Storie originali > Soprannaturale
Segui la storia  |       
Autore: Enchalott    26/11/2019    5 recensioni
Questa storia è depositata presso lo Studio Legale che mi tutela. Non consento "libere ispirazioni" e citazioni senza il mio permesso. Buona lettura a chi si appassionerà! :)
"Percepì il Crescente tatuato intorno all'ombelico: la sua salvezza, la sua condanna, il suo destino. Adara sollevò lo sguardo sull'uomo che la affiancava, il suo nemico più implacabile e crudele. Anthos sorrise di rimando e con quell'atto feroce privò il cielo del suo colore".
Genere: Avventura, Introspettivo, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
La prima notte
 
Adara fissò stordita la scena, come se si fosse trattato di un sogno funesto e tragico.
Rei era vivo, ma lo sarebbe stato per molto poco se non fosse intervenuta, se lo avesse abbandonato nelle odiose grinfie del carceriere. Aveva un aspetto così estenuato, così debole in confronto a come lo ricordava… la pesante punizione intimata dal principe lo avrebbe ucciso per davvero.
I suoi occhi lucidi per l’ansia incontrarono quelli chiari di Màrsali, stretta nel suo scialle di lana al bordo della sala. Qualcosa nel suo atteggiamento le suggerì che non tutto era perduto. Possibile che fosse in grado di intercedere presso il brutale Haffgan?
E Shion… perché era lì? Lo aveva lasciato al sicuro a Erinna, a proteggere il Sud! Forse era stato rapito per andare costituire un altro elemento di ricatto a favore del reggente! Era stremato, quasi irriconoscibile. Il suo sguardo era vacuo e terrorizzato.
Fratello mio…
Anthos le sollevò il velo e le sfiorò la fronte con un bacio freddo e formale.
La ragazza si riscosse al gesto di… suo marito. Era strano pronunciarlo. Strano non amarlo. Strano che non fosse stato più teatrale in quella manifestazione di potere.
I convenuti si mossero in silenzio, lenti e rigidi, per rendere personalmente omaggio agli sposi e fuggire al più presto da ciò cui stavano assistendo.
“Siete liberi di andare, come stabilito” disse il reggente, rivolgendosi infine a Narsas e a Dare Yoon “Non manco mai alle mie promesse”.
I due uomini si guardarono per un attimo, abbandonando l’attonita immobilità.
“Con il vostro permesso, altezza” rispose Narsas “Noi desideriamo restare accanto alla principessa per offrirle la nostra protezione”.
“Io sono più che sufficiente allo scopo” ribatté lui.
“Ne siamo consapevoli” intervenne Dare Yoon “Ma converrete con noi che la sicurezza non è mai troppa. Inoltre, vostra moglie è molto giovane e inesperta. Avrà bisogno di essere guidata e consigliata per stare accanto a voi”.
Anthos gettò un’occhiata in tralice a Urien, infagottato nella tunica nera come lo spettro della morte e tutt’altro che affidabile o conciliante nel suo ruolo.
“Lo concedo” replicò asettico “Con la clausola che nulla mi sarà tenuto nascosto, pena l’immediata esecuzione capitale per alto tradimento”.
“Avete la nostra parola”.
Adara ascoltò commossa lo scambio e in lei si fece strada una profonda gratitudine. Né l’ufficiale né l’arciere l’avrebbero lasciata sola ad affrontare la Profezia e il suo principale detrattore. Forse sarebbero riusciti a salvare Rei e Shion, mentre lei avrebbe distolto a qualunque costo il principe dai suoi efferati e ignoti progetti. Forse esisteva una speranza.
“Anche voi potete ritirarvi” continuò Anthos, rivolto al suo braccio destro.
Urien si inchinò, infilando le dita adunche nelle maniche e congedando Haffgan.
“Avete sentito?” sibilò poi rivolto a Shion “Potete alzarvi. Grazie per il vostro aiuto”.
Narsas inarcò un sopracciglio, soppesando cautamente le ultime parole pronunciate dal Primo Consigliere, con una pesante sensazione negativa.
