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Autore: time_wings    13/11/2019    3 recensioni
Alla 1-A viene data l'opportunità di passare un'estate in un resort di lusso. Sembra forse esserci un modo migliore di combattere il caldo e i duri allenamenti al chiuso?
Purtroppo, però, sogni così inverosimili, si sa, finiscono sempre per schiantarsi al suolo ed i ragazzi scopriranno presto, a loro spese, che non è tutto oro quello che luccica e che, come ogni eroe che si rispetti, anche a loro toccherà guadagnarsi la fortuna che tanto desiderano.
Riusciranno i nostri futuri eroi a trovare il modo di godersi l'estate nonostante imprevisti ed incidenti di percorso?
Piccole avventure e brevi sconfitte riempiranno i capitoli con il fascino travolgente dei personaggi che abbiamo amato.
Una storia di amicizia e di paura, che mostra il percorso di adolescenti in cerca di loro stessi, alle prese con timori da superare e amori da conquistare.
[KiriBaku, KamiJirou, Tododeku]
Genere: Comico, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Izuku Midoriya, Katsuki Bakugou, Kirishima Eijirou, Mina Ashido
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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ELECTROPHOBIA

paura dell'elettricità


Il più grande sbaglio nella vita è quello di avere sempre paura di sbagliare.
Elbert Hubbard


 

“Ecco cosa faremo oggi!” Kaminari era fuori di sé, il che non era certo una novità. D’altronde era una condizione latente nella personalità del biondo, ma quel giorno era particolarmente fuori di sé.
“Assolutamente no.” Replicò perentoria Ashido, lasciandosi andare ad un lungo sbadiglio, poco dopo: “Ho dormito a stento cinque ore. Sono esausta.” E, a scopo certamente dimostrativo, si lasciò cadere col busto sul bancone del bar.
Jiro sbatté un bicchiere sul ripiano di legno con molta più forza di quanto fosse necessaria e prese a versare il contenuto di una lattina di tè alla pesca nel bicchiere.
“Ehi.” Ashido sobbalzò, facendo ridere le ragazze.
“Ad ogni modo, signori, oggi noi usufruiremo dei servizi lussuosi di questo resort.” Annunciò Kaminari, come se gli fosse stato dovuto in qualità di sceicco.
“Non voglio smontarti subito,” Iniziò Kirishima, dovendosi interrompere a sua volta per uno sbadiglio improvviso: “ma oltre agli allenamenti e alle prove dello spettacolo, ho anche due ore di detenzione.”
“Ma non erano finite?”
“Ehm, no, ce le hanno rinnovate.” Kirishima si passò una mano sulla nuca, a disagio, ma cercando comunque di mantenere un tono disinvolto. Come se l’aumento improvviso della sua punizione non fosse affatto un fatto insolito.
“Adesso sì che ti riconosco!” Replicò raggiante Kaminari: “Mi pare di capire che sei stanco.” Aggiunse poi, parlando come un attore di una pubblicità di basso livello.
“Mh-mh.” Si limitò a rispondere Kirishima, annuendo e appoggiando la testa sulla mano. Kaminari passò in rassegna con lo sguardo tutti i suoi amici.
“Non sarebbe fantastico se potessi concederti qualche ora di puro relax nella SPA dell’hotel?”
“Amico, è una pessima idea.” Ma Kirishima snudò già i denti appuntiti in un sorriso complice ed era chiaro come il sole che avrebbe finito per appoggiare l’idea dell’amico.
“È per questo che deve passare da idea a realtà.”
Ashido si voltò a guardarlo, con le sopracciglia aggrottate e lo sguardo di una che ha appena sentito uno dei suoi migliori amici pronunciarsi a favore dell’aborto di marmotte, il che non era tanto lontano dalle sue solite proposte: “Non è questo il percorso che dovrebbe seguire una pessima idea.”
“Oh, andiamo, non mi direte che volete andarvene di qui senza aver mai provato quella SPA.”
Le ragazze, fatta eccezione per Ashido e Jiro, si scambiarono degli sguardi veloci.
Volevano decisamente provare quella dannatissima SPA, ma dare ragione ai due casinisti per eccellenza della classe sembrava un peso troppo grande da portare.
“Beh, io ci lavoro e devo ammettere che non è male.” Iniziò Momo, timorosa di essere la prima a pronunciarsi a favore di un’idea tanto folle: “Oggi sarebbe anche il mio giorno libero…”
Mina guardò prima lei, attonita, e poi Kaminari, come se l’avesse appena portata sulla cattiva strada. Il biondo alzò le mani, come a scrollarsi di dosso ogni accusa.
“Se Momo è d’accordo non vedo perché no.” Colse l’occasione Uraraka e Ashido si girò a guardarla, incredula.
Non era possibile.
“Io vorrei provarla, cra.” Mina era sul punto di esplodere: “SUL SERIO?” Strillò, rasentando l’isterismo, conscia del fatto che ben presto avrebbe dovuto cedere e accettare.
“Anch’io.” Confessò Hagakure e Ashido perse ogni speranza.
“Tu che dici?” Kaminari si voltò a guardare Jiro, l’emozione che gli brillava negli occhi, mentre si preparava all’ennesima battutina acida, alla quale avrebbe dovuto rispondere in maniera altrettanto provocatoria. Era pronto, ce l’avrebbe fatta anche quella volta.
Kaminari, però, fu costretto a ricredersi, perché Jiro esitò solo un attimo sui suoi occhi, prima di tornare a pulire un bicchiere senza dare alcun segno di aver sentito la domanda. Solo dopo qualche secondo si degnò di scrollare le spalle, come a dire che la cosa le era totalmente indifferente.
Kirishima esultò, saldando una presa ferrea sulle spalle dell’amico e scuotendolo tutto: “Avanti, Ashido, che ci dici tu?”
“Siete terribili.” Ribatté la ragazza con un sorriso, acconsentendo implicitamente alla proposta.
Kaminari, però, non stava esultando, né sembrava particolarmente partecipe ai festeggiamenti di Kirishima. Era rimasto con gli occhi fissi nel punto in cui Jiro si trovava qualche secondo prima e proprio non riusciva a togliersi un dubbio dalla testa.
Si era spezzato qualcosa e tutta la gioia e l’esaltazione che aveva provato fino a quel momento si spensero. L’aria gli sembrò improvvisamente afosa e soffocante e in essa percepì la familiare puzza di bruciato che gli riempiva le narici quando si serviva di troppa elettricità tutta insieme. Sembrava quasi la sua definizione di… tristezza.
 
