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Autore: NPC_Stories    30/11/2019    4 recensioni
Storia ambientata nei pochi mesi che Daren e Johel hanno passato nella foresta di Mir, prima che le loro strade si separassero in Ricostruire un ponte. Johel è felice di essersi riunito alla sua famiglia dopo molto tempo, e non si accorge che il suo amico ha cominciato a frequentare una ragazza.
Mi hanno chiesto in molti se Daren abbia mai avuto una relazione amorosa. Forse questa storia è più esaustiva di un semplice "no".
Genere: Fantasy, Fluff, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Forgotten stories of the Forgotten Realms'
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1361 DR: Ospite


“Non so come avrei fatto senza di te” sorrise l’elfo, con sincera gratitudine. “Adesso questa casa sembra un posto vivibile.”
“Figurati, Vialaer. So che non è facile riadattarsi alla vita di città, specialmente in una casa che non è la tua.” Amyl rispose al sorriso, ma in modo un po’ incerto. Era vero, però: nelle ultime settimane avevano lavorato sodo per riportare quella vecchia casa elfica ad uno stato decente, e si meritava quei ringraziamenti. “Ma come mai sei qui da solo? Non avevi… una compagna?”
L’elfo dai capelli rossi evitò il suo sguardo e si strinse nelle spalle. “Ah, no, era soltanto una frequentazione. Non siamo arrivati a nulla, diceva che mi importava solo del mio lavoro e che non le sembravo abbastanza interessato a lei.” L’imbarazzo passò subito, perché solo parlare del suo lavoro gli riaccese una scintilla negli occhi. “A proposito, vuoi vedere le mie ultime creazioni?”
“No” tagliò corto Amyl, senza preoccuparsi di suonare maleducata.
Vialaer le rivolse uno sguardo spiazzato e un po’ triste. “Oh. Be’, non sai che ti perdi. Sto sviluppando un nuovo tipo di tessuto vegetale leggero e resistente, che vorrei sperimentare su un abito vero, e potrei concederti l’onore di confezionarti un prototipo su misura…”
“No” ripeté l’elfa, puntando anche un dito verso il basso come si fa con i cani. “Ho sopportato la tua passione per i vestiti per tutta l’infanzia, cugino, e per anni sono andata in giro addobbata con i pastrocchi che mi cucivi tu. Sono molto felice che questo ti abbia aiutato a sviluppare un’arte, ma ho chiuso per sempre con le tue idee innovative. Mi piacciono gli abiti che indosso.”
“Ma sono banali!”
“Mi piace essere banale. Mi piace essere una persona qualsiasi. Ma confido che troverai qualcun altro da contagiare con la tua passione per la moda, in città. Anzi, penso che sia il tuo habitat naturale, non ho mai capito perché hai voluto trasferirti in quel minuscolo villaggio Gysseghymn.”
“Saeron si era trasferito, e io e mio fratello siamo sempre stati molto legati” ammise, stringendosi nelle spalle. “A ripensarci adesso, con il senno di poi, forse è stata una decisione affrettata. Avrei dovuto pensare più alla mia vita. Specialmente ora che Saeron… ogni tanto fa discorsi strani.”
“Strani come?” Iniziò a chiedere lei, ma i due vennero interrotti dall’arrivo di un alto elfo.
“Vialaer, Amaryll! Sono qui!” Esclamò il nuovo arrivato, con un gran sorriso. Aveva i calzoni sporchi di resina, le mani arrossate per i segni delle corde, e si era tolto la camicia. Nessun elfo può dirsi davvero muscoloso, non come gli umani, ma questo giovane era più scolpito e allenato di… be’, di Vialaer, di sicuro.
Amyl lo riconobbe, era uno dei migliori amici di suo cugino; faceva parte del gruppetto che si era stabilito in quella casa. Era un costruttore, nel suo villaggio si occupava di progettare e costruire case e passerelle sopraelevate in collaborazione con il loro druido. Era l’unico di quel gruppetto a portare i capelli corti, quindi lei l’aveva riconosciuto subito, e dopo un momento ricordò anche il nome.
“Sì, lo vedo che sei qui” rispose l’elfo dai capelli rossi, piegando la testa da un lato. “Ma lo dici come se fossi atteso?”
Il nuovo arrivato, Belegron, passò lo sguardo dall’amico alla ragazza, il suo sorriso che si cristallizzava rivelando una punta di imbarazzo.
