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Autore: Shily    23/11/2019    0 recensioni
Leanne Adams ha quindici anni, un equilibrio non invidiabile e una sorprendente tendenza al mettersi nei guai.
Alta un metro e sessanta raggiunto a fatica, con una famiglia esageratamente numerosa e invadente alle spalle e un'insolita quanto spiccata vena melodrammatica, Leanne non può fare a meno di invischiarsi in ogni situazione.
Sempre e comunque.
Sarà proprio a causa di questa sua abitudine che si troverà a fare da cupido insieme alla persona, per lei, più impensabile e si troverà incastrata, senza neanche sapere come, nelle conseguenze di questa sua decisione.
Ma soprattutto, sarà proprio per questo che finirà irrimediabilmente nei casini.
Se solo si fosse fatta gli affari suoi, almeno una volta nella sua vita.
Cosa ti aspetti che facciamo?" chiese lui passandosi una mano dietro la nuca con stanchezza. "Non possiamo mica entrare lì e fingere di essere innamorati ed essere tutti abbracci, baci  e parole dolci. Sarebbe ridicolo."
L'espressione di Noah a quelle parole fu inequivocabile.
"Tu sei pazzo," lo accusò Leanne. "Tu davvero non stai bene. Pensare che noi possiamo andare lì e fingere di... di... che schifo. È assurdo."
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
Capitoli:
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L'All In


Leanne si strinse nel cappotto, rabbrividendo per il freddo.

Camminava, con un braccio di Jason intorno alle spalle, per le strade del piccolo paesino che si trovava vicino all'istituto e che avevano la possibilità di visitare solo la domenica.

Vicino, ovviamente, si faceva per dire dato che distava almeno quarantacinque minuti da esso, e per andarci erano costretti a rispettare gli orari dell'unico autobus che comprendeva l'Hurtsbroad nella sua tratta - orari che, neanche a dirlo, raramente corrispondevano a quelli reali.

A Leanne, difficoltà a parte per raggiungerlo, piaceva: con quel suo essere caratteristico e con il suo sembrare sempre immerso in una strana magia che lo allontanava dalla realtà.

Le ricordava una di quelle cittadine che si vedono in televisione, protagoniste di eventi, fiere e feste cittadine, con nomi strani e dai suoni impronunciabili.

Effettivamente, nonostante fossero ormai due anni che vi si recava, Leanne ancora fatica a ricordare il nome della città tanto amata: troppo lungo e troppo complesso, diceva.

Preferiva soffermarsi su ciò che rendeva quel posto così particolare e così magico per lei: gli abitanti che, sempre cordiali e affettuosi, non mancavano mai di fermarsi a scambiare qualche parola, o ancora i negozi, pochi ma sempre aperti e riempiti con le decorazioni della festa del momento.

Senza contare poi il pub del paese, per il quale aveva una vera e propria adorazione: si chiamava l'All in e Leanne aveva una vera e propria adorazione per il locale e i suoi adorabili proprietari.

Si trovava al centro esatto della città, in una piazzetta sempre colma delle risate e delle corse dei bambini che, accompagnati dalle mamme, uscivano a giocare.

"Sei proprio sicura di voler andare?" Jason aumentò la stretta intorno a lei, avvicinandosela e sfiorandole la guancia con la punta del naso.

"Sss... no. Ma devo, ho promesso a Josh e Annabeth che ci saremmo visti per ora di pranzo."

"Possono aspettare," mormorò Jason e le baciò l'angolo della bocca.

"Ma se hai anche detto che i tuoi amici ti aspettano per andare al negozio sportivo," sorrise e fece strofinare i loro nasi, alzandosi sulle punte per diminuire la loro distanza.

"Aspetteranno anche loro," concluse e, annullando lo spazio che li separava, la baciò.

A Leanne, come succedeva da un po' di tempo a quella parte (da quando lei e Jason stavano insieme, per l'esattezza), non bastò che un secondo per annullare tutti i suoi pensieri e lasciarsi andare contro il ragazzo.

A discapito dell'impaccio e delle mille domande e paure che avevano caratterizzato i primi baci, adesso poteva dire di considerarla la sua attività preferita.

Sempre se non risultava esagerata, ovvio!

"Jas," provò, molto debolmente, a separarsi dal ragazzo.

"Dimmi."

