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Autore: Harley Sparrow    22/11/2019    2 recensioni
Sequel di This is Us – Youth e di This is Us – Bond
Anno 1995/1996
Per Edmund, Frannie e Margaret inizia l’ultimo anno alla Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts. L’ombra del ritorno di Voldemort si allunga silenziosa, e i ragazzi ne subiranno le conseguenze. Scopriranno presto che il mondo magico non è più quello di una volta.
Con la professoressa Umbridge più odiosa che mai, segreti da tenere nascosti, i rapporti fra le Case che si fanno più freddi, la fine di qualche amicizia e un’alleanza inaspettata, riusciranno i nostri eroi a superare i MAGO e a prepararsi alla vita fuori da Hogwarts?
*
[Dal capitolo IV]
«Usare incantesimi di Difesa?! Non riesco a immaginare una situazione nella mia classe che richieda di ricorrere a un incantesimo di Difesa. Lei si aspetta forse di essere aggredita durante la mia lezione, signorina…?»
«Oaks» rispose Laetitia.
Frannie fissò l’insegnante incredula. Non aveva mai sentito una castroneria simile, nemmeno dal professor Allock, e comunque a quei tempi sarebbe stato divertente. Ora non lo era, non lo era per niente.
Genere: Angst, Generale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Dolores Umbridge, Fred Weasley, Nuovo personaggio, Serpeverde, Severus Piton
Note: AU, Cross-over, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Until the very end'
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XIII 
 
LA FINE DEL PRIMO TRIMESTRE 


 
Caro Edmund,
Di’ pure a Tony di non preoccuparsi, gli faccio fare un giro volentieri! Il 21 sarò al San Mungo tutto pomeriggio, il 22 alla mattina, fammi sapere quando preferite venire, vi faccio fare un giro nella pausa.
Spero che a Hogwarts stia andando tutto bene, qui a casa non vediamo l’ora di rivedere te e Lucy. Mamma e Susan ti mandano un abbraccio.
A presto,
Peter”
 
Edmund rilesse velocemente la lettera e finalmente alzò gli occhi per guardare Frannie.
“Ha detto che ci sta!” disse passandole la lettera e tornando a concentrarsi sui suoi waffle.
Qualche settimana prima, Tony aveva espresso il suo desiderio di vedere con i suoi occhi il San Mungo, dal momento che ci era stato poche volte e solo per accompagnare il padre per delle cure, e non sapeva né come funzionasse né come fosse organizzato. Frannie si era subito offerta per chiedere al padre, ma Tony aveva rifiutato, sapendo in partenza che con Josh Firwood si sarebbe sentito in soggezione, anche se con lui andava molto d’accordo. A quel punto Edmund aveva pensato che suo fratello, che conosceva molto bene Tony, lo avrebbe fatto volentieri. Di sicuro gli avrebbe dato qualche dritta per come diventare tirocinante, e magari anche qualche parere personale su come andavano le cose da quelle parti.
Una volta finito di leggere, Frannie si sbracciò verso Tony per invitarlo a sedersi con lei. Quando il ragazzo arrivò salutò cordialmente i tre ragazzi, si sedette e diede un bacio a Frannie.
“Peter ha detto che può il ventuno o il ventidue!” disse Edmund.
Tony sorrise emozionato.
“Davvero? Gli farò un regalo per ringraziarlo!” disse. “Verrete anche voi?”
“Io di sicuro, ti accompagno!” disse Frannie.
“Io quasi quasi vengo… Non ho mai visto il San Mungo!” disse Mag chiudendo definitivamente il libro di Antiche Rune su cui stava ripassando.
“Non ti perdi chissà che cosa, Mag” disse Edmund dandole una gomitata affettuosa. “Però vieni anche tu, così ci dici se c’è qualche differenza con gli ospedali babbani”
“Adesso sono curiosa” disse la ragazza con un sorriso. “Sì, verrò anche io!”
“Allora è deciso! Io preferirei andare il ventidue, per voi va bene?” disse Tony. Non stava più nella pelle.
Rimasero a organizzarsi per qualche minuto, poi ognuno andò per la sua strada.
Dopo il compleanno di Mag, i giorni erano passati velocemente. Mancavano tre giorni al ritorno a casa e mai come allora erano stati così felici di tornare per il Natale. Quella prima parte dell’anno era stata molto pesante e tutti quanti avevano bisogno di una boccata d’aria fresca, di poter parlare liberamente di quanto odiassero la situazione che aveva creato la Umbridge. Hogwarts era ancora la loro casa, ma non era più il luogo accogliente di un tempo. Forse la Umbridge riusciva a controllare le opinioni sul ritorno di Voldemort, ma non era in grado di fermare le esternazioni razziste degli studenti nei confronti di altri studenti – e forse non le interessava farlo. Più si impossessava di Hogwarts, meno Edmund, Mag e Frannie si sentivano al sicuro all’interno delle sue mura, e con loro molti altri studenti che si rendevano conto di quel che stava succedendo là fuori. Erano pochi i motivi che li spingevano ad andare avanti. Le esercitazioni private con Piton erano senza alcun dubbio uno dei motivi principali che li spingeva ad affrontare le giornate con il sorriso sulle labbra.
In poco più di un mese erano migliorati moltissimo, avevano imparato tante cose e allenarsi da soli non era più così difficile e stressante. Piton era molto duro e rigido, quasi più del solito, ma si vedeva che ci teneva molto ad aiutarli e a fare in modo che imparassero come difendersi. Probabilmente si comportava così perché era più consapevole dei ragazzi di quello che li attendeva fuori dalla scuola.
Dopo la colazione, Mag e Edmund andarono in biblioteca per finire i compiti, mentre Tony e Frannie si fecero un giro nel cortile innevato. Edmund doveva scrivere un tema per Montague, come gli aveva promesso che avrebbe fatto per comprare il suo silenzio sulla festa alcolica che avevano fatto per Mag. Ovviamente con Piton non poteva permettersi di duplicare il suo, per cui dovette riscriverlo da capo, prendendo spunto dal suo. Mag si era offerta di aiutarlo, ma lui si era fermamente opposto.