“Ho finito il mio lavoro e sono venuto ad aiutarvi. Vi avevo chiesto se avevate bisogno di aiuto e mi avevate detto che era più importante riparare le passerelle che portavano a questa casa. Ebbene, l’ho fatto, e adesso sono qui per vedere se avete bisogno di aiuto!”
“Ma…” Amyl e Vialaer si scambiarono un’occhiata. “No, veramente abbiamo finito anche noi.”
“Però è stato molto gentile da parte tua” s’intromise Amaryll, che credeva che suo cugino si stesse comportando in modo un po’ scortese. “Adesso devo tornare al pub, ma perché non ci venite anche voi? Ora che i lavori alla casa sono finiti, potete riprendere fiato e socializzare un po’ con gli abitanti di Myth Dyraalis.”
“Eh…” questa volta, fu il turno dei due elfi scambiarsi un’occhiata. “ll problema è che nel nostro villaggio non si usa molto il denaro. Anzi, non si usa per niente. Siamo pochi, e ognuno fa la sua parte. Non abbiamo bisogno di pagarci a vicenda. Ogni tanto troviamo qualche tana di mostro, o qualche cadavere di viandanti, che hanno qualche soldo o gemme preziose… ma non vi diamo peso e le teniamo soprattutto come decorazioni. Non sapremmo come pagare, al pub.”
“Oh, ma…” Amyl esitò, perché per un’elfa che viveva a Myth Dyraalis, era difficile spiegare la struttura economica della città. “Nemmeno noi usiamo tanto il denaro. Gli gnomi lo usano, un po’, soprattutto perché vogliono commerciare con l’esterno. Più spesso, ci arrangiamo con baratti e scambi di favori. Chi non ha tempo o voglia di mettere le sue capacità a disposizione della comunità finisce per pagare in denaro, ma è più facile che il taverniere offra cibo e bevande a chi gli dà in cambio beni di consumo, o presta il proprio lavoro.”
“Interessante” considerò Belegron, asciugandosi la fronte con il retro della mano. “Sai se il pub ha bisogno di riparazioni? Potrei offrirmi volontario, e in cambio avrei l’occasione di… trattenermi nei pressi, conoscere persone, e magari averne in cambio qualcosa.”
“Riparazioni vere e proprie no, ma è una locanda, ha sempre bisogno di manutenzione” spiegò Amyl. L’elfo le rispose con un gran sorriso e lei non poté fare a meno di sorridere a sua volta, il buonumore di Belegron era contagioso.
“Tenterò, allora. Mi farai parlare con il locandiere? E che dite, chiediamo anche a Saeron di venire con noi?”
“Perché no!” Approvò l’elfo più mingherlino. “Abbiamo lavorato tutti con impegno. Vai tu a chiamare Saeron, vuoi?”
“Ma è tuo fratello” protestò il costruttore.
“Tu l’hai visto per ultimo. Non ho voglia di perdere tempo a cercarlo.”
Amaryll assistette allo scambio di battute fra i due amici, senza capire bene cosa stesse succedendo, eppure con l’impressione che stesse succedendo qualcosa. Vialaer fissò gli occhi in quelli di Belegron e l’amico sostenne lo sguardo, in segno di sfida. Però alla fine fu il costruttore a desistere.
“Va bene” mugugnò. “Ci vediamo lì.” Prima di andarsene gettò un’ultima occhiataccia all’amico, si girò e se ne andò stiracchiandosi, come per rilassare i muscoli dopo il lavoro.
Amyl lo guardò andare via, perplessa, poi spostò gli occhi sul cugino. Cercò di trasmettergli una muta domanda.
“E poi la gente crede che io mi metta in mostra, solo perché mi piacciono gli abiti originali.” Protestò Vialaer. “Hai mai visto qualcuno pavoneggiarsi tanto?”
“Si stava pavoneggiando?”
“Certo! Che bisogno aveva di andare in giro a petto nudo?”
“Avrà avuto caldo” lo giustificò la ragazza, stringendosi nelle spalle.
“Non fa caldo. Va bene, stava lavorando; ma anche noi abbiamo appena finito di lavorare, e non ci siamo denudati.”
“Non capisco, cugino, è il tuo amore per i vestiti che ti spinge a disprezzare chi non li usa, oppure sei insolitamente puritano?” Ridacchiò Amyl, perché non era normale che un elfo se la prendesse per quella sciocchezza.
“Non mi scandalizzo davanti alla nudità, ci mancherebbe.” Negò l’elfo più giovane. “Mi dà fastidio che faccia il cascamorto con te. Sei mia cugina, sei una brava ragazza, e lui è un donnaiolo.”
