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Autore: Enchalott    19/11/2019    5 recensioni
Questa storia è depositata presso lo Studio Legale che mi tutela. Non consento "libere ispirazioni" e citazioni senza il mio permesso. Buona lettura a chi si appassionerà! :)
"Percepì il Crescente tatuato intorno all'ombelico: la sua salvezza, la sua condanna, il suo destino. Adara sollevò lo sguardo sull'uomo che la affiancava, il suo nemico più implacabile e crudele. Anthos sorrise di rimando e con quell'atto feroce privò il cielo del suo colore".
Genere: Avventura, Introspettivo, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Il matrimonio
 
Dare Yoon fissò il fuoco crepitante, che lambiva le pareti del camino con un alone sfumato d’arancio vivo. Avvertiva il calore delle vampe sulla schiena e sul braccio appoggiato alla mensola esterna, sulla quale ardeva una lampada ad olio.
Portò le mani ai fianchi in un gesto meditativo e scosse la testa, sospirando. Il blu gli donava. La casacca scura tipica del Nord, con le ampie maniche a tre quarti ricamate d’azzurro sui risvolti, faceva a gara con il colore dei suoi occhi notturni.
Li puntò su Narsas, che, nonostante la presenza di alcune comode sedie e di un piccolo divano, se ne stava seduto a terra sul tappeto di lana, come se si trovasse nel suo deserto, con la schiena appoggiata al muro di pietra e la principessa rannicchiata tra le ginocchia.
Adara era appoggiata al suo petto, fasciato di una lucida stoffa rosso scuro, e gli teneva la testa sulla spalla, con lo sguardo perso e le dita appoggiate sulla sua camicia, che si apriva sul petto in una lunga scollatura a V.
Il riverbero delle fiamme altalenava sulla pelle abbronzata del viso dell’arciere e faceva luccicare i fili d’oro della fascia che portava tra i capelli. Il pendente mandò un bagliore cremisi al suo lieve spostamento.
Il resoconto della principessa sugli ultimi eventi, compresa la passeggiata del giorno precedente per le vie di Jarlath con Anthos, lo aveva preoccupato e innervosito. Raccolse lo sguardo altrettanto inquieto di Dare Yoon, condito da qualche accento di rimprovero al suo indirizzo per via dell’abbraccio in cui stava avvolgendo la ragazza, e le sue iridi nere baluginarono dure e risolute.
Il reggente aveva concesso che la sua futura sposa facesse loro visita. Certo, fuori dalla porta principale dell’ala est erano in attesa almeno dieci guardie reali armate fino ai denti, ma il guerriero Aethalas non pensava che si trattasse di una precauzione nei loro confronti. Se ciò che Adara aveva riportato non era un inganno, allora non era stato il principe di Iomhar ad aver intrapreso tutti quei tentativi omicidi durante il tragitto e i soldati erano lì per proteggere la futura regina da un nemico che anche il principe giudicava pernicioso. O meglio, erano schierati ad uso carne sacrificale in attesa che il reggente giungesse in aiuto come era già accaduto.
“Tsk!” sbuffò l’ufficiale elestoryano, infastidito “Non ci si può aspettare che per un uomo di trent’anni la notte delle nozze sia la sua prima volta, ma avrebbe potuto almeno risparmiarvi i dettagli dei suoi trascorsi!”.
Narsas aggrottò la fronte, disgustato e incollerito. L’indomani lei sarebbe stata tra gli artigli di Anthos e avrebbe dovuto affrontarlo nel suo essere uomo, più che come avversario. Il ragazzo non avrebbe potuto fare nulla, se non pregare che il principe mostrasse almeno un briciolo di rispetto per colei che avrebbe sposato di lì a poche ore. Inghiottire quel boccone amaro gli risultava insostenibile. Tuttavia, interpretò il proprio ruolo per tranquillizzarla, anche se era il primo ad essere su tutte le furie.