"Niente," tornò a baciarlo e a stringerlo, incurante delle persone che affollavano la piazza e che avrebbero potuto tranquillamente osservarli.

"Di questo passo, digiunerò fino a Natale... dell'anno prossimo."

Con un sussulto e un salto all'indietro, Leanne si staccò dal ragazzo cercando di calmare i battiti accelerati del suo cuore.

"Josh, mi hai spaventata!" si portò una mano al petto e guardò con occhio truce il cugino appena arrivato. "Mi sono anche morsa la lingua per colpa tua."

"Oh," rispose Josh beffardo, "Questo potrebbe non essere necessariamente causa mia."

"Idiota, non è divertente."

"Hai sempre avuto un pessimo senso dell'umorismo. E comunque, ciao Jason: scusami l'improvvisata, è che eravate un po'... come dire? Sul mio cammino," e con un'alzata di spalle levò l'indice verso l'altra parte della strada, a indicare l'All in.

"Nessun problema amico, ci stavamo giusto salutando. Ci vediamo in giro, Len?"

"Sì certo, nel caso so dove trovarti," scherzò Leanne, alludendo al negozio sportivo dove Jason e i suoi amici avevano programmato di passare tutto il pomeriggio. "Cerca di non disperarti troppo senza di me."

"Cercherò di fare il possibile," le stampò un veloce bacio sulle labbra, fece un cenno della testa in direzione di Josh e si allontanò.

Con un ultimo sguardo verso la sua direzione Leanne si diede una veloce sistemata ai capelli e alla sciarpa, la quale era lentamente scivolata precedentemente grazie a Jason.

"Potresti gentilmente smettere di guardarmi in quel modo?"

"Come ti starei guardando scusa?"

"Lo sai benissimo," disse Leanne, "In quel modo. E poi non mi fai scema, la piazza è grande e di strada per attraversa ce n'è in abbondanza."

"Ma poi ti avrei dovuto aspettare e tu e il caro principe azzurro davate l'idea di averne per molto. E io ho davvero fame."

"Idiota."

"Già l'hai detto, cominci a essere ripetitiva Len."

Con un sonoro sospiro, Leanne decise di lasciar cadere la conversazione e non dare al cugino alcuna soddisfazione: lo conosceva troppo bene per non sapere che il solo mostrare di essere imbarazzata o innervosita avrebbe significato per lui una grande vittoria. A volte pensava che crescere in compagnia di James lo aveva segnato profondamente e gli aveva recato gravi danni.

Nel breve tragitto che li separava dall'All in, si avvicinò a Josh con l'intento di aggrapparsi a lui, passandogli un braccio intorno alle spalle, e dondolarsi con lui.

O almeno quelle erano le sue intenzioni.

Ciò che ne uscì, con grande delusione da parte sua, fu un tentativo impacciato e assolutamente da non ripetere di lei che, a causa dei numerosi centimetri che li separavano, per colmare la distanza faceva un imbarazzante saltello fino ad arrivare all'altezza di Josh.

La conseguenza, differente da ogni sua immaginazione, di quel suo gesto disperato la vide sbilanciarsi in avanti a causa della sua totale mancanza di equilibrio e coordinazione, e rischiare certamente una caduta nel bel mezzo della piazza del paese - dove, è bene specificare, sembrava esserci quasi tutta la popolazione quel pomeriggio.

A salvarla dal suo triste destino, come avrebbe poi teatralmente raccontato in seguito, furono i riflessi di Josh che con un braccio le cinse velocemente la vita e arrestò la sua caduta.

"Mio eroe," cinguettò, portandosi le mani incrociate l'un l'altra al petto.

"Ti chiamavano danno, Len."

Finse di non sentire le sue parole e cominciò a provare a dargli un bacio sulla guancia, sapendo bene quanto ciò lo infastidisse, specialmente se in pubblico.

"Dai, Len," rise lui, cercando di allontanarla da sé. "Ma com'è possibile che un esserino così piccolo riesca a dare tanto fastidio?"

"Essere cresciuta con James e Noah mi ha formata come persona," gli sorrise.

"Dai andiamo," la esortò Josh, "Fa così freddo che non riesco più a sentirmi le dita dei pierdi."

Leanne annuì e, con alcuni saltelli, lo superò e si diresse verso l'entrata del locale.

"Casa," mormorò tra sé e sé, una volta entrata.