“Finito” sussurrò Edmund posando con rabbia la penna sul tavolo e si allontanò un po’ con la sedia.
“E con questo il tuo debito è saldato, giusto?” chiese Mag con un sorriso. 
Edmund annuì soddisfatto e Mag si sporse verso di lui per dargli un bacio sulle labbra. Fortunatamente nessuno era nei paraggi, men che meno Madama Pince o la Umbridge, altrimenti l’avrebbero pagata cara.
“A me manca pochissimo” disse guardando il questionario di Storia a cui stava rispondendo. Aveva ancora solo due domande.
Lui decise che il suo lo avrebbe fatto più tardi. Gli scoppiava la testa e rimase a sfogliare pigramente un libro rimasto sul tavolo mentre la aspettava. Più tardi Mag, in gran segreto, avrebbe fatto scivolare le risposte nel suo libro, sperando che lui le accettasse senza fare troppe storie. Le dispiaceva che dovesse rimanere sveglio fino a tardi per colpa di quel loro compagno odioso.
Quando anche lei ebbe finito decisero che sarebbero andati in Sala Comune a riposarsi prima di andare all’ultima lezione con Piton prima delle vacanze. Edmund fece un salto nel dormitorio per mettere sul comodino di Montague il tema di Pozioni.
Quando scese trovò Mag seduta di fronte a Frannie; parlavano a bassa voce. Avvicinandosi capì che stavano parlando di Piton, per cui si sedette in silenzio e si mise in ascolto.
“Certo che ci ha dato un bel aiuto in questo mese…” disse Mag con un sospiro. “Dobbiamo proprio ringraziarlo”
“Se fosse una persona più affabile gli farei fare una torta, ma secondo me ce la lancerebbe dietro” disse Frannie.
“Magari apprezza” azzardò Edmund con un’alzata di spalle.
“E magari ci bacia e ci abbraccia” disse Mag ridacchiando.
“Blah” disse Frannie con un ghigno.
“Possiamo ringraziarlo, ma qualsiasi regalo lo respingerebbe, vedete come ci tratta anche quando siamo soli con lui!” disse Edmund.
“Che peccato” disse Mag. “Non si rende neanche conto di essere una brava persona”
Brava persona è un po’ esagerato per Piton…” disse Frannie ridacchiando. “Però hai ragione, sta facendo una bella cosa per noi. Lo ringrazieremo e gli augureremo buon Natale, stop”.
“La torta gliela faremo recapitare dopo i MAGO” disse Edmund “Così non rischiamo che ci bocci per ripicca”
“Che tipo, mamma mia” borbottò Mag. 
La lezione fu più leggera del solito. Piton spiegò che non voleva aggiungere nuovi argomenti perché era sicuro che li avrebbero dimenticati durante le vacanze. Si limitò a invitarli ad allenarsi, se riuscivano. Ormai gli incantesimi non verbali che lanciavano avevano quasi la stessa intensità di quelli pronunciati ad alta voce, e Frannie era migliorata molto a lavorare senza la bacchetta, anche se la usava sempre per metà lezione, così da non rimanere troppo indietro rispetto ai compagni. Aveva provato a spiegare agli amici come fare a non usarla, ma lei ci aveva messo quasi due mesi per riuscire a fare i primi incantesimi senza, quando era stata a Uagadou, per cui dopo poco Mag e Edmund ci avevano rinunciato.
Alla fine della lezione, quando Edmund respinse l’ultimo Schiantesimo di Piton, il professore gli voltò le spalle.
“Basta così” sibilò andando a posare la bacchetta sulla cattedra.
 Mag e Frannie, che stavano osservando la scena parlottando sommessamente fra di loro, si fermarono all’istante.
“Vi permetto di continuare a venire anche dopo Natale” annunciò.
I tre lo guardarono fingendosi piacevolmente sorpresi. In realtà davano per scontato che avrebbero continuato. Forse Piton lo aveva detto per non dover dire loro esplicitamente che erano bravi.
“Grazie” disse Mag guardando i due amici.
Piton stava ancora dando le spalle ai tre, quando Edmund si fece avanti.
“Professore” lo chiamò arrossendo lievemente. Piton si voltò leggermente, in ascolto.
“Noi… Volevamo ringraziarla di cuore per quello che sta facendo per noi” disse guardandosi la punta delle scarpe.
“…Non tutti gli insegnanti lo avrebbero fatto” aggiunse Frannie “Siamo molto riconoscenti”
Una risposta carina sarebbe stata “E non tutti gli studenti chiederebbero una cosa del genere”, oppure “E voi mi rendete fiero”, ma questa risposta non arrivò, e loro non se l’erano neanche aspettata. Piton si voltò e li squadrò attentamente, Mag avrebbe potuto giurare di averlo visto acquistare un po’ di colore, anche se durò un istante.
“Esercitatevi durante le vacanze. Ci accorderemo per la nuova lezione una volta tornati. Potete andare”
I tre rimasero in piedi a fissarlo per un attimo.
“Passi un buon Natale, professore” disse Mag sforzandosi di sorridere, anche se dalla risposta che aveva appena dato, ignorando deliberatamente i loro ringraziamenti, si sentì estremamente stupida. Anche Frannie e Edmund si sentivano allo stesso modo, ma si sforzarono di sorridere.
“Grazie.” disse con aria di sufficienza, senza aggiungere altro. Si voltò e loro capirono che era ora di squagliarsela.
Mentre raggiungevano la Sala Comune discussero sulla totale mancanza di sensibilità e simpatia del professore, anche se però erano felici che volesse continuare a vederli anche dopo Natale.
“È talmente abituato a fare lo stronzo che probabilmente non ricorda neanche come si fa a essere gentili” disse Mag.
“…Ammesso che lo sia mai stato” disse Frannie.
“…Ammesso che qualcuno gli abbia mai voluto bene…” aggiunse Edmund.
“Chissà” disse Mag “Comunque tutto sommato ci sta trattando bene, magari non si sarà affezionato, ma almeno ci rispetta”
“E ha capito che per noi è importante” disse Edmund.