Amaryll rimase senza parole, e per qualche secondo boccheggiò a vuoto.
“Che sciocchezze! Non è interessato a me, e ad ogni modo non penso a me stessa come a una brava ragazza.”
Vialaer rimase a corto di obiezioni, ma solo per un attimo.
“Però sembri una brava ragazza, e questo ha una grande attrattiva su persone come Belegron. Sicuramente non vede l'ora di aggiungerti alla lista delle sue conquiste. Hai notato come ha cercato di rimanere da solo con te, mandandomi a cercare mio fratello? E chissà quando l'avrei trovato…”
“Stai correndo con la fantasia, cuginetto” Amyl si stiracchiò, facendo scrocchiare le spalle. Mentre lavorava non si era accorta di aver tenuto per lungo tempo una posizione scomoda. E adesso sarebbe dovuta tornare al pub, quindi non c’era tempo per riposare.

Amyl aveva già indossato la divisa della Casa degli Scapoli e si stava preparando a ripulire il bancone, quando l’altro suo cugino, Saeron, entrò dalla porta della taverna accompagnato da Belegron. Quest’ultimo si era finalmente vestito come si deve, ma sembrava che i suoi abiti fossero giusto un pochino troppo stretti per lui.
“Sciocco pavone” borbottò Vialaer, seduto al bancone. Amyl l’aveva sentito, perché il cugino era seduto molto vicino a lei, ed era sicura che il sarto si fosse lasciato sfuggire l’insulto a mezza voce proprio per farsi udire da lei. Quel commento però la spinse a riflettere e a prendere in considerazione la figura di Belegron. La tunica che aveva scelto lasciava intravedere il suo torace muscoloso (per un elfo) e la linea dei bicipiti.
Forse ha ragione mio cugino, è un tipo vanesio. Oh, ma chi se ne importa, non è un crimine.
Accantonò quei pensieri e sorrise ai due elfi. “Ben arrivati! Qualcosa da bere, per rinfrescarvi dopo il lavoro?”
Saeron si strinse nelle spalle. Aveva un’espressione lievemente infastidita, ma era sempre stato così fin da quando Amyl ne aveva memoria. Suo cugino andava in giro con quell’aria di malcelata disapprovazione, come se sentisse tutto il tempo un odore cattivo che solo lui poteva percepire. La cameriera sospirò fra sé e sé, notando che gli anni non l’avevano affatto cambiato. I suoi occhi neri scandagliavano il posto come se lo stesse valutando.
“Non ho bisogno di rinfrescarmi, mentre lavoravo avevo caldo, ma passato quel momento mi sono accorto che il clima qui non è poi così clemente” raccontò, con la solita inutile dovizia di particolari. “Il lavoro però mi ha messo fame. C’è qualcosa in questa taverna gnomica che sia commestibile anche per un elfo?”
Amyl rimase un po’ spiazzata per quel commento… Saeron era sempre stato un po’ snob, ma non se lo ricordava anche razzista. Be’, non che avesse detto qualcosa di terribile, ma era comunque sgradevole.
“La Casa degli Scapoli offre servizio sia agli gnomi che agli elfi, come puoi notare dal bancone a due altezze” gli indicò, perché il bancone ad un certo punto s’interrompeva in una sorta di gradino e diventava molto più basso. C’erano anche delle piccole sedie a misura di gnomo. “E offrirebbe servizio anche ad altre creature, se ce ne fossero” concluse con una punta di gelo nella voce.
Belegron intervenne prima che la situazione potesse degenerare, e fece una battuta che Amyl non ascoltò veramente, ma strappò una risata a tutti i presenti.
Sarà vanitoso, ma almeno è un tipo alla mano e di buonsenso, considerò l’elfa, mentre spostava lo sguardo da Belegron a Saeron, e viceversa. Mio cugino Saeron invece è vanitoso, snob e si crede superiore agli altri. Mi dispiace vedere che non è migliorato affatto da quando eravamo ragazzini.

Saeron e Vialaer erano gemelli, ma non avrebbero potuto essere più diversi. Vialaer aveva un carattere estroverso, capelli fulvi solo un po’ più scuri di quelli di Amyl, vestiva sempre in modo eccentrico, ma gli occhi chiari e i tratti squadrati gli davano un’aria aristocratica e seria finché non apriva bocca; a quel punto diventava evidente che era un artista mezzo squinternato, troppo preso dalle sue passioni per essere affidabile. Però almeno era una persona positiva, in un modo tutto suo.