“Che significa?” ringhiò Dare Yoon a bassa voce.
Il principe di Elestorya si spostò sulle ginocchia, allontanandosi dal ceppo e ponendosi remissivamente davanti all’essere incappucciato, abbassando il capo difronte a lui.
“Grazie a voi, mio signore. Sono stato felice di servirvi”.
Adara guardò con orrore il fratello umiliarsi difronte a quella creatura inquietante, che gli pose una mano sulla testa, come si fa con un animale ammaestrato per tranquillizzarlo e dominarlo.
“Shion… ma che cosa stai facendo?” esclamò, esterrefatta.
“Ciò che è stato chiamato a compiere, mia signora” spiegò Urien, affettato.
“Mi dispiace, Adara…” balbettò lui “Mi dispiace davvero, io non…”.
“Oh stelle, Shion… dimmi che non è come sembra! Tu non puoi…”.
“Vostro fratello è da tempo il mio informatore” intervenne Anthos “È lui che mi ha tenuto costantemente aggiornato sugli eventi occorsi al Sud, fornendomi un discreto vantaggio. È stato molto abile a dissimulare, ha avuto un buon maestro d’altronde”.
Urien accondiscese al complimento, ingobbendosi in un’ombra rattrappita.
Il giovane elestoryano distolse lo sguardo da quello sconvolto della sorella e si rialzò in silenzio, sistemandosi l’abito sgualcito.
“Shion…” sussurrò la ragazza, travolta dalla consapevolezza “Ti prego, dimmi che è una menzogna, che tu non sei…”.
I suoi occhi pieni di dolore incrociarono quelli scuri e intensi di Narsas. Il volto dell’arciere era tirato ed esprimeva un’angoscia opprimente, tragicamente conscia.
…il Traditore del sangue” completò, sfiorando l’arco e guardando la donna che amava con infinita tristezza.
 
“Puoi anche ucciderlo” sogghignò il reggente “Non potrebbe importarmene di meno. Ormai ha assolto il suo compito. Mi chiedo tuttavia cosa ne pensi mia moglie”.
Narsas ebbe un lieve sussulto, ma continuò a tendere la corda con la freccia incoccata e rivolta al principe di Elestorya. Implacabile.
“Tu sei pazzo, Aethalas!” proruppe Dare Yoon “Come puoi giudicare una situazione sui due piedi? Non pensi che possa essere tutta una montatura costruita ad arte? Il giovane erede è sicuramente sotto coercizione! Non può essere lui il Traditore che cerchi! Io non credo a una parola di quello che hanno detto!”.
“Nessun incantesimo” precisò Anthos, alzando le spalle “E’ stata una sua decisione. Un uomo è in grado di scegliere e Shion ha scremato le opportunità, valutando di schierarsi dalla parte che ritiene più consona ai propri ideali”.
“Fratello, difenditi, ti prego!” implorò Adara “Dimmi che non è vero!”.
Shion si voltò a quel richiamo accorato e i suoi occhi nocciola espressero una vergogna profonda e insostenibile, ma anche una rabbiosa frustrazione.
“La Profezia, Adara!” rispose in un fiato “Quella cui tu presti scarsa fede e che Dionissa pensa di avere interpretato. In realtà non c’è nulla che possiate fare, dilagherà e ci inghiottirà tutti! Non l’avete capito? Nessuno di voi ha pensato che io avrei potuto dare il mio contributo, ma ci ho provato e ho incontrato una soluzione. L’unica possibile per restare vivi. Siete voi, nella vostra presunzione, i veri traditori!”.
“Shion… Tu lo sapevi che sarei venuta qui e che cosa avrei trovato ad attendermi. Guardami, Shion. Era così che immaginavi le mie nozze? Sono morte delle persone per questo, perché non hai detto nulla di…”.
“Non voglio ascoltarti, sorella! Come non ho voluto ascoltare il Kalah di Dionissa, la cui ingombrante presenza ci avrebbe condannati tutti! Voi non sapete nulla! Nulla!!”.
