You don’t fool me – those pretty eyes
That sexy smile – you don’t fool me
You don’t rule me – you’re no surprise
You’re telling lies – hey, you don’t fool me
You don't fool me, Queen, 1995
Aziraphale
si lasciò cadere sulla poltrona con un sospiro di sollievo. Era
stata una di quelle giornate, non molto frequenti ma neanche tanto
rare quanto gli sarebbe piaciuto, in cui la libreria era stata presa
d'assalto.
Per
lo più si era trattato di curiosi e comitive di turisti che si erano
lasciati avvincere dall'atmosfera piacevolmente vintage che si
respirava nel suo tempio letterario di Soho, ma l'angelo aveva
comunque dovuto calarsi nei panni del libraio cortese e paziente,
assecondando le richieste dei clienti e vigilando affinché nessuno
si facesse scivolare in tasca o nella borsa qualcuno dei suoi
preziosi volumi come souvenir londinese.
Quell'ultimo
cliente poi l'aveva fatto sudare sette camicie e aveva preteso che
gli venissero mostrati tutti i libri presenti nel negozio che
trattassero di araldica inglese e alla fine, com'era prevedibile, se
n'era andato a mani vuote (non che la cosa gli dispiacesse dato che
detestava separarsi dai suoi tesori di carta e non era certo afflitto
dal bisogno di denaro).
A
volte, la sua attività di libraio antiquario si rivelava un vero
fardello. Certo, grazie a quella copertura era riuscito a entrare in
possesso di un discreto numero di tomi altrimenti introvabili per chi
non bazzicasse nell'ambiente dell'editoria d'élite. Ma il dover
avere a che fare con alcune tipologie di clienti incontentabili o
semplicemente perditempo era un indubbio svantaggio nonché una gran
seccatura.
Fortunatamente
la giornata lavorativa si era quasi conclusa e l'angelo non prevedeva
l'arrivo di nuovi scocciatori almeno fino alla riapertura del mattino
seguente.
Stava
giusto pensando di versarsi un bicchiere di vino e accendere il
grammofono per godere delle sinfonie di Bach, quando udì la porta
della libreria aprirsi di nuovo.
Aziraphale
emise un gemito frustrato e maledisse se stesso per essersi lasciato
convincere dalla sua coscienza a non anticipare la chiusura del
negozio. “Si tratta di aspettare ancora una mezz'ora” si era
detto. “Non arriveranno altri clienti. Tanto vale chiudere
all'orario indicato sul cartello... per una volta.” E invece...
L'angelo
si alzò di malavoglia dalla poltrona e si preparò ad accogliere
l'ignoto visitatore col solito sorriso gentile, del resto non poteva
sapere se quel cliente si sarebbe rivelato l'ennesima rottura di
scatole o qualcuno realmente interessato ai suoi libri.
Ma
tutto il suo fastidio evaporò all'istante non appena posò gli occhi
sul nuovo arrivato che si stava già incamminando verso il retro.
-
Crowley! Che bello vederti. Che ci fai qui? -
Il
demone alzò pigramente una mano in segno di saluto, ancheggiando
verso di lui.
-
Ciao, angelo. È tutto il giorno che passo di fronte alla libreria
per proporti di bere un bicchiere insieme, ma ogni volta che
sbirciavo dalle finestre ti trovavo sempre preso con qualche cliente.
Giornata impegnativa? -
Aziraphale
alzò gli occhi al cielo ed emise uno sbuffo esasperato. - Non me ne
parlare, caro! - poi scostò la tenda che separava l'ambiente del
negozio dal retrobottega in cui aveva ricavato la sua dimora, il suo
rifugio. - Vieni, accomodati. Stavo giusto per versarmi da bere. -
Crowley
avanzò verso il passaggio che Aziraphale stava tenendo aperto per
lui e fu allora che l'angelo notò la borsa di plastica che pendeva
dal suo braccio.
-
Hai fatto spese? - domandò, incuriosito.
