì Oscar, bevendo un altro sorso di cognac.
 
*********
 
André stava attraversando la terrazza della reggia, deciso a lasciarsi alle spalle una mattinata pesante, trascorsa in compagnia di Robespierre che era stato a un passo dal condurlo all’esasperazione. Sopportava tutto per la stabilità della Francia, per Oscar e per la sua giovane famiglia, ma, quando ripensava a ciò che quasi quotidianamente udiva dal Ministro, che, col progredire dei mesi, mescolava un fanatismo sempre più acceso a un crescente delirio di onnipotenza, le forze gli venivano meno.
Imboccata la scalinata, si vide sbucare di fronte, con tutta la velocità consentitale dalla zoppia e dal suo stato di donna gravida, Geneviève de Compiègne che, a maggio del 1793, dopo quasi due anni di matrimonio, stava per mettere al mondo il suo primo figlio. Visto André in cima alla terrazza, la Contessa si era affrettata a raggiungerlo, seminando, con la forza della disperazione, la suocera che si era intrattenuta a parlare con una dama.
– Madame de Compiègne! Madame de Compiègne! – urlava la Contessa Bérénice Eulalie che mai perdeva di vista la nuora, neanche fosse stata il più accanito dei carcerieri.
– Conte di Lille, Vi prego – bisbigliò Geneviève de Compiègne, col fiatone e l’aria furtiva, mentre, con la coda dell’occhio, controllava che la suocera fosse lontana e non potesse udirla – Avvisate mia madre a Lille e mia zia, la Marchesa d’Auteuil, a Parigi…. Dite loro di venire…. Mi impediscono di uscire, di scrivere, di scegliermi una levatrice di mio gradimento…. Temo per la vita di mio figlio e per la mia….
– Madame de Compiègne! Madame de Compiègne! – continuava a urlare la suocera.
– Avete compreso? – domandò la donna ad André.
– Si, Vostra madre a Lille e Vostra zia a Parigi!
– Madame de Compiègne! Madame de Compiègne!
Geneviève si allontanò da André che fece finta di nulla mentre la suocera, forte delle sue gambe perfette e del non essere incinta, la raggiunse, malgrado l’età, in pochi istanti.
– Vi ho detto mille volte di non allontanarvi da me! Soprattutto adesso che, dopo tanto tempo, vi siete finalmente decisa a darmi un nipote! Ve lo volete mettere in testa?!
– Sì, Madame la Comtesse.
– Cosa dicevate al Conte di Lille?
– Nulla, Madame la Comtesse, mi stavo soltanto scusando perché, salendo, gli ho involontariamente pestato un piede.
– Oh, ma siete un sacco di patate senza speranza! Conte di Lille, perdonatela! Si muove come una poissarde e dice cose senza senso!
André rispose alla signora con un cenno del capo e un inchino frettoloso e, subito, corse via per non doverci parlare.
Immessosi in un viale ghiaioso, prese a camminare rapidamente, quando udì una voce cortese il cui suono non era accompagnato da quello di altri movimenti che rivelassero la presenza di qualcuno.
– Quella povera donna è da compatire. Ho già avuto modo di parlarci ed è completamente inerme di fronte al suo ingrato destino.
– Eccellenza! – biascicò André nel rivolgersi a Talleyrand – Perdonate, pensavo di essere solo… Non mi aspettavo di trovarVi qui….
– Vi siete sobbarcato un incarico ingrato e delicato, Conte di Lille. Stare tutti i giorni insieme a Robespierre, tentando di mitigarne il fanatismo, non è un fardello alla portata di tutti, ma Voi lo sopportate alla perfezione.
– Lo faccio per la Francia e per la mia famiglia, Eccellenza.
– E fate bene. Voi e Vostra moglie siete una risorsa per la Francia e una speranza per il futuro di tutti noi.
Detto ciò, si accomiatò da lui con un lieve cenno del capo mentre André gli rispondeva con un inchino. Non riusciva a fidarsi pienamente del Vescovo e parlare con lui lo faceva sentire inquieto e dubbioso, come se ci fosse sempre un tassello della conversazione a sfuggirgli.
 