“C-cosa…?” balbettò la principessa “Tu hai…”.
Il giovane abbassò lo sguardo, sotto l’incombenza severa di Urien.
“Oh sì” mormorò il consigliere “Il dono della sacerdotessa di Erinna costituiva un pericolo per il futuro. Il principe Shion non ha fatto altro che inibirlo, come abbiamo indicato. Ma non ha attentato alla sua vita. A quello hanno pensato gli Aethalas”.
“Menzogne!” ruggì Narsas, continuando a tenere sotto tiro il giovane “La mia gente possiede un’onestà che voi non conoscete neppure da lontano! Ciò che avete fatto equivale a un tradimento e non esiste altro nome da attribuirgli! Avete subdolamente ingannato vostra sorella, privandola del suo dono. Avete fatto sì che Adara raggiungesse il Nord e diventasse pedina del gioco crudele del suo sovrano! Avete finto di essere prigioniero affinché Aska Rei, che vi avrebbe difeso fino alla morte, venisse disarmato. Con quale scopo, principe Shion? La Profezia è più importante dell’amore per i vostri cari?”.
Lui abbassò il capo, stringendo i pugni con ira e si chiuse nel silenzio.
“Fiato sprecato” commentò Dare Yoon, amareggiato e rassegnato, fissando l’espressione insofferente del giovane “E’ reo confesso, privo di pentimento”.
“Ho forse domandato la vostra assoluzione?” asserì a quel punto Shion, cinico.
Adara osservò il fratello e fu come esaminare un estraneo. Era come diventato un’altra persona. Che cosa gli era successo davvero? Si sentì in colpa per non aver capito quali sentimenti lo stessero attraversando prima di quel mutamento fatale. Avrebbe fatto qualunque cosa per riaverlo indietro, con tutta la sua dolcezza, le sue insicurezze, il suo sorriso gentile. Il senso di perdita, l’ennesima da quando era partita, la sovrastò. Ma non si arrese e si concentrò sull’arciere.
Narsas esitava. Esitava perché con quella freccia avrebbe ferito anche lei. In quel modo non avrebbe assolto il dovere che si era imposto come scopo ultimo della vita.
Si guardarono ancora.
Lui con gli occhi lucidi di sofferenza, in bilico su un abisso che gli avrebbe strappato o l’onore o l’affetto della donna che amava. Tutto ciò che aveva.
Lei con le lacrime che fluttuavano, certa che l’arciere non avrebbe mai tirato e che avrebbe rinunciato alla dignità di guerriero piuttosto che arrecarle una pena.
Lui fissò Adara, che aveva riacceso il suo cuore spezzato e l’aveva riportato sulla sua strada, fornendogli una ragione per desiderare strenuamente di vivere.
Lei fissò Narsas, che le aveva invaso l’anima ed era come sangue che scorreva nelle vene, infondendole il coraggio che sentiva potente in sé nonostante il dramma.
Si guardarono e si lessero, senza bisogno di parole. Ancora una volta.
Il guerriero annuì leggermente e si voltò, inquadrando nuovamente il suo bersaglio.
La principessa diede le spalle alla scena, per non assistere a quella morte, stringendosi convulsamente al reggente di Iomhar, che trasecolò.
“Avete mai pianto, Anthos?” gli sussurrò “Imparate come si fa. Come si rinuncia al proprio ego. Come si ama”.
Il dardo abbandonò l’arco con una vibrazione luttuosa e sibilò nell’aria.
Il Primo Consigliere mosse le labbra violacee, evocando con prontezza un sortilegio e la freccia sparì, inghiottita dal nulla che aveva richiamato.
Shion si afflosciò, come se la vita lo avesse comunque abbandonato.
“Ora basta!” sentenziò il reggente “Urien, porta via il tuo pupillo, se ci tieni tanto. Ne parleremo più tardi”.
L’essere oscuro obbedì all’istante, eclissandosi nel buio, trascinando con sé tra le ombre il giovane traditore, prima che un secondo strale riuscisse a colpirlo.