“Midoriya.”
Deku si liberò delle ultime lattine da depositare in frigo e spuntò da dietro il bancone, un sorriso raggiante, anche troppo per essere spontaneo. Poi dedicò la sua completa attenzione allo sconosciuto che l’aveva appena chiamato e la curva sul suo viso assunse tratti decisamente più genuini: “Oh, Todoroki, dimmi tutto, io…” Il tono di Deku si fece improvvisamente teso mentre i ricordi della sera precedente si facevano prepotentemente spazio nella sua testa.
Si lisciò nervosamente le pieghe del grembiule sulle gambe: “Ecco, come stai?” Domandò poi, sinceramente preoccupato per la sua salute. Da quando si era confidato con Uraraka il ragazzo a metà lo metteva a disagio.
I suoi pensieri sembravano essere diventati più reali, più concreti e quindi più pericolosi.
“Sono venuto per dirti che mi dispiace.”
E qui c’era da esaminare momentaneamente la scena, perché era vero che Midoriya aveva ufficialmente perso la testa, ma era anche vero che Todoroki stava facendo del suo meglio per confonderlo. Il ragazzo per il quale aveva ormai capito di avere una cotta si era avvicinato al chiosco del bar in cui lavorava in costume da bagno, trasportando un lettino che, nonostante avesse appoggiato sulla sabbia, gli richiedeva di flettere i muscoli del braccio per essere sorretto. In più non gli aveva neanche dato il tempo di abituarsi alla sua presenza.
Ciliegina sulla torta, aveva anche deciso di essere criptico.
Ovviamente Midoriya alzò confuso un angolo della bocca e aggrottò le sopracciglia, a disagio: “P-per cosa?”
Todoroki si guardò attorno velocemente: “Per ieri. Volevo solo provare e mi sono comportato da immaturo.”
La consapevolezza si dipinse negli occhi di Midoriya: “Cosa? Oh, no, no, no.” Ecco, stava di nuovo farfugliando. Si maledisse: “No. Nessun disturbo, è stato divertente.” Un sorriso purissimo gli inondò il viso.
Todoroki distolse lo sguardo, come se avesse potuto rimanerci secco, poi giocherellò con qualche filo di tessuto plastificato che era scappato alle maglie del lettino: “No, io ho… ti ho detto delle cose strane. Non avrei dovuto.”
Midoriya lo fissò, indeciso su cosa dire.
Poco dopo Todoroki alzò lo sguardo su di lui. Rimasero a fissarsi per qualche minuto, spaventati dalle parole sospese e non del tutto sicuri del fatto che le vedessero entrambi, o che fossero le stesse.
Poi Midoriya si ricordò che toccava a lui parlare: “Oh, io…” Rise a disagio: “Nessun problema, anche se poi… Hai detto qualcosa di strano? Non ricordo, non direi.” Si grattò il capo, fingendo di rispolverare i ricordi.
Todoroki non mosse un muscolo: “Mh, senti, tu devi…” Midoriya sospirò, facendosi serio, come se le parole che stava per pronunciare rappresentassero un macigno troppo pesante da trasportare da solo: “A volte devi concederti di perdere il controllo.”
Todoroki indietreggiò, colpito da delle parole tanto semplici quanto incisive. Era così che si sentiva con Midoriya, sin dal festival sportivo; era come se il ragazzo avesse improvvisamente avuto accesso ad un angolo remoto di lui che preferiva seppellire, riuscendo a trovare sempre delle parole semplici, ma tipiche di chi ha capito qualcosa di superiore, di inaccessibile.
“Lo terrò a mente.” Esalò, congedandosi così e voltandosi di scatto, ancora un po’ scosso, concedendosi solo allora di arrossire. Riprese il suo cammino, per consegnare finalmente quel lettino al suo ombrellone. Il sole delle quattro batteva furente sul suo collo diafano mentre i piedi affondavano nella sabbia rovente ad ogni passo.
 
