Storie originali > Generale
Segui la storia  |       
Autore: Carme93    26/11/2019    3 recensioni
Pronti a partecipare a una competizione fuori dagli schemi?
Due famiglie, 80 città e un premio a sorpresa.
Chi vincerà?
[Storia partecipante alla challenge "Il giro d'Italia in 80 storie" indetta da Ghostmaker sul forum di EFP]
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Capitolo terzo




 
 
L’arte del riso

 
 
 




 
“Vi sono assai belle contrade con buoni casamenti, per le quali si vedevano anche molti gentiluomini andare innanzi e indietro per i fatti loro. Per la città passa una certa acquetta, che porta fuori tutte le immondizie, tirata di qua e di là per le contrade, come usano fare in molti luoghi del paese”
(Andrea Minucci, medico, arcivescovo e scrittore, 1512-1572).
 
 
 



 
Sospirò estasiata mentre il cielo si colorava di azzurro e si affrettò a ritrarre sul foglio le ombre che si formavano sulla parte sommitale della Torre dell’Angelo. Peccato che avesse lasciato la sua scatola di colori a casa! Ma non aveva proprio potuto portarsela in viaggio, anche perché suo padre era stato chiaro con lei e suo fratello: un borsone ciascuno, non di più.
Maria Rinaldi sbuffò nuovamente, questa volta infastidita, per non poter riprodurre degnamente quel bellissimo panorama. Si rannicchiò sul divanetto del balcone e tese le orecchie per ascoltare la città che si svegliava. Non erano nemmeno le sei del mattino e si prospettava una giornata calda e faticosa, non per nulla molti sconsigliavano di visitare Vercelli nel periodo estivo a causa dell’afa.
Piazza Cavour, su cui si affacciava il balcone del bed & breakfast, iniziava a brulicare di commercianti, che aprivano le proprie attività. Il padre le aveva promesso che avrebbero fatto colazione in un dove preparavano una buonissima tartufata, una specialità della zona.  
Quella storia della gara in giro per l’Italia era veramente strana e Maria non si sarebbe mai aspettata che un uomo razionale e rigoroso come suo padre si lasciasse trascinare: che cosa sarebbe stato capace di fare in nome della rivalità con Penelope Silvestri?
«Maria! D0a quanto tempo sei in piedi?».
«Da un po’, mi sono svegliata e non riuscivo più a riprendere sonno, così ne ho approfittato per disegnare un po’… questa gara è così frenetica» rispose ella senza neanche alzare lo sguardo0.
«Bella Vercelli, eh?».
Maria annuì e appoggiò il mento sulla ringhiera. «È una delle città d’arte più importanti del Piemonte. Ci sono venuta un paio di volte con la scuola, ricordi?».
«Sì, sì… ora però ti conviene andare a prepararti, così poi andiamo a fare colazione. Non voglio arrivare in ritardo all’appuntamento».
«Non mi dire che hai passato tutta la notte a pensare alla gara anziché dormire».
«Ho dormito, ho dormito».
«Ludovico ancora dorme?».
«Ti risulta che abbia il sonno leggero?» replicò Saverio alzando gli occhi al cielo. «Stanotte ha dormito persino con quel suo benedetto pallone da basket».
Maria scoppiò a ridere. «Stai scherzando?».
«No» sbuffò Saverio. «A un certo punto mi sono svegliato e me lo sono ritrovato a pochi centimetri dalla faccia».
Maria rise ancora più forte, ignorando i borbottii paterni, e corse a prepararsi.
Svegliare Ludovico fu un’impresa, ma Maria decise di sedersi su una poltrona e godersi i tentativi man mano più disperati di suo padre.
«Posso?» chiese ghignando.
«Fa’ pure, basta che ci sbrighiamo».
Maria sorrise, recuperò il suo smartphone e si avvicinò a letto. Una volta lì posizionò il cellulare vicino all’orecchio del fratello e fece partire Numb dei Linkin Park al massimo volume.
Ludovico si svegliò di soprassalto e quasi scivolò giù dal letto urlando: «Mamma, mi sto alzando!».
Saverio e Maria scoppiarono a ridere e si batterono il cinque.
«Quando chiamiamo mamma00 dobbiamo raccontarglielo assolutamente» trillò contenta Maria.
«Stasera stessa» concordò Saverio. «Ludovico, muoviti. Ti aspettiamo giù».
Maria si trattenne nella camera il tempo necessario per fare la linguaccia al fratello che, ne era sicura, non le aveva urlato contro solo perché era presente anche loro padre.
La colazione non deluse minimamente Maria, nonostante l’afa sempre più pesante.