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– Quello che dite è estremamente interessante, Duca d’Orléans – affermò Talleyrand, con aria placidamente interessata – La Vostra teoria sulla paternità illegittima di Re Luigi XVII è assolutamente suggestiva, ma, purtroppo, è anche avvolta nelle nebbie dell’incertezza ed è quasi impossibile da provare.
– Suvvia, Eccellenza – rispose il Duca d’Orléans – Tanto pessimismo non si addice a un uomo come Voi, dalla spiccata levatura intellettuale e dalle mille risorse!
– Non si tratta di pessimismo, ma di realismo – ribatté il Vescovo – Bisognerebbe reperire prove inoppugnabili…. lettere…. testimonianze dirette…. e, anche così, rimarrebbe, pur sempre, un ampio margine di dubbio. Quando il sospettato di nascita illegittima è un Re, poi, tutto si complica….
– Ma è qui che entro in scena io – si inserì il Conte di Compiègne – Troverò io quelle prove.
– Il Conte di Compiègne è un vero segugio – esclamò il Duca d’Orléans – E’ un uomo scaltro e privo di tentennamenti. Ho già avuto modo, in passato, di avvalermene e sono rimasto molto soddisfatto.
– Devo ricordare a Vostra Signoria – disse Talleyrand, rivolgendosi, con tono blandamente provocatorio, al Conte di Compiègne – che, dopo l’interruzione dei rapporti con Vostro cugino, per motivi tanto gravi quanto misteriosi, i Vostri agganci a corte si sono drasticamente ridotti?
– Non sottovalutate le mie risorse, Eccellenza – disse, con baldanza, il Conte di Compiègne al Vescovo zoppo che lo guardava con bonaria perplessità – Adesso, però, scusatemi entrambi, ma devo andare, perché mia moglie sta per partorire.
– Non fatela attendere, Conte – fece eco Talleyrand – Mai sottovalutare il risentimento di una donna gelosa e oppressiva!
– Del risentimento di mia moglie poco me ne importa…. Voglio soltanto che, dopo tanti sacrifici da parte mia, mi partorisca un figlio maschio sano. Questo me lo deve, visti il tempo e le attenzioni che le ho dedicato!
– Siete molto saggio, Conte di Compiègne – lo blandì il Vescovo – Di ogni situazione, sapete cogliere l’essenziale.
 