Era vero che Kaminari era esplosivo quel giorno, se ne rendeva conto anche lui, ma era anche vero che tentava di mascherare, in realtà, un’inquietudine che lo assaliva da quando si era svegliato quella mattina. Sì, perché al contrario di quanto pensava la maggior parte della sua classe, Kaminari non era stupido. O, almeno, gli piaceva credere di non esserlo così tanto.
Certo, a scuola non era una cima, ma molti grandi eroi non erano dei fenomeni con la matematica e l’inglese. Eppure non era il suo quoziente intellettivo a riempirlo di dubbi, in quel momento, quanto più la sua ultima pessima mossa con Jiro. Aveva optato per una disinvoltura tipica del suo carattere per far credere alla ragazza che avesse magicamente dimenticato gli eventi della sera precedente.
Ahimè, quel bacio rubato se lo ricordava benissimo e, ancor meglio, ricordava la sua reazione e l’atteggiamento freddo di quella mattina. Nonostante l’universo intero gli stesse ricordando continuamente quanto avesse sbagliato i suoi calcoli e le sue previsioni, un’ultima speranza gli permetteva ancora di galleggiare. Col naso a pelo d’acqua, certo, ma senza annegare.
Jiro era abbastanza intelligente da capire che Kaminari non sarebbe mai potuto sparire nel nulla, dopo essere stato cacciato dalla sua stanza, eppure aveva, a modo suo, suonato per lui. Possibile che fosse un modo contorto per dirgli che, in fondo, le piaceva? Kaminari non ne era affatto sicuro.
Ed ecco perché in quel momento si trovava a camminare con una lentezza disarmante nella pineta, in direzione delle terme, dove aveva convinto la sua classe a introdursi subito dopo le mansioni (o gli allenamenti, per alcuni) pomeridiane. Kaminari aveva paura, questo sì, ma aveva anche un piano e niente e nessuno gli avrebbe permesso di sabotarlo. Doveva solo creare… la giusta atmosfera.
Proprio in quel momento una manata tra le scapole lo costrinse a tornare bruscamente alla realtà: “Ma che fai?” Domandò, colto alla sprovvista, voltandosi verso quello che sapeva per certo essere Sero.
“Salvo il mio migliore amico dal rischio che il cervello gli si sciolga nel cranio, colando poi dal naso.”
Kaminari lo fissò, aggrottando le sopracciglia: “Ma che immagine è?!” Replicò, dopo qualche secondo di confusione, lasciandosi andare ad una risata cristallina, che gli distese lo sguardo corrucciato.
“Quella che sto cercando di evitare!” Scherzò il ragazzo, poggiandogli un braccio sulle spalle e guidandolo a passo più spedito verso il centro benessere.
“Allora? Aggiornami sui dettagli del PCJ.”
“Non abbiamo nessun…”
“Piano di Conquista di Jiro.” Spiegò svelto il corvino, che non voleva perdersi in chiacchiere.
“Aspetta, ma tu che…”
Ancora una volta, Sero lo interruppe, desideroso di arrivare al sodo: “Amico, quello sguardo languido e combattuto non può passare inosservato a me e sono certo che anche Kirishima abbia fiutato qualcosa. Per chi ci hai presi? Sapevamo che avessi una cotta, ma non ti ho mai visto guardare una ragazza così e, per giunta, ho assistito al tuo… spettacolo di ieri, se così possiamo definirlo. Pessima mossa, lasciatelo dire.” Lo prese in giro, puntando, però, lo sguardo su di lui, in attesa di una risposta.
Kaminari era impressionato. Sapeva di poter contare sui suoi amici quando si trattava di organizzare uno scherzo anche complesso e ben strutturato, ma questa era tutt’altra storia. Ricambiò lo sguardo di Sero con uno sorpreso, poi abbassò gli occhi e sorrise colpevole: “Ho in mente qualcosa e spero vivamente funzionerà.” Si limitò a rispondere poi. Sero lo studiò per qualche secondo, poi annuì e non fece altre domande.
“Oh, parlando di Kirishima…” Iniziò Kaminari, dopo qualche minuto di confortevole silenzio, arrestandosi davanti alla porta bianca che dava accesso alla SPA. Sero aveva già una mano poggiata sulla maniglia, ma alzò lo sguardo su di lui: “Sì, lo so, è un po’ lento.” Ridacchiò il corvino, trascinando anche Kaminari, un attimo prima che annuisse come a dire che potevano entrare, adesso.
 