“Vigliacco!” esclamò Narsas, impossibilitato a gettarsi al suo inseguimento.
“Placati, ragazzo” sbuffò Anthos “Non metterti in cose più grandi di te. Oggi non è il giorno in cui realizzerai il tuo scopo, fattene una ragione. Ma non significa che non avrai altre occasioni di uccidere. O di morire”.
Gli sguardi si fecero di fuoco e ghiaccio, in una tensione insostenibile.
“Pare che gli dei siano contrari a questo matrimonio” commentò Dare Yoon, sarcastico “Non ho mai assistito a una cerimonia tanto movimentata”.
“Allora rifatti con il convivio, capitano” ribatté il principe con pari ironia “Sono certo che almeno quello sarà di tuo gradimento”.
“Non mi costringerete” mormorò Adara, prostrata “Non esiste niente da festeggiare”.
“Ai vostri ordini, mia signora” rispose Anthos con un sorriso tagliente “Neppure io aspiro a quel tipo di banchetto. Troveremo tutto ciò che ci serve nelle nostre stanze”.
La prese agilmente tra le braccia e abbandonò il tempio in un fruscio di stoffa bianca.
 
Il coltello gemmato della sposa risplendette al chiarore del fuoco, unica fonte d’illuminazione e di calore dell’ambiente, mentre il principe si slacciava il prezioso mantello dalle spalle, lasciandolo cadere a terra.
La porta si era chiusa alle loro spalle e lui l’aveva sigillata, bloccandola con il suo potere. Erano soli, l’uno difronte all’altra nella loro prima notte.
Anthos le sfilò il velo, scrutandola intensamente negli occhi, senza occultare quali fossero le sue intenzioni primarie.
Adara estrasse il pugnale dalla custodia lavorata, brandendolo a mezz’aria, ricambiando il suo sguardo penetrante e ardente. Lui non reagì: era certo che si sarebbe difesa secondo il rituale. Si trattava di comprendere se avrebbe rivolto la lama affilata contro sé o contro di lui. Non era importante, in fondo.
Allungò la mano, sfiorandole i capelli. Lei si ritrasse e l’arma saettò nella sua direzione, priva di remore. Anthos la fermò con un movimento del polso, senza servirsi della propria energia, strappandogliela dalle dita con facilità estrema.
Gli occhi scuri della principessa luccicarono d’ansia e di turbamento. Il coltello ora era saldamente nelle mani di lui: poteva verificarsi un unico, prevedibile epilogo.
Il principe lo girò, afferrandolo per il taglio, e lo scagliò contro il muro. L’oggetto si conficcò a fondo nella pietra, con un ronzio metallico che si estinse in un silenzio interrotto sporadicamente dal crepitio familiare del fuoco.
Adara lo guardò interdetta, trattenendo il fiato. Anthos sganciò la spada dal fianco e la gettò sul pavimento, senza smettere di scrutarla in volto, affascinante e magnetico.
“Non deve per forza essere una lotta” sussurrò poi, pacato.
Le sue iridi d’ambra erano malinconiche e feroci nella penombra oscillante. La prese per la vita e lei si oppose, afferrandogli le mani e cercando di allontanarle da sé.
Il reggente le sollevò e se le portò alle labbra. Erano fredde, tremavano.
“Avete paura?” le domandò piano.
“Sì…” rispose lei in un soffio “Era ciò cui ambivate, no?”.
Anthos abbassò il viso su di lei, colpito dall’ammissione e fu altrettanto sincero.
“No. Non adesso. Vorrei solo non essere costretto a usare la forza”.
“So che non riuscirei a spuntarla contro di voi. Neppure sul piano fisico. Perciò fate quello che dovete e smettetela di giocare al gatto con il topo”.
“Non sto giocando. Auspicherei che voi partecipaste. In fondo, vi riguarda”.
Adara abbassò le braccia. Smise di resistergli e distolse lo sguardo.
“No. Fatelo e basta”.
“Come preferite” mormorò lui.
