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Autore: lady lina 77    24/11/2019    2 recensioni
Poldark, Season 5 Episodio 8: Cosa sarebbe successo se nell'episodio finale le cose fossero andate diversamente e Demelza si fosse imbarcata davvero coi suoi figli per la Jamaica, lasciando Ross al suo presunto tradimento con Tess? Cosa la attende ai Caraibi? Cosa le succederà? Che donna potrebbe diventare in quelle terre selvagge popolate da pirati? E i suoi figli?
Genere: Avventura, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Demelza Carne, Nuovo personaggio, Ross Poldark
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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"Prudie, non sei obbligata a venire!" - sussurrò Demelza con aria stanca, chiudendo la misera sacca da viaggio con le poche cose che aveva intenzione di portarsi dietro in Jamaica. Dicevano che erano terre calde, non avrebbero avuto bisogno di molti abiti, dicevano che erano terre ricche, non avrebbero avuto bisogno di molti oggetti da portarsi dietro, dicevano che erano terre rigogliose, non sarebbe stato difficile quindi procurarsi del cibo...

Prudie scosse la testa. "Rimanere quì? A Nampara?".

"E' sempre stata la tua casa...".

Prudie divenne rossa dalla rabbia. "A fare da SERVA a Tess? Nemmeno morta! Io vengo con te, ragazza! Avrai bisogno di me con tre bambini, di cui uno ancora nemmeno è nato. C'ero alla nascita di ogni tuo marmocchio, quindi non mi perdo l'entrata trionfale in questo mondo dell'ennesimo moccioso Poldark. E se torno a Nampara rischio la forca, li uccido quei due, il signor Ross e quella piccola...".

Prudie fece per pronunciare un titolo poco lusinghiero su Tess ma fu costretta a fermarsi. Jeremy e Clowance entrarono nella stanza dopo aver passato il pomeriggio in giardino a giocare con Horace e Garrick e la serva dovette mordersi la lingua.

Demelza osservò i suoi bambini, ancora così ignari, ancora solo convinti che quella a casa di Dwight non fosse che una gita di qualche giorno... Era ora di parlare, era ora di cercare di far loro capire che la loro vita sarebbe cambiata radicalmente. E doveva farlo con tatto, con dolcezza, cercando di essere sincera ma allo stesso tempo di non turbarli... Non c'era più tempo per fingere che tutto andasse bene e presto avrebbero comunque iniziato a fare domande. "Prudie, andresti di sotto a prepararci del tè?" - chiese, gentilmente.

La donna la fissò un pò corrucciata. "Sei sicura di volerlo fare da sola?".

"Sì". Era sicura... Ormai ne aveva parlato sia con Dwight che con Caroline, quindi mancava solo l'ultimo passo per chiudere quella vicenda e quella parte della sua vita in Cornovaglia.

La serva uscì e Jeremy e Clowance si avvicinarono al letto dove la sacca da viaggio era stata chiusa. "Mamma, si torna a casa?" - chiese il bambino, osservandola.

"Viene a prenderci papà?" - aggiunse Clowance.

Al diavolo, no, papà non sarebbe venuto a prenderli! Demelza prese un profondo respiro, era tutto così dannatamente difficile... "No, in realtà non stiamo tornando a casa ma al contrario, stiamo per partire per un lungo ed avventuroso viaggio". Cercò di apparire contenta, entusiasta, ottimista ed allegra. Ma viste le espressioni perplesse dei suoi due figli, probabilmente stava miseramente fallendo nel suo intento...

"Partire? Per dove? E papà?" - chiese Jeremy.

Demelza sospirò, sedendosi sul letto ed attirandoli a se, prendendoli per mano. Sentiva di dover dare loro forza e allo stesso tempo aveva il disperato bisogno che loro ne dessero a lei. "Papà ed io... Ci sono un pò di cose che non vanno, lo avete visto anche voi prima che venissimo quì da zia Caroline e zio Dwight, giusto?".

"Avete litigato?" - chiese Clowance.

