Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: LazyBonesz_    09/11/2019    1 recensioni
Eren Jaeger si sta preparando per il college da tutta la vita, nascondendo la propria personalità per trovarne una nuova. Ma il tempo sta per scadere e gli rimangono un paio di mesi prima dell'inizio dell'anno. L'unica soluzione è usare come cavia del proprio piano Levi Ackerman, suo compagno di scuola.
***
A Levi Ackerman non piace quasi nessuno e la sua filosofia di vita consiste nel farsi notare il meno possibile e stare lontano da persone come Eren. E proprio il suo carattere sarà il motivo per cui verrà scelto nel suo piano strampalato: trovare la personalità adatta per affrontare al meglio il college.
Genere: Comico, Fluff, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Eren Jaeger, Levi Ackerman
Note: AU, Lime, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Per due lunghi giorni rimasi nel mio letto, sentendomi accaldato e infreddolito allo stesso tempo. Ero immerso nelle coperte e il ventilatore ronzava vicino a me, mandando aria quasi fresca contro il mio viso. 
Avere la febbre in estate faceva schifo.

Mi rigirai nel letto, cercando di trovare una posizione comoda fin quando non sentii la porta della mia minuscola camera aprirsi. 

"Tesoro, sto andando al lavoro. Come stai?"

La voce flebile e dolce di mia madre raggiunse le mie orecchie. Sollevai le palpebre per guardare la sua figura e borbottai qualcosa di incomprensibile contro il mio stesso cuscino. 
La testa mi faceva ancora un po' male ma mi sentivo meno accaldato, forse la febbre era scesa del tutto. 

"Un po' meglio", riuscii a dire, ancora mezzo addormentato. 

"Meno male. Ci vediamo stasera", disse con un sorriso prima di chiudere la porta. 
Mi passai le mani sul viso, sentendo un gran bisogno di lavarmi e mandare via il sudore della notte. 
Scivolai fuori dalle coperte e mi spogliai, entrando poi nell'unico bagno della casa, piccolo e pieno di macchie dell'umido negli angoli del soffitto. Mi infilai nella doccia e ci rimasi parecchio tempo, godendomi la sensazione dell'acqua sulla mia pelle. Sapevo che il giorno dopo sarei dovuto tornare a lavoro e avrei incontrato nuovamente Eren. 
Il pensiero mi infastidì perché non avrei mai trovato una soluzione al problema fra di noi. 

Uscii dalla doccia e avvolsi un asciugamano attorno ai fianchi prima di tornare in camera. La suoneria del mio cellulare mi accolse così risposi senza neanche controllare il mittente: mossa stupida. 

"Levi, dove sei?", la voce preoccupata di Petra raggiunse il mio orecchio. Non la sentivo da troppo tempo e il suo suono fu piacevole. 

"A casa, perché?", chiesi confuso, raggiungendo il mio armadio per potermi mettere un paio di boxer. Inclinai la testa e tenni il telefono fra il mio orecchio e la spalla. 

"Sono in piscina ed Eren mi ha detto che non stavi molto bene. Ti ammali raramente e mi sono preoccupata", si spiegò, calmando la sua agitazione. Petra teneva più a me che a se stessa. Mi pentivo di aver permesso che le cose fra di noi si rovinassero dopo tutti i momenti che avevamo condiviso. 

"Ho preso il virus che girava in città ma ora sto meglio, tranquilla", dissi dopo essere riuscito a mettere i boxer. Cercai una maglietta pulita e dei pantaloncini comodi. 

"Uhm, meno male...", mormorò nervosamente, "posso venire da te?", domandò qualche secondo dopo. 

"Si, certo", risposi quasi subito. Avevamo davvero bisogno di parlare e volevo rimettere le cose al loro posto, tornare ad uscire con lei perché mi mancava fottutamente tanto. 

"Okay, a dopo."

"A dopo."

Chiusi la chiamata e finii di vestirmi per poi decidere di mettere in ordine la mia camera. Odiavo vedere tutto fuori posto ma la febbre mi aveva tolto ogni forza. Sistemai il mio letto e spensi il ventilatore per evitare di spendere altri soldi in corrente. 

Raggiunsi la cucina, trovando una tazza di caffè nero e un toast che addentai immediatamente. Non mangiavo decentemente da quando mi ero ammalato. 

Non dovetti aspettare molto prima di sentire il campanello suonare e così mi alzai per aprire la porta, trovandomi davanti Petra. Le sue braccia esili avvolsero il mio collo e mi strinse in un abbraccio che non mi aspettavo. 
Poggiai le mani sulla sua schiena, avvolto dall'odore del suo lucidalabbra così familiare - forse un po' troppo - e la strinsi a me a mia volta. Il contatto fisico con lei era accettabile, mi era addirittura mancato. 

"Sono una stronza, mi dispiace così tanto", disse contro il mio collo, premendo le dita sulla mia nuca. Con un piede chiusi la porta e lei si scostò da me, mostrandomi i suoi occhi lucidi. 