La sollevò tra le braccia, facendo stormire la seta dell’abito e tintinnare i cristalli. La posò sulle pellicce che ornavano il letto e si piegò su di lei. Raggiunse le sue labbra e la baciò con una passione che non avrebbe mai pensato di possedere. Se ne accorse, contro ogni aspettativa, dal pulsare vigoroso e insistente del cuore.
La ragazza si lasciò sfiorare la bocca, ma restò passiva. Eppure realizzò che c’era qualcosa di diverso dalla volta precedente, sulla nave: forse, solo il desiderio a lungo trattenuto dell’uomo che ora era suo marito. Puntellò istintivamente le mani contro il suo torace e la casacca del giovane, priva di bottoni e fermata solo dalla fascia in vita che si stava allentando, gli si aprì sulla pelle abbronzata, scivolandogli giù dalle spalle.
“Lo sentite?” sussurrò Anthos, spostandole le dita sulla sinistra e lasciando che indugiassero sul suo petto “E’ il cuore che avete richiesto agli dei. Non ho altre spiegazioni per un fenomeno del genere. Non mi è mai successo”.
Batteva. Batteva forte e faceva eco al suo. Adara, per un attimo, si lasciò trasportare da quel palpito fuori controllo, ma poi tornò alla realtà. Per colpa o per merito di quel dannato amuleto.
Il Medaglione oscillava davanti a lei come un monito, pendendo dal collo del principe. Fu tentata di toccarlo, ma rinunciò. No. Era maledetto, come la terra che il suo reggente avrebbe dovuto curare.
“Significa che siete vivo. Nient’altro” gli rispose, dura.
“La mia vita passerà in voi” replicò lui, sollevandosi sulle braccia.
I capelli biondi gli scivolarono sugli omeri, ombreggiando la muscolatura perfetta. Si liberò degli stivali bianchi e la sua camicia serica si spalancò definitivamente a quel movimento repentino.
Non le aveva tagliato i legacci dell’abito nuziale. Adara se ne domandò il motivo e si risolse a pensare che, forse, suo marito sperava che lei lo avrebbe accettato come tale, che si sarebbe spogliata per lui, evitandogli di ricorrere a quel metodo perentorio tipico della tradizione nordica.
Eppure era Anthos ad aver scelto il rituale arcaico. Non ebbe tempo di riflettere.
Le sue labbra tornarono a lei, in un bacio che le scivolò sul collo, in una carezza fatta di mani che la privarono del mantello e la trascinarono nel suo abbraccio maschile e travolgente. Gli piantò le unghie nelle braccia nude, ma non si oppose e concentrò i propri pensieri lontano dal fatto che lui non indossasse quasi più niente e che il profumo inconfondibile che lo impregnava le stesse invadendo le narici e i sensi.
Arrossì, biasimando se stessa, cercando di non guardarlo, di sfuggire a quegli occhi tanto intensi e malinconici, che stavano urlando in silenzio di volere solo lei. Strinse le palpebre e inspirò, irrigidendosi.
Ma il principe se ne accorse e si arrestò, girandosi supino e facendo in modo che Adara fosse sopra di lui e lo contemplasse. La stoffa candida del vestito da sposa frusciò lieve, inserendosi come uno scudo di guerra tra di loro.
Lui sollevò le braccia e le sfiorò delicatamente le guance con i pollici: al sinistro scintillò l’anello opalino che lo legava a lei per la vita.
“Non distogliete lo sguardo, Adara…” mormorò suadente “Non ho nulla da nascondervi e non provo imbarazzo. Nemmeno voi dovreste…”.
“Non è il disagio per come siete… ma per che cosa siete” sussurrò lei, avvampando nel percepire le sue mani calde serrarsi sui fianchi ancora protetti dal tessuto sottile.
Anthos assimilò la risposta e l’oro fuso con cui la stava frastornando virò in una tonalità più cupa e infinitamente più attraente.
“Sono solo uno che non mente” rispose, attirandola a sé.
La baciò ancora, permettendole di stargli a cavalcioni, bilanciato sul letto solo dalla forza degli addominali contratti, in una posizione di netto svantaggio.