“Ed è la cosa più importante!” disse Frannie mentre continuavano a camminare.
“Che bello, non vedo l’ora di tornare a casa! È da due anni che non faccio il Natale con i miei genitori!” disse Frannie quando furono dentro alla Sala Comune, sedendosi su un divanetto davanti al camino.
“Anche io!” sospirò Mag “Menomale che i miei hanno deciso di spostare la festa alla cena, a pranzo non ci sarebbero state neanche le mie cugine, mi sento la coscienza più leggera”
A Edmund non cambiava molto, ma era felice di passare il Natale con tutta la sua famiglia, i suoi amici e la sua ragazza. Era un sogno che si avverava, anche se temeva un po’ la madre. Faceva ancora fatica a fidarsi di lei, timoroso che un giorno ricadesse nel tunnel della depressione, anche se Peter continuava a dirgli che stava sempre meglio e lei stessa gli scriveva regolarmente una volta ogni due settimane.
Ma l’importante era che per la prima volta, da quando aveva iniziato Hogwarts, sarebbe tornato a casa.
“Sarà strano svegliarmi nel mio letto, a Natale” disse con finta noncuranza.
Mag gli sorrise e gli strinse un po’ la mano. Quando Edmund esternava questi pensieri le faceva sempre tanta tenerezza, e anche Frannie pensò la stessa cosa.
“Sarà più bello quest’anno, un po’ di tranquillità ci farà bene” disse Mag sorridendo.
“Mi spiace per chi rimarrà qui e dovrà vedere quel rospo schifoso anche il giorno di Natale” disse Frannie abbassando la voce.
“Già, dobbiamo ritenerci fortunati” disse Mag alzando gli occhi al cielo.
La serata passò tranquilla e serena, si sentiva nell’aria l’atmosfera natalizia e nella Sala Grande risplendevano i dodici abeti decorati da Vitious e dalla McGranitt.
Fortunatamente per il giorno dopo, che era domenica, avevano fissato una gita a Hogsmeade, e tutti avevano bisogno di fare acquisti in vista del Natale. Il villaggio era ricoperto da una spessa coltre di neve, ma l’atmosfera era calda e serena. Un gruppo di persone cantava le carole di natale lungo la via principale, e ogni volta che i ragazzi passavano sentivano il cuore che si riscaldava. Una volta finiti gli acquisti, fatti ognuno per conto suo o a coppie, i tre Serpeverde si ritrovarono con Tony, Jasmine, Aladdin, Adrian e Miles per una cioccolata calda da Madama Piediburro. Jasmine e Aladdin sarebbero rimasti a Hogwarts durante le vacanze, ed erano un po’ giù di morale. Cercarono però di non parlare di cose tristi, e passarono un bel pomeriggio in compagnia. Frannie avrebbe voluto aver vicini anche i gemelli e Laetitia, ma con i primi non poteva farsi vedere troppo, mentre con Laetitia i rapporti si erano leggermente acquietati, ma non abbastanza da tornare a uscire insieme come un tempo. Semplicemente si ignoravano a vicenda.
L’indomani ci sarebbe stato l’ultimo giorno di lezioni – “sentivo proprio il bisogno di vedere la Umbridge l’ultima volta, prima di Natale”, era stato il commento sarcastico di Mag – ma i professori erano tutti piuttosto svogliati, a parte l’Inquisitore Supremo. Ad astronomia lessero un mito greco che spiegava i nomi delle Pleiadi, e sia Mag sia Frannie ne furono estasiate. Vitious assegnò un compito e poi li lasciò a esercitarsi con gli incantesimi di Disillusione. La Burbage invece si limitò a spiegare qualche tradizione natalizia babbana e a trovare le differenze e le analogie con quelle magiche. Frannie e Edmund questa volta dormicchiarono tutto il tempo.
Mentre Frannie e Edmund erano a lezione, Mag ne aveva approfittato per fare il baule e sistemare tutto per la partenza. Quando ebbe finito, decise di tornare in Sala Comune per aspettare Edmund, che sarebbe arrivato una decina di minuti dopo. Prese con sé un libro, si acciambellò su una poltrona rivolta verso il passaggio e riprese a leggere da dove si era interrotta l’ultima volta.
Ogni volta che il passaggio si apriva sollevava gli occhi per controllare chi fosse, ma Edmund tardava ad arrivare. Dovette incassare un’occhiataccia di disprezzo da Montague, che era entrato per dirigersi nel dormitorio per prendere la tuta da Quidditch ed evidentemente gli dava fastidio avere puntato su di sé lo sguardo di una Sanguemarcio.
Quando finalmente il passaggio si aprì per far entrare Edmund, lei sorrise e gli fece cenno con la mano, e quando lui la vide le restituì il sorriso. Mosse il primo passo per raggiungerla, ma davanti a lui si materializzò una persona che gli fece morire il sorriso sulle labbra. E anche a Mag.
Mary Sue, che doveva essersi seduta in attesa del ragazzo su un divanetto nascosto agli occhi di Mag, si era alzata e aveva placcato Edmund come solo lei sapeva fare.
Mag chiuse il libro con un gesto secco e scattò in piedi.
“Emerson, oh Emerson” aveva iniziato a pigolare Mary. “Ho saputo che per Natale non sarai qui! Mi scriverai, vero? Io ti scriverò, lo giuro”
Edmund, che era rimasto leggermente intontito dalla velocità con cui la sua strada verso Mag aveva subito una brusca deviazione, balbettò qualcosa mentre cercava di scostarla.
“Ma che fai…?” disse debolmente. Guardò verso Mag e si accorse con sollievo che la ragazza stava camminando ad ampie falcate verso di loro.
“Io andrò negli Stati Uniti per trovare mio nonno, ma ti scriverò di sicuro… Dovevo partire oggi ma la Umbridge non mi ha dato il permesso di lasciare prima la scuola” disse lei facendo finta di non aver sentito quello che le aveva detto lui – o forse lo aveva sentito, ma aveva scelto deliberatamente di ignorarlo.