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– Vi ordino di togliervi di mezzo e di farmi entrare! – ingiunse, con voce squillante e isterica, la Marchesa d’Amiens al valletto che le sbarrava la via d’accesso all’appartamento del Conte di Compiègne.
Dietro di lei, la sorella, la Marchesa d’Auteuil, serbava un contegno di gran lunga più composto, pur essendo anch’ella visibilmente preoccupata.
– Madame, non sono autorizzato a farVi entrare – le disse, per tutta risposta, il sussiegoso valletto dalla voce strascicata.
– Me ne infischio delle autorizzazioni che avete ricevuto, io voglio vedere mia figlia!
Neanche aveva finito di parlare che, con una forte spinta, scaraventò il valletto di lato, entrando, subito dopo, nella casa con la sorella al seguito.
Attirata da quel concitato vociare, la Contessa madre di Compiègne spuntò nell’ingresso e, con aria visibilmente seccata, apostrofò la consuocera:
– Si può sapere cosa ci fate qui? Nessuno Vi ha invitata!
– Voglio vedere mia figlia che sta per partorire, ecco cosa ci faccio!
– La Vostra presenza è superflua, fate confusione, Vi invito a lasciare questa casa!
– La mia presenza è superflua, però, col mio denaro, vivete tutti! – replicò la Marchesa d’Amiens che, ormai, sembrava una furia.
– Ma come osate! – ringhiò la Contessa madre di Compiègne, palesemente punta sul vivo.
– Fatemi passare o vi farò ruzzolare giù dalle scale! – inveì la Marchesa d’Amiens, la cui mente era, ormai, totalmente obnubilata dalla collera.
– Théodora! – esclamò la sorella.
– Prendi le difese di questa donna, Clarisse?
– No, ma non farti sopraffare dalla collera!
Mentre le due sorelle erano impegnate in questo botta e risposta e la poco ospitale Contessa le guardava in cagnesco, si udì, in lontananza, un urlo di dolore.
– In travaglio…. – mormorò la Marchesa d’Amiens – Mia figlia è già in travaglio e nessuno mi ha avvertita…. Se non fosse stato per il Conte di Lille….
Quell’intrigante! – pensò la Contessa madre di Compiègne.
La Marchesa d’Amiens si precipitò nella direzione dalla quale era provenuto il gemito, seguita dalle altre due donne. Spalancata la porta di una stanza dalla quale fuoriuscivano due voci femminili, si trovò di fronte la figlia distesa su un letto e una donna, a fianco, che l’assisteva.
– Geneviève!
– Madre! Aaaaaaaahhhhhh!
– Voi siete la levatrice? – domandò, subito dopo, alla popolana che armeggiava sul corpo della figlia – Ma lo strumento che state usando è arrugginito…. E voi siete…. sporca e trasandata!!
– E certo! Perché non ho le terre stese al sole come voi! – rispose l’altra, con voce piccata e una marcata inflessione dialettale.
– Fatemi vedere i vostri strumenti! – sbottò la Marchesa mentre la sorella, pur mantenendo la calma, scrutava la levatrice con aria severa.
L’altra, allora, agguantò d’istinto la borsa e se la strinse al seno. La Marchesa gliel’afferrò con foga e l’aprì.
– I vostri strumenti sono tutti arrugginiti e consunti…. e, con la vostra sporcizia, rischiate d’infettare mia figlia…. Siete una ciarlatana! Anzi, no, peggio, siete una beccaia!
– Ma come osate insultare anni e anni di onorato mestiere! Non ve lo permetto anche se voi siete nobile e io no!
– Non ho bisogno del vostro permesso!! – urlò la Marchesa, tirando un ceffone alla levatrice.
La partoriente, intanto, continuava a gemere e la frequenza della doglie era sempre più ravvicinata.
– Vado a chiamare Madame Laurent che fece partorire mia figlia Gabrielle – disse la Marchesa d’Auteuil che, in tutta quella concitazione, era stata l’unica a conservare calma e buon senso – E’ molto brava e, per fortuna, vive vicinissima al quartiere Marais. Con la speranza di trovarla a casa…. E a Voi – aggiunse, subito dopo, rivolta alla Contessa madre di Compiègne – converrà farmi rientrare quando sarò tornata con la levatrice o mi ripresenterò con la forza pubblica!
Pronunciate queste parole, la Marchesa d’Auteuil uscì rapidamente dall’appartamento del Conte di Compiègne.
Passò circa mezz’ora, durante la quale la Marchesa d’Amiens, vedendo che la testa del bambino era ancora dentro e che il parto non era imminente, impedì alla levatrice di accostarsi alla figlia e intrattenne un serrato e caustico botta e risposta con la consuocera.
Trascorsa quella concitata mezz’ora, la Marchesa d’Auteuil tornò, portandosi dietro Madame Laurent che, per fortuna, si trovava a casa sua e la levatrice sporca fu mandata via con disonore.
Il parto non fu semplice, perché il bambino si presentò in posizione podalica e la madre stava esaurendo le forze. Madame Laurent, però, con la sua abilità, riuscì a salvare entrambi, scongiurando una tragedia che l’età non più verde della madre, la posizione del feto e l’inadeguata assistenza iniziale avrebbero, altrimenti, reso inevitabile.
Dopo avere pulito il bambino, che era maschio, avergli fasciato il mozzicone del cordone ombelicale e averlo vestito, la levatrice lo consegnò alla madre. Era un bambino lungo, magro e molto somigliante ai Marchesi d’Amiens.
Terminata la sua attività, Madame Laurent, approfittando di un momentaneo allontanamento della Contessa madre di Compiègne, si accostò alle due Marchese e disse:
– Signore, è una fortuna che mi abbiate chiamata. La Signora Contessa è una primipara di trentadue anni e il bambino si è presentato in posizione podalica, ma questo è il meno. Il punto è che Madame Champs ha una pessima reputazione! Oltre a essere sporca e a usare strumenti inadeguati, come Voi stesse avete potuto constatare, è un’assoluta incapace e, in un paio di occasioni, ci fu il sospetto che avesse fatto morire di proposito la puerpera in cambio di denaro. Del resto, se non si riesce a guadagnare con la propria abilità professionale, in qualche modo, bisognerà pure compensare….
– Madame Laurent, Vi ringrazio molto – disse la Marchesa d’Auteuil mentre la sorella ansimava in preda all’agitazione – Diteci quanto Vi dobbiamo.
Proprio in quel momento, la porta si aprì e il Conte di Compiègne entrò nella stanza.
– Oh, finalmente il signor marito ci ha degnate della sua presenza! – sbottò la Marchesa d’Amiens mentre la Marchesa d’Auteuil cercava di calmarla mettendo una mano su quella di lei.
– Non vi permetto di mancare di rispetto a mio figlio! – ringhiò la Contessa Bérénice Eulalie che si sentiva la depositaria assoluta delle critiche da rivolgere al Conte di Compiègne.
Nel frattempo, il Conte si era avvicinato al neonato e, avendolo trovato molto simile alla madre, non represse una smorfia di disgusto. La moglie se ne accorse ed ebbe una fitta al cuore.
– No, sono io a non permettervi! – sbraitò la Marchesa d’Amiens – Avete procurato a mia figlia una levatrice incapace, sporca, dalla pessima reputazione e munita di strumenti arrugginiti e consunti!
– I bambini nascono anche se le levatrici non si lavano e usano strumenti arrugginiti, suvvia! – disse il Conte di Compiègne con totale noncuranza – State suscitando un dramma dal nulla! Non serve Ippocrate per tirarli fuori da lì!
– Una corretta igiene serve molto alla puerpera, invece – ribatté, con vigore, la Marchesa d’Auteuil mentre la Marchesa d’Amiens era sul punto di strozzare il genero – Mani laide e strumenti sporchi e arrugginiti possono causare infezioni e febbri puerperali, senza contare le lesioni che una levatrice incapace può procurare alla madre!
– Adesso basta! – urlò la Marchesa d’Amiens che si era spinta oltre tutti i limiti della sua sopportazione – Prendo mia figlia e mio nipote e me li porto a Lille! Avete finito di spadroneggiare con i miei soldi!
– Voi non andrete da nessuna parte! – replicò immediatamente la Contessa madre di Compiègne, con voce calma e velenosa – O mio figlio denuncerà vostra figlia per abbandono del tetto coniugale! La farà rinchiudere in un convento, non le consentirà di vedere il bambino e le sequestrerà la dote!
– Voi non potete trattenere mia figlia in questa prigione contro la sua volontà!
– Oh, sì che posso, eccome se posso! Voi e vostra sorella, invece, non siete più le bene accette. Andatevene via!
– Voi non potete! Io…. Io….
– Andiamocene, Théodora – disse la Marchesa d’Auteuil alla sorella, afferrandola per un braccio e, rivolta alla Contessa madre di Compiègne, aggiunse – Non finisce qui!
 