Alle dieci lasciarono il bar e raggiunsero De Vecchi e i Silvestri, che avevano intravisto poco prima.
L’appuntamento era in piazza Cavour sempre più gremita di turisti e cittadini curiosi di assistere all’inizio di quella gara che vedeva protagonista la loro città.
«Ma quello è il cuoco della tv?» proruppe Maria scorgendo una delle figure vicino al sindaco.
Un piccolo palco, su cui svettava lo stemma della città – croce rossa su sfondo bianco, raffigurante una corona costituita da cinque torri, mentre0 lo scudo era contornato da due rami intrecciati. Il motto: “Potius mori quam foedari” -, era stato innalzato al centro della piazza e i vari addetti del programma correvano da una parte all’altra per prepararsi alla diretta.
«Ciao».
Maria distolse lo sguardo dal vicesindaco al quale aveva appena stretto la mano –non si sarebbe mai ricordata tutti quei nomi! – e sorrise a Samuele che le si era avvicinato.
«Ciao. Come va?».
«Bene, stavolta siamo riusciti ad arrivare prima e abbiamo dormito».
«Buon per voi» ridacchiò Maria, alla quale non era sfuggito come suo padre e Penelope Silvestri si stessero squadrando.
«Non la smetteranno mai, vero?» le chiese Samuele seguendo il suo sguardo.
«Figuriamoci» borbottò Maria. «Dai, avviciniamoci, credo sia ora».
«Speriamo bene».
«Io rinuncerei a sperare se fossi in voi» s’intromise Ludovico. «Fino alla fine della gara ci proporranno infinito e sfide strambe».
«Buongiorno a tutti!» disse il giovane conduttore con la consueta calma. «Benvenuti a una nuova sfida della nostra gara volta alla riscoperta e alla rivalorizzazione del patrimonio culturale del nostro paese… gara nata con il supporto del Ministero dell’Istruzione e del Turismo… l’onorevole Giannizzi, che ha seguito con grande attenzione e interesse il progetto fin da principio, oggi purtroppo non potrà esserci. Ci troviamo nella Città delle 8 ore e sapete perché si chiama così? Perché nel 1906 coloro che lavoravano alla monda del riso ottennero che la giornata lavorativo fosse fissata a otto ore… il resto dell’Italia ci arriverà solo nel 1919, ben dieci anni dopo quando il re emanerà una legge in merito… dieci avanti nella lotta per condizioni di lavoro più dignitose! Non qualcosa da poco, se mi permettete».
Un applauso sentito e composto seguì le sue parole.
Il giovane conduttore chinò leggermente la testa in avanti mentre l’applauso si spegneva e attese alcuni secondi prima di parlare, tanto che si sentì solo il rumore delle macchine in lontananza.
«Questa città è detta anche dei sette scudetti» sorrise il conduttore, suscitando anche qualche risatina da chi forse conosceva il significato di quella espressione. «Sì, fu detta così perché la Pro Vercelli, squadra di calcio della città, vinse sette scudetti tra il 1908 e il 1922». Un nuovo applauso lo costrinse a tacere. «Ricordiamo anche che Vercelli ottenne la Medaglia d’oro come “Benemerita del Risorgimento nazionale” ed è una delle città d’arte più importanti della regione insieme ad Asti. Lascio ora la parola al sindaco».
Probabilmente nessuno dei ragazzi ascoltò veramente la lunga sfilza di saluti istituzionali che seguì.
«Bene, ringraziamo ancora voi cittadini e il signor sindaco per averci accolti qui oggi» riprese nuovamente il giovane conduttore. «Lo so, lo so che tutti non aspettate altro che sapere a che cosa andranno incontro oggi i Leones e gli Strange Threesome, ma c’è una cosa che non vi ho ancora detto di Vercelli… no, no state tranquilli, niente lezione di storia, ma credo sia fondamentale che tutti noi Italiani siamo coscienti del fatto che una delle nostre città è la capitale europea del riso!» si fermò un attimo e poi riprese, «A Vercelli c’è la Stazione sperimentale di Risicoltura e delle Coltivazioni irrigue e la Borsa azionaria del Riso più importante del paese… A che servono tutti questi dati vi chiederete, ma naturalmente hanno a che fare con la prossima sfida in cui le nostre squadre, alle quali ci stiamo affezionando, si affronteranno… Siete curiosi? Bene, allora permettetemi di presentarvi il nostro ospite d’eccezione…».
In quel momento il cuoco, notato prima da Maria, salì sul palco accanto al conduttore. La maggiorparte dei presenti lo riconobbe e lo accolse con un caloroso applauso.