“Che sta succedendo?!” chiese Mag quando arrivò. Era rossa in viso.
Mary si voltò verso di lei, visibilmente indispettita per l’interruzione e la guardò con aria di sufficienza.
“Oh. Sei tu” borbottò. Si staccò leggermente dal ragazzo ma le sue dita rimasero avvinghiate al suo braccio.
“…Emerson mi stava dicendo che durante le vacanze mi scriverà” disse lei con aria di sfida.
“Ma io non l’ho detto” disse lui cercando con la mano di allontanare la ragazza dal suo braccio. Poi si rivolse a Mag, accorato. “Mag, non l’ho detto!”
Mag stava cercando di assumere uno sguardo duro e impassibile, ma tra il nuovo nome che si era inventata Mary e il fatto che Edmund ci tenesse a specificare una cosa così ovvia, l’impresa fu ardua.
“Se non lo hai notato, sta cercando di scostarti” disse Mag fissando le mani di Mary che ancora stringevano il braccio di Edmund.
La ragazza la guardò accigliata. Si aspettava la solita scenata di gelosia da parte della Rosander, e invece le aveva detto una cosa che non poteva negare. Lasciò andare il braccio di Edmund, sbuffando. Mag riprese parola.
“Mary, ti dispiace fare quattro chiacchiere con me?” chiese candidamente indicando il passaggio.
Mary arricciò le labbra, guardò altrove con aria seccata e alla fine annuì.
 “Usciamo un attimo?” insistette Mag. Edmund la guardò, incerto sul da farsi.
“Non ho molto tempo, Rosander” disse Mary, acida.
“Non ci metterò molto, tranquilla” disse Mag muovendo un passo verso il passaggio e voltandosi per vedere se la ragazza faceva lo stesso. Fortunatamente lo fece, a testa bassa.
Mag fece un cenno a Edmund di rimanere ad aspettarla dentro, e lui annuì, anche se avrebbe preferito seguirla per assistere alla scena.
Una volta fuori, Mag mosse qualche passo verso il lungo corridoio che portava alla scalinata; quando raggiunse l’atrio che portava all’aula di pozioni, isolato rispetto al corridoio, si fermò e si voltò per guardare la ragazzina.
“Allora? Cosa vuoi?” borbottò Mary Sue.
“Vorrei capire una cosa. Anzi due” disse Mag, seria.
Mary le fece capire che era in ascolto.
“Non ho potuto fare a meno di notare che ultimamente sembri ossessionata da Edmund. Non è che per caso gli vai dietro?” chiese fingendosi interessata e aperta a qualsiasi risposta.
 
In quel momento Frannie stava tornando nella Sala Comune con l’intenzione di preparare anche lei le sue cose per la partenza, approfittando dell’assenza di Tony, così che poi avrebbe avuto un po’ di tempo prima di cena per stare con lui. Mentre camminava pensando distrattamente agli affari suoi, la sua attenzione venne catturata dall’inconfondibile squittio di Mary Sue che diceva “Chi?! Io?!”.
Si bloccò sul posto, in ascolto.
“…Guarda che è lui che è sempre gentile con me, ho il sospetto che sia lui a provare qualcosa per me. Io lo assecondo e basta” disse la voce che apparteneva decisamente a Mary Sue. 
Frannie si chiese con chi e di chi stesse parlando. La risposta le arrivò quasi subito. La risposta stranamente calma e pacata di Mag le fece decidere che avrebbe origliato la conversazione, tanto Mag gliela avrebbe raccontata di sicuro. Si appoggiò al muro che la separava dall’atrio dove si trovavano le due e si mise in ascolto.
“Ah, quindi sarebbe lui. A me sembra proprio il contrario. Insomma, quando vi vedo insieme lui non sembra così felice, non lo hai notato?” disse Mag, reprimendo l’impulso di mollarle un ceffone per la sfacciataggine.
Disse queste parole guardandola insistentemente negli occhi, ma Mary faceva di tutto per evitarla e non le rispose, così Mag parlò di nuovo. 
“…Seconda cosa. Tu lo sai che io e Edmund stiamo insieme dall’anno scorso, vero?” chiese nuovamente, facendo finta di parlare con una persona che effettivamente non lo sapeva. “Eravamo proprio qui quando è successo, sai”.
“Sì, lo so, ma si vede che non è nulla di serio” rispose prontamente la ragazza.
Frannie pensò che avrebbe venduto volentieri il suo guardaroba a tutti i suoi elfi domestici per poter vedere la faccia di Mag in quel momento.
Mag infatti stava iniziando a perdere la pazienza. Arrossì per la rabbia, fece un respiro profondo, contò fino a dieci e rispose all’affronto.
“Ah, si vede? Ok…Se lo dici tu…” disse fingendo di averci pensato su. Poi continuò.
“Beh, penso che lui concordi con me sul fatto che sia una cosa seria. Certo, siamo giovani, chi può dire cosa accadrà domani, ma per adesso siamo molto convinti dei nostri sentimenti. E questo messaggio è arrivato a tutti… Tutti tranne te”
Frannie annuì soddisfatta dalla risposta dell’amica. Lei probabilmente avrebbe risposto in maniera più colorita se qualcuno avesse messo in dubbio il suo amore per Tony e l’amore di Tony per lei.
Mary Sue alzò le spalle, come per dire che non le importava. Mag la squadrò con aria di superiorità, e continuò a parlarle. Aveva il cuore che le batteva forte, sia per la rabbia sia perché non era facile trovare le parole giuste per convincerla a lasciare stare Edmund in maniera definitiva. Sentiva che quel loro discorso era di vitale importanza per il futuro.
“Senti, facciamo finta che non sia la sua ragazza a dirtelo, ma la sua amica, dopotutto lo ero finché non ci siamo messi insieme. Gli stai dando fastidio. Lo metti a disagio e per di più non ti vuole, sta cercando di fartelo capire con le buone solo perché è gentile e non gli va di farti male, ma tu stai davvero esagerando” disse calibrando ogni singola parola.