Saeron invece era borioso e pieno di sé, sempre troppo in alto per gli altri comuni mortali, e non aveva alcun motivo valido per considerarsi tale; la sua famiglia non era importante e non era nobile, ma Saeron passava ore a curare i suoi capelli neri in modo che fossero lucidi come la seta e a volte li intrecciava in acconciature sofisticate, per dare l’impressione di essere uno con del tempo da perdere. A conti fatti era un artista anche lui, era un bardo, ma Amyl sospettava che avesse scelto quella carriera più per evitare il lavoro vero, che per amore della musica.
Gli elfi dei boschi avevano delle credenze strane e superstiziose sui gemelli. Pensavano che per un’elfa fosse impossibile concepire due gemelli, e che l’evento si verificasse solo quando lo spirito di un antenato, che voleva tornare nel mondo, si trovava a cercare di occupare il corpo di un feto che aveva già un suo spirito. A quel punto, secondo le loro credenze, il bambino non poteva ospitare due spiriti e si scindeva in due, diventando due gemelli. Di solito i due gemelli erano uguali, spesso erano così in simbiosi da completare l’uno le frasi dell’altro, e questo era un chiaro segno del fatto che una volta fossero la stessa persona.
Ogni tanto due gemelli nascevano diversi, come in questo caso, e quello era segno del fatto che i due spiriti fossero così incompatibili da modificare il corpo stesso in cui si trovavano.
Amyl era cresciuta con quelle convinzioni e non le aveva mai messe in dubbio; era una spiegazione valida, secondo lei. Vialaer e Saeron erano certamente diversi come il giorno e la notte. Eppure non c’era limite all’affetto che Vialaer provava per suo fratello, un affetto che sconfinava quasi nella sudditanza.
Amyl ogni tanto si chiedeva se fosse corrisposto.
“Allora, c’è qualcosa da mangiare?” Saeron riprese il discorso.
“Abbiamo del sedano fresco, ricordo che ti piaceva” propose Amyl. Scegli tu se mangiarlo e se farne un altro uso, aggiunse a mente, ma non voleva cominciare a litigare dopo che Belegron era riuscito ad alleggerire l’atmosfera.
“Certo, se sei capace di cucinarlo, mi va benissimo.”
“Di solito non cucino io, ma il signor Yandri, il nostro cuoco. Ma per il mio caro cuginetto posso fare un’eccezione.” Amyl sorrise con l’aria di chi sta accettando una sfida.

I tre elfi si fermarono alla locanda per pranzo e divenne presto chiaro che Vialaer aveva ragione. Il suo amico ci stava provando con Amyl.
All’inizio lei non ci voleva credere e aveva liquidato la cosa come una fantasia del cugino, ma dopo una dozzina di commenti ambigui dovette ammettere che forse era stata ingenua.
Cercò di svicolare e di deviare il discorso ogni volta che l’approccio di Belegron si faceva troppo diretto, e lui ad un certo punto capì che la rossa era a disagio, quindi allentò la presa e decise di limitarsi a un comportamento amichevole.
Troppo presi dal loro complicato balletto di flirt e disagio, non si accorsero che un avventore inusuale era entrato nel pub e si era avvicinato al bancone. Amyl se ne rese conto solo quando Vialaer fischiò a bassa voce.
“Accidenti. Guarda!” sussurrò a suo fratello toccandolo con il gomito, un po’ per sincera sorpresa e un po’ per distrarre Saeron dal suo cupo malumore.
Saeron, che già di suo aveva l’espressione di chi ha appena pestato una cacca, si girò per vedere cosa avesse colto l’attenzione del suo gemello… e la sua smorfia infastidita divenne ancora più marcata.
Amyl si accorse di quel giro di sguardi e cercò la fonte di tutto quello scompiglio.
Un drow fradicio di pioggia si era appena appoggiato al ripiano del bancone. Non era armato, ma indossava ancora l’armatura di cuoio, segno che sicuramente veniva da fuori città.
“Daren!” Amyl gli rivolse un sorriso luminoso, spontaneo, il sorriso di chi non vede il suo amante da più di un mese. L’elfo scuro sembrò quasi sorpreso del suo entusiasmo. In effetti la sua espressione era strana, incerta, e per un momento non seppe come risponderle. Poi alzò una mano in segno di saluto.
“Buongiorno, Amaryll. Uhm… ha iniziato a piovere, se mi dai uno straccio pulisco il…” indicò le sue impronte bagnate con un cenno della testa.