"Non proprio... Cioè, sì. Ma non è questo il punto".

Jeremy si fece serio, serrò i pugni e tremò leggermente. Ormai aveva più di dieci anni ed era troppo grande per bersi una stupida ed edulcorata storiella e di certo aveva capito che qualcosa non andava. "Mamma, perché siamo quì senza papà? E perché partiamo? Cosa è successo?".

Cercò le parole giuste dentro di se, ma come poteva spiegare? Come poteva fare in modo che non odiassero il loro padre? Non voleva che succedesse, anche se Ross le aveva fatto del male era certa che avesse amato i suoi bambini. E non voleva che i bambini provassero un sentimento che alla lunga avrebbe finito per logorarli e renderli diversi dalle piccole splendide persone che erano e sarebbero diventate. "A volte capita che i grandi prendano strade diverse, che si preferisca altro, che non si sia più felici del proprio modo di vivere... E allora si cerca di cambiare strada per ritrovare se stessi ed è quello che sta facendo vostro padre e che voglio fare anche io".

"Non capisco, mamma" – mormorò Clowance, spaventata.

"Cosa preferisce adesso papà?" - chiese Jeremy.

"Altro..." - rispose Demelza, vaga. "Altro che non riguarda noi... Ma non vuol dire che non ti ami più, tesoro mio, vuol dire solo...".

Jeremy scosse la testa, furiosamente. Adorava suo padre, era il suo pensiero fisso quando non c'era ed attendeva sempre impazientemente il suo ritorno da Londra, ogni volta che lui partiva. Era logico che non capisse e lei non sapeva come spiegarglielo. Era impossibile, forse... "Jeremy, dovresti fidarti di me e basta!" - cercò di tagliare corto, sperando che lui non insistesse, anche se in effetti aveva tutto il diritto di farlo.

Il ragazzino indietreggiò, furioso e disperato. "Mamma, tu ti sbagli! Papà vuole stare con noi, non vuole altro! Vuole te! E me e Clowance. Basta che glielo chiedi e lui te lo dirà meglio di me! Andiamo a casa, andiamo a parlare con papà e lui ti dirà che hai capito male".

Jeremy si aggrappò alla sua gonna disperato, singhiozzando, piangendo e lei lo strinse a se, assieme a Clowance che era silenziosa ed atterrita. "Amori miei, non ho capito male. Quì non c'è posto per noi e vostro padre preferirebbe così...".

"Non ti credo!" - urlò Jeremy. "Mamma, mamma non voglio fare un viaggio, voglio andare a casa mia. Da papà! Come farebbe senza di noi? Perché sei cattiva, perché lo vuoi lasciare solo? Non gli vuoi più bene?".

Demelza sussultò. Santo cielo, era questa la sua colpa adesso!? Sarebbe stata lei a pagare per quanto stava succedendo? Lei che per Ross viveva e che per lui sarebbe morta gettandosi nel fuoco? Cos'era, uno scotto tardivo per il tradimento con Hugh? Stava pagando con gli arretrati quell'errore di cui forse mai aveva davvero reso conto? "Jeremy, io amo tuo padre più di ogni altra cosa".

"Ma lo vuoi lasciare..." - singhiozzò Clowance.

E Demelza cedette, non c'era altro modo che essere sinceri, forse... "No, non io. E' lui che non vuole più me...".

Jeremy si bloccò, a occhi spalancati. "Mamma...?".

Lei gli accarezzò dolcemente il viso. "Succede, come ti dicevo prima. Fa male, tanto male a me come a lui ma si deve essere forti e capire quando è giunta l'ora di arrendersi e prendere un'altra strada. E allora si deve andare avanti altrove... Ho amato vostro padre e lui ha amato me, siamo stati felici e abbiamo costruito tante cose insieme. Ed abbiamo fatto voi e di questo saremo sempre grati. Ma è finita, adesso, anche se..."

"Anche se?" - chiese Jeremy, con gli occhi lucidi e atterriti.