Frannie rimase in silenzio ad aspettare la risposta. Magari Mary si sarebbe messa a piangere e sarebbe fuggita. Qualcuno a quel punto lo avrebbe fatto.
Lei no. La risposta che diede le fece strabuzzare gli occhi e desiderare di farle male.
“È colpa tua, quando è con te diventa un’altra persona, è più cattivo, soprattutto con me!” sbottò Mary, sulla difensiva.
Mag sgranò gli occhi. Se non l’avesse vista muovere la bocca, non avrebbe creduto che lo avesse detto davvero. Non era sicura che con lei Edmund diventasse un’altra persona, ma una cosa era certa: la sua presenza non aveva alcuna influenza negativa su di lui. Al massimo era il contrario, soprattutto quando andava a impegolarsi con Frannie in qualche follia e lei riusciva a stento a convincerlo a non fare qualcosa – di solito era lei che si faceva trascinare, alla fine – ma nessuno avrebbe potuto dire che lui, quando era con lei, diventava cattivo.
Questa volta non riuscì a frenarsi nel risponderle malamente.
“Ma che cazzo stai dicendo?!” sbottò, esasperata.
“Sto dicendo che forse dovresti lasciargli i suoi spazi” disse Mary Sue sorridendo in modo cattivo.
“Mary, prima che mi avvicinassi a voi, lui non mi aveva vista” disse Mag “…E ti stava respingendo lo stesso”
Lo sguardo di Mary vacillò per un attimo.
“Non è vero, non mi stava respingendo!”
Per un attimo Mag aveva temuto che le dicesse che in realtà lui l’aveva vista, cosa assolutamente vera, e invece non lo aveva notato. Quella ragazza aveva seri problemi.
“Non so cosa dirti, ti chiedo solo di smetterla di tormentarlo. A lui non frega niente di te, e te lo ha detto di persona più di una volta, non sono io a essere cattiva, ti sto dicendo una cosa che è la realtà!” disse Mag cercando di calmarsi.
“Le persone che ci tengono tanto a dirti che non gliene frega niente sono quelli a cui frega di più[1]” disse Mary con la voce alterata.
Frannie dovette mettersi una mano davanti alla bocca per non far sentire che stava ridendo.
“…Solo perché sei pazza!” disse Mag, che era così frustrata che avrebbe voluto dare un pugno contro il muro.
Mary parve essersi offesa. Forse Mag era stata un po’ esagerata, e iniziò quasi a dispiacersi per lei, ma poi Mary si riprese.
“Visto? Sei tu la stronza gelosa” disse Mary, impettita “E io me ne vado. Tieniti stretto il tuo adorato Edward, a me non interessa neanche”
Le passò davanti e se ne andò, diretta verso la Sala Grande. A quel punto Mag, dopo essere rimasta interdetta per un momento, si lasciò scappare un lamento di frustrazione e tirò per davvero un pugno contro la colonna più vicina.
Quando alzò gli occhi vide che c’era Frannie davanti a lei.
“Ho sentito tutto, non volevo intromettermi” si spiegò in fretta con il sorriso sulle labbra. “Credo che stesse piangendo quando è andata via”
“Hai sentito cosa ha detto?! Io avrei una cattiva influenza su di lui?!” sbraitò la ragazza.
“Quella è stata la parte più bella, devi ammetterlo” disse la ragazza ridacchiando.
“Non ci posso credere, e sono stata gentilissima con lei, l’ho assecondata finché ho potuto” si lamentò Mag.
“Io te lo avevo detto, è meglio una fattura” rispose Frannie dandole due colpetti sulla spalla, con l’aria di una che la sa lunga. E forse la sapeva davvero più lunga di Mag, su Mary Sue.
“Ha dei seri problemi” disse Mag.
“Andiamo, Edmund vorrà sapere cosa pensa Mary della vostra storia d’amore” disse Frannie conducendola verso il passaggio, continuando a ridere.
“Nulla di serio…” borbottò Mag “glielo do il nulla di serio”
Quando emersero trovarono Edmund seduto su un divanetto mentre parlava con Draco Malfoy. Non appena il passaggio si aprì lui sollevò gli occhi e fece loro cenno di avvicinarsi.
“Io ci rinuncio” disse Mag lasciandosi cadere pesantemente accanto al ragazzo.
“Che le hai detto?” chiese Edmund guardando prima Mag e poi Frannie.
Lei gli raccontò brevemente cosa si erano dette, mentre Frannie ridacchiava e l’aiutava a raccontare, Draco scuoteva la testa e Edmund sprofondava sempre di più.
“Incredibile” disse infine, senza trovare altre parole.
“Pensa che io ce l’ho in classe” disse Draco. “E secondo lei anche io le vado dietro”
“Immagino il disagio” disse Mag.
“In realtà più ve ne fregate di lei, più lei pensa che la amiate” disse Frannie.
“Chi mai direbbe una cosa così stupida?!” chiese Draco.
“Ogni tanto se ne esce con queste perle di saggezza” disse Mag, iniziando a trovare la forza per sdrammatizzare.
“Un giorno farà una brutta fine” disse Draco. “Sono fin troppo buono con lei, mi fa pena”
“È quello il problema! Fa pena!” disse Mag, per una volta d’accordo con lui.
“Siete troppo buoni voi due, io l’avrei già fatta secca” disse Frannie “Però mi fa ridere, quindi mi limito a qualche fattura”
Rimasero a ricordare i gloriosi momenti in cui la ragazza era stata allontanata in malo modo. Dopo un po’ la diretta interessata rientrò nella Sala Comune, loro la guardarono passare e lei fece finta di non averli visti. Passò davanti guardando fisso davanti a sé e salì le scale che portavano al dormitorio femminile.
“Almeno l’hai fatta arrabbiare” disse Edmund a Mag.
“Volete vedere che adesso mi ritrovo il baule completamente disfatto?” borbottò lei. “Comunque le sta bene”
“E temo che per Natale ti scriverà lo stesso” disse Frannie alzandosi. “Vado a trovare Tony, a dopo!”