“Ha voluto spaventarti, Adara. Il fatto che tu non abbia timore di lui lo innervosisce. Ha fatto in modo di prendersi una rivincita personale, puntando su un argomento cui qualunque donna è molto sensibile” disse, accarezzandole i capelli.
“Al contrario” mormorò la principessa, asciugandosi le lacrime che erano tornate a farsi vedere durante il racconto “Ha sdrammatizzato. Ha addirittura promesso fedeltà. Io… io non so comprendere cosa passi nei suoi pensieri!”.
Dare Yoon si staccò dal camino, avvicinandosi e sistemandosi a terra con loro.
“Guardatelo sempre negli occhi. Nemmeno lui può sfuggire alla vostra empatia. Sono convinto che ne abbia addirittura soggezione. Anche dopo la cerimonia”.
“Io… non ho paura di Anthos e neppure di scrutare nel nucleo della sua bieca disumanità a rischio della vita. Questo sono in grado di compierlo… ma domani lui mi vorrà. Sarà la prima volta per me e… mi chiedo se è normale essere tanto terrorizzata! Se è così per tutte le donne, comprese quelle che invece lo fanno per libera scelta e per amore!”.
Narsas avvampò.
“Beh…” borbottò Dare Yoon, grattandosi la fronte, alquanto imbarazzato per l’argomento “A me pare di no… almeno, non ho visto nessuna paura le volte in cui…”.
“Tu non fai testo” affermò l’arciere, parimenti impacciato.
“Ah, perché tu sì?” ringhiò il soldato, piccato.
“Nemmeno” ammise lui, lieve.
“Senti, Aethalas, puoi parlare per te! Ovviamente non ho avviato un sondaggio, ma se ti dico che…”.
“Mi hai frainteso. Né tu né io possiamo fare appello alla nostra esperienza, in quanto genere maschile. Adara dovrebbe confrontarsi con una donna per sapere certi dettagli, noi siamo ben lontani dal comprendere”.
La principessa arrossì, realizzando di aver involontariamente messo a disagio i compagni con una questione tanto intima.
“Mah… in effetti” bofonchiò il soldato goffamente, abbassando lo guardo “Noi ci facciamo meno problemi in generale…”
Narsas sorrise, incarnando una calma che non provava.
“Dovresti chiedere al principe licenza di contattare Elestorya, non solo per far sapere alla regina che sei arrivata a Jarlath, ma anche che stai per contrarre matrimonio. Parlare con lei… è tua madre” suggerì, cambiando argomento.
“L’ho fatto. Ha risposto che se ne occuperà personalmente”.
“Maledetto demonio!” imprecò Dare Yoon “Spranga tutte le porte!”.
“Passeremo dalle finestre in tal caso” ribatté l’arciere, risoluto “Nel mentre, tu dovresti cercare di dormire, Adara, e non qui con me sul pavimento”.
Aprì la mano e nel palmo luccicò una delle fialette verdi che aveva recato con sé.
“E’ sonnifero” spiegò “Una goccia ti aiuta semplicemente a prendere sonno. Due ti spediscono nel mondo onirico all’istante e per alcune ore non sentiresti neppure i rintocchi della fine del mondo. Tre inducono uno stato simile alla morte. Prendilo con te, potrebbe esserti utile”.
La principessa esitò. Lo sguardo intenso e triste di Narsas offriva un’indicazione differente da quella appena enunciata. Silenziosamente pregava.
Se ti accorgerai di non riuscire a sopportare la vicinanza carnale di quell’uomo, se vorrai sfuggire alla consapevolezza mentre lui farà di te ciò che desidera, scegli il livello di incoscienza in cui vuoi precipitare. Scegli cosa ricordare.
“E quattro?” domandò Dare Yoon, mentre Adara infilava la boccetta nel corsetto.
“Non ti conviene sperimentare” rispose il guerriero.
 
Anthos osservò il tramonto carico di biancore scendere sulla sua terra vessata dalla maledizione. Sarebbe finita. Presto. Tutto avrebbe cessato di esistere, tranne quanto avrebbe deciso di risparmiare. Ben poco, nei suoi piani.