«Siete contenti? E vi dirò di più, il nostro ospite sarà anche il presidente della giuria di questa sfida! E che altro potremmo fare se non mettere alla prova le capacità culinarie dei nostri concorrenti?».
«Mi rifiuto» borbottò Ludovico, ma fortunatamente lo sentirono soltanto Maria e Samuele che erano i più vicini.
«Dovrete preparare voi la cena per la giuria» continuò il conduttore, ignorando le facce di Penelope e Saverio, che si erano irrigiditi alla notizia. «0Il menù dovrà contenere un antipasto, almeno un primo, almeno un secondo e il dolce. Avete piena libertà nello stabilirlo, ma uno dei primi dovrà essere obbligatoriamente la panissa e il dolce dovrà essere la tartufata o i bicciolani – sia la panissa sia i bicciolani sono piatti tipici, a voi toccherà scoprire come si preparano – e, dolci a parte, tutti gli altri piatti dovranno essere categoricamente a base di riso, non dimenticatelo… Bene, questa mattina il sindaco ci farà l’onore di accompagnarci nelle risai, quando rientreremo qui sarete liberi di decidere i vostri menù e andare a fare la spesa. Sono state preparate delle postazioni apposite per voi, avete tutto il pomeriggio. Si cena alle otto e trenta, mi raccomando!»
«Ma dico, Vercelli è una delle principali città d’arte del Piemonte e loro ci portano a vedere le risaie?!» bofonchiò Maria.
«Questioni di priorità» ridacchiò Ludovico.
Al di là dell’ironia iniziale, i tre ragazzi e, in fondo, anche gli adulti si lasciarono coinvolgere dalla visita alle risaie e nella spiegazione del processo di coltivazione del riso, l’uso di attrezzi - trattori e mietitrebbie - le differenti varietà di riso.
Gli estesi campi verdi, illuminati dalla uno sole splendente, che si stendevano a perdita d’occhio dando un senso d’impotenza e di inferiorità nei confronti della Natura.
«È stato molto interessante» commentò Maria tornando in città. «Però le zanzare le avrei evitate».
«Le avresti evitate?» sbottò Ludovico. «Ma non mi dire!».
«Potete evitare di discutere?» chiese infastidito Saverio. «Dovremmo decidere che cosa cucinare!».
«Che ci pensi Maria. È una donna!» dichiarò Ludovico.
«Se vuoi essere preso a calci, basta che lo chiedi» proruppe ella.
«Assolutamente, no» intervenne Saverio allontanando la figlia dal fratello. «Ludovico, il fatto che tua sorella sia una ragazza non conta nulla, tua madre è un’ottima ingegnere, tanto che al momento sta tenendo una serie di lezioni in Giappone, e sa cucinare a malapena un piatto di spaghetti senza scuocerli…».
«E tu? Una volta quand’ero piccolo ti ho visto che calcolavi il momento preciso in cui l’acqua avrebbe raggiunto il punto di ebollizione, nel frattempo quella si è consumata e la pentola bruciata» borbottò Ludovico.
«Ti ricordi male» bofonchiò Saverio imbarazzato.
«Va bene» mormorò Maria, tentando di non scoppiare a ridere. «Proviamo a cercare su internet».
«Qualcosa di facile» quasi la supplicò Saverio.
«Mmm allora potremmo provare con le crocchette di riso… è un classico…» propose Maria.
«Quella frittata con il riso sembra invitante» intervenne Ludovico sporgendosi verso di lei.
«La cucini tu?».
«Le crocchette andranno benissimo» s’intromise Saverio. «Segnati gli ingredienti su un foglio».
«Per i primi abbiamo sicuramente la panissa» riprese Maria pensierosa. «Direi che basti».
«No» disse Saverio. «Sicuramente quell’oca di Ambra Silvestri ne sceglierà almeno due!».
«Ma non siamo in grado neanche di fare la panissa» sbottò Ludovico e Maria annuì convinta.
«Facciamo un risotto con i frutti di mare?» propose allora Saverio.
«Non mi dispiacerebbe mangiarlo» concordò Ludovico.
«Certo come no!» disse Maria. «Ma siete seri?».
Sì, lo erano e la ragazza si ritrovò a segnare una sfilza di ingredienti che non aveva la minima idea di come avrebbero assemblato senza rischiare di avvelenare i giudici o chiunque altro avrebbe osato provare i loro piatti.
«E allora i signori cosa ordinano come secondi?».
«Vediamo» disse Ludovico strappandole il cellulare dalle mani. «Riso in tortilla e arancini, che ne dite?».
«Voglio la mamma» replicò Maria.
«Dai, mi sembra una buona idea» tagliò corto Saverio. «E, naturalmente, direi entrambi i dolci».
«Io ci rinuncio» sospirò Maria.
«Andiamo a fare la spesa. Non abbiamo tempo da perdere» decretò Saverio.
 