Era forse il suo modo di esprimerle fisicamente quella fiducia che non avrebbe mai ammesso a parole e che aveva sempre denigrato?
Le dita della principessa incontrarono l’acciaio freddo, un’ancora di salvataggio celata tra le pieghe morbide dell’abito nuziale, con un pesante senso di colpa. Come se fosse lei a incarnare un’orrenda menzogna in quel frangente. Scacciò quella sensazione sgradevole e si concentrò sul contatto con il metallo letale.
La contiguità improvvisa e rovente con il corpo di lui, che si appoggiò su un gomito e le sciolse i capelli lungo la schiena, la distrasse e la spinse ad affrettare la mossa che teneva in serbo. Il pugnale abbandonò il suo nascondiglio d’organza e vergogna, puntando al torace indifeso del principe del Nord.
Lui non si allarmò, limitandosi a scoccare all’arma ricurva un’occhiata di sufficienza.
“Fattura Aethalas…” commentò sarcastico e privo di qualsiasi preoccupazione “Il vostro amante reclama l’esclusiva con questo dono di pessimo gusto…”.
Adara aumentò la pressione e la lama arcuata gli incise lievemente l’epidermide, tre dita sotto al cuore. Quello di cui lui era privo, si ripeté.
“Narsas è l’uomo più importante della mia vita. È parte della mia anima, ma questo non significa che sia il mio amante o che sia andato oltre l’amicizia pulita che ci lega. Non mi ha mai toccata con un dito. Ma mi ha donato tutto se stesso”.
Anthos aggrottò la fronte, meravigliato, totalmente indifferente al coltello che gli stava segnando la pelle. Era palese che quel ragazzino, invece…
“Che cosa aspettavate a dirmelo?” sbottò, contrariato “Che vi facessi male?”.
La principessa sbarrò gli occhi e avvampò davanti a quella che pareva un’attenzione nei suoi riguardi. Una premura per la sua evidente prima volta con un uomo. Non ritrasse l’arma, imperterrita.
“Non… non sono affari vostri!” proruppe.
“Già…” ridacchiò Anthos “In fondo siete solo mia moglie e sto per farvi mia. Mi sto trattenendo a stento, ma se per voi non è un problema ne terrò conto”.
Adara si sentì terribilmente sciocca. Disorientata da quell’affermazione. Intensificò la spinta della lama, furente per quella sensazione inconsueta. Una goccia vermiglia fuoriuscì dal taglio orizzontale che gli aveva procurato.
“Ah…” grugnì lui tra i denti, tuttavia senza ritrarsi “Fatela finita. Affondate quel coltello, se ne avete il coraggio. Avanti!”.
La principessa esitò. Lui sentiva dolore e sanguinava come un essere umano. Continuava a fissarla, sicuro di sé, e il desiderio che gli aveva letto nell’espressione non era scemato. Non aveva paura di lei, della morte, della fine del mondo. Scandiva la sua vita in minuti, in attimi in cui la sua essenza continuava a mutare, lasciando tuttavia un’impronta indelebile. Che fosse di malvagità o di desolazione infinita, era impossibile rimanergli indifferenti. E in quell’attimo, che sarebbe potuto durare da un sospiro all’infinito, Anthos pretendeva solo lei.
“Tacete…” borbottò con voce soffocata.
“Mh…” sogghignò lui, stringendo le palpebre “Non ne siete in grado, vero? Non sorprendetevi, voi non siete un’assassina”.
“Tacete!” ripeté lei con impeto, forzandosi a non gettare via l’arma tinta di rosso.
Il sangue descrisse una scia lenta lungo il fianco del principe. Adara impallidì.
Lui pose la mano sulla sua, guidandone la traiettoria fatale. Lei trasalì a quel tocco.
“Almeno mirate bene” disse tra i denti “Per chi ce l’ha, il cuore è più in alto!”.
La ragazza gridò di frustrazione e lasciò cadere il pugnale tra le coltri, coprendosi il viso con le mani. Maledizione! Perché?! Perché non riusciva a ucciderlo?!