Il
demone sedette al tavolo e posò la sporta. - Ho solo pensato di
portarti uno spuntino. - rispose in tono casuale. - Conoscendo il tuo
insaziabile appetito, ho immaginato che avresti potuto apprezzare
qualcosa da sgranocchiare. -
Aziraphale
lo raggiunse e prese posto sulla sedia di fronte, piacevolmente
stupito da quell'attenzione da parte del demone. - Be', in effetti è
tutto il giorno che non metto qualcosa di decente sotto i denti. Che
cosa mi hai portato di buono? -
-
Oh, un po' di tutto, in realtà. - disse Crowley, iniziando ad
estrarre uno ad uno gli articoli contenuti nella borsa. - Ho preso
del sushi, un po' di involtini primavera, dei macarons francesi, un
paio di tranci di pizza gourmet... -
Aziraphale
rise. - Hai svaligiato i ristoranti di mezza Londra, vedo. -
-
Solo dei migliori. - precisò l'altro. - Conosco i tuoi gusti
raffinati. -
-
Grazie per la premura, caro, ma ora come farò a scegliere tra tutti
questi manicaretti? -
Nonostante
tutto, l'angelo non sembrò incontrare poi troppe difficoltà nel
decidere da dove iniziare il suo sostanziosissimo spuntino e, circa
un'ora più tardi, solo la scatola di macarons era rimasta intatta,
insieme a un piattino di frutta dai colori brillanti e dal profumo
intenso.
Crowley
si era tolto gli occhiali e aveva osservato l'amico ripagare
egregiamente i suoi sforzi di accontentare il suo esigente palato.
Aveva assistito con un certo compiacimento allo sfilare dei piatti
davanti all'angelo che, poco a poco, si svuotavano e scomparivano
miracolosamente. Dal canto suo, si era concesso soltanto qualche
assaggio e solo nel momento in cui era stato Aziraphale ad
offrirglielo.
A
un tratto, la sua attenzione venne calamitata verso il piatto di
frutta e il demone allungò una mano per afferrare una mela dalla
buccia rossa e lucente come un rubino. La porse all'angelo con un
sorrisetto. - Perché non provi questa? Scommetto che è deliziosa. -
A
quel punto, Aziraphale, intento a masticare un macaron alla fragola,
sembrò congelarsi sul posto e prese a fissare il frutto che Crowley
gli offriva con sguardo diffidente.
-
Che c'è? - fece il demone, sinceramente sorpreso da quella reazione.
- Non ti piacciono le mele? -
L'angelo
mandò giù il boccone e, prima di parlare, si tamponò le labbra con
un tovagliolino di carta, dopodiché scosse la testa. - No, caro. Le
mele mi piacciono molto... è solo che... -
-
Solo che cosa, angelo? - insistette Crowley, inarcando un
sopracciglio, in attesa.
Aziraphale
esitò. - Ehm, hai presente la storia, no? La mela e tutto il
resto... -
Il
demone sogghignò. - Tu non sei Biancaneve e io non sono la Regina
Cattiva. Non è avvelenata, te l'assicuro. -
Ma
l'angelo parve ritrovarsi ancora più a disagio. - No, non intendevo
quella storia. -
-
E allora quale? -
Aziraphale
fece guizzare la lingua sulle labbra e prese ad agitarsi sulla sedia,
distogliendo lo sguardo e portando una mano al colletto per
sistemarsi il papillon di tartan già perfettamente in ordine.
-
Per l'amor di Qualcuno! - sbottò il demone con una marcata nota di
esasperazione nella voce. - Vuoi dirmi che ti prende? -
L'angelo
lanciò un altro sguardo combattuto alla mela che Crowley teneva
ancora tra le dita. Era evidente che desiderasse prenderla, ma
qualcosa lo tratteneva e gli impediva di accettare la sua offerta.
A
un tratto, il demone capì. - Oh, mio... No, non ci posso credere! -
esclamò, esterrefatto.
-
Crowley, caro... - iniziò l'angelo in tono conciliante.
Ma
il demone scoppiò in una risata amara - Tu non vuoi questa mela
perché sono io a offrirtela, non è così? Oh, angelo! Sei
incredibile, lo sai?! -
Aziraphale
non poté impedirsi di arrossire. - Niente di personale, caro... è
solo che... -
-
Solo che, come esponente del Paradiso, non ti senti a tuo agio ad
accettare il frutto del peccato originale dallo stesso diavolo
tentatore che, in quel giardino, convinse Eva a coglierlo e ad
assaggiarlo insieme ad Adamo, condannando così l'umanità a ciò che
sappiamo, vero? È questa la storia a cui ti riferivi? La nostra
storia? -
Aziraphale
annuì piano, mordendosi il labbro. - Te l'ho detto, non c'entra con
te. Ma non credo sia il caso, non so come spiegarlo: è qualcosa che
mi pare profondamente... be', sbagliato. -
Crowley
distese le labbra in un ghigno feroce. - Hai appena commesso un
grosso errore, Aziraphale. -
L'amico
lo guardò, incapace di dissimulare una certa preoccupazione. - Che
vuoi dire? -
Un
luccichio ferino balenò negli occhi del demone. - Mi