Adara aveva manifestato pena e affetto per Iomhar, pur trovandosi al Nord da due soli giorni, mentre lui non aveva mai provato niente per essa.
Lei l’aveva aspramente rimproverato e una scintilla del suo accorato discorso aveva continuato a brillargli nella mente. Era un uomo intelligente e dotato di una profonda attitudine al raziocinio: riconosceva perfettamente la propria mancanza di pietà, la propria efferata crudeltà, la propria feroce disumanità. Dunque, non era stata certo quella ragazzina a fargli scoprire l’entità scura del suo essere.
Ma lei splendeva nel profondo… e la sua luce l’aveva costretto a notare l’ombra. Un’oscurità di cui era consapevole, ma che restava celata e segreta nei recessi della sua anima, in quanto priva di fonti irradianti. Un buio che si compiaceva di se stesso e si crogiolava nella tenebra sicura dell’assenza. Alle sue spalle, mai difronte a lui. Invece, Adara aveva cambiato la prospettiva.
Si impose la calma. La principessa non aveva dissolto ciò che lui era. Non aveva trasformato nulla. L’aveva solo esposto al chiarore. Bene, almeno ora aveva imparato qualcosa sul reggente del Nord. Lui bramava essere ciò che era. Allora perché quel faro puntato su di lui bruciava così tanto?
Leu-Mòr lo accolse nel suo guscio verde, in un potere ancestrale che solo il principe riusciva a leggere e sopportare. Un memento, un ricordo… un vecchio amico fedele.
Spalancò la finestra della camera da letto vuota e uscì sul terrazzino invaso dalla neve. Il mantello si gonfiò, nero e avvolgente. Il freddo non lo sfiorò.
Vi prego, concedete che possa comunicare con Erinna! Mia madre sarà terribilmente in ansia! E poi è giusto almeno che sappia di noi, per lei sarà già un così grande dolore non potermi restare vicina…
Lo strik con l’annuncio del matrimonio era già partito. Anthos non era tenuto ad accondiscendere a ulteriori richieste. Però lo avrebbe fatto per disprezzo, così si disse, verso quella che Adara considerava un’isola felice.
Concentrò la propria energia, affondando le mani nude nella coltre gelata, portando la propria mente altrove, al ritmo della bufera che si abbatteva sulle torri squadrate della sua città tormentata.
Il tramonto abbacinante e infiammato di Elestorya lo percosse, costringendolo a una breve pausa. Distolse lo sguardo dal cielo arrossato, solcato da nuvole bluastre e maligne, e si portò oltre, attraverso le sale ariose del palazzo reale.
Dionissa, la sacerdotessa dal Kalah cieco, stava leggendo alcuni scritti e i suoi occhi verdi seguivano le righe vergate d’inchiostro in piena concentrazione. Il suo viso era il ritratto dell’inquietudine più pura, ma qualcosa in lei restava sereno e fermo.
Il principe fece oscillare le candele e le lampade contemporaneamente, gettando l’ambiente in un chiaroscuro contrastante. La fanciulla sollevò il capo, sorpresa.
La sua figura evanescente si proiettò cupa attraverso la penombra, stagliandosi nella mente di lei come in uno specchio.
Dionissa proruppe in un’esclamazione e lasciò cadere le pagine, balzando in piedi all’istante, con la mano stretta al petto.
“Vostra sorella non vi assomiglia molto” esordì l’apparizione.
“Principe Anthos!” esalò lei, socchiudendo le palpebre e concentrandosi sul suo viso.
“Mi riconoscete pur non avendomi mai incontrato?” commentò divertito il giovane “Oppure l’acqua vi ha rivelato un’immagine tanto nitida di me?”.
“No, sono i vostri occhi che… Parlavate di Adara! Dov’è mia sorella?”.
“Sana e salva a Jarlath” rispose lui “Con la Profezia al seguito, come ordinato”.