Si alzò anche Draco e Mag e Edmund rimasero da soli a rimuginare su quello che Mary aveva detto di loro. Alla fine quell’odiosa ragazzina era davvero fuori strada, su tutto.
 
*
 
L’indomani, a colazione, capirono subito che c’era qualcosa che non andava quando notarono che Potter e l’intera famiglia Weasley mancavano a colazione. La Umbridge era di umore nero e la McGranitt sembrava non aver chiuso occhio per tutta la notte; Silente sembrava più tranquillo, ma probabilmente anche lui non aveva dormito.
“Non vorrei che sia successo qualcosa ai loro genitori” disse Frannie a voce bassissima quando Jasmine abbandonò il tavolo per raggiungere Aladdin.
“Speriamo di no” disse Edmund.
“Sull’Espresso provo a chiedere a Lee se ne sa qualcosa” disse Mag, che era l’unica che rivolgeva ancora la parola ai Grifondoro, anche se solo di rado.
La partenza era fissata per le nove e mezza, così non ebbero molto tempo per fare colazione e sistemare le ultime cose prima di partire alla volta di Hogsmeade. Salutarono con affetto Jasmine e Aladdin; Mary Sue provò ad avvicinarsi a Edmund, ma poi deviò quando lui le voltò le spalle facendo finta di non averla vista.
Durante il viaggio Mag riuscì a scoprire solo che verso l’una di notte la McGranitt era piombata nel dormitorio dei ragazzi Grifondoro seguita da Ginny, dicendo solamente di alzarsi e seguirla. Lee non sapeva altro se non che non erano più tornati a dormire e attendeva loro notizie.
Quando arrivarono a King’s Cross non trovarono nessuno dei loro genitori ad attenderli, dato che ormai potevano tornare a casa da soli con la Smaterializzazione.
“Se scopro qualcosa vi faccio sapere” disse Frannie a Mag, Edmund prima di salutarli.
Dopo che anche Mag e Edmund si furono salutati, ognuno andò per la sua strada.
Quando Edmund rientrò a casa con Lucy trovò sua madre e Susan che parlavano sedute davanti alla tavola già preparata. La piccola casetta in cui vivevano non era mai stata così accogliente. All’angolo della sala c’era un alberello di Natale addobbato con la magia – Susan era molto brava in queste cose – e sulle mensole c’erano diversi addobbi natalizi che conferivano all’ambiente un aspetto più caldo e allegro del solito. Lucy corse subito ad abbracciare la madre, mentre Edmund rimase sulla soglia della porta ad ammirare la casa. Susan si avvicinò a lui e gli diede un buffetto sulla guancia.
“Com’è stato il viaggio?” gli chiese la sorella mentre abbracciava Lucy.
Helen si avvicinò a suo figlio e lo abbracciò forte, dandogli un bacio sui capelli neri. Lui rispose all’abbraccio dopo un momento di smarrimento. Non si era ancora abituato a questo cambiamento di rotta da parte della madre, però tutto sommato gli faceva piacere sapere che ora a casa non c’erano solo i suoi fratelli ad aspettarlo, ma anche lei.
“Molto bene” disse spedendo nella sua camera il suo baule, per poi fare lo stesso con quello di Lucy. Susan liberò Silver e Aslan dalle rispettive gabbiette.
“…Peter?” chiese Lucy versandosi dell’acqua nel bicchiere.
“È ancora al San Mungo” rispose Susan “Tornerà a momenti”
Effettivamente dopo una decina di minuti il fratello maggiore rientrò tenendo in mano un vassoio di pasticcini. Era piuttosto infreddolito, doveva aver ricominciato a nevicare.
“Oh, Pete, non dovevi!” disse Helen scompigliandogli i capelli.
“Mi hanno dato il mio primo stipendio da tirocinante, dovevo per forza!” disse Peter.
“Bel colpo, Peter” disse Edmund dandogli una pacca sulla schiena.
“Allora possiamo cenare!” disse Susan soddisfatta.
Per Edmund e Lucy fu molto strano, ma non meno piacevole, sedersi a tavola dopo mesi e notare che la situazione era rimasta stabile, se non migliorata. La madre sembrava serena, anche se manteneva lo stesso sguardo preoccupato e ansioso di quando l’avevano lasciata a settembre, ma quello era normale, vista la situazione. Mangiarono in santa pace parlando di cose leggere, di come se la stava cavando Edmund come Caposcuola, delle amicizie di Lucy e dell’andamento scolastico. Erano entrambi molto bravi, per cui non c’era nulla di cui preoccuparsi. Furono molto ben attenti a non nominare la Umbridge finché Edmund non mangiò l’ultimo bignè al cioccolato. Lui e Lucy raccontarono tutte le stramberie e le cattiverie che erano stati costretti a subire in quei quattro mesi di scuola, ma con la pancia piena di dolci era più facile farlo.
“Come vanno le cose qui?” chiese Edmund, facendosi un po’ di coraggio.
Capì che non andava affatto bene dallo sguardo che Helen e Peter si scambiarono.
“È successo qualcosa…?” chiese subito Lucy. “Riguarda la famiglia di Ginny?”
Edmund li guardò aspettandosi una risposta affermativa, che purtroppo arrivò.
“Questa notte Arthur Weasley è stato attaccato mentre era in servizio al Ministero per conto dell’Ordine” disse Peter dopo aver fatto un sospiro. “Sono informazioni riservate”
Lucy artigliò il braccio di Edmund, spaventata.
“Come… Come è successo?!” balbettò impaurita. “Come sta?”
“…È fuori pericolo, l’ho visto questo pomeriggio al San Mungo. Il serpente non lo ha ucciso, stiamo cercando un anti…”
“Il serpente?!” chiese Edmund, piuttosto scosso da questa nuova informazione “Dentro al Ministero?” 
“Silente sospetta che fosse controllato da Voi-Sapete-Chi. Potter ha avuto una visione e lo ha avvertito prima che succedesse il peggio” spiegò Peter.
Mentre Peter raccontava, Helen era rimasta con la testa fra le mani, in silenzio. Susan lo aveva notato e le aveva messo una mano sulla spalla.
