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Autore: Myriru    01/11/2019    5 recensioni
“Sono stata al fianco del signor Oscar lungo tutta la durata della sua malattia, sono stata l’unica persona di cui si è fidata e l’unica alla quale ha confidato i suoi segreti e le sue paure.
Posso dire di essere una delle poche persone che la conosce davvero, e mi ritengo molto fortunata.
Il mio nome è… Celine Gautier”
Genere: Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: André Grandier, Marron Glacé, Nuovo Personaggio, Oscar François de Jarjayes
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: nessuno
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«Mi sono addormentato mentre stavi leggendo… mi dispiace »
André si passò una mano sul viso e la guardò dispiaciuto. Celine scosse il capo e gli sorrise dolcemente.
«Non ti devi preoccupare, sei tornato a casa per riposarti non per ascoltarmi leggere. Sembravi sereno e non ho voluto disturbarti»
L’uomo le sorrise e si alzò, dandole per un istante le spalle, poi si girò verso di lei e le accarezzò il viso. Celine sorrise timidamente e le sue gote si velarono di un rosa tenue. André chinò un po’ il capo e la scrutò attentamente, senza abbandonare la dolcezza del suo sguardo.
«Va tutto bene? »
Celine schiuse le labbra e lo guardò in viso per alcuni istanti, senza dire una parola.
“No André, non va bene. Non va per niente bene! Tutto sembra andare storto!”
La ragazza annuì lentamente accennando un debole sorriso e distolse lo sguardo verso una delle finestre delle camere di Oscar. André si girò e guardò nella stessa direzione. Credette di trovarla lì a fissarli e invece dietro il vetro delle finestre c’erano solo le lunghe e pesanti tende bianche che impedivano la visuale.
 
Quella notte aveva dormito male e aveva sofferto il freddo come mai prima. All’inizio di era detta che tutto quel freddo era dovuto all’assenza di André e ci rise su, un po’ per sdrammatizzare, ma subito era tornata a sentire quel gelo penetrarle fin dentro le ossa con più violenza.
I pensieri, poi, non avevano conciliato il sonno e avevano tenuto sveglia la sua mente. Aveva pensato ad André e bacio che gli aveva dato.
“Bacio poi… che esagerazione! Gli ho appena sfiorato le labbra…”
Aveva pensato ad Oscar e alla sua malattia, a come poterla aiutare e a come poter superare quell’ostacolo enorme. Il medico non si era mostrato neppure ottimista.
Appena il sole iniziò a sorgere si alzò dal letto e si sciacquò il viso con l’acqua fredda, cercando di eliminare i primi accenni di sonno e di stanchezza.
Sperava che nessuno notasse il suo viso stanco, alla fine erano due notti che non riposava bene e comoda. Fece un sospiro e si preparò per la giornata lavorativa, ignorando gli sguardi indagatori delle sue colleghe.
“Che vadano al diavolo! Oggi non tollero davvero nessuno…”
Salì rapidamente le scale alzando appena la gonna per non inciampare. Sentiva la testa esplodere, non ce la faceva più. Prima di aprire la porta portò la mano alla fronte e fece un lungo sospiro, cercando di calmare quel mal di testa martellante.
“Calmati Celine, calmati… passerà. Ora pensa ad occuparti di Oscar, lei ha qualcosa di più grave rispetto al tuo mal di testa”
Abbassò piano la maniglia della porta ed entrò, silenziosa, nella stanza illuminata. Oscar aveva già aperto le tende e si stava vestendo. Il viso sembrava più colorato rispetto alla sera precedente, al contrario della tosse che era diventata mostruosa. La divisa blu scuro era poggiata sullo schienale della sedia e la luce giocava con le medaglie e i gradi che decoravano il lato sinistro della giacca. Sorrise, doveva essere un ottimo soldato.
«Buongiorno »
«Buongiorno Celine »
«Riposato bene? »
«Sì, rispetto alla notte scorsa ho dormito meglio ti ringrazio »
Celine l’aiutò ad indossare la giacca e appena la donna si sedette iniziò a tossire maledettamente tanto che le mancò il respiro. La mora corse ad aprire la finestra più vicina  e un vento gelido raffreddò subito la stanza. Oscar respirò a fondo, cercando aria e sembrò riprendersi poco a poco.
«Oscar…? »
«Sto bene… sto bene… »
Celine si avvicinò a lei e Oscar si aggrappò alla sua vita, tremante, in silenzio e lei aspettò che si calmasse.
 
«E così te ne vai… quando tornerai? »
«Credo il prossimo mese, dipende da Oscar »
Celine sorrise e alzò lo sguardo verso il viso di André tenendo le braccia incrociate sul petto, cercando di riscaldarsi. André era qualche gradino più basso di lei e l’aria fredda del mattino gelava i loro visi scoperti.
«E’ meglio se entri, stai tremando come una foglia. Non voglio che ti ammali »
«Non preoccuparti per me, sto bene »
«Sei davvero testarda, sai? »
I due risero e André salì uno scalino, avvicinandosi a lei. Celine sorrise timidamente e strinse le spalle.
«Posso abbracciarti? »
Celine sgranò gli occhi e rimase immobile per alcuni istanti, stupita dalla sua richiesta. André sorrise timidamente e portò la mano sulla nuca, un po’ imbarazzato. Celine allargò le braccia e gli sorrise dolcemente, accennando anche una debole risata.
«Vieni qui! »
Si abbracciarono dolcemente, Celine strinse le braccia al collo e sentì il suo corpo aderire a quello di lui. La sua presa era forte e si sentì riscaldata dal calore che emanava. Non voleva lasciarlo andare, non voleva restare da sola a palazzo.
Voleva stringerlo a sé, sentire il calore del suo abbraccio e la dolcezza della sua voce.
«Verrai a trovarmi qualche volta in caserma? »
Chiese lui a bassa voce accarezzandole il capo.
«Se tu mi vorrai sì! »
«Sei davvero una cara amica Celine… »
“Come vorrei essere più di una amica per te! Ma va bene così… sono felice anche così! Mi accontento dei tuoi sorrisi, mi accontento della tua gentilezza, mi accontento della tua amicizia!”
Celine poggiò la guancia sulla sua spalla e si morse il labbro inferiore. Rimasero stretti ancora per alcuni istanti, la ragazza lo lasciò andare con malavoglia e strinse la mano con la sua.
«Ci vediamo presto »
«A presto… garde1 »
Disse Celine ironicamente notando la sua divisa e André fece il saluto militare, senza nascondere un sorriso divertito.
«Mi mancherai »
Affermò alla fine l’uomo che, prima di andare, baciò la fronte della ragazza facendola diventare rossa come il fuoco che bruciava nel caminetto alle sue spalle.
 
“L’assenza di André è stata pesante, non riuscivo ad aprirmi con nessuna delle mie colleghe senza sentirmi in soggezione. Oscar preferiva non parlare con me del suo lavoro e un po’ ne ero sollevata. Aveva iniziato ad aprirsi un po’ con me e a parlarmi di più dopo pochi giorni al suo servizio.
Ricordo che quella notte piansi: forse perché mi sentii sola, forse perché non mi sentivo in grado di poter aiutare qualcuno in quello stato. Ricordo anche che fui tentata di andare in caserma e di cercare riparo tra le sue braccia, ma non ebbi né la forza né il coraggio di raggiungerlo. Ero triste, tremendamente triste.”

 
 
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