Dionissa trasse un sospiro di sollievo, ma continuò a sentirsi in pericolo.
“Eravate in grado di contattarmi a vostro piacimento! Perché vi mostrate solo ora, pur sapendo che avremmo avuto necessità di incontrarvi da lungo tempo? In questo modo avremmo evitato che Adara lasciasse Elestorya!”.
Il giovane rise, algido. Le fiamme ruggirono nelle sue iridi dorate.
“Non era di mio interesse ascoltare le sciocche richieste del Sud, quanto invece attirare vostra sorella a Jarlath. Ma non temete, ho promesso a Adara che avrei considerato e interpretato gli scritti sacri che ha portato. Fa parte degli accordi”.
“Accordi?!” ripeté la principessa, iniziando ad avvertire come un vuoto nello stomaco.
La sua preoccupazione si riverberò nella mente di Anthos.
“Precisamente. Uno strik giungerà a voi con i dettagli. Io sono qui solo perché Adara me l’ha chiesto. Desidera che sappiate che domani diventerà mia moglie”.
“Cosa!?” gridò Dionissa, agghiacciata “È una menzogna!”.
“Affatto. Sorpreso che non ve ne rallegriate” sogghignò.
“Siete uno scellerato! Mia sorella non avrebbe mai acconsentito! Quale dei vostri incantesimi avete usato su di lei per strapparle il consenso!?”.
“Nessuno in verità. Lo fa per… salvare il mondo. Così mi ha detto”.
“Non vi azzardate…” fremette la veggente, in preda a una collera incontenibile “Non osate toccarla o dovrete vedervela con me!”.
“Mi avevano raccontato del sangue caldo dei Thaisa” sferzò lui, impassibile “Guardandovi, non pensavo l’aveste ereditato anche voi. Chissà, magari avrete presto un nipote a perpetrarne la discendenza”.
Dionissa concentrò su di lui la propria ira, ma non servì.
“Voi non siete un essere umano, Anthos di Iomhar! Siete un mostro e la vostra crudeltà vi annienterà. Ve lo garantisco! Lo scorgo con chiarezza estrema!”.
Il principe aggrottò la fronte e non raccolse la sentenza, prendendola come una mera provocazione. Ma l’incubo fluttuò nella sua mente per un istante.
“Staremo a vedere. Con permesso, altezza” mormorò incolore.
Sparì, lasciando la giovane donna nella disperazione più totale.
 
Adara osservò la propria immagine riflessa nella specchiera.
Il meraviglioso abito bianco, ornato di cristalli preziosi, aveva un lungo strascico di tessuto impalpabile. Aderiva sui fianchi in morbide piegature ed era serrato sul davanti da un elaborato incrocio di stringhe di nastro candido, che quasi non le permetteva di respirare. O forse era solo l’ansia indomabile a fornirle quella sensazione di soffocamento.
Il coltello d’argento pendeva sul suo seno, agganciato a una catenella sottile, e le gemme del fodero lavorato brillavano come stelle, celandone la lama letale.
Aveva appreso da Màrsali la storia di quell’accessorio tanto fuori luogo in un giorno che avrebbe dovuto essere di pura gioia.
Il rito antico che lui aveva nominato, ecco cos’era. Uccidere. Morire. Amare.
A Elestorya, nessuno avrebbe mai portato un oggetto del genere. Sospirò, infelice. Lei non era nella sua terra natale, dove le spose indossavano vestiti scarlatti e si univano nel tramonto all’uomo di cui erano innamorate. Era a Iomhar, il colore che portava non faceva che esprimere il freddo e l’assenza di sentimenti. Il pugnale era destinato a frantumare qualcosa. Un cuore, per esempio. O più di uno.
Lo sguardo si posò sulle maniche che terminavano a punta, che le inguainavano le braccia, e sul mantello foderato di pelliccia chiara, che avrebbe dovuto proteggerla dalla temperatura polare. Ma non da lui.
Una delle ancelle terminò di appoggiarle il velo trasparente sui capelli semi raccolti, che le scendevano sulle spalle in onde scure.