 
*
 


«Allora, voi due, credevo di essere stata chiara!?».
Samuele e la zia, intenti a contendersi una confezione di tonno, si bloccarono al richiamo imperioso e fissarono Ambra che ricambiava lo sguardo con cipiglio severo.
«Mamma…».
«Mamma un corno! Ti sembra il modo di comportarti a tredici anni?».
«Infatti diglielo» intervenne Penelope.
«E tu» continuò imperterrita Ambra, «che stai combinando? Perché vi siete fissati con delle semplicissime scatolette di tonno?».
«Non capisci? Apri una o due di queste e le svuoti nel riso e abbiamo il secondo primo!».
Samuele si chiese perché la zia continuasse a contraddire la sorella nonostante sapesse che stava per esplodere.
«Allora parlo veramente ostrogoto! Vuoi vincere?».
«Certo» rispose con sicurezza Penelope.
«E allora lascia fare a me e taci». Penelope s’imbronciò e provò a ribattere, la sorella la zittì all’istante. «Samuele sa cucinare meglio di te, osi negarlo?».
«Certo».
«So fare la pasta e le patate al forno» intervenne il ragazzino.
«E anche il caffè» aggiunse Ambra e osservò eloquentemente la sorella.
«Con la pasta sto migliorando… Comunque hai vinto tu, hai carta bianca… Però dobbiamo vincere!».
«Tranquilla» sorrise Ambra. «Un fisico come te e due ragazzini non possono battermi».
«Ottimo, mi piace questa determinazione».
«Solo perché non hai altra scelta» borbottò Ambra. «Ora, mettiamoci a lavoro, non abbia tempo da perdere. Dobbiamo metterci ai fornelli al più presto, quindi comportatevi bene».
Samuele era contento che per una volta comandasse la madre ma la prospettiva di cucinare non lo allettava per nulla. Non che a casa ogni tanto non lo facesse per aiutare la madre, ma lì era un’altra cosa.
«Ambra, si può sapere perché hai tutta questa fretta? Che ci vorrà mai a cucinare un po’ di riso?».
Samuele fissò incredulo la zia e disse: «Vado a prendere la cioccolata».
«No, devo sceglierla io» lo bloccò Ambra dopo aver lanciato un’occhiataccia alla sorella. «E, per vostra norma e regola, l’impasto dei biscotti deve lievitare per sei ore, perciò se non ci diamo una mossa non saranno mai pronti per cena».
«Sei ore?» sbottò Penelope.
«Esattamente, quindi io vado a scegliere la cioccolata per la tartufata, voi due comprate quello che manca e ci vediamo alla cassa. Non fate guai e sbrigatevi».
Samuele annuì, rassegnato all’idea di dover rimanere in compagnia della zia. Fortunatamente erano rimaste solo un paio di cose e non ebbero motivo di discutere.
Comprato il necessario tornarono a piedi in una via attigua alla piazza Cavour. A Samuele Vercelli stava piacendo: si spostavano sempre a piedi e non era esageratamente trafficata, per non parlare di una torre che l’attirava tantissimo e – come aveva letto nella guida loro consegnata per orientarsi - si chiamava Torre degli Angeli e secondo una leggenda un angelo vi aleggiava intorno, l’idea gli metteva i brividi e lo incuriosiva allo stesso tempo. Naturalmente era inutile chiedere di andare a visitarla, persino la madre sembrava lanciatissima in quella sfida e sarebbe stata impossibile dissuaderla.