“Mamma…?” la chiamò. Quando si accorse di lei, nel vederla così a Edmund iniziò a battere il cuore all’impazzata, ma lei si riscosse in fretta.
“Oh, tesori… Pensavo solo a Molly, non ha passato una bella nottata” disse con un filo di voce. Aveva le lacrime agli occhi.
Il ricordo di quando Alastor Moody aveva bussato alla porta di quella stessa casa, dodici anni prima, per dirle cosa era successo a Thomas Pevensie aleggiava sulle loro teste, ma nessuno ebbe il coraggio di parlarne. Helen doveva sentirsi molto vicina alla moglie di Arthur Weasley, in quel momento, anche se a quest’ultima le cose erano andate decisamente meglio. 
“Quindi… Quindi…” balbettò Edmund, piuttosto scosso, cercando di scacciare quei ricordi che stavano lottando per riemergere nella sua mente “…Sta bene. Oggi i Weasley e Potter non erano a scuola”
“Sì, Silente li ha fatti scappare il prima possibile, per evitare che la Umbridge facesse domande che potessero mettere in pericolo l’Ordine” disse Susan.
“E cosa stava facendo lì il signor Weasley?” chiese Lucy.
“Questo non possiamo dirvelo” disse Helen scuotendo la testa.
“Perché no?!” chiese Edmund con astio.
“Solo chi fa parte dell’Ordine lo sa, ed è giusto così, tesoro” disse Helen addolcendosi un po’ e versandosi un po’ di succo di zucca nel bicchiere. “Ne volete anche voi?”
Edmund incrociò le braccia e ignorò la domanda.
“…Hai detto che era in turno, ed era al Ministero. Sono cose che fai anche tu?” insistette lui.
Lei lo guardò per un momento, indecisa sul da farsi, ma poi decise di dire la verità, tanto dagli occhi di Edmund aveva capito che lui già conosceva la risposta.
“Sì” rispose lei incurante delle occhiatacce che le stavano lanciando i figli maggiori.
“Questo sì che mi fa stare tranquillo” borbottò Edmund, iniziando a giocare con il suo bicchiere. Aveva voglia di scagliarlo contro il muro.
“Sentite, basta parlare di queste cose brutte” disse Helen ridestandosi. “È finita, e l’importante è che Arthur stia bene”
Nessuno rispose, sapevano tutti che il fatto che Arthur Weasley stesse bene non rendeva meno grave ciò che era successo. Helen guardò i suoi figli e fece un sospiro.
“Sono felice che siate qui, tesori miei… Domani dopo il lavoro vi porto a prenderci una cioccolata! Vi va? Ed, puoi invitare anche Margaret, mi farebbe piacere rivederla! Come sta?”
“Non voglio parlare di Mag adesso” sbottò lui, poi sospirò. “Le chiederò se domani non ha altro da fare”
“Grazie mamma” disse Lucy alzandosi per abbracciarla.
Anche Edmund si alzò, ma andò in camera sua. Odiava essere trattato ancora come un bambino. Sua madre gli doveva qualche spiegazione in più. Gliela doveva, per tutto quello che gli aveva fatto passare in quegli anni. Diede la buonanotte a tutti e si ritirò in camera sua.
Appena chiuse la porta si accorse che dal baule proveniva una voce che lo chiamava. Appellò lo specchietto e vide che Mag e Frannie lo fissavano.
“Alla buonora” esclamò Frannie.
“Cosa c’è?” chiese lui, piccato, ignorando ciò la frecciatina di Frannie.
“Ho delle novità” disse Frannie abbassando la voce.
“Sì, anche io” disse lui sedendosi sul letto. “Su Arthur Weasley”
“Lo hanno detto anche a te?” chiese Frannie. “Papà si è occupato dell’operazione, una vera fortuna, così hanno fatto poche domande e ha potuto mentire sull’entità della ferita”
“Ha detto Peter che ora sta meglio” disse Edmund, senza sapere che altro aggiungere.
“Avete intenzione di dirlo anche a me o cosa?” chiese Mag. Si era rifugiata in bagno per non farsi sentire dai suoi famigliari ed era seduta contro il termosifone.
“Fai pure tu” disse Edmund, che non aveva molta voglia di parlare.
Frannie raccontò in breve quello che sapeva. Edmund non ebbe molto da aggiungere, se non che aveva scoperto che anche sua madre faceva la stessa cosa che aveva portato Arthur Weasley a essere ferito gravemente, e probabilmente anche la madre di Frannie. Mag ascoltò spaventata i due, senza saper cosa dire.
“Almeno adesso sta bene… Papà ha detto che è fuori pericolo, devono solo capire quale antidoto usare perché le ferite non si rimarginano a causa del veleno, ma è questione di tempo, lui è bravissimo in queste cose…” disse Frannie, cercando di essere positiva, anche se era piuttosto turbata.
“Speriamo che vada tutto bene” mormorò Mag.
“L’unica cosa che mi solleva il morale è che noi non ce ne stiamo con le mani in mano, ma mi sento così impotente… I miei non mi hanno voluto dire perché si trovava lì in quel momento” disse Frannie.
“Neanche mia madre” borbottò Edmund, ancora arrabbiato per la discussione appena avvenuta.
“I miei erano un po’ scossi, immagino anche tua madre e Peter…” disse Frannie.
“Infatti” borbottò Edmund. Si rese conto in quel momento che lui non era l’unico a essere scosso per quel che aveva scoperto. Si sentì uno schifo.
“…Io adesso scappo perché vado a fare un giro a Bristol con Tony” disse Frannie, tornando allegra.
“Buona serata allora” disse Mag, che non aveva parlato molto fino a quel momento.
Edmund rispose con un grugnito, poi aggiunse “salutami Tony”. Frannie lo squadrò per un momento, accigliata. Non capiva perché fosse così scontroso, ma alla fine pensò che per il momento non era un problema suo. Probabilmente era solo turbato per ciò che era successo e quello era il suo modo di dimostrarlo. Salutò i due amici con la mano e spense la sua parte. Rimasero solo Mag e Edmund.