“Siete splendida, mia signora” cinguettò incantata “Il nostro principe si scioglierà come ghiaccio al sole davanti a voi, appena vi scorgerà…”.
Adara sorrise con mestizia, distogliendo lo sguardo dal proprio riflesso.
“Nessun sole, neppure il dio che lo incarna, riuscirebbe a stemperare un gelo come quello…”.
“Oh no, che dite! Non siate infelice, è normale avere dei dubbi quando c’è un cambiamento, mia madre lo ripete sempre! E poi, lui è un uomo così bello…”.
“Se hai finito, puoi andare” suggerì Màrsali alla ragazzina troppo esuberante, cogliendo lo sguardo rannuvolato della principessa.
Adara la guardò con gratitudine e le strinse forte le mani nelle sue.
“Fatevi coraggio” sussurrò la veggente, intenerita e triste “E’ ora di andare”.
 
Il santuario maggiore di Jarlath era imponente e massiccio. Le volte di pietra scolpita, appoggiate ai solidi capitelli squadrati, incombevano pesanti sulla sala delle cerimonie, rischiarata dalle torce infisse agli anelli delle pareti e dalle lampade poste nei punti strategici della stanza.
Adara si affacciò sul lungo corridoio che portava all’altare, osando appena sollevare lo sguardo celato dall’organza leggera. Non erano presenti molte persone. Avrebbe dovuto immaginarlo. Forse erano i membri delle famiglie più importanti del Regno, che chiaramente non avevano potuto ricusare l’occasione della quale erano tenuti a essere spettatori. Lo capiva dai loro sguardi spenti e carichi di timore, dall’assenza di festosità, dalle loro pose rigide e artefatte sulle panche di legno scolpite.
Ebbe un tremito. Anthos l’attendeva alla fine della corsia.
Indossava un abito del colore del ghiaccio, dai tenui riflessi azzurri, con una casacca priva di bottoni e incrociata sul petto, rinsaldata in vita da una stola celeste decorata d’argento. Il Medaglione baluginava sulla sua pelle abbronzata come un occhio maligno a tre pupille. La custodia metallica della spada scintillava alla sua sinistra, un artiglio pronto a essere sfoderato.
Sulla fronte portava un semplice diadema dorato a fascia, probabilmente la corona del Nord a giudicare dall’aspetto. Alle spalle era affibbiato un lucido mantello candido, che scendeva a terra in una coda di qualche metro.
“Chi conduce la donna promessa a quest’uomo?” domandò all’improvviso il celebrante con voce stentorea, facendo rimbombare l’ambiente silenzioso.
Adara sussultò. Il rito era iniziato.
“Io” disse Dare Yoon, affiancandosi alla principessa e stringendole il braccio con vigore, fiero e virile nell’alta uniforme color tortora di Elestorya.
Il soldato la guardò per infonderle coraggio, anche se in quel momento l’unico desiderio che avvertiva con prepotenza era quello di portarla lontano da lì. Non da quel maledetto bastardo. Eppure, stava avanzando con la ragazza che avrebbe dovuto proteggere verso la sua condanna. Toccava a lui, sì. Non lo avrebbe lasciato fare a Narsas neppure sotto tortura. C’era già troppo dolore nell’anima del giovane guerriero, mentre nella sua restava sufficiente spazio per sopportare.
“Che i testimoni avanzino” declamò il fehart, annuendo solenne.
L’arciere Aethalas seguì i due compagni a poca distanza, con la veste formale rossa e oro che frusciava come seta e l’arco al rovescio sulla destra in segno di tregua. Attraente e misterioso nel silenzio della propria sofferenza interiore.
Più di una delle donne presenti si sporse sfacciatamente ad ammirarlo.
Anthos ricevette la mano della sua prossima sposa e la sfiorò con lo sguardo. Adara sollevò il viso e incontrò il suo gelido sorriso, quello terrificante e inumano, che riusciva a privare il mondo del suo colore.