"Sapete, c'è anche un'altra cosa che ci succederà, quando saremo arrivati dove ho intenzione di andare con voi, nel nostro viaggio avventuroso".

Con gli occhi velati di lacrime, Clowance la guardò incuriosita. "Cosa?".

Demelza si massaggiò il ventre dove c'era quel bambino non voluto ma che aveva follemente deciso di tenere, nonostante tutto. Non sapeva che ne sarebbe stato di lui o lei e nemmeno se e quanto ci avrebbe messo a volergli bene. Ma forse per i suoi bambini, quel fratellino poteva diventare uno spiraglio di luce in quel momento tanto buio. "Avrete un fratellino o una sorellina, fra qualche mese".

I bambini rimasero in silenzio, senza dire nulla. Se ne fossero felici, se la notizia avesse rasserenato i loro animi, era difficile dirlo. Troppo era il dolore per un padre perso e di certo uno sconosciuto bambino non avrebbe potuto lenirlo. Ci sarebbe voluto tempo per curare le ferite, tanto tempo per tutti...

Jeremy deglutì. "E papà ti fa andare via con noi e con un altro fratellino? Non ci crederò mai! Papà non lo farebbe mai! Mamma, torniamo a casa, tu ti sbagli e lui non vorrebbe!".

Gli occhi di Demelza si inondarono di lacrime. Avrebbe tanto voluto credergli, avrebbe tanto voluto che fosse come diceva lui ma la realtà era un'altra: Ross non la amava più, la tradiva con un'altra donna e non era interessato al piccolo in arrivo. E non era la prima volta, ci era già passata ma raccontarlo a Jeremy, raccontargli di come una volta anche Elizabeth si fosse insinuata fra loro e di come avesse reso inconsistenti agli occhi di Ross entrambi, non avrebbe aiutato suo figlio ad accettare la cosa ma al contrario, lo avrebbe ferito ancora di più. Non poteva dirlo, non poteva raccontarlo, non poteva distruggere così tanto il mondo di Jeremy e Clowance. "Come ti dicevo prima, amo tanto il tuo papà, Jeremy. E non lo lascerei se non fossi certa che non è me che cerca per essere felice".

"Cosa cerca, lui?" - chiese Jeremy, turbato dal vederla piangere e forse pentito per averla attaccata tanto duramente poco prima.

"Altro..." - rispose Demelza, con un filo di voce.

"Cosa?".

"Altro...".

"Altro meglio di te? E' matto?" - chiese il ragazzino, incredulo.

Demelza gli sorrise dolcemente, accarezzandogli la guancia. "La bellezza è soggettiva agli occhi di chi ci guarda. Lo capirai fra qualche anno, quando sarai più grande e una ragazza catturerà il tuo cuore. Forse non sarà la più bella di tutte ma per te sarà unica e le altre non avranno modo di competere con lei, ai tuoi occhi".

"Ma anche per papà tu sei così" – insistette il bambino.

No, anche questo avrebbe voluto che fosse vero ma putroppo le cose stavano diversamente. Le venne in mente ancora lei, lei che forse era un dolore che mai Demelza aveva cancellato del tutto dal suo cuore così come suo marito non aveva mai del tutto cancellato dal suo la figura di Hugh. Ross aveva amato Elizabeth e poi lei, anche se forse era sempre venuta per seconda. E ora c'era Tess... E lei non aveva più la forza per lottare di nuovo.

Clowance le toccò la pancia, dopo che per molto era stata silenziosa e cupa. Ed era strano perché era più acuta e con la lingua decisamente più lunga di quella di suo fratello. "E lui? Lui almeno sarà nostro?" - chiese.

"Sì, certo. Vostro, solo vostro..." - rispose Demelza, odiandosi per ciò che provava per il piccolo in arrivo.

Ma Jeremy la richiamò ancora al dovere. "E tuo... E forse anche di papà... O anche tu cerchi altro?".