Anthos non perse tempo: si mosse agile, girandosi repentinamente e ribaltandola sul letto. Afferrò a sua volta il coltello ritorto e lo calò su di lei come una folgore.
I legacci che stringevano la parte alta del vestito bianco da cerimonia si lacerarono in un colpo solo, macchiandosi di scarlatto, la stoffa si aprì a metà, denudandola. Adara cercò di coprirsi, ma lui lo impedì.
“Con questo atto inconsulto non vi siete lasciata scelta! Non l’avete lasciata a me!” affermò il reggente, scagliando rabbiosamente il pugnale tra le fiamme.
Stracciò con le mani il tessuto ancora integro, che si sfilacciò come se fosse fatto di carta, allontanandone i brandelli strappati. La guardò, implacabile.
“La verità che cercate è una soltanto” continuò, avvincendola a sé in un contatto di pelle che gli assestò un contraccolpo allo stomaco “Voi avete provato qualcosa per Alyecc! Per questo non siete riuscita a rubarmi la vita! Negatelo, ora!”
“No!” gridò lei, stretta tra le sue braccia con le unghie piantate nella sua carne “E’ un’illazione dettata dalla vostra presunzione!”.
“Mentite a voi stessa! Se io non mi fossi rivelato Anthos, se io fossi rimasto Alyecc…”.
“Smettetela!!”
La nudità congiunta dei loro corpi li inondò di calore, accelerando loro il respiro, facendo scempio di ciò che erano, trasformandoli in un uomo e in una donna che rifiutavano di ammettere che tra loro esisteva un anello di connessione diverso da quello che si erano scambiati poche ore prima. Che era inaccettabile e arrecava sofferenza, che lottava con l’orgoglio di entrambi e li teneva lontani, che non concedeva a nessuno di loro né possibilità né perdono. Che per aversi, sarebbe stato necessario abbandonarsi. Che non erano disposti a farlo.
Anthos cessò di stringerle i polsi e la lasciò libera, le baciò le labbra, scese sul suo seno, rese audaci e prolungate le sue carezze, la sentì fremere e resistere, ma non si arrese poiché doveva comprendere, aveva l’assoluta necessità di capire perché la sua furia si stesse placando, annientata e fusa nel sapore delicato della pelle di lei, sciolta nel contatto con una donna che, anche stretta nella sua morsa, non si lasciava sconfiggere, immensamente forte nella sua fragilità.
“Baciami, Adara…” si sentì sussurrare.
Tutto sfuggì al suo controllo. Pensò che, se lei lo avesse colpito allora, non avrebbe avuto modo di difendersi, eppure ebbe la certezza che non sarebbe successo perché la sentì a lui presente, la sentì rispondere, la vide piangere e sollevare le braccia per affondare le mani nei suoi capelli biondi sparsi sul suo ventre.
Adara comprese che quella non era una costrizione, non un incantesimo perché in lui non esisteva la freddezza usuale per piegarla alla sua volontà. Non aveva bisogno di ricorrere alla forza e comunque non lo avrebbe fatto, anche se la minaccia era stata quella. C’era troppa dolcezza nella bocca che la cercava avidamente, troppo riguardo nelle dita che la percorrevano in scie voluttuose e tiepide. Gesti che non avevano nulla a che vedere con una violenza e lui se ne rendeva perfettamente conto, perché le nascondeva il suo sguardo per non perdere l’onore orgoglioso di cui era intessuto. Si celava dietro la testa abbassata, senza sollevarsi, premuto su di lei in quella premessa che, se gli fosse bastato il mero amplesso per infonderle il suo seme, non avrebbe mai compiuto.
“Oh stelle… stelle…”
Ebbe paura e non si oppose. Tremò perché lui non era come si era raccontata, perché era sì spietato e crudele, arrogante e testardo, prevaricante e inumano, ma l’uomo che le aveva appena domandato un bacio con quell’impulsività carica di affanno non corrispondeva più a quell’immagine mostruosa.