“Davanti a me, Bedwyr, sacerdote del santuario maggiore di Jarlath, e davanti ai convenuti date voce alle vostre libere promesse, sugellandole con il giuramento che vedrà lo spegnersi di una di queste tre fiamme sacre” proseguì l’officiante.
Il principe non esitò, prendendo la parola per primo, come suo diritto.
“Io, Anthos, principe di Iomhar e reggente del Medaglione del Nord, assumo il mio voto sulla Gemma sacra dei fiumi, qui rappresentata dalla candela azzurra e in presenza sul gioiello che porto. Liberamente mi impegno e giuro di non ingannare la donna che prendo in sposa, promettendole fedeltà”.
La fiamma si spense al suo soffio leggero e tutti gli occhi puntarono la ragazza, bella e assorta, che gli stava al fianco.
Io sono la variabile, si ripeté lei con convinzione.
No. Non avrebbe dato a nessuno la soddisfazione di vederla tremare. Non a lui. La sua voce risuonò chiara e priva di timore.
“Io, Adara, terza principessa di Elestorya, assumo il mio voto sulla Gemma sacra dei ghiacci, qui rappresentata dalla candela argento. Liberamente… mi impegno e giuro di non ingannare l’uomo che prendo in sposo, promettendogli fedeltà”.
Il secondo fuoco si estinse.
Dare Yoon fece del suo meglio per non sogghignare alla pausa strategica che la giovane aveva compiuto dopo l’avverbio “liberamente”.
Anche Anthos se ne avvide e le sue iridi d’ambra scintillarono divertite e spietate alla fiamma rimasta. Quasi nessuno poneva la promessa sulla candela dei ghiacci, come se portasse sfortuna all’unione giurare su qualcosa che avrebbe potuto sciogliersi facilmente. Lei lo aveva fatto per dirgli che, da quell’istante in poi, avrebbe difeso il Nord dal male cui pareva condannato a causa della sua perfidia. Ne era certo.
“Che cosa desiderate per la vostra sposa, principe di Iomhar?”
“Che mi dia presto un figlio” rispose lui quasi distrattamente.
“E voi, principessa di Elestorya, che cosa desiderate per il vostro sposo?”.
“Che abbia un cuore”.
Il fehart sbiancò a quell’affermazione, che esplose come un oltraggio, riverberò in eco sulle volte arcuate del tempio e si smorzò in un silenzio di congelato terrore.
I presenti trattennero il fiato, impauriti, certi che il reggente avrebbe reagito a quell’ingiuria con i metodi che tutti avevano sperimentato più o meno direttamente.
Narsas sorrise, leggero, come se quella fosse la lezione che si aspettava da lei.
La tensione generale raggiunse il picco.
La risata di Anthos si propagò per la sala, allentando l’apprensione senza farla scemare del tutto, poiché i convenuti sapevano che l’ultima parola era pur sempre la sua, raramente espressa verbalmente.
“Datemi la vostra mano, Adara” disse, scuotendo la testa con ilarità “Chissà che gli dei non stiano ascoltando…”.
Le infilò all’anulare un cerchietto d’oro bianco opalescente e le porse il gemello insieme con la sinistra.
Mettergli quel simbolo avrebbe praticamente concluso la cerimonia. Forse la sua vita. La principessa esitò, perdendosi nell’ambra scura delle sue iridi penetranti. Ma avrebbe inaugurato la missione, lo scopo per cui era giunta fin lassù. Non avrebbe mai rinunciato. Sarebbe divenuta metà di Anthos.
L’anello scintillò al pollice di lui e le loro mani rimasero congiunte.
“In assenza di opposizione all’unione di questi due giovani sposi, io, Bedwyr, dichiaro che così è stabilito…”.
“Io mi oppongo!!” gridò una voce stentorea dal fondo del tempio.
Adara trasalì a quell’accento noto. Si stava sbagliando…Non poteva essere…
Un mormorio stupito e sconvolto si diffuse tra i convenuti, che si girarono all’unisono.