Non disse nulla, non aveva la forza di rispondere anche a quella domanda che la richiamava all'ordine e che gridava alla sua coscienza di essere madre di tre figli, non di due. Lo accarezzò e lo strinse a se. "Mi aiutate a fare i bagagli?" - disse, cercando di accantonare il pensiero del nuovo bambino in arrivo.

"Ma dove andremo?" - chiese Clowance.

"Da Kitty e Cecily, in Jamaica, dopo un lungo viaggio in mare".

Jeremy sembrò spaventarsi. "Ma è lontano! Ned ci raccontava della Jamaica e dell'Honduras. Sono dopo un grandissimo mare, un posto troppo lontano e non...".

"E non?".

Il ragazzino prese un profondo respiro. "E se andiamo lì, non lo vedremo davvero più il papà. E lui non saprà trovarci".

Demelza annuì, pensando brutalmente che era questo il suo intento se voleva vivere. "A voi piacevano Kitty e Cecily, no? Sarà bello stare con loro in un posto magico, pieno di avventure e con il mare che, dicono, sia il più bello del mondo, simile al mare del Paradiso".

"Preferisco il mare di casa nostra" – commentò Clowance, laconica. "E ho paura, mamma".

"Non possiamo restare quì da Dwight?" - insistette Jeremy – "E vedere se con papà le cose vanno a posto?".

Demelza scosse la testa. "No, non me la sento. Puoi capirlo?".

Jeremy osservò lei e la sua mano, appoggiata contro il suo ventre. E anche se era piccolo, forse capì che una donna incinta abbandonata dal marito aveva bisogno di serenità e di andarsene lontano per stare bene. Soffriva, non poteva farci molto ma sapeva anche che per quanto amasse suo padre, era sua madre la colonna della famiglia, era lei che c'era sempre, in ogni occasione, era lei che lui e sua sorella cercavano ed era lei che ora aveva più bisogno di loro. E loro dovevano esserci e starle accanto, come lei aveva sempre fatto con lui e sua sorella. Silenziosamente la abbracciò, forte, cercando coraggio, infondendole coraggio. "Andrà tutto bene, mamma".

Clowance fece lo stesso, rannicchiandosi contro di lei. "Sì, anche se questa Jamaica mi fa paura".

Demelza, mentre una nuova lacrima le sfuggiva dal viso, li strinse a se. "La paura la sconfiggeremo insieme, tutti e tre".

"Tutti e quattro" – ribadì Jeremy, ricordandole che a breve una nuova aggiunta sarebbe arrivata ad arricchire la loro famiglia.

E, nuovamente, Demelza si sentì sprofondare nelle tenebre dell'ignoto e dell'incerto. Era dura, era dura aspettare un figlio non voluto e rendersi conto che farlo sentire parte della famiglia sarebbe stato un peso e non una cosa naturale. Si sentì così stanca e cattiva a quei pensieri che credette di odiarsi, ma non ci riusciva davvero a provare sentimenti diversi. Eppure sapeva che doveva fare del suo meglio e che i suoi due bambini sarebbero stati la sua forza e il viatico a un futuro sereno anche per il nuovo arrivato. Doveva essere forte, davvero. E soprattutto finire di fare i bagagli perché forse solo con la lontananza sarebbe riuscita ad amare quel piccolino che gridava ed esigeva amore, un amore che lei non era ancora pronta a dargli. "Su, andate a giocare in giardino, ora! Così posso finire di preparare le nostre cose".

E i bambini, ubbidienti e mortificati, la lasciarono sola coi suoi pensieri.


...