"Hey, non è colpa tua", cercai di consolarla, restando vicino a lei. Si passò le mani sulle guance e poi cercò di sorridere. 

"Pensavo che potesse esserci qualcosa di più dell'amicizia", mormorò imbarazzata, fissando un punto dietro di me per non dover incrociare il mio sguardo. 
Eravamo sempre stati legati ma non avrei mai immaginato di piacerle, io non ero assolutamente fatto per lei. 

"Petra, io... non credo possa esserci", dissi, passando le dita fra i miei capelli. La sentii ridere poco dopo, cogliendomi impreparato. 

"Lo so, lo so, penso di aver fatto un grosso errore e aver confuso i miei sentimenti. Dio, pensavo di essere innamorata di te", disse con un'altra risatina. Mi guardò e i suoi occhi non erano più lucidi ma sentivo che non mi stesse dicendo tutta la verità. 

"Non credo che qualcuno possa davvero commettere l'errore di innamorarsi di me", dissi scherzosamente, sentendomi un po' meglio riguardo la nostra situazione. Avevo di nuovo la mia amica. 

"Quell'Eren forse si, poverino", mi prese in giro, camminando verso il divano dove si lasciò cadere. Il vestito che portava ondeggiò mentre compiva il gesto. 

Aggrottai la fronte e la raggiunsi, mettendomi al suo fianco. Subito le sue gambe si poggiarono sulle mie, in cerca di una posizione comoda. 

"Era davvero preoccupato per te, ha detto che non lo sopporti", continuò, poggiando un gomito contro un bracciolo del divano. 

"È un idiota e no, non gli piaccio. Vuole solo usarmi come cavia", dissi scocciato. Chissà che personalità doveva aver messo su per poter dire a Petra che era preoccupato per me. Forse quella della crocerossina.

"Cavia?"

Le raccontai velocemente del suo stupido piano ma non ebbi la reazione che mi aspettavo. Subito si mise a ridere. 

"A me sembra solo che voglia piacerti. Beh, forse vuole davvero fingere di essere qualcun altro ma cerca sempre di compiacerti", disse divertita. Non approvavo per niente il suo punto di vista. 

"Vuole capire come piacere alla gente in generale."

"Sei così testardo, Levi. Gli piaci, fidati di me. Sesto senso femminile", continuò imperterrita, riuscendo a farmi quasi pensare all'idea di piacere ad Eren. La cosa mi fece stranamente piacere ma cercai di nasconderlo il più possibile.

"Non ho fatto nulla per piacergli."

Petra si morse il labbro, trattenendo un sospiro che stava quasi per sfuggirle. Poggiò una mano su un mio braccio, incrociando il mio sguardo. 

"Sei stato te stesso. E poi non è che si è innamorato di te, semplicemente gli interessi."

Poggiai la testa contro il divano, sollevando lo sguardo sul soffitto. Non mi era mai piaciuto nessuno, non avevo mai desiderato di legarmi a qualcuno tanto da aprirmi con quella persona, affidargli ogni cosa di me. Ma ora c'era questo ragazzino di nome Eren che sapeva come intrattenermi, che mi rendeva dannatamente curioso e che mi faceva reagire come un idiota. E avevo paura che potesse capitare qualcosa fra di noi, paura di stare male e di rimanere deluso. Paura di essere solo qualcuno con cui sperimentare. 

Inoltre non avevo per niente fiducia in me stesso e questo alimentava la mia insicurezza. 

"Smettila di andare in paranoia. Riconosco quando ti succede", disse Petra, riportandomi alla realtà. Una sua mano mi scompigliò i capelli ancora umidi. 

"Ti interessa, vero?", domandò e io mi limitai ad annuire con tanta forza di volontà. Non sapevo cosa provassi esattamente ma ero certo di essere incuriosito da lui. 

Le sue labbra si curvarono in un grosso sorriso e si alzò dal divano, prendendo la propria borsa mentre andava verso la porta. 

"Allora gli dirò di venire a trovarti", disse contenta. Stavo quasi per ribattere ma lei uscì di casa, sbattendo la porta davanti al mio viso, impedendomi di poter protestare. 

Era così una cattiva idea vedere Eren?

Il ragazzo si presentò sul tardi, dopo l'orario di chiusura della piscina. 
Quando me lo ritrovai davanti quasi schiusi le labbra per la sorpresa. Non aveva niente di particolare con se, era semplicemente Eren. 

I suoi capelli erano spettinati, indossava una maglietta rossa e dei jeans lunghi che fasciavano incredibilmente bene le sue gambe snelle. 
Il suo sguardo era preoccupato, dispiaciuto e insicuro allo stesso tempo. 

Lo feci entrare, facendomi da parte. Con una mano aveva una bustina bianca che sembrava provenire dal supermercato qui vicino. 