Anthos trapassò la penombra con uno sguardo carico di fredda furia.
Una figura alta e snella avanzò in piena luce, scostando il mantello e sguainando la spada. Si fermò al centro della stanza con ferma aria di sfida.
Dare Yoon spalancò gli occhi, incredulo, con un potente batticuore nel petto.
“Comandante…” mormorò, come davanti a un’apparizione.
“Rei…” sussurrò la principessa come in un sogno.
Era dimagrito e i suoi vestiti erano vissuti e consunti. Un filo di barba incolta gli incorniciava il viso, i lisci capelli neri erano sparsi in disordine sulle spalle. Ma le braccia che reggevano l’arma esprimevano un vigore mai estinto e gli occhi grigio acciaio bruciavano d’ardore e di collera.
“Io contesto la validità di questa farsa!” continuò il nuovo arrivato “E mi sorprendo che sia stata avvallata fino a questo punto!”.
L’occhiata di riprovazione si abbatté in particolar modo sui due uomini accanto alla principessa. Dare Yoon si sentì trafiggere e avvampò come se fosse colpevole.
“Ma cosa crede?” gli bisbigliò Narsas all’orecchio “Si farà ammazzare e basta!”.
“Dichiarate il vostro nome, straniero!” tuonò il reggente, facendosi avanti.
“Mi chiamo Aska Rei” rimandò il giovane “Comandante della Guardia reale di Elestorya, difensore della Campionessa del Regno. A che vi serve saperlo? Ricordatemi semplicemente come quello che porrà fine a questa commedia!”.
“Per l’epitaffio” saettò il principe con un sogghigno spietato.
“Disposto alla sfida” ribatté lui, brandendo la lama mortale.
“No, Rei… ti prego!” esclamò Adara, atterrita.
 Anthos la tenne indietro con un cenno imperioso e scese i pochi gradini che lo separavano dall’importuno sfidante.
“Il rito è valido e pienamente legittimo. Osate affermare che la principessa non sia nel pieno delle sue facoltà?”.
“No. Che non lo siate voi, a giudicare da quanto ho visto nella vostra sfortunata Iomhar. E che dunque la stiate costringendo con il ricatto, non avendo a disposizione altre alternative per conquistarla onestamente”.
“Ardite insultarmi in casa mia e pensate che questo possa venire tollerato? Quello in difetto di consapevolezza siete voi, a quanto sembra. Adara ha accettato la mia proposta. Le condizioni sono state trasmesse al Sud con apposto anche il suo sigillo. Non vedo come la cosa possa riguardarvi!”.
“Non sta mentendo, Rei!” gridò la ragazza, scorgendo la magia frenata a stento guizzare tra le dita contratte del reggente “Ti spiegherò tutto dopo, te lo prometto! Ti supplico, non sfidarlo…”.
“Gettate la spada, comandante” ordinò Anthos, minaccioso e terribile.
“Fatevi avanti, altezza, non vi temo. Non cederò ad alcuna intimazione!”.
“Davvero?” sferzò il principe, sagace “Urien!” tuonò.
La sagoma incappucciata del Primo Consigliere sgusciò da dietro una colonna, tetra e fosca, in un brillio d’occhi borgogna che parevano l’espressione del male incarnato. Non era solo. Trascinava bruscamente un uomo incatenato, piegato su se stesso, con le mani legate dietro la schiena, che faticava persino a camminare. Lo obbligò a inginocchiarsi e lo costrinse ad appoggiare il collo su uno sgabello, come se fosse un ceppo da esecuzione. La luce piovve sul viso stanco e cereo del prigioniero.
“Vi imploro…” sussurrò questi, colmo di sgomento “Abbiate pietà…”.
Il Crescente infuriò, montando esponenzialmente come un gradiente di marea.
Adara si sentì mancare e diede un grido lacerante, cercando di raggiungere il disgraziato ostaggio, ma Anthos la trattenne saldamente.