********
 
Seduta su un divano del suo studio a Versailles, Maria Antonietta guardava incredula Oscar e André, con l’animo scosso dallo sdegno.
– La storia che mi avete raccontato è, a dir poco, raccapricciante! Quella donna meriterebbe la Bastiglia!
– E il figlio non è da meno – precisò Oscar, con la sua solita concisione – E’ un opportunista e un infingardo come pochi.
– La storia, purtroppo, è vera – aggiunse André – La Marchesa d’Amiens e la sorella hanno raccontato tutto con dovizia di particolari e hanno riportato per filo e per segno le parole di Madame Luarent.
– Sconsiglio alla Contessa di Compiègne di separarsi – disse Maria Antonietta con voce grave – Sarebbe necessario reperire i testimoni e le prove e, quand’anche la Contessa dimostrasse di avere ragione, in casi come questi, è sempre la donna ad avere la peggio…. Pensate a quello che è successo a Bathilde d’Orléans….
– Già! – esclamarono, all’unisono, Oscar e André.
– Oltretutto, la separazione richiede tempi lunghi mentre la Contessa di Compiègne ha bisogno di soccorso spirituale e materiale adesso e non quando sarà troppo tardi.
Oscar e André corrucciarono i volti e guardarono la Regina con aria rabbuiata.
– Ho trovato! – esclamò Maria Antonietta, con voce fattasi, improvvisamente, allegra e vivace – La Contessa Geneviève de Compiègne diventerà mia dama di compagnia e, quando si sarà interamente ristabilita dalle conseguenze del parto, lei e il bambino si trasferiranno a Versailles. Da oggi stesso, la Principessa di Lamballe e la Marchesa de Tourzel andranno ad abitare a casa di lei per istruirla sui compiti che l’attendono. E’ un mio ordine espresso!







Già dal capitolo precedente, è entrato in scena un nuovo personaggio, realmente esistito e molto controverso. Si tratta di Talleyrand, uno dei più abili politici di tutti i tempi. Inizialmente, era Vescovo, ma, poi, con la rivoluzione, si spretò e si sposò, salvo ribadire di essere un Vescovo in punto di morte, a restaurazione avvenuta. Nella mia storia, gli eventi hanno preso una piega diversa e Talleyrand è ancora un Vescovo.
Bathilde d’Orléans era la sorella del Duca d’Orléans che si separò dal marito per colpa di lui e che, in conseguenza della separazione, subì l’ostracismo di tutta l’alta società.
Come sempre, buona lettura a tutti!
   
 
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