Nascosti dietro una siepe del giardino e facendo finta di giocare, Jeremy e Clowance non riuscivano a tenere a bada il loro tumultuoso stato d'animo. Era così incredibilmente assurdo quanto gli aveva detto la loro madre. Conoscevano il loro padre ed anche se era spesso assente, avevano sempre visto il luccichìo nei suoi occhi quando osservava la loro mamma, avevano sempre assistito alla dolcezza dei loro abbracci e anche ai loro baci che entrambi non avevano mai avuto paura a scambiarsi davanti a loro. Sapevano che a volte i genitori possono non andare d'accordo, il loro amico Jhon Nanfan quando andavano a scuola da Morwenna, a volte raccontava di come suo padre spesso picchiasse sua madre. A Nampara non era mai successo nulla del genere e anche se Jeremy aveva vaghi ricordi di un periodo in cui era molto piccolo e i suoi genitori erano sembrati arrabbiati, quel tempo era passato da molto e qualunque cosa fosse successa, era stata superata... Il loro papà era sempre stato un eroe ai loro occhi, forte e giusto. E ora non riuscivano proprio a credere che volesse abbandonare loro e la loro mamma, era impensabile anche solo azzardare un'ipotesi simile. Il loro papà li amava ed entrambi erano convinti che quanto credeva la loro madre fosse solo un malinteso, lui non avrebbe mai voluto perderli e sarebbe morto senza di loro.

Jeremy tirò un sassolino contro un albero, rabbioso. "Clowance, andiamo di nascosto a casa!".

La bimba annuì, decisa, come se non aspettasse altro che suo fratello gli facesse quella proposta. "Da papà?".

"Sì, dobbiamo parlare con lui e spiegargli che mamma ha capito male alcune cose. Faranno pace, noi torneremo a casa e non partiremo per la Jamaica".

"Mamma si arrabbierà, se lo facciamo".

Jeremy divenne pensieroso. "Mamma non sta tanto bene, è triste e aspetta anche un altro bambino. Non ce la fa, dobbiamo essere noi a prenderci cura di lei e riportarle il papà. Anche lui secondo me non sta tanto bene senza di lei".

Clowance sospirò laconica. "Speriamo che sia davvero così...".

Jeremy si alzò, porgendole la mano. "Andiamo?".

"Andiamo".

I due bambini sgattaiolarono come ladri fra i vialetti alberati della residenza degli Enys. Prudie stava aiutando la loro madre, Caroline era nel salotto a sistemare alcune porcellane con la servitù e Dwight era fuori per delle visite. Se avessero fatto in fretta, nessuno si sarebbe accorto della loro assenza.

Appena fuori corsero come folli in quelle terre, in quella brughiera, in quei viali che conoscevano ormai come le loro tasche. Era la loro casa quella e non volevano lasciarla, per nulla al mondo.

Giunsero in prossimità della Wheal Grace e di soppiatto e senza farsi vedere la superarono, per poi raggiungere Nampara. La trovarono deserta, bussarono a lungo ma nessuno rispose, segno che il loro padre doveva essere fuori.

Jeremy sbuffò. "Se è alla Wheal Grace, ci vedrebbero in tanti. E mamma saprebbe che siamo usciti senza permesso".

Clowance annuì, d'accordo. "Forse... Ma magari se poi fanno pace, si dimenticano di questa cosa che abbiamo fatto e stasera ceniamo a casa tutti insieme".

"Mamma non dimentica mai niente!" - obiettò Jeremy.

"Forse in questi giorni potrebbe anche dimenticare" – ribadì la bimba. "E' così triste che non può ricordarsi di tutto e pensare a tutti".

Già, Jeremy non riusciva a non darle ragione. Mai aveva visto sua madre tanto prostrata e triste e voleva trovare suo padre, DOVEVA farlo per dirgli quanto lei avesse bisogno di lui. "Proviamo a cercarlo alla nostra spiaggia, lui va spesso lì".

"D'accordo".

I due bambini si lasciarono Nampara alle spalle e poi corsero verso la loro spiaggia, luogo di tante risate e tante scampagnate tutti insieme. Dalla scogliera la percorsero in lungo, osservando attentamente sotto di loro, in attesa e speranza di vederlo.

Col fiato corto, Clowance corse fino a dove la spiaggia si allargava e su di essa si aprivano grandi gallerie che da lì portavano alle miniere. Alcuni mesi prima, con Ned, da lì avevano salvato dei bambini minatori rimasti coinvolti in un incidente e sapeva che c'erano anche cunicoli che portavano alla loro di miniera, la Wheal Grace. Certo, lo aveva fatto perché suo padre era un eroe e con Ned lo era stato pure in guerra tanti anni prima, quando era giovane e ancora non conosceva la sua mamma.