"Len, spostati," Josh, dietro di lei, la spintonò gentilmente per invitarla a spostarsi dalla porta, così che potesse entrare anche lui. "Guarda, ci sono gli altri."

Segui il punto da lui indicato, in un angolo illuminato in fondo alla stanza, dove sedevano Noah ed Ethan immersi in una conversazione che, a giudicare dalle loro espressioni, doveva coinvolgerli a tal punto da non notare neanche Josh che, quasi urlando, aveva palesato il loro arrivo.

"Inizia a prendere tre sedie, ci raggiunge anche Annie," gli disse. "Io passo a salutare Mary Margaret. Cioccolata calda per te?"

In risposta il ragazzo, che già le dava le spalle, alzò una mano in segno d'assenso.

Togliendosi il cappello color melanzana, che lei amava e si ostinava a portare nonostante la disapprovazione di chiunque glielo vedesse addosso, si diresse verso il bancone.

Dietro vi si trovata la signora Clints, intenta a servire un ragazzo dall'aria familiare e che, se la memoria non la ingannava, doveva essere dello stesso anno di sua cugina Rebecca.

"Ecco a te, tesoro," la donna sorrise maternamente e gli porse un sacchettino arrotolato. "Leanne, piccola, iniziavo a chiedermi se fossi rimasta a scuola," nel dirlo, si aprì in un sorriso e fece il giro bancone per abbracciarla.

Mary Margaret Clints inspirava simpatia in ogni suo piccolo aspetto, con la sua figura piccola e tondeggiante e i capelli, sbiaditi dal tempo, raccolti dietro la nuca.

Portava dei buffi occhialetti dovuti all'avanzare dell'età che, puntualmente, le scivolavano sulla punta del naso portandola a fare espressioni spazientite e che la divertivano sempre.

Aveva sempre le labbra piegate verso l'alto e il sorriso, Leanne l'aveva notato la prima volta che l'aveva vista, le si estendeva fino agli occhi.

Parlava a tutti come se fosse suoi nipoti, chiamandoli "tesoro", "gioia" o "piccola", e dentro di sé Leanne pensava che la donna li vedesse realmente come tali.

"Signora Clints, mi conosce, non avrei mai rinunciato alla sua cioccolata calda," ricambiò l'abbraccio.

"Mi lusinghi troppo tu," la rimbeccò con un sorriso e un'espressione che rispecchiava la felicità per il complimento ricevuto.

"E lei non mi crede abbastanza. Il signor Clints?"

"Tesoro, mi dispiace, ma oggi non c'è. Aveva una visita dal dottor Wats e per questo è venuta Betty a darci una mano," con la mano indicò la ragazza intenta a servire a uno dei tavoli.

"Oh," abbassò lievemente lo sguardo, trattenendo il dispiacere, "Sarà per la prossima volta allora. Lo saluti per me, mi raccomando."

Mary Margaret la rassicurò e con una carezza sulla guancia le chiese se quindi volesse qualcosa di caldo per riscaldarsi.

"Sei al tavolo con Noah e Ethan?"

"Sì, c'è anche Josh," la informò.

"Perfetto, allora due cioccolate?" le chiese, conoscendo già la risposta.

"Ci conosci troppo bene," scherzò, incamminandosi verso il tavolo dove l'aspettavano.

"Hai già ordinato?" le chiese il cugino, non appena si fu seduta al suo fianco.

"Sì, cinque minuti e ce le porta."

Sorrise al fratello di fronte a lei che, meticoloso come sempre, metteva a posto i numerosi e differenti menù che, ne era sicura, Ethan aveva sparso sul lato.

A lui, invece, rivolse solo un breve cenno del capo, prontamente ricambiato con un occhiolino.

In risposta alle sue parole, Josh emise un verso di sconforto: "Ethan mi ha parlato di una nuova crema al caffè che fanno, volevo provarla," disse come a volerla incolpare.

"Non dirlo come se fosse colpa mia," si difese, "Te l'ho chiesto prima e mi hai detto di volere la cioccolata anche tu."

Si guardarono brevemente, come in una sfida a chi distogliesse per primo lo sguardo, per poi voltarsi contemporaneamente dalla parte opposta.

Entrambi con lo sguardo imbronciato di due bambini.

"Su, bambini, non litigate!" li prese in giro, per l'appunto, Noah.

