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Autore: NPC_Stories    30/10/2019    1 recensioni
Collezione di oneshot fantasy a tema "fairy", come indicato nella lista di Inktober che io e la mia affezionata illustratrice Erika abbiamo scelto (no, non Erika la webmaster, un'altra Erika). Io scrivo, lei disegna... speriamo di tenere il passo!
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Alcune di queste storie saranno ambientate nel nostro mondo, alcune altre nell'ambientazione del fandom in cui sono più attiva, Forgotten Realms, e altre ancora saranno ambientate in mondi di mia creazione o di fantasy generico, o parodistico.
Alcune di queste storie vi faranno ridere (spero), altre vi faranno piangere (mh, forse sto esagerando), ma in ogni caso mi auguro che tutte vi piacciano.
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Che la vostra vita possa essere piena di momenti di piccola meraviglia!
Genere: Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Forgotten stories of the Forgotten Realms'
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30. Cruel


Sotto-genere: avventura
Ambientazione: Forgotten Realms
Nota: seguito di 10. Earrings


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1320 DR, regione del Lago dei Vapori

Il mondo era un posto crudele, ma una principessa non poteva saperlo.
Lady Lurene era convinta che la vita fosse stata ingiusta con lei: dover sposare un uomo che era almeno quarant'anni più vecchio non era un destino invidiabile. Fino a poco tempo prima si sarebbe semplicemente piegata alla volontà del re suo padre, ma di recente una fanciulla elfa le aveva parlato del valore della libertà, e le aveva messo la pulce nell'orecchio.
'Siete sprecata in un matrimonio combinato', aveva detto l'elfa, e all'epoca quelle parole per Lurene non avevano senso. Era la principessa di Ankhapur, aveva dei doveri, la sua vita non apparteneva solo a lei.
Ma era forse giusto?
Fino a quel momento la ragazza non si era mai chiesta che cosa volesse veramente, non si era domandata se quel matrimonio le andasse bene oppure no.
E no, maledizione, non le andava bene.

Avrebbe dovuto viaggiare con il suo seguito fino al piccolo regno del suo futuro marito. Lì si sarebbero sposati, per il mutuo a vantaggio dei loro Paesi. Si trattava soltanto di attraversare in nave il Lago dei Vapori, ma per un'adolescente che non era mai uscita dalla propria dimora - e che non aveva il permesso di viaggiare da sola - era come andare dall'altra parte del Faerûn.
Il giorno della partenza salutò suo padre con grande solennità, ma dentro di sé si ripromise di scappare molto prima di giungere a destinazione.
Lurene non sapeva niente della vita, né del mondo. Non conosceva la natura, i pericoli della notte, i segreti del Lago dei Vapori, le maree, la fame… non conosceva nulla di nulla.
Per questo, quando rubò una scialuppa e si calò in acqua una notte, non sapeva quanto sarebbe stato pericoloso. Ma per cominciare da un problema più semplice, non sapeva nemmeno come si facesse a remare. La sua scialuppa girò in tondo per un po’, mentre la ricca nave su cui aveva viaggiato fino a poco prima scivolava lontano e lontano, nel buio.
Senza più quel punto di riferimento, in piena notte, in mezzo a un lago sulfureo, la principessa si accorse subito che aveva perso ogni punto di riferimento.
Da quale parte doveva andare? Non aveva in mente una meta, voleva solo raggiungere la terraferma e scappare a piedi. Ma in quale direzione era la costa più vicina?

Oh, al diavolo, il Lago dei Vapori non è molto grande! Ho visto le mappe! S’incaponì lei, afferrando i remi con vigore. Una direzione qualsiasi andrà bene.
Respirare i fumi sulfurei del lago così da vicino non era esattamente sano. La ragazza tossí mentre cercava di remare, sperando che il rumore che stava facendo non attirasse l'attenzione di qualcuno sulla nave. Aveva corrotto solo uno dei mozzi, non tutto l'equipaggio.
Lo sforzo di muovere i remi in acqua le faceva venire il fiatone, costringendola a respirare a bocca aperta e a inalare ancora più vapori. Presto cominciò a girarle la testa, e non si accorse che si stava girando anche la barca.
Una luce brillava sulla superficie giallognola del lago, che nel buio della notte sembrava nera come l'ebano. Lurene credette che fosse il riflesso della luna e non ci diede molto peso. Quella luce però era più gialla della luna, e cosa ancora più strana, si muoveva.
Verso di lei.
Lurene aveva la mente offuscata dai vapori e non si rese conto della grossa barca che si stava avvicinando silenziosa alla sua scialuppa. Quando però un rampino si agganciò al bordo della sua bagnarola, andò quasi nel panico e afferrò l'oggetto con entrambe le mani, cercando di sganciarlo dal legno. Il metallo era freddo sotto le sue dita, già rovinate dal goffo tentativo di usare i remi. Non riuscì a fare forza. La corda che era legata al rampino si tese, e qualcosa cominciò a tirare la sua barchetta.
La scialuppa si mosse in avanti dolcemente, ma Lurene non se l'aspettava e perse l'equilibrio, cadendo lunga distesa sul fondo di legno. Per poco non sbatté la testa contro il sedile.