Gli organizzatori avevano messo loro a disposizione la cucina di un ristorante e il proprietario li accolse in compagnia del cameraman, che aveva il compito di riprenderli durante il lavoro. Probabilmente non avrebbe mandato in onda ogni momento, ma al ragazzino dava comunque fastidio essere continuamente al centro dell’attenzione.
«Ottimo, sapevo che li avrei trovati già a mollo» sorrise soddisfatta Ambra appena entrò in cucina e adocchiò una ciotola sul bancone. Samuele si avvicinò, sbirciò e arricciò il naso: erano semplicemente dei fagioli.
«A che servono?» chiese Penelope, quando il proprietario li lasciò soli.
«A fare la panissa» replicò Ambra lavandosi le mani. «Dobbiamo lavorare di squadra o non saremo pronti per le otto e trenta. Ascoltatemi bene, io impasto subito i biscotti, siamo già in ritardo, poi mi dedico alla panissa; voi due invece cominciate a fare il pan di Spagna».
«E come si fa?» domandò Penelope accigliandosi. «E poi avevo capito che ti saresti occupata tu della cena».
«Non provarci nemmeno, non posso fare tutto da sola, quindi datevi una mossa. Vi darò io indicazioni e c’è la ricetta su internet».
Samuele trovò abbastanza seccante e difficile montare le uova a neve e la zia non fece che peggiorare le cose. Impiegarono quasi un’ora a mettere l’impasto in forno.
«Spero per te che esca bene» lo punzecchiò Penelope.
«Per me? Io ho seguito tutte le istruzioni! Sei tu quella che stava per scambiare lo zucchero con il sale!».
«Sei un impertinente!» esclamò punta sul vivo Penelope. «Abbassa un po’ la cresta» soggiunse lanciandogli un pugno di farina addosso.
Samuele la fissò a bocca aperta e istintivamente restituì il colpo.
«Vuoi la guerra, ragazzino?».
Ambra abbandonò la cottura del riso in tempo per fermarli: Penelope aveva in mano il pacco della farina e Samuele, nel tentativo di difendersi, aveva preso il cacao in polvere.
«Non commento nemmeno» sbuffò Ambra fulminando entrambi con lo sguardo. «Penelope comincia a fare la crema chantilly per favore».
«Eh?».
«Versa il latte in un pentolino e scaldalo» specificò Ambra alzando gli occhi al cielo. Samuele si lasciò scappare un sorrisino che non sfuggì alla madre. «C’è poco da ridere» lo rimbeccò. «Abbiamo un sacco di cose da fare!».
Il ragazzino annuì e si rimise a lavoro: sarebbe stato un bel pomeriggio. Chissà che cos’era il primo premio questa volta. Aveva piena fiducia nella madre, quindi sperava che fosse un bel computer portatile o magari un’altra bicicletta. 
 