“Ehi ragazzi!” Mina salutò i due nuovi arrivati, alzando un braccio come se una folla le avesse impedito a lungo di segnalar loro la sua posizione in maniera decisamente più discreta. Indossava un semplice bikini azzurro che faceva risaltare la pelle rosa ed il fisico asciutto.
“Ce ne avete messo di tempo.” Considerò Jiro, squadrandoli a dovere.
Kaminari si passò una mano sulla nuca, colpevole: “Abbiamo elaborato un PDF per non farci scoprire dai professori.”
“Un PDcosa?” Domandò Hagakure, della quale si vedeva solo il bikini bianco che levitava nell’ingresso.
“Un Piano Di Fuga.” Spiegò Sero, alzando gli occhi al cielo scocciato, come se la scarsa capacità degli altri di decifrare i loro acronimi fosse estremamente incresciosa.
Uraraka aprì la bocca per dire qualcosa, ma fu interrotta dal suono della porta bianca di legno che si apriva con un tonfo, rivelando un Kirishima con l’affanno e la fronte imperlata di sudore: “Scusate…” Annaspò, piegandosi sulle ginocchia per prendere fiato: “Ho dovuto…”
“IO TI AMMAZZO!” Si sentì tuonare Bakugo. Dalla voce era evidente che si stesse avvicinando.
“Ho dovuto elaborare un PDF per i professori e… gestire Bakugo.”
“Ma che problemi avete con questi acronimi?” Domandò confusa Ashido, rendendosi improvvisamente conto di quanto sapessero essere stupidi i suoi amici, prima di ricordarsi di avere a sua volta un problema con gli acronimi.
“Ecco, in realtà…” Tentò ancora di prendere la parola Uraraka.
Poi Bakugo piombò nell’ingresso, agguantando il collo di Kirishima, incastrandolo nel suo gomito e cercando di prenderlo a pugni nei fianchi con la mano libera: “Ahi, ahi, ahi, ahi, ahi.” Si lamentò il rosso divincolandosi.
“In realtà!” Uraraka gridò, per farsi sentire, ma quando gli sguardi di tutti le si posarono addosso arrossì di colpo e balbettò qualche scusa: “In realtà…” Ripeté guardando Momo e le sue amiche, a bassa voce: “non c’era bisogno di ingannare i professori.”
Sero, Kaminari e Kirishima alzarono di scatto lo sguardo su di lei, increduli: “Ah, no?” Chiese conferma Sero.
La ragazza scosse il capo: “Abbiamo proposto a Iida di chiedere un permesso per la classe.”
“Oh.” Esalò Kaminari, con la faccia di uno che scopre dopo anni di studi che la verità universale si era sempre celata ad un passo dal suo naso: “Beh, non fa una piega.”
“Siete troppo abituati ad essere dei teppisti.” Li prese in giro Ashido.
“Come vostro capoclasse, mi sento in dovere di invitarvi ad abbandonare ogni atteggiamento vagamente illegale.” Si aggiunse Iida, mentre Midoriya rideva genuinamente felice.
“Avanti, sono curioso di vedere queste terme!” Gridò poi, mettendosi in testa alla fila ed esplorando l’interno della struttura.
“Sì!” Trillò Uraraka, aggrappandosi alla spalla di Deku, mentre lui ridacchiava cingendole i fianchi e addentrandosi nell’edificio. Ashido sorrise vittoriosa, scambiando uno sguardo più che ovvio con le amiche.
Todoroki le osservò confuso, prima di seguire il loro sguardo e comprendere il perché di tanto baccano. Si cacciò le mani nelle tasche del costume a disagio, abbassando gli occhi, prima che Iida gli si affiancasse: “Todoroki, buonasera.” Lo salutò regale: “Come procede questo campo scuola?”
“Uhm, bene, a te?” Replicò assente il ragazzo a metà.
“Bene, ma sono molto impegnato. Il lavoro che mi è stato dato è piuttosto sfiancante, sai, mi farebbe comodo un’Unicità che mi desse il dono dell’ubiquità. Non che mi lamenti della velocità, assolutamente, ma sembra non bastare neanche quella!” Todoroki si perse il resto del discorso del compagno di classe. Si riscoprì improvvisamente incapace di rimanere concentrato. Il pensiero gli cadeva continuamente sulle mani di Midoriya e sui ricordi della sera precedente. Un velo di malumore calò sul suo stato d’animo e si sentì incredibilmente fuori posto.
 