C’era una nebbia spettrale che aleggiava intorno alla barca più grossa. Non era una nebbia così fitta da impedire la vista, ma lo era abbastanza da mettere i brividi. Mentre veniva trascinata verso la strana nave, che non era quella su cui suo padre l'aveva imbarcata, Lurene capì che la strana luce che aveva visto era una lanterna appesa alla prua. Quella luminosità giallognola rischiarava un po’ la parte anteriore della nave, abbastanza perché lei riuscisse a leggerne il nome: L’Oeblese Dolente.
Lurene avrebbe dovuto sposare un piccolo re di uno dei tanti minuscoli reami dei Regni di Confine, un guazzabuglio di staterelli che sorgevano (e spesso tramontavano in fretta) in quella striscia di terreno fertile fra la sponda meridionale del Lago dei Vapori e le pianure dello Shaar. Quindi aveva studiato, almeno un minimo, le città principali della regione.
Oeble era un luogo poco raccomandabile. Una città di briganti, ladri, rapitori, pirati, contrabbandieri, schiavisti… e anche peggio.
Quando fu abbastanza vicina, qualcuno lanciò una scala di corda giù dalla fiancata della nave. Lurene non aveva la minima intenzione di salire. Stava seriamente pensando di buttarsi in acqua.
Mentre cercava di trovare il coraggio per tuffarsi, un tizio smilzo si sporse oltre il parapetto della nave, afferrò la scala di corda e si lanciò oltre, con l’agilità di un gatto. Scese lungo la scala senza alcuna difficoltà, e quando mise un piede sulla scialuppa di Lurene lei si tirò indietro facendo oscillare pericolosamente la piccola imbarcazione.
Il tizio saltò sulla scialuppa e riuscì a mantenere l’equilibrio nonostante tutto. Non era umano. Sembrava un mezzelfo, ma le sue orecchie erano strane, e nella luce gialla della lanterna la sua pelle sembrava verde.
“Signorina, se non smettete di far oscillare la barca cadrete in acqua e diventerete un bocconcino per qualche testuggine dragona” l’avvertì lui. Il suo modo di parlare era diretto e sbrigativo, ma non scortese. Nonostante il suo aspetto insolito, non era brutto. Magari era davvero un mezzelfo?
Qualcun altro si sporse da sopra l’Oeblese Dolente.
“O’ moccioso! Allora? L’è ‘na pirata?”
A gridare era stata una donna bionda, con la pelle così chiara che nemmeno il buio della notte avrebbe potuto nasconderla.
“Ti pare una pirata? A me sembra una…” il presunto mezzelfo corrugò la fronte. “Mah… non ne ho nessuna fottutissima idea.”
“L’è ‘na piccina, mi pare” continuò la donna, appoggiandosi con i gomiti sul basso parapetto. “Ma ch’è, ‘na scappata di casa? Vedi mica che magari l’avevano rapita. Chesta non sa manco remare. N’ c’ha manco ‘no zaino. Ma ‘ndo vai, piccina?”
Lurene arrossì, un po’ per l’imbarazzo e un po’ per la rabbia.
“Non vi devo alcuna spiegazione. Se dovete prendermi prigioniera, fatelo e basta.” Incrociò le braccia davanti al petto, ombrandosi.
Il marinaio che era sceso dalla scaletta per raggiungere la sua barca spostò lo sguardo dalla sua compagna di ciurma a Lurene, perplesso. Poi notò il nome della nave, dipinto in lettere color sangue, e l’aspetto in generale un po’ spettrale dell’Oeblese Dolente.
“Ah, capisco. No, signorina, c’è un malinteso. Siamo cacciatori di pirati.”
Lurene si sentì tremare dal sollievo. Forse erano comunque persone poco raccomandabili, cacciatori di taglie o qualcosa del genere, ma non l’averebbero imprigionata o schiavizzata. Al massimo avrebbero chiesto un riscatto a suo padre.
“Eh, piccina, l’è ‘n mondo crudele.” Riprese la donna bionda, che aveva un forte accento di qualche luogo esotico. “Ti andava male se ti trovavano i mostri marini. O i pirati. Che ‘l nostro capitano li conosce bene i pirati, né, testa pelata?” Gridò, voltandosi verso qualcuno che stava sulla nave, fuori dalla visuale della principessa.
Nessuna risposta, solo un grugnito stanco.
Lo smilzo le indicò la scala di corda. “Se volete salire, signorina, io terrò ferma la scala perché non oscilli.”
La fanciulla arrossì di nuovo, perché si vergognava della sua inettitudine davanti ai più semplici ostacoli. Afferrò la corda e cominciò a salire.
“Quando arrivate su, non spaventatevi per il capitano” l’avvertì il tizio che forse era un mezzelfo. Sentendo che il marinaio le stava parlando, lei arrossì convinta che le stesse sbirciando sotto la gonna. Guardò in basso, con aria inviperita, ma lui stava pudicamente guardando in basso. “Ha un aspetto disumano, ma non è malvagio.”
Lurene finì faticosamente di scalare la corda, e la donna bionda l’aiutò a salire per bene sulla nave.
L’uomo al timone era una specie di gigante, con la pelle grigiastra, la testa calva coronata da grosse corna da diavolo.
La principessa era stata avvertita di non spaventarsi, ma non era una cosa su cui avesse controllo. Il sangue le scese fino ai piedi, impallidì, roteò gli occhi all’indietro e svenne.
“E ce l’avevi pure detto, a ‘sta marmocchia, de no’ spaventasse” rise la cacciatrice di pirati, aiutando anche il suo compagno a tornare su.
Il mezzelfo acquatico rifiutò la sua mano tesa in aiuto, con un certo sdegno, e tornò sul ponte della nave con un’acrobazia aggraziata.
“E che fa, Betz, è andata così” commentò, stringedosi nelle spalle. “Te la sei presa, capitano?”
L’uomo al timone grugnì di nuovo. Non gli importava un gran che. Aveva visto cose peggiori di una ragazzina terrorizzata dal suo aspetto.

   
 
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