Improvvisamente Clowance si fermò, affacciandosi al costone che dava sulla baia. Un gruppo di uomini, di sotto, uscì da una delle grotte con delle grosse casse di legno fra le mani che, dalla fatica con cui venivano trasportate, sembravano essere molto pesanti. Parlavano una lingua strana che Jeremy e Clowance non riuscirono a capire, ma improvvisamente il ragazzino impallidì. "Sembra francese".

"Francese?" - chiese Clowance. "Che ci fanno quì i francesi?".

Jeremy alzò le spalle. "Una volta Ned ha detto che i francesi quì non potrebbero mai fare nulla di buono e che vorrebbero far guerra all'Inghilterra".

Clowance impallidì. "Guerra all'Inghilterra? Sulla nostra spiaggia?".

"E' un buon approdo" – sussurrò Jeremy.

"Dobbiamo dirlo a papà" – suggerì Clowance con urgenza.

Ma Jeremy non rispose, non subito. La bimba lo osservò e notò che era improvvisamente impallidito, tanto che temette che stesse male. "Jeremy?".

"Non è necessario dirlo a papà, lo sa già" – rispose lui, indicando la spiaggia e due persone che stavano uscendo a coda degli altri, abbracciate, dalla grotta.

Clowance guardò giù e impallidì anche lei. Suo padre, il suo grandissimo e fiero papà era fra quegli uomini stranieri che volevano portare la guerra a casa loro, abbracciato a una donna che non era la loro mamma. Scosse la testa, spaventata, disperata, mentre tutto il suo mondo di bambina di sette anni crollava attorno a lei. "Papà... e... Tess? Quella è Tess!".

La piccola guardò Jeremy come se in lui cercasse risposte che suo fratello non poteva darle. "Jeremy?".

Lui non rispose ma improvvisamente capì il significato di ogni parola che la loro madre aveva detto loro quel pomeriggio. Aveva omesso le cose più difficili e dolorose, aveva cercato di essere 'giusta' per tutti sforzandosi di trovare le parole adatte, ma ora lui aveva capito cosa lei intendesse dire quando aveva affermato che il loro padre ora cercava 'altro'. Tess, una delle persone più antipatiche che fosse mai entrata in casa sua. Abbracciata al suo papà... E Jeremy era abbastanza grande da capire cosa questo significasse, per loro e per la loro mamma. Sentì forte il desiderio di proteggerla, di proteggere tutte le donne della sua famiglia da quella realtà e capì perché dovevano partire. Ma sentì anche altro, dentro di se. Se fosse stato più grande sarebbe sceso in quella spiaggia, avrebbe gridato cose brutte a suo padre e a Tess, avrebbe spinto quella donna lontano e poi avrebbe dato un pugno a suo padre. Ma non era più grande, aveva solo dieci anni e la sua sorellina sette ed era spaventata. Era troppo piccolo per fare qualsiasi cosa e anche se voleva prendere a pugni suo padre, non sarebbe riuscito ad arrivare al suo volto e lui in risposta lo avrebbe potuto colpire a sua volta. Non lo aveva mai fatto ma se ora aveva scelto di tradire la loro madre ed abbandonarla, sarebbe stato anche capace di picchiare lui o Clowance. Doveva portare sua sorella via da lì... "Andiamo a casa dalla mamma, Clowance. Aiutiamola a fare i bagagli" – disse, meccanicamente, con una voce che non sembrava nemmeno sua, sentendosi abbandonato, tradito e solo.

La bimba non obiettò. "Sì" – disse, sighiozzando.

Diedero un'ultima occhiata alla spiaggia e a quel padre che pensavano di conoscere e che stava tradendo tutti loro e la loro patria. E mestamente rientrarono a casa, capendo che tutto era cambiato e che non ci sarebbe più stato un padre ad amarli, proteggerli e a far sorridere la loro mamma...