“È. Un. Sogno.” Asserì Ashido, immergendosi fino alle spalle nell’acqua calda e tirando un sospiro di sollievo. Avevano scelto di provare le terme per prime ed erano usciti su quello che sembrava un balconcino incastonato nella roccia grezza.
Attorno a loro c’era solo una distesa apparentemente infinita di pini e abeti, il che giustificava la lontananza dell’edificio dal resto delle strutture del resort. L’acqua densa e profumata sgorgava piano da alcuni ciottoli sulla sinistra, impilati a formare delle cascate artificiali, che facevano zampillare l’acqua in ogni direzione, producendo un suono incessante e rilassante al tempo stesso. L’aria frizzante della sera creava sulle spalle un piacevole contrasto con il caldo dell’acqua.
“E ci hanno anche dato accappatoi e ciabattine!” Trillò Hagakure, la cui gioia sembrava incontenibile.
“Già, non è male.” Convenne Jiro, poggiando la testa sul cornicione di pietra e respirando a fondo l’aria fumosa delle terme.
“Non è male? Direi che è meraviglioso!” Si aggiunse Momo.
“Concordo, cra.”
“BOMBAAAAAAA!” Kaminari atterrò nell’acqua termale con un tuffo, facendola fuoriuscire dai bordi non senza una bella dose di schizzi.
“Ma sei scemo?” Ashido ridacchiò, con i capelli irrimediabilmente bagnati, aggredendolo e tentando di affogarlo.
“Pietà! Pietà!” Le tenne il gioco il ragazzo, mentre Kirishima e Midoriya si facevano largo nella vasca, seguiti da Iida, Ojiro e Todoroki e, più dietro, un Bakugo già fumante, prima ancora di avvicinarsi all’acqua.
“Questa sì che è vita.” Esalò Kirishima, rilassandosi con i gomiti sul bordo di pietra, non appena si furono placati i bollenti spiriti.
Bakugo gli lanciò un’occhiata veloce, grugnendo in un angolo remoto della vasca. Non fu chiaro se fosse in segno di assenso o di fastidio.
Midoriya, invece, seguì l’esempio di Jiro e alzò lo sguardo al cielo, che iniziava ad assumere dei toni dolcemente più scuri, come a preparare i ragazzi all’arrivo della sera, passando per ogni sfumatura per rendere il cambiamento quasi impercettibile.
Una luna precoce faceva già capolino dal muro d’alberi, i cui aghi e rami si confondevano ogni minuto di più, accogliendo le prime ombre notturne.
Per un po’ il silenzio cullò le menti stanche dei ragazzi, rigenerandoli.
“Non so voi…” Iniziò Ashido, squarciando quella bolla di calma irreale: “ma io da Todoroki e Iida non me lo aspettavo!” Scherzò la ragazza, riferendosi chiaramente alla scorribanda della sera precedente.
“EH? Cosa?” Ribatté veloce come il vento Tenya. Se avesse potuto, sarebbe arrossita anche la montatura dei suoi occhiali.
Todoroki puntò uno sguardo glaciale in direzione della ragazza. In realtà avrebbe solo voluto annegare nelle miracolose acque termali.
“Ma dai, non metterli in imbarazzo.” Replicò Uraraka, senza riuscire a nascondere un risolino.
“Non capisco, da me te lo aspettavi?” Si aggiunse offeso Kaminari, regalandole un’occhiataccia che stonava alla perfezione con il mezzo sorriso tipico di chi è consapevole di star dicendo la cosa più ovvia del mondo.
“Beh… Sì!” Esalò Momo, leggermente in imbarazzo.
“Solo perché loro sembrano vagamente responsabili?” Ribatté lui, rivendicando il suo diritto ad essere il tipo di ragazzo con la testa sulle spalle.
“Io sono responsabile.” Precisò Iida, attento sempre alle parole.
“Oh, avanti, quel bastardo a metà sarebbe responsabile?” Intervenne Bakugo.
Kirishima lo guardò di sottecchi: “Sicuramente più di te.”
“Scegli come vuoi morire.” Lo minacciò il biondo, la voce che si avvicinava pericolosamente a un ghigno.
“Ci risiamo.” Sospirò Sero.
“Di vecchiaia, grazie.”
“Guarda che ha ragione.” S’intromise Todoroki, ancora troppo innervosito dalla conversazione che stavano avendo per tornare in pieno possesso dei suoi infiniti filtri.
Ora, Shoto di gelo e freddo se ne intendeva, ma l’occhiata che gli riservò Bakugo fu a dir poco congelante e l’aria si elettrizzò di tensione, anche se Kaminari giurò di non averci messo lo zampino: “Che cosa hai detto?”
“Ho detto che ha ragione.” Ribatté il ragazzo a metà, la cui sicurezza non sembrava essere stata affatto scalfita dagli occhi minacciosi del biondo, anzi, pareva al contrario aver subito un notevole incremento.
“Ascoltami bene, io ti sto sopportando da settimane, trattenendomi dal farti esplodere ogni volta che ti ho tra i piedi. Ho addirittura accettato la tua sparata da giovane ribelle che fuma le canne come un uomo vissuto, ma sei solo un bastardo egoista e hai costretto tutti a stare dietro a te, alle tue stronzate, a quelle inutili chiavi, forzando Deku a seguirti come un cane. E sei talmente stupido che hai avuto bisogno di me per salvare la situazione, mentre ora sei qui a sparare sentenze. A questo punto direi che il vero uomo sono io.” Bakugo era praticamente a un palmo dal suo naso, mentre gli vomitava addosso tutto il risentimento che pareva covare da giorni.
Se non avesse urlato tanto avrebbe sentito i mormorii terrorizzati dei suoi compagni di classe.
“Ehm, grazie per aver preso le mie parti, Kacchan, ma non mi ha forzato a…”
“Chiudi quella bocca, tu.”
Eppure, in quella situazione, per la prima volta, gli sguardi terrorizzati di tutti non erano minimamente puntati su Bakugo, che era abituato a far esplodere cose, quanto più su quello, tra i due, che paradossalmente sembrava nascondere la bomba più pericolosa, soprattutto quando si parlava di orgoglio. Poi arrivò il colpo di grazia.
“Avanti, adesso vieni a dirmi che è colpa del tuo padre tiranno se sei così. Comportati da uomo, cazzo, e non piangerti sempre addosso urlando al mondo la tua sfortuna. A nessuno importa da dove vieni. Sei solo un asociale di merda, che non ha le palle per fare un cazzo.”
“Io non avrei palle, qui?” Todoroki assottigliò lo sguardo, la voce bassa e decisamente inquietante, mentre gli strilli di Bakugo riverberavano nella sua testa, in onde che parevano prepararlo ad esplodere di rabbia per riversargli contro tutto l’odio che teneva impacchettato segretamente sotto uno stato di placida calma e confortante riservatezza.
“Sì, tu.”
I ragazzi notarono distintamente quanto la temperatura dell’acqua si fosse abbassata, mentre un sottile strato di brina si poggiava leggero sui ciottoli da cui sgorgava piano l’acqua termale. Mina si guardò attorno e prese un lungo respiro, prima di aprir bocca: “Okay, okay, adesso basta giocare a chi ce l’ha più lungo.”
Todoroki si voltò verso di lei di scatto, come se si fosse appena ricordato di non essere da solo nella sua testa, lo sguardo ancora iniettato di folle odio. Ashido ebbe per un attimo paura di essere attaccata, ma presto l’ira cedette il posto alla consapevolezza e l’acqua riprese a scorrere senza impedimenti: “Come vuoi.” Si limitò a rispondere Shoto, allontanandosi da Bakugo quel tanto che bastava per rientrare nell’ambiente chiuso della SPA e lasciarsi alle spalle la vasca d’acqua termale.
Uno ad uno i ragazzi lo seguirono, lasciando Bakugo solo a rimuginare nella piscina: “Mi ha preso per il culo, eh? Fa tanto il superiore, ma non è meglio di nessuno.” Rifilò una manata ben assestata all’acqua, ma si rese presto conto che non bastò a placarlo. Kirishima si bloccò sulla soglia: “Secondo me ci sei andato giù troppo pesante.”
“Ma che vai dicendo?”
Kirishima sospirò e tornò nella vasca: “Dico solo che è stato divertente fumare insieme, recuperare le chiavi… Non c’era bisogno di farne un dramma.”
Bakugo puntò uno sguardo… strano su di lui. Kirishima non sapeva se fosse arrabbiato per via delle sue parole o semplicemente incuriosito dal fatto che potesse davvero esistere qualcuno in grado di pensarla diversamente da lui.
Decise di scegliere la seconda opzione per interpretarlo. Uno strano silenzio era calato su di loro, rotto solo, di tanto in tanto, dal suono continuo dell’acqua e dal verso di una tortora di passaggio, che preannunciava l’arrivo della sera. Le prime stelle si stagliavano già sul manto cobalto del tramonto e Kirishima si rese improvvisamente conto del fatto che fossero soli in una piscina dagli odori inebrianti.
Si sentì in imbarazzo.
“E fammi capire, il tuo costume con le papere è in coppia con i tuoi capelli di merda?”
“Sì, collezione estate.” Scherzò il rosso: “E poi non sono papere, sono anatre.”
“Ah, certo.”
“Sempre meglio del tuo monocolore arancione.” Lo prese in giro Kirishima.
“Non è monocolore.”
“Oh, certo, dimenticavo la banda nera.” Replicò sarcastico il rosso, artigliando il bordo del costume di Bakugo e, nel farlo, attirandolo inevitabilmente verso di sé.
Kirishima si rese improvvisamente conto di avere letteralmente un dito nel costume di Bakugo, mentre il sangue affluiva velocemente alle sue guance.
Uno strano calore si impossessò del suo petto. Guardò il biondo negli occhi, come a giustificarsi, ma Bakugo aveva ancora lo sguardo fisso sulla sua mano, con le sopracciglia aggrottate. Poi alzò gli occhi a incontrare i suoi e Kirishima notò solo allora quanto fossero vicini. Sfiorò la punta del naso di Bakugo con il suo e gli venne naturale inclinare il viso, mentre gli occhi gli ricadevano sulle sue labbra.
“C-che stai facendo?” Il biondo fece un passo indietro, la voce sfigurata dal panico che rasentava un sussurro.
Kirishima si riscosse, mentre il calore che gli aveva invaso il petto fino a poco prima sfumava velocissimo in un gelo fatto di rimorso e di terrore: “No, io…”
“Ehi, ragazzi, non la provate la SPA?” Kaminari e Sero si affacciarono alla porta.
“Ora arrivano, ragazziiii!” Mina li raggiunse correndo. Era evidente che avesse passato gli ultimi secondi a tentare di dissuadere i due dal disturbarli.
“Cosa? Certo!” Kirishima schizzò fuori dall’acqua e seguì di corsa gli amici nei meandri dell’edificio.
Bakugo si sentì… profondamente infastidito, sì. Non capiva perché il rosso avesse provato tutto questo entusiasmo all’idea di lasciarlo lì da solo. Una vocina nella sua testa, che si impegnò immediatamente a zittire, lo portò a chiedersi se non fosse geloso.
“Kirishima, aspetta!” Lo chiamò invano il biondo, seguendo il suono delle voci di quegli squilibrati, mentre Mina camminava accanto a lui, con uno sguardo che lo mise decisamente a disagio.
 