“Ed, stai bene?” chiese Mag guardandolo con più attenzione.
“Più o meno” rispose lui a bassa voce “Come è stato il rientro a casa?”
“Sono contenta di essere tornata, abbiamo appena finito di cenare, mi hanno fatto la mia torta preferita!” disse lei sorridendo appena, poi lo guardò negli occhi dall’altro capo dello specchio e disse: “Mi manchi già”
“Anche tu” mormorò lui.
Rimasero in silenzio per un attimo. Poi Mag ci pensò su e parlò di nuovo.
“…Ti va di venire qui, tra un po’?” gli chiese abbassando lo sguardo, imbarazzata.
“A che ora?” chiese Edmund guardando verso di lei.
“Il tempo di salutare come si deve le mie sorelle, dobbiamo aggiornarci sulle ultime cose” disse lei con un sorriso affettuoso.
Edmund sorrise a sua volta.
“Tra un’ora sono da te” fu la sua risposta.
“Ora vado anche io” disse Mag prima di soffiargli un bacio attraverso il vetro e chiudere la conversazione.
Edmund ripose lo specchietto e guardò l’orologio. Mancava poco alle nove e mezza.
Rimase un po’ nel letto a guardare il soffitto. Dalla cucina arrivavano ovattate le voci dei suoi famigliari, fortunatamente non sentiva cosa dicevano, anche se avrebbe scommesso che stessero parlando di lui. Dopo un po’ sentì il grattare delle sedie e capì che avevano finito di parlare e probabilmente Susan e Lucy stavano andando nella loro stanza, e quindi Peter sarebbe arrivato a momenti. Si alzò di scatto e uscì dalla stanza per andare a sistemarsi in salotto, non si preoccupò di accendere la luce. Non vedeva l’ora di raccontare a Peter e ai fratelli quello che stava facendo con Mag e Frannie, ma pensò che avrebbe rimandato a quando si sarebbe calmato un po’.
La madre era ancora in cucina a sistemare gli ultimi piatti puliti, poi probabilmente sarebbe andata a dormire.
Era passata una buona mezzora da quando si era sistemato nel salotto quando sentì una presenza alle sue spalle. Una mano gli sfiorò i capelli.
“Posso sedermi?” chiese con gentilezza sua madre.
“È casa tua…” mormorò lui.
“Vero” disse la donna a bassa voce. Si sedette accanto a lui, che rimase in silenzio, indeciso se dirle subito che sarebbe andato a passare la notte da Mag. Lei sicuramente voleva dirgli qualcosa, per cui rimase in ascolto.
“Voglio che tu sappia che non ti nascondo le cose perché ti ritengo poco affidabile o troppo giovane” esordì Helen “Lo faccio perché anni fa ho fatto un giuramento. A te e a Lucy stiamo anche dicendo più del dovuto”
Edmund rimase in silenzio, senza sapere cosa rispondere. Helen gli prese timidamente la mano, lui s’irrigidì.
“Non essere arrabbiato con me, almeno per questo… ti prego” aggiunse la donna con la voce incrinata.
“Io non…” si affrettò a dire Edmund. Il “non lo sono” che stava per dire gli morì in gola. In realtà lo era eccome, e per motivi che esulavano dalla discussione di quella sera.
Capendo subito quel che gli passava per la mente, Helen gli strinse la mano.
“Lo capisco” disse con un filo di voce “Anche io al tuo posto lo sarei, per questo non voglio forzarti”
Edmund stava lottando contro sé stesso per negare, ma non ci riuscì. Sarebbe stato come dire che in quel momento era estate, e semplicemente non ce la fece.
“…Voglio solo che tu sappia che non è facile neanche per me” aggiunse Helen in un sussurro, e Edmund ringraziò il Cielo che fossero al buio per non doverla guardare negli occhi.
“…Lo so” sussurrò di rimando.
Rimasero in silenzio per un po’ a fissare il buio, e alla fine Edmund non fu così infastidito che sua madre gli stesse ancora tenendo la mano, anzi, una parte di lui desiderava di nuovo quell’abbraccio che aveva ricevuto al suo arrivo.
“Tra poco vado da Mag, va bene?” disse a un certo punto, con tono incerto. Quando lei era arrivata avrebbe voluto dirglielo con astio, come una ripicca nei suoi confronti, come per dirle “non ti vedo da quattro mesi e non m’importa”, ora invece non voleva farla rimanere male.
“Va bene, tesoro” rispose lei.
“…E magari domani possiamo invitarla a cena, e la cioccolata andiamo a prenderla solo noi” aggiunse lui, senza quasi rendersi conto di averlo detto davvero.
“Va bene” rispose Helen. Dal tono di voce Edmund capì che stava sorridendo. “Ora vado a dormire, sono stanca”
Gli diede un bacio affettuoso sulla mano e si alzò, scompigliandogli i capelli.
Quando Edmund sentì la porta chiudersi fece un sospiro di sollievo. Si sentì più tranquillo, anche se ora la sua rabbia era mutata in qualcosa simile al turbamento, ma non era solo quello, e non riuscì a capire cosa fosse. Forse parlarne con Mag lo avrebbe aiutato a capire cosa gli era appena successo. Andò in camera per prendere le sue cose, salutò Peter con un tono più gentile di quello che aveva voluto usare, tornò in cucina e si Smaterializzò.

 
 
 
NOTE AUTRICE
Ben ritrovati!
Siamo arrivati alla fine del primo trimestre a Hogwarts e i nostri ragazzi si stanno preparando per le vacanze di Natale! Come avete visto, ne hanno proprio bisogno, sono stanchi e sfiduciati, anche se le lezioni di Piton li tengono molto attivi e desiderosi di mettersi in gioco.
Spero che vi sia piaciuto il confronto che c’è stato fra Edmund e sua madre Helen. Lui è ancora arrabbiato con lei perché si è sentito abbandonato per anni, proprio quando aveva più bisogno di lei, e per lui è difficile tornare a fidarsi come faceva quando era piccolo.
 
Nel prossimo capitolo esploreremo il San Mungo :D
 
A venerdì!
 
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