Stancamente salirono le scale, cercando di ricomporsi in modo che la loro madre non si accorgesse del loro turbamento e quando entrarono nella sua stanza la trovarono seduta sul letto, con la sacca da viaggio chiusa e gli occhi gonfi. Si sforzarono di sorridere e le porsero un mazzetto di fiori che avevano raccolto per lei in giardino.

Demelza non disse nulla, li abbracciò forte e insieme rimasero in silenzio, a lungo, seduti sul letto.

Fu Jeremy, che sentiva il peso della responsabilità sulle sue spalle, a rompere quel silenzio opprimente. "Mamma, dicono che in Jamaica ci siano i pirati. Sarà divertente conoscerne qualcuno".

"Cosa?" - chiese lei, con sguardo assente.

Clowance cercò di aiutare il fratello a distrarre sua madre dai pensieri più foschi. "Sarà avventuroso, come dicevi tu! Quando partiamo?" - chiese, cercando di apparire forte e contenta.

"Avete cambiato idea?".

Jeremy cercò di ridacchiare. "Ci abbiamo pensato su prima, mentre giocavamo. Se dici che dobbiamo partire, partiremo! Tu sei più brava di noi a decidere e quindi dobbiamo fidarci di te. Poi se non facciamo in fretta, finisce che il fratellino nasce in nave e non è il caso, giusto? Meglio in Jamaica, sarà fortissimo avere un fratello nato dove c'è il mare bello come in Paradiso".

Demelza si accigliò, c'era qualcosa di stonato in quell'improvviso entusiasmo dei suoi figli e comprese che, benché fossero spaventati, stavano cercando di darle forza. Erano il suo bene più prezioso, il suo tesoro grande e niente e nessuno avrebbe mai potuto competere con l'amore che provava per loro. Nemmeno Ross, non più Ross...

Cercò di leggere dentro se stessa, cercò di trovare la forza come stavano cercando di fare loro e capì che doveva lottare per i suoi figli ma anche per il bimbo in arrivo. Non sapeva se e quanto ci avrebbe messo ad amarlo, non sapeva se ci sarebbe mai riuscita ma non voleva che lui o lei si sentisse indesiderato. Lei stessa era stata una bambina non amata e nei suoi fratelli aveva trovato la forza di vivere e crescere. E Jeremy e Clowance sarebbero stati lo stesso per lui o lei, chiunque fosse. Al momento non aveva la forza di fare altro, ma sapeva che doveva lottare anche per quel figlio in arrivo perché trovasse qualcuno ad amarlo, quando fosse nato... E sapeva che Jeremy e Clowance lo avrebbero fatto, lo avrebbero amato e protetto e che in loro, lui o lei avrebbe trovato la forza di vivere e crescere, anche e nonostante una madre forse non perfetta ed assente. "Mi fate una promessa?".

"Certo".

Prese le loro mani, stringendole forte. "In Jamaica dovrete promettermi che vi prenderete cura del vostro fratellino e che lo amerete, sempre. Conto su di voi, per lui o lei...".

Jeremy annuì. Rivide nella mente suo padre abbracciato a Tess e comprese cosa si agitava nel cuore di sua madre e quanto tutto fosse difficile per lei. "Non preoccuparti mamma, ci penseremo io e Clowance a lui. Poi quando starai bene e tornerai ad essere contenta, ci penserai anche tu".

Clowance non disse nulla ma annuì, d'accordo col fratello. Prese dal letto la sua bambola dai capelli rossi, la strinse a se e poi, con sguardo deciso, capì anche lei che dovevano portare via la loro madre da lì. Non avevano bisogno di molto, solo di loro stessi, di fortuna, ottimismo e della sua bambola da stringere la notte o nei momenti bui. E tutto questo lo avevano, quindi sarebbe andata bene. "Quando partiamo?" - chiese, col cipiglio sicuro tipico dei Poldark.

  
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