“Ma cos’è questa musica?” Domandò Ashido, non appena ebbe raggiunto i suoi amici, immergendosi in quella che era la prima di un percorso guidato di piscine. Il faretto posto sul soffitto proiettava una luce sull’acqua che la tingeva di magenta.
“Musica d’atmosfera.” Commentò Kaminari, camminando verso la vasca successiva.
“A me sembra più soft porn.” Ribatté Jiro, rifilandogli un’occhiataccia.
“A me piace.” Si limitò ad osservare Bakugo, con una scrollata di spalle ed una calma nella voce decisamente strana.
“Forse ti piace il soft porn.”
“Io di soft non ho niente.” Ringhiò il ragazzo.
Oh, ora sì che lo riconoscevano!
“Bakugo è più il tipo da musica classica, secondo me.” Si aggiunse Uraraka, affiancando il biondo con un sorriso.
“Che? Assolutamente no.”
“Strano, secondo me la sinfonia numero 12 di Beethoven ti piacerebbe.” Commentò la ragazza, alzando le spalle.
“Non esiste la sinfonia numero 12. Ne ha scritte 9.”
“Ah-ah!” Gridò vittoriosa Uraraka, beccandosi uno sbuffo disperato, in risposta. Bakugo sembrava decisamente fiacco, in quanto a insulti.
“A te che musica piace ascoltare, Todoroki?” Gli domandò Iida, un po’ più avanti nella processione.