“Principe… Shion!?” balbettò Aska Rei, altrettanto sconvolto.
“Haffgan” chiamò il reggente, mentre Adara fremeva contro di lui, incapace persino di piangere alla vista del fratello in quelle condizioni.
Il gigantesco demone delle carceri si staccò dal muro con un movimento indolente, sciogliendo dal torace villoso le braccia possenti. Sollevò con aria impassibile una pesante scure a due lame sul giovane inginocchiato, bilanciandola sotto lo sguardo devastato della principessa.
“Quanti colpi?” domandò poi, incolore e distante.
Adara impallidì. Quell’energumeno turpe e inespressivo era il guardiano delle prigioni. Il marito di Màrsali, colui che aveva usato violenza alla veggente. L’uomo nonostante il quale la fanciulla non aveva perso né la speranza né il coraggio né il sorriso. Vederlo di persona la fece rendere conto della greve realtà. Lei, la Campionessa del Sud, sarebbe rimasta inerte a tremare, anziché mostrare di che pasta era fatta? Strinse i pugni e li piantò sul petto del principe.
Anthos spostò lo sguardo su di lei, lievemente sorpreso.
“Se pronuncerete quell’ordine, io non vi perdonerò mai!” dichiarò, furibonda.
“Aiutatemi, comandante…Vi supplico!” rantolò Shion, carico di disperazione, con l’ombra dell’ascia affilata proiettata negli occhi nocciola.
Aska Rei imprecò. Non avrebbe mai messo a rischio la vita del principe ereditario. Era in scacco. Maledetto. Gettò la spada a terra con un’esclamazione rabbiosa.
“Ragionevole” sogghignò il reggente.
Il suo potere esplose e si abbatté sull’indomito capitano, scaraventandolo a qualche metro di distanza e lasciandolo a terra immobile.
“No!” urlò Adara, esterrefatta, nel panico più totale.
Dare Yoon impugnò l’elsa celata sotto il mantello, fuori di sé dalla rabbia. Prima la principessa, poi il nobile Shion e ora il suo più caro amico. Il rimprovero che questi gli aveva rivolto era pienamente giustificato. Che diamine gli stava passando per la testa? Non aveva mai accettato i compromessi in vita sua, mentre ora, da troppo tempo, per debolezza, per rassegnazione…
“Non ci pensare neanche” sibilò Narsas, trattenendolo per una spalla.
“Lasciami, Aethalas, o colpirò anche te!”.
“Non sei tu quello che non cede all’impulsività?” sbottò l’arciere “Le tue sono prediche vuote che non valgono per te? Morirai e vanificherai tutto ciò che è stato. Tutto ciò che Adara sta sostenendo per noi. Le darai un dolore in più. No, Dare Yoon! Aska Rei non può conoscere i fatti, altrimenti non ci avrebbe rivolto il suo biasimo e non si sarebbe lanciato contro il reggente. Avrebbe appoggiato la nostra pur sofferta decisione. Noi dobbiamo aiutarlo e informarlo. Perciò, stai calmo!”.
“Tsk!” soffiò il soldato, abbandonando a malincuore l’impugnatura, con uno sguardo furente sul corpo inerte del suo capitano “Detesto quando hai ragione”.
“Portatelo alle prigioni!” intimò Anthos, infastidito “Pagherà con il sangue l’irriverente interruzione della cerimonia! Cinquanta frustate dovrebbero bastare. Cerca di non ammazzarlo prima che io l’abbia interrogato, Haffgan!”.
Il guardiano si inchinò e fece un cenno a due delle guardie, che trascinarono via in vece sua il giovane privo di sensi. Non abbandonò né la posizione né il manico della scure, posata a terra accanto al collo di Shion.
“Bedwyr” mormorò il reggente, rivolgendosi al fehart “Finiamola alla svelta”.
L’anziano sacerdote annuì ansimando e spense il cero blu. Il buio s’infittì.
“Così è stabilito, da ora e per sempre” sancì poi, solenne, concludendo il cerimoniale.
   
 
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