“Sciocchezze, se ha cominciato a piovere chiunque entri bagnerà il pavimento. Ci penserò dopo. Adesso vai vicino al camino a scaldarti, ti porto qualcosa da bere? O vuoi prima una stanza e un cambio d’abiti?” Propose, sapendo quanto il drow odiasse essere in disordine.
Se lui avesse accettato lei l’avrebbe indirizzato verso la camera che condividevano di solito, ma in privato. Amyl ricordava bene che Daren non voleva rendere pubblica la loro relazione, quindi in presenza di estranei l’elfa cercava di trattarlo con gentilezza ma senza eccessiva familiarità.
Lui ci pensò un momento. Il suo comportamento era strano, di solito sapeva cosa voleva e lo sapeva subito. Non era mai così esitante, tranne quando discutevano della loro relazione.
“Andrò vicino al camino. I miei vestiti non sono tanto bagnati, l’armatura è quasi impermeabile.” Spiegò, affermando l’ovvio. Un’armatura di cuoio non doveva impregnarsi per la pioggia, e nemmeno per un tuffo in acqua, altrimenti avrebbe raddoppiato il suo peso. Amyl naturalmente non poteva saperlo.
“Benissimo. Ti porto qualcosa?”
“Uh, non so…” Daren in realtà era entrato solo per vederla, ma lei in quel momento stava lavorando, non poteva dedicargli attenzioni e lui non voleva che lo facesse davanti a tutti. Però non aveva realizzato che avrebbe dovuto comportarsi come un cliente. “Una tisana calda. Fuori dalla città fa freddo, sta iniziando a nevicare.”
Amyl tornò dai suoi amici, fermandosi solo un attimo per recuperare un bricco di metallo da sotto il bancone. Lo riempì con acqua potabile che conservava in un catino, e lo poggiò sopra a una lastra di pietra incisa di simboli magici. Quell’oggetto poteva generare un intenso freddo o un intenso calore, e veniva usato per raffreddare o riscaldare le bevande. Amyl toccò un paio di glifi che si accesero di rosso fuoco, dando il via a un processo di progressivo riscaldamento. Non serviva essere incantatori per poterlo usare, per fortuna.
Lasciò il bricco con l’acqua a scaldarsi, prese al volo qualche pacchetto di erbe e fiori e tornò dai suoi cugini. I tre elfi la guardarono in silenzio mentre disponeva le erbe in proporzioni diverse in un colino di fibre intrecciate.
“E così, piove” commentò Vialaer, tendendo l’orecchio per sentire il rumore dell’acquazzone autunnale. Il suo tono era sempre leggero, ma in modo un po’ esitante. “Sembra che abbiamo finito di lavorare appena in tempo, eh? Speriamo che il tetto della nostra nuova casa regga.”
“Reggerà, l’avevo sistemato a dovere” rispose Belegron, sforzandosi di sorridere come prima. Amyl non si accorse del cambiamento d’umore dei suoi amici, perché in parte era concentrata sul suo lavoro, e in parte l’arrivo di Daren aveva calamitato il resto della sua attenzione. Cinque settimane di separazione le erano sembrate moltissimo tempo. Non aveva quasi avuto notizie di lui, se non da voci di corridoio. Sapeva che qualche tempo prima era tornato dalla sua missione, quella che aveva intrapreso dietro invito di lady Merildil, ma di cui non conosceva i dettagli. Poi però era stato subito richiamato in pattuglia da Johlariel, e non era passato nemmeno a salutarla. Amyl non aveva saputo cosa aspettarsi da lui, poi quel giorno per magia era apparso nel pub come se nulla fosse, senza annunciarsi, senza una parola o una lettera o niente.
La rossa avrebbe dovuto essere arrabbiata. Avrebbe voluto essere arrabbiata.
Invece riusciva soltanto a essere sollevata.
“Che cos’era, quello?” Saeron insinuò a forza la sua voce sgradevole nei suoi pensieri. No, non era la voce… era il tono a essere sgradevole, anche più del solito.
“Quello cosa?” domandò la ragazza, guardandosi intorno. Dal tono del cugino, pareva che avesse visto un topo camminare sui biscotti.
Quello sei tu che familiarizzi con un drow.” Si degnò di spiegare, senza nemmeno curarsi di abbassare la voce.
Amaryll rimase di sasso, e perfino Vialaer e Belegron lo guardarono straniti. Tutti conoscevano Daren, almeno di fama. Nessuno si sarebbe sognato di contestare la sua presenza in quel luogo.