“Ehi, aspetta un attimo.” Kaminari afferrò Jiro per il polso e lasciò che gli amici avanzassero e svoltassero l’angolo.
Presto il continuo zampillare dell’acqua sui loro corpi divenne l’unico accompagnamento allo sguardo interrogativo della ragazza. Non sapeva neanche lui perché l’avesse fermata o cosa volesse dirle di preciso, sapeva solo che a quel punto gli toccava inventarsi qualcosa per colmare il silenzio, badando bene che non fosse troppo stupida, perché non avrebbe sopportato un altro rifiuto, con tanto di sguardo al cielo annoiato: “Ecco… Grazie per aver suonato, alla fine.”
Jiro lo studiò: “Non capisco di che parli.”
Oh, no. Kaminari si agitò. Non poteva averlo sognato, vero? L’erba avrebbe dovuto rilassarlo, non certo procurargli delle allucinazioni grosse quanto una casa! Poi, però, uno strano luccichio negli occhi della ragazza lo tranquillizzò. In effetti quello era uno sguardo d’intesa.
Sorrise, facendo un passo avanti e realizzando improvvisamente che lei non si era ancora liberata della presa ormai debole sul suo polso: “Certo,” Esalò con un sorriso asimmetrico: “e scusami per ieri sera.”
Jiro si irrigidì, ma non si allontanò: “Sei stato un cafone.” Osservò la ragazza, alzando un sopracciglio.
“Sono stato un cafone.” Convenne Kaminari, con un tono che non sembrava affatto costernato, quanto più suadente.
“E anche un incapace, a dirla tutta.”
“Però posso rimediare.” A quelle parole Jiro arrossì praticamente fino alla punta dei capelli e si guardò attorno a disagio.
Maledetta musica e maledette lucine: “Ehi, vuoi vedere qualcosa di elettrizzante?” La ragazza portò di nuovo lo sguardo su di lui: “Non l’hai detto sul serio.”
“E non è neanche la più divertente.”
“Ma non mi dire.” Replicò scettica lei, facendosi mentalmente i complimenti per essere riuscita a rimanere in sé anche in una situazione simile.
“Dico davvero, ci sono molti modi in cui potrei prenderti in Jiro.” Kaminari soppresse una risata, mentre lei ebbe da sopprimere qualcosa di decisamente più incombente: il bisogno di cancellarlo dalla faccia della terra, ad esempio.
“Sero dovrebbe sigillarti la bocca.”
“Basta meno di un pezzo di scotch per farmi stare zitto.” Sussurrò Kaminari.
Jiro si sorprese della sua intraprendenza. Era stato piuttosto abile, da parte di uno come lui, avvicinarsi così tanto senza che lei se ne rendesse conto, eppure una parte di lei era ancora risentita ed era certa che Kaminari non avesse capito affatto il motivo della sua reazione.
Nonostante ciò, non poté trattenersi dal chiedere: “Ad esempio?”
Il biondo sorrise vittorioso e si chinò in avanti, coprendo la distanza che li separava in un attimo e baciandola un po’ impacciato. Jiro sussultò, un po’ indecisa sul da farsi, ma Kaminari prese ad accarezzarle le labbra con la lingua e decise che, per una volta, almeno quella, avrebbe lasciato momentaneamente da parte tutti i dubbi e le incertezze. La musica non sembrava più imbarazzante, anzi quasi non la sentiva più, sovrastata da una sinfonia decisamente più armonica, che si ripeteva leggera nella sua testa.
Kaminari, in un momento di folle coraggio, lasciò finalmente il suo polso, per risalire lungo il braccio e scivolare sul suo fianco, fasciato dal costume nero intero. Jiro sospirò e quello fu tutto il permesso di cui lui ebbe bisogno per iniziare ad esplorare la sua bocca. La ragazza gli andò incontro, facendo aderire i loro corpi, mentre la mano di Kaminari si poggiava sulla sua guancia, prima di iniziare a scendere verso il mento e lungo il collo, in direzione del suo petto.
La musica si spense, i colori dietro le sue palpebre chiuse sbiadirono e un filtro grigio calò sulle sue emozioni. Jiro sentì improvvisamente una forte sensazione di disgusto, verso qualunque cosa, verso tutto e tutti, come se qualunque risvolto coinvolgente nella sua storia avesse improvvisamente perso di interesse. La situazione perse ogni coinvolgimento emotivo un tempo evidente, lasciando il posto ad un insano disinteresse che, in fin dei conti, avrebbe tanto voluto scacciare.
Si allontanò, confusa, come se non sapesse davvero il motivo di un cambiamento tanto repentino, più simile ad un sortilegio spezzato che ad un vero e proprio ripensamento graduale.
Kaminari le chiese spiegazioni con lo sguardo, domandandosi intanto dove avesse sbagliato: “Se ho fatto qualcosa di…”
“No, ecco… Ti va se torniamo dagli altri?”
Lo sguardo di Kaminari si spense: “Sì, certo, andiamo.”
Il biondo la guidò nel labirinto di idromassaggi che conduceva alle saune in un silenzio che sembrava urlare confusione e imbarazzo.