"Vado a vedere se sono in tempo per cambiare," si alzò dopo un breve silenzio il cugino, con il petto in fuori e lo sguardo alto come a voler dimostrare tutta la sua maturità e dignità.

Lo guardò allontanarsi e scosse il capo rassegnata, prima di prendere uno dei menù colorati che elencavano tutti i tipi di thè che offrivano.

"L'avevo appena messo apposto," si lamentò Noah, beccandosi un'occhiata sia da lei che da Ethan.

"Dovresti farti curare questa mania socio compulsiva per l'ordine."

Leanne, anche se non l'avrebbe mai ammesso ad alta voce, fu d'accordo con le parole del ragazzo e trattenne un sorriso.

"Non è una mania," rispose piccato il fratello.

Ethan, in risposta, si limitò a guardarlo sornione e a passarsi una mano tra i capelli per sistemarseli.

"Allora," cominciò Leanne, attirando l'attenzione su di sé, "Di che parlavate di così importante quando siamo arrivati?" mantenne lo sguardo sul menù così da ostentare un'indifferenza che non le apparteneva.

"Niente," esclamarono insieme i due ragazzi, fin troppo velocemente.

Li guardò scettica, soffermandosi prima sul rossore che aveva insolitamente invaso le guance del fratello, e successivamente sull'altro che spostava gli occhi in maniera frenetica, pur di non incontrare i suoi.

"Non si può parlare del niente."

"Il compito di fisica," buttò fuori Noah come se stesse trattenendo il respiro, nello stesso momento in cui Ethan rispondeva: "La prossima partita di calcio."

Alzò un sopracciglio, dote di cui andava fiera e che le permetteva di mettere in soggezione il suo interlocutore ogni volta, e iniziò a picchiettare le dita sulla superficie del tavolo.

Continuarono così per un po' di tempo, portando avanti quel gioco di sguardi da cui lei sapeva sarebbe uscita vincitrice, dopo ben quindici anni che perfezionava quella tecnica.

"Oh, non ce la faccio: riguarda Noah," con sua grande sorpresa a parlare fu Ethan, che guardò sconsolato l'amico.

"Ethan."

"Scusa amico, ma mi mette ansia: hai visto quello strano spasmo che ha avuto l'occhio sinistro?" nel dirlo rabbrividì.

Quanta esagerazione.

Se si fosse trattata di un'altra occasione e se la curiosità di sapere il grande mistero non fosse stata tale, Leanne si sarebbe certamente offesa e avrebbe dato inizio a una delle solite discussioni che li vedeva protagonisti.

Ma aveva ottenuto quello che voleva e non si sarebbe lasciata sfuggire quell'occasione per nulla al mondo.

Cercando di non gongolare, non ancora perlomeno, si sporse in avanti col busto portando entrambe le braccia sul tavolo, esortandoli a parlare.

"Glielo dico io," sospirò il fratello.

Drizzò le orecchie.

"Sono arrivato giusto in tempo, Mary Margaret è sempre così gentile," annunciò Josh, interrompendo Noah che aveva aperto la bocca per parlare.

Si sedette e li guardò stranito: "Ho interrotto qualcosa?"

"No, niente," esclamarono tutti e tre all'unisono e precipitosamente.

Il ragazzo li guardò dubbioso, prima di scrollare le spalle e iniziare a parlare della prossima e attesissima partita di calcio dell'istituto.

Leanne lo guardò di traverso, colpevole di aver interrotto il fratello dal rivelarle il grande segreto, e si lasciò sfuggire una smorfia che non passò inosservata agli occhi di Ethan.

Lo vide sorridere divertito a sue spese e, con lo sguardo più minaccioso che riusciva a fare, gli mimò un "Dopo" con le labbra.

Suo fratello e l'amico stavano parlando di qualcosa quando lei era arrivata e, a giudicare dalle loro reazione alle sue domande, doveva essere qualcosa di estremamente importante e, ne era sicura, imbarazzante.

Una parte di lei le suggerì di lasciar perdere, non era di certo affari suoi e se il fratello era arrossito in quel modo, sarebbe stato bene non insistere.

Con notevole saggezza e maturità, Leanne zittì quella voce dentro di lei: l'avrebbe scoperto, fosse stata l'ultima cosa che avrebbe fatto!


 

   
 
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