“Scusa ma non ti seguo” l’elfa decise che la situazione era troppo imbarazzante e desolante per prenderla di petto, e se Saeron aveva qualcosa di razzista da dire era meglio che lo dicesse direttamente, perché in quel momento sarebbe stato pericoloso mettergli in bocca parole che aveva solo lasciato intendere. “Io sono una cameriera e Daren è un cliente. Ormai viene spesso in città, è normale che lo conosca.”
“So benissimo che ha il permesso di essere qui e non è questo che sto contestando” ammise il bardo, con aria stizzita.
“Non ha il permesso di essere qui, è un nostro amico.” Lo corresse Amyl, incapace di trattenersi.
“E quindi ha il permesso di essere qui” Saeron non cedette di un palmo. “Non senza ragione, per carità, ma è comunque un ospite. Non è uno di noi. Va bene che sia qui, ma non va bene che tu…”
“Che io cosa?” Minacciò la ragazza, puntandogli contro un dito accusatore. “Pensaci bene, cugino, perché tu non hai il diritto di dire agli altri cosa fare, e nemmeno di sputare sentenze.”
Saeron arrossì di rabbia. Nessuno gli si rivolgeva mai con quel tono.
“Se una mia parente si prende troppa confidenza con un… N’Tel’Quess…
Tecnicamente non è un N’Tel’Quess, in quanto appartiene a una razza elfica” specificò Amyl, cercando di mettere il cugino con le spalle al muro. “A differenza del mio capo, che è uno gnomo, e di metà della popolazione di Myth Dyraalis.” Finse di avere un’idea improvvisa e si mise una mano davanti alla bocca. “Oh! Non mi dirai che è per questo che te ne sei andato, anni fa?” Lo provocò, in tono fintamente sorpreso.
Saeron s’irrigidì. “No, ovviamente, se mi desse fastidio questa cosa non sarei tornato a vivere qui. Sto solo dicendo che tu sei…”
Amyl sollevò le sopracciglia in un’espressione d’invito. “Sì?”
“Sei un’elfa, e non sei più una ragazzina, penso che dovresti smettere di fare la cameriera e pensare a crearti una famiglia... anziché civettare con tutti i tuoi clienti, Tel’Quessir e non.”
Amyl arrossì di rabbia. Vialaer arrossì per l’imbarazzo. Belegron si guardò intorno un po’ impanicato, e si pentì di essere seduto quasi in mezzo fra i due litiganti.
“Ehi, Amaryll, mentre difendi il tuo diritto ad essere una donna libera, è un problema se mi servo da solo?” domandò il drow, che si era avvicinato al bollitore.
Amyl spostò lo sguardo su di lui, senza sapere cosa pensare. L’osservazione la fece sentire inadeguata nel suo lavoro, perché aveva dimenticato di servire un cliente, ma il tono di Daren non era critico. Anzi, sembrava molto divertito dall’alterco.
“Sì, certo, scusami” la rossa passò al guerriero la tazza vuota con il filtro e le erbe che aveva preparato. “Però non ridere di me, non è divertente!”
“Non sto ridendo di te” Daren alzò le mani in un gesto innocuo. “Sì, trovo ridicolo che un’elfa debba difendere le proprie scelte di vita, ma questo non mi spinge a ridere di te. Piuttosto…” spostò lo sguardo su Saeron e sorrise, un sorriso per nulla cattivo, ma proprio per questo quasi minaccioso. “Credo sia commovente che un estraneo si preoccupi così tanto del tuo futuro.”
“Non sono un estraneo” Saeron corrugò la fronte e raddrizzò la schiena, facendo conto sulla sua maggiore altezza per torreggiare sul drow. “Sono suo cugino.”
“Ah! Ma certo. Non ero stato informato che secondo i costumi degli elfi dei boschi i cugini avessero il diritto di decidere la carriera delle cugine. Ma io sono solo un estraneo e un ignorante.”
“Siete un estraneo, infatti” l’elfo snob non aveva intenzione di farsi un nemico, ma nemmeno di cedere terreno. “Vi pregherei di stare lontano da faccende che non vi riguardano.”