Bonsoir e benvenuti. Lasciate che i nostri fumi di benessere vi regalino pace e relax, assieme allo scrosciare miracoloso dell’acqua divina delle nostre docce.” Aoyama era comparso da un pezzo nel bel mezzo del percorso, quando Kaminari e Jiro ebbero raggiunto il resto della classe.
“Ma il turno non è finito?” Domandò confuso Midoriya.
Oui, ma per voi questo ed altro.”
“Perché ho la netta sensazione che lo stia facendo per un qualche tipo di tornaconto personale?” Si aggiunse Kirishima.
“Oh! Mi offendi!”
“Ma, soprattutto, il percorso è uno solo…” Iniziò Uraraka, aggrottando la fronte: “da dove spunti fuori?”
Kaminari avrebbe riso della situazione, in circostanze diverse, ma in quel momento tutto ciò su cui riusciva a soffermarsi era il vapore che si respirava nella stanza e che, più che rigenerarlo, sembrava ben intenzionato a soffocarlo, appiccicandosi alla pelle, senza volerne sapere di sollevarsi.
Cercò di trarre un respiro profondo, ma anche i suoi polmoni sembravano focalizzarsi solo sulle mani di Jiro e su quanto fossero dannatamente lontane dalle sue.
Kaminari scelse la sola via di fuga che era sicuro avrebbe funzionato: sorrise divertito sotto lo sguardo di Jiro.
La ragazza scosse la testa, convincendosi definitivamente della sua scelta.
Peccato, però, che i suoi jack non avessero rilevato la frequenza cardiaca decisamente insolita che si era impossessata del petto del biondo.



Note di El: CHE GIORNATA UGGIOSA!
Partiamo da subito. Bakugo che ascolta musica classica è un mio headcanon. Fateci pace.
Uelààààà, miei cari, siete stati attivissimi questa settimana, ohibò.
No, davvero, in questi giorni ho avuto più del numero di viuz del SECONDO CAPITOLO. Ma ci rendiamo conto? Che ansia, acc, vi giuro che sono qui, non vi abbandono, volevo solo tornare a pubblicare il martedì.
No, scherzo, invece sono felice e vi ringrazio tantissimo per la passione!
Bien, capitolo lunghissimo per farmi perdonare.
Kaminari sbaglia, poverino, brancola nel buio.
Uuuuuuuu, mezza rissa tra Bakugo e Todoroki, giustamente Kirishima pensa bene che infilare un dito nel costume di Bakugo sia un buon modo per distrarlo. Well, mica male.
In realtà è tardi, ci ho messo una vita a revisionare questo capitolo e sono troppo stanca per farlo un'n-esima volta (vabb, vi lascio "n-esima" scritto così e non lo correggo per farvi capire la quantità di algebra che sto studiando in questi giorni), quindi mi scuso infinitamente. Tutto questo seguito mi sta mettendo un po' di pressione e ad ogni capitolo temo sia giunto il momento di un inarrestabile e inevitabile declino. Spero vivamente di non avervi delusi questa volta (nè le prossime), perchè questo capitolo mi piaceva un sacco nella mia testa e adesso mi pare un grandissimo scherzo della natura (oh, MA SONO IO!)
Bene, volevo commentare altre cose, ma le ho dimenticate.
Ringrazio tantissimo tutti voi, dal profondo del cuore, questa storia mi sta dando una marea di soddisfazioni e i vostri commenti mi provocano ogni volta una serie di urla mute che mi fanno apparire una cretina in pubblico. Grazie davvero e spero di rivedervi ancora, mi va benissimo sembrare cretina in pubblico se questa è la ricompensa.
E ricordate... Team Aoyama, sempre!
Adieu,

El.

 
   
 
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