Percepì la sua lingua sul bordo curvo del Crescente e la sensazione che quel tocco passionale le restituì la terrorizzò. Uscì da lei in gocce salate di disperazione, di acquisita coscienza. Gli sfiorò la chioma bionda e lo allontanò, prima che quello che stavano vivendo si trasformasse per davvero in fare l’amore.
I suoi occhi d’ambra finalmente furono su di lei e tramite essi fece rifluire i ricordi, forzò se stessa, antepose a quanto sentiva ciò che era strascico di dolore.
“Puoi avere il mio corpo, Anthos. Ma io non ti amo. Non ti ho amato quando ti fingevi Alyecc. Non ti amerò mai. Però starò con te, non ti lascerò. Come ti ho promesso”.
Il principe rimase imperturbabile, appoggiato a lei. Gli sarebbe bastato un semplice movimento per completare ciò che aveva iniziato, ciò in cui lei l’aveva seguito.
“Non ho chiesto altro” mormorò “Ti avrò ogni notte e lo farò come ho detto. L’amore è una debolezza che non mi riguarda. Non lo provo. Non lo voglio”.
Lei annuì, ma qualcosa in tale affermazione le fece male. Anthos si abbassò sul suo corpo nudo e la baciò ancora, intrecciando le dita alle sue in un ansito che non collimava affatto con le parole che aveva appena pronunciato. Aderì a lei e sentì la pelle ardere a contatto con la sua. Si spinse oltre, ma qualcosa lo ostacolò.
Adara si afferrò alle sue spalle e avvertì una forza sconosciuta emanare tra loro.
“Anthos, non…” sussurrò, pensando che lui stesse convogliando il suo potere per prenderla definitivamente.
“Non dipende da me” replicò lui, sentendosi respingere con una crudezza inusitata.
Come un muro, che lo bloccava e lo separava violentemente da lei.
Come un alone di energia ribollente, che la costringeva a staccarsi da lui.
“Anthos!” urlò Adara, contorcendosi sotto di lui, come se stesse bruciando.
Il principe avvertì il medesimo calore e si scostò, esaminando le membra scoperte di sua moglie. Sbarrò gli occhi, sconcertato.
Il Crescente si stava tingendo di una sfumatura rosso fuoco: vibrò come una vampa.
“Adara, che cosa…?”
La mezzaluna ruotò su se stessa, come un alito sottopelle, e si dispose con le due punte rivolte verso l’alto e la curva in basso. Emanò una luce intensa.
La principessa guardò il movimento intorno al proprio ombelico, che non le procurava dolore, ma la gettava in un terrore mai provato.
“Che cos’è questo!?” gridò, come se suo marito conoscesse la risposta.
Ma lui sembrava altrettanto scosso e fissava la scena con sbigottimento.
Il Medaglione si scaldò e mandò tre bagliori azzurrati, ma Anthos non fece in tempo né a reagire né a capacitarsene. Il simbolo tatuato effuse un’onda devastante, che lo scaraventò all’indietro di qualche metro, gettandolo a terra. Non riuscì più a muoversi. Furono solo pochi attimi, ma quella forza estranea ebbe la meglio su di lui e lo arrestò, come nessuno era mai riuscito a fare.
Adara osservò pietrificata lo svolgersi degli eventi, sui quali non aveva alcuna padronanza, finché il Crescente non eseguì con insopportabile flemma la rotazione opposta e tornò ad essere un segno bruno sul suo ventre nudo.
“C-che… che cosa significa …?” ripeté, toccando il tatuaggio ormai inerte.
“Che non posso averti” rispose Anthos con lucida calma.
Si rialzò, vestito solo del gioiello del Nord, con il riverbero delle fiamme che gli definiva il corpo perfetto. Le si sedette accanto, osservandola tirarsi addosso le lenzuola con un sopraggiunto e tardivo pudore.
“Non stanotte” completò, lasciandosi cadere sui cuscini.
   
 
Leggi le 5 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Soprannaturale / Vai alla pagina dell'autore: Enchalott