 
*
 


«Papà, togli quella pentola dal fuoco o ci chiederanno di pagare i danni!» sbottò Maria. «E, Ludovico, smettila di mangiare!».
Maria si passò una mano in volto, pentendosene subito visto che era sporca di farina, e borbottò: «Hanno inventato le presine, non pensavo di dovertelo dire» sentendo il padre imprecare per aver tentato di togliere la pentola senza protezione alcuna.
Fortunatamente avevano rinunciato a fare il bicciolani, poiché non ci sarebbero mai riusciti: leggendo con attenzione la ricetta avevano scoperto che l’impasto doveva lievitare per ben sei ore. Inoltre avevano perso un sacco di tempo a fare la spesa0: suo fratello si fermava ogni due minuti e aveva trovato persino divertente civettare con alcune ragazze che l’avevano riconosciuto; mentre loro padre leggeva ogni singola etichetta dei prodotti in quanto riteneva che i giudici avrebbero gradito la preferenza per quelli a kilometro zero e si era preso persino la briga di segnarsi le origini origini in modo da non dimenticarli ed elencarli ai giudici. Il che sicuramente era un ottimo proposito, sennonché suo padre non avesse mai fatto la spesa a memoria sua.
Quindi non solo avevano iniziato abbastanza tardi a cucinare, ma Maria era al quanto disperata: erano più di due ore che lavoravano sui primi. Lei si era presa il compito di preparare la panissa, suo padre e suo fratello stavano ancora pulendo i pesci da mettere nel risotto ai frutti di mare.
Solo un miracolo avrebbe potuto salvarli da una figuraccia epocale!
«Chi avrebbe mai detto che avrei vivisezionato un gambero» bofonchiò schifato Ludovico.
«È un calamaro» lo corresse Maria esasperata, aveva ripetuto quella frase per ogni calamaro pulito!
«Non puoi vivisezionare un animale morto» soggiunse Saverio seccato dalla situazione e ancor meno incline a tollerare gli strafalcioni del figlio. «Al massimo lo stai dissezionando, ma non abbiamo alcuno scopo accademico».
«Vivisezionare… Dissezionare… è la stessa cosa in fondo…».
«Lasciamo perdere» sbuffò allora Saverio. «Procediamo. Mi sembra che le cozze siano pronte».
Maria li fissò accigliata per un attimo e poi tornò alla panissa, a cui aggiunse altro brodo. Non invidiava i giudici che avrebbero mangiato i loro piatti.
«Ma nel forno che c’è?» chiese Ludovico qualche minuto dopo.
«Il pan di Spagna!» sbottò Maria, correndo. «Non si è bruciato… non tanto almeno…». A quel punto la ragazza, non perdendo d’occhio la panissa che cuoceva, iniziò a preparare la crema per il ripieno della tartufata, sempre ben convinta che sarebbe stato molto più piacevole mangiarla che cucinarla, ma non l’avrebbe mai ammesso in presenza di Ludovico.
Finire la torta fu decisamente un’impresa e Maria, sconsolata, si arrese al fatto che l’aspetto fosse ben lontano da quello della torta mangiata per colazione quella mattina – sembrava che fossero passati giorni, invece era solo poche ore! – e dall’immagine su internet. Assaggiò la crema residua nella ciotola e si consolò pensando che almeno avesse un buon sapore, cosa che, al contrario, dubitava si potesse dire del risotto cucinato da suo padre e da suo fratello.
A quel punto Maria si dedicò alle crocchette dell’antipasto, sperando di sbrigarsi al più presto: sia perché desiderava farsi una doccia prima di cena sia perché Ludovico si era offerto 00per fare la tortilla di riso, affermando che doveva essere così semplice che ci sarebbe riuscito a occhi chiusi e Maria voleva evitarsi l’imbarazzo di essere presente quando i pompieri sarebbero intervenuti.
Le crocchette erano state una scelta oculata e non ebbe difficoltà a prepararle, quanto di più a friggerle perché sembrava che l’olio saltasse sempre; almeno in questo il padre le venne incontro e s’incaricò di friggerle lui. Ella accettò contenta, ma aspettò finché non avesse finito in modo che non si distraesse e le bruciasse. Prima di andarsene raccomandò loro di non fare guai, sebbene non ne fosse molto convinta delle loro rassicurazioni.
Fortunatamente quando li raggiunse, meno di un’ora dopo, la cucina del ristorante messali a disposizione era ancora perfettamente integra; stessa fortuna non aveva avuto la tortilla di riso: al suo arrivo il fratello era al tentativo numero cinque. Alla fine accettarono per buono il sesto che sembrava solo leggermente bruciacchiato.
«Mi avete messo fretta, ecco perché non è riuscita bene» bofonchiò Ludovico testardamente.
«Mi stressi da quando sono nata, ma non uso questa scusa quando non so fare qualcosa».
«Evitiamo, per favore? I Silvestri sono già arrivati» disse Saverio senza nemmeno voltarsi a guardarli tanto era abituato ai loro battibecchi.
«C’era da aspettarselo, Samuele mi ha detto che sua mamma cucina molto bene» commentò Maria.
Appena arrivati al centro di Piazza Cavour un addetto della televisione si avvicinò e li indicò un tavolo dove avrebbero dovuto appoggiare le pietanze0.
«Speriamo bene» sospirò Saverio. «Una sfida del genere proprio non ci voleva».
«Vabbè, ma non saranno tutte uguali» replicò Maria.
«Eccoci, finalmente, alla tanto attesa cena!» trillò il conduttore.
Al centro era posizionato un tavolo apparecchiato finemente e i giudici vi avevano già preso posto.
Vi erano molti spettatori, che gremivano la piazza ancor di più rispetto alla mattina.
«L’attuale classifica vede i Leones in testa per soli 32 punti sui 31 degli Strange Threesome, per questo motivo saranno proprio questi ultimi a iniziare. Vi chiedo solo un attimo per spiegarvi come verrà assegnato il punteggio questa volta. I giudici assegneranno un punteggio da 1 a 10 a ogni portata, naturalmente chi otterrà il punteggio più alto sarà di fatto il vincitore di questa sfida. Alla classifica finale, però, andremo ad aggiungere solo la media dei voti assegnati dai giudici. I vincitori avranno un robot da cucina super accessoriato, mentre i secondi classificati un completo sportivo – uno per ciascun membro della squadra – offerto gentilmente dalla Pro Vercelli».
Samuele gemette.
«Per una volta sono contento di arrivare secondo» bisbigliò Ludovico quasi leggendo nella testa del ragazzino.
«In effetti» concordò Maria, che di certo non sapeva che farsene di un robot da cucina.
Saverio e Penelope, i due capisquadra, si occhieggiavano quasi in attesa che uno dei due facesse un passo falso. Decisamente nessuno dei due sembrava essere interessato ai premi messi in palio, quanto alla vittoria in sé e per sé. Maria si chiese se davvero suo padre pensasse che loro avessero qualche possibilità di vincere.
«Molto bene, detto questo, Strange Threesome, potete iniziare» annunciò il giovane conduttore.
Ambra si fece avanti con il vassoio degli antipasti e lo appoggiò sul tavolo. «Allora, abbiamo polpette di riso allo zafferano, frittata di riso e crocchette».
«Quella frittata ha un aspetto molto diverso dalla tua» bisbigliò Maria a Ludovico.
«Sta zitta» borbottò il ragazzo palesemente infastidito.
«Un antipasto semplice, ma gradevole» commentò il cuoco, unico esperto presente; gli altri sembrarono gustare il tutto senza problemi.
«Ora è il turno dei Leones, che cosa avete preparato di buono?».
«Vai tu» borbottò Saverio alla figlia.
«No, tu» replicò ella tirandosi alle spalle di Samuele, che trattenne a stento una risatina.
Saverio fulminò la ragazza, ma non ebbe scelta e servì le crocchette come poco prima aveva visto fare ad Ambra.
Maria sospirò sollevata quando, benché non fossero perfette, il cuoco sembrò apprezzare il suo lavoro. Dopotutto il suo metro di giudizio doveva essere molto più basso rispetto a quello usato nei programmi televisivi che conduceva di solito: nessuno di loro era un cuoco.
«Ora il punteggio per gli Strange Threesome». I cinque giudici scrissero un voto su un cartoncino e dopo qualche secondo lo sollevarono in aria in modo che tutti potessero vederlo. «8…9…9…8…9… Ottimo 43 punti per il loro antipasto! Ora vediamo i Leones». Nuovamente i giudici scrissero la loro valutazione e la mostrarono. «Ecco 7…8…8…7…8… In tutto 38. Il momento dei primi, prego Strange Threesome».
«Noi abbiamo preparato solo 0la panissa» spiegò Ambra. «La cui preparazione è stata abbastanza lunga».
«Non esattamente un piatto estivo» commentò il cuoco ironicamente.
«In effetti con tutte le cose che ci ho messo dentro» sussurrò Maria, «è tutto tranne che leggero».
I cinque giudici sembrarono apprezzare la panissa di Ambra e a maggior ragione Maria era tesa: era solo una gara, ma, a parte gli scherzi, non voleva avere sulla coscienza l’avvelenamento di cinque persone; chissà come facevano suo padre e suo fratello ad essere così tranquilli. Almeno lei era ancora minorenne!
Effettivamente, sebbene Maria non l’avesse compreso, Saverio non stava sudando solo per il caldo ma anche per la tensione quando presentò la loro panissa e il risotto ai frutti di mare.
Maria non sapeva se ridere o piangere quando vide l’espressione del cuoco, gli altri non apparvero troppo entusiasti ma nemmeno troppo schifati.
«La panissa, non certamente una scelta semplice, è un piatto elaborato» commentò il cuoco. «Ed è quello più rappresentativo di questa zona, insieme naturalmente ai bicciolani e alla tartufata, perché non utilizza soltanto il riso vercellese, ma anche il salamino della duja e i fagioli di Saluggia. Il salamino dev’essere ben sbriciolato prima di essere cotto, perché in caso contrario non cucina bene e comunque stona mangiando».
Maria annuì e gli rivolse un sorriso di circostanza, imprecando nella sua mente e pensando che sbriciolato o meno non facesse grande differenza e comunque le era sfuggito.
«Ecco il punteggio per gli Strange Threesome… 6…7…8…7…7… In totale 35. Decisamente il primo era uno scoglio difficile, ma non è andata tanto male. Invece i Leones hanno preso… 5…6…6…4…6… 27 punti. Potete servire i secondi».
«Poteva andare peggio» borbottò Maria.
«Il risotto ai frutti di mare è stato un azzardo» replicò in un sussurro Saverio. «Il cuoco sembrava volesse sputarlo, non ha parlato per pietà».
«Chissà come avete pulito quei pesci» bofonchiò Maria.
«Speriamo che almeno gradiscano il secondo» sospirò Saverio, avendo compreso che i giudici avevano apprezzato parecchio la torta di riso con funghi e pomodorini di Ambra Silvestri. «Noi abbiamo preparato una tortilla di riso».
Le speranza di Saverio non furono corrisposte.
«Gli Strange Threesome guadagnano ben 44 punti! Complimenti! Vediamo i Leones… 6…7…7…6…7… In totale 33. Prego, servite pure i dolci…».
Samuele sorrise orgoglioso alla vista della torta preparata dalla mamma: era meravigliosa!
«Oh, oh, gli Strange Threesome hanno preparato sia la tartufata sia i bicciolani… come li troveranno i giudici?».
Naturalmente i giudici gradirono, Maria avrebbe tanto voluto sapere come Ambra Silvestri fosse riuscita a dare quell’aspetto da pasticceria al suo dolce: a lei non capitava mai.
«Anche la tartufata dei Leones è stata gradita. 45 punti per Strange Threesome e 40 per i Leones. Ottimo, ottimo, signori, credo che le nostre due squadre se la siano cavate bene».
A quel punto prese la parola il cuoco commentando il lavoro e ringraziandoli, il tutto soprattutto per dare il tempo per calcolare i punteggi finali.
«I vincitori della sfida di oggi sono» annunciò il giovane conduttore, «gli Strange Threesome con 167 punti contro il 138 dei Leones».
La gente presente nella piazza applaudì forte e Penelope trascinò i due compagni di squadra sotto i riflettori, ignorando totalmente l’occhiataccia che le riservò Samuele.
«I nostri autori hanno calcolato la media dei voti ottenuti oggi dalle due squadre: 41 gli Strange Threesome e 34 i Leones… Aggiornando la classifica finale vediamo per la prima volta gli Strange Threesome primi con ben 72 punti contro i 66 dei Leones».
Un nuovo applauso travolse gli Strange Threesome e Samuele, nonostante l’imbarazzo, non poté fare a meno di sentirsi euforico per quel successo.
«Come promesso i primi classificati vincono un nuovissimo robot da cucina… mentre i Leones i completi offerti dalla Pro Vercelli… I nostri concorrenti ora potranno rifocillarsi in uno dei ristoranti della città a loro scelta e noi ci rivediamo domani ad Asti. Vi aspettiamo carichi!».
 
                  
 
 
 
 
 
 
   
 
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Generale / Vai alla pagina dell'autore: Carme93