"Hey", disse timidamente, porgendomi la busta  con le dita che tremavano, "non so se hai mai visto un anime ma i personaggi portano sempre qualcosa da mangiare agli amici che stanno male."

Presi la busta e gli lanciai un'occhiata poco convinta. Sbirciai dentro l'oggetto, trovando dei noodles istantanei. 

"Ti piacciono gli anime?", domandai, senza sapere che altro dire. 

"Al vero Eren piacciono gli anime", disse e quasi volli sorridere davanti a quell'affermazione. Ma non sorridevo praticamente mai dunque non sarebbe successo neanche stavolta, anche se Eren era dannatamente tenero mentre parlava. 

Poggiai la busta sul tavolo e decisi di andare in camera mia, facendogli cenno di seguirmi. Volevo parlargli seriamente e... mi era mancato. 

Il suo sguardo curioso percorse le pareti di casa mia e poi quelle della mia stanza, soffermandosi su alcuni dettagli. Presi posto sul mio letto e lui sulla poltrona lì davanti. 

"Perché mi sembri così... normale?", domandai, sollevando un sopracciglio. Incrociai le gambe sul letto, poggiando la schiena contro il muro dietro di me. 

"Ho pensato a quello che mi hai detto e hai ragione, non voglio essere qualcun altro con te", disse, fissandosi le dita lunghe e attraenti. Mandai subito via il pensiero. 

"Quindi la smetterai con il tuo piano?", domandai. 

"Non lo so, con te è diverso. È come se volessi piacerti per come sono, invece con gli altri... non andrei mai bene", mormorò, ignorando completamente il mio sguardo, "Dio, neanche a te andrei bene, non so nemmeno perché te lo sto dicendo."

Mi si strinse il cuore al sentire le sue parole piene di insicurezza. Perché voleva così tanto nascondersi? 
Mi alzai dal letto, ignorando l'orgoglio che mi diceva di non farlo, e mi inginocchiai davanti a lui, prendendo le sue mani fra le mie. 

"Eren, smettila di dire stronzate. Sono sicuro che tu sia una persona fantastica e anche se non lo sei, non importa, mi andresti bene anche in quel modo", mormorai, sembrando totalmente un'altra persona. Non avevo mai fatto una cosa del genere ne avevo mai detto qualcosa di sdolcinato come ciò che mi era uscito. 
Gli occhi verdi di Eren puntarono su di me e le sue labbra accennarono un timido sorriso. Quindi questo era lui, senza nessuna facciata, indifeso e spaventato dal giudizio altrui. In cerca del mio parere. 

Ma io l'avevo già accettato, ancor prima di vedere cosa si nascondeva sotto ai suoi finti atteggiamenti. 

"Uhm, e non ti ho usato, volevo davvero fare qualcosa che ti piacesse. Non ti stavo prendendo in giro, neanche quando ho cantato quella canzone. Avevo notato quanto ci tenessi e volevo fare qualcosa per te."

Come potevo non sorridere davanti a questo Eren che riusciva a raddolcirmi come nessun altro aveva mai fatto. 
Le mie labbra si curvarono verso l'alto e le sue mi imitarono. Sentii il cuore battere più velocemente. 

"Hai sorriso", sussurrò estasiato. 

"Ah, fanculo, è colpa tua", borbottai, lasciando andare le sue dita per alzarmi in piedi. Rimasi davanti a lui e lui riuscii ad avvolgere il mio bacino con le sue braccia. 

Rimasi impassibile, incapace di poter dire qualcosa di sensato o lontanamente intelligente. Potevo udire il mio cuore martellare mentre il profumo di Eren mi avvolgeva e il suo calore mi confortava. Ero nel posto giusto e mi sentivo bene. 

"Non volevo ferirti, non lo meriti", sussurrò contro il mio petto e quasi temetti che potesse sentire il mio battito. Feci scorrere una mano lungo il suo collo, beandomi della sensazione della sua pelle calda e liscia sotto i miei polpastrelli. 

"Non mi ferirai se sarai te stesso", sussurrai. 
Mai avrei pensato di poter essere felice mentre Eren cercava di fare qualcosa per me. Eren, il ragazzo più strano della nostra scuola. 

"Posso prometterti di esserlo con te", disse piano. Il suo respiro caldo contro la pelle del mio petto, nei punti dove non era coperta dalla maglietta, "posso provarci."

"D'accordo."

Rimanemmo così per non so quanto tempo, godendoci l'uno la presenza dell'altro. Mi sentivo così in pace come non mi sentivo da tanto. Per una volta nella mia volta non ero fuori posto e stavo vivendo il presente e stavo provando qualcosa di intenso che mi spaventava e incuriosiva al tempo stesso. 

Voglio sapere cosa ti piace, cosa ti appassiona, cosa non sopporti, cosa ti imbarazza e cosa ti incuriosisce. Voglio sapere tutto. 

Gli dissi questo mentalmente, troppo codardo per esprimermi a parole ma, in qualche modo, sapevo che gli sarebbe arrivato.

   
 
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