“Sono qui solo per la mia tisana” si difese il drow, con un conciliante cenno del capo. “Be’, lo ammetto, anche per lo spettacolo. Mentre il vostro amico corteggiava Amaryll ho pensato che foste livido a causa di un vostro interesse per lei, ma poi quando l’avete rimproverata mi sono detto… No, non è possibile, va bene che non capisco del tutto la società elfica, ma nessuno parlerebbe in modo così aggressivo a una ragazza che gli piace. Se dite che siete suo cugino, a maggior ragione non poteva essere quello il motivo.” L’elfo scuro perseverò nel suo sorriso piacevole, tranquillo, assolutamente terrificante. “E stante il mio animo Tel’Quess che apprezza il melodramma quanto qualsiasi altro elfo, mi sono trovato a ponderare, sebbene non siano affari miei, quale fosse la vera ragione del vostro malumore di poc’anzi…”
Amyl assistette allo scambio di battute con espressione perplessa, perché Daren di solito non parlava in quel modo, sembrava che stesse facendo mille giri di parole inserendo un sacco di fronzoli in un modo che non era affatto da lui. Sembrava che non volesse farsi capire.
Saeron però doveva aver capito benissimo, perché impallidì anche più del solito e fece un passo indietro.
“È… è la pioggia.” Mentì infine. “Il brutto tempo mi rende lunatico e malinconico e non mi accorgo del mio brutto carattere finché non infastidisco le persone intorno a me. Mi rincresce, Amyl, se sono stato sgarbato.”
Il suo improvviso cambio di tono insospettì la ragazza, ma accettò comunque le scuse del cugino. Era solo per fare scena, come anche la sua falsissima giustificazione.
“Saeron, perché non andiamo a vedere se il tetto di casa sopporta la pioggia?” propose Vialaer al gemello. “Potremmo tornare qui stasera e vedere cosa possiamo offrire in cambio della gentilezza di Amyl e della cena.”
“Aspetta” Amaryll fermò Vialaer prima che potesse portare via lo scomodo personaggio. “Saeron, non credi di dovere a Daren delle scuse?”
Il bardo aveva un colorito pallido per un elfo dei boschi, quindi tutti videro la sua faccia diventare viola. Fece per aprire bocca, con l’entusiasmo di chi deve addentare un limone, ma l’elfo scuro lo prevenne.
“Non è necessario. Aveva ragione su una cosa, io qui sono un ospite. Non avrei alcun diritto di stare in questa città, se i capiclan non avessero considerato favorevolmente le mie azioni e non mi avessero riconosciuto come amico. Lui invece è un elfo di Sarenestar” nonostante le parole accomodanti, lo sguardo del drow non era meno perforante quando si fissò negli occhi del bardo “appartiene a questo luogo per diritto di nascita.”
Il sottotesto era ben chiaro all’elfo: il drow gli stava risparmiando l’umiliazione di scusarsi, ma in cambio aveva sottolineato “Io mi sono meritato di essere qui. Tu non hai fatto niente di utile.”
Saeron ingoiò un’amara risposta, perché in realtà non c’era nulla che potesse dire. Era vero. Aveva dedicato la sua vita all’apparenza, a sembrare importante, a sembrare indispensabile, a sembrare un artista. Se l’era anche cavata abbastanza bene. La vita non gli aveva dato nulla di ciò che lui aveva sempre voluto, e a quel punto poteva solo lavorare duro per recuperare, oppure fingere di avere tutto. La menzogna era una tale consolazione, poteva quasi credere di essere la persona che voleva essere.
Odiava che qualcuno gli ricordasse che non era così.
Scoccò al drow un’occhiataccia che sapeva di vuote minacce, e se ne andò stizzito, senza nemmeno salutare.
“Eh… mi sa che vado con lui” annunciò Belegron, con imbarazzo. “Così, se… se scoprissimo che piove in casa, potrei aggiustare il tetto immediatamente. Visto che la pioggia, uh, lo indispone.”
L’elfo dai capelli corti scappò fuori nella pioggia, e Amyl non poté fare a meno di considerare che i suoi assurdi vestiti troppo stretti non avrebbero nascosto proprio nulla, una volta bagnati. Ma forse era quello che Belegron voleva ottenere. Lei scosse la testa, pensando a quanto erano sciocchi, a volte, i maschi.

Daren notò che l’elfo con i capelli rossi e i vestiti bislacchi era rimasto, e che Amyl sembrava a suo agio in sua presenza. Dal suo linguaggio del corpo era chiaro che questo qui fosse il suo unico vero amico fra quei tre. L’elfo non si era ancora presentato (ma dopotutto perché avrebbe dovuto?), però lo stava guardando di sottecchi.
“E quindi…” cominciò il mingherlino. “Non riesco a capire se avete un rapporto speciale con mia cugina oppure no” decise di vuotare il sacco.
L’elfo scuro fu preso alla sprovvista da questa domanda, e non si curò di nascondere il suo stupore. Era impressionato che l’altro l’avesse capito da quel breve scambio di battute, ma sperò che la sua sorpresa venisse scambiata per negazione.
“Cosa ve lo fa pensare?”
L’elfo dei boschi si strinse nelle spalle. “Siete accorso ad aiutarla non appena Saeron ha cominciato a trattarla male. Come un… ah… cavaliere in un’armatura fatta di superiorità morale e sarcasmo.”
Daren piegò un angolo della bocca in un ghignetto involontario.
“Solo sarcasmo. Non sono superiore a nessuno, l’ho minacciato in modo molto meschino per fargli abbassare le arie.”

Questa volta fu il turno di Vialaer spalancare gli occhi sorpreso, perché non si era accorto di niente.
“Cosa? In che modo?”
Il drow prese un lungo sospiro e ci pensò un momento.
“No. Lui ha mollato il colpo. È stato ai patti, quindi non rivelerò il suo segretuccio ai suoi amici.”
“È mio fratello” lo corresse l’elfo strano. “Oh, e, io sono Vialaer. Sono un cugino… l’altro cugino di Amaryll.” Si affrettò a presentarsi, porgendo al drow il braccio destro.
“Io mi chiamo Daren” rispose lui. Strinse l’avambraccio dell’altro, ricevendo in cambio una stretta uguale. Era una forma di saluto informale, dal quale immaginò che Vialaer fosse molto più alla mano del fratello.
“Sul serio non volete dirmi in che modo avete minacciato mio fratello? Non credo che fosse una minaccia fisica, quindi non agirò contro di voi.” Promise.
“Ve l’ho detto. L’ho minacciato di rivelare un segreto, una cosa che avevo capito dal suo comportamento. Ma non posso dirvi cos’è. Sono affari di vostro fratello.”
Vialaer rimase in silenzio per alcuni secondi, pensandoci su.
“Va bene.” Accettò infine. “Ma potete dirmi se c’è del tenero fra voi e mia cugina? Perché il vostro comportamento è strano. Siete corso qui quando lei aveva bisogno…”
“Amyl sa difendersi da sola, ho soltanto perso la pazienza” lo corresse Daren, osservando di sottecchi la reazione di Amaryll. Lei sembrava abbastanza compiaciuta.
L’elfo annuì, ma terminò comunque il suo pensiero: “E siete un amico intimo, perché usate il suo soprannome, ma non avete mosso un dito mentre Belegron la corteggiava.”
L’elfo scuro divenne improvvisamente illeggibile, riparandosi dietro un mezzo sorriso di circostanza. “Perché avrei dovuto dire qualcosa? Un elfo che corteggia un’elfa in modo non insistente e non sgradevole… stava agendo nel suo diritto. Così come era un diritto di Amyl scegliere di considerarlo oppure no. Sono suo amico, mi preoccupo solo nel momento in cui qualcuno la mette a disagio.”
Vialaer lo soppesò ancora per qualche momento, poi scosse la testa con un sorriso. “Allora ho malinterpretato la situazione. Chiedo scusa.”
Amyl sapeva perché suo cugino era convinto di aver preso un abbaglio: anche se la gelosia non è comune fra gli elfi, esiste comunque il concetto di monogamia e di solito quando gente della loro età cominciava a frequentare qualcuno era per una storia seria. Fare scenate non era molto elfico, ma se lei avesse avuto un fidanzato, quel fidanzato si sarebbe sentito in diritto di farsi avanti e mettere in chiaro la situazione, in modo civile ma inequivocabile. Daren non lo aveva fatto, quindi non poteva essere il suo compagno. O quantomeno non poteva essere una cosa seria.
Anche lei sarebbe stata tentata di pensarla così, e di sottovalutare il loro rapporto, specialmente dopo cinque settimane di silenzio. Però non poteva ignorare il fatto che il drow venisse da una cultura del tutto diversa, una in cui i maschi dovevano solo accettare le attenzioni delle femmine, e non avevano nulla da pretendere in cambio. Non sapeva se esistesse la monogamia fra i drow, ma probabilmente era unilaterale.
E cos’era quella sua espressione strana, leggera, ma come se nascondesse qualcosa? Perché aveva la sensazione che Daren sotto sotto fosse a disagio?
“Ti fermi alla locanda, stanotte?” Gli domandò, sperando in una risposta affermativa. Quando lui annuì, tirò un sospiro di sollievo: non poteva parlare apertamente con lui mentre lavorava come cameriera, ma quella notte sarebbe stato suo ospite, e avrebbero avuto il tempo di chiarirsi. Magari anche di fare il punto della loro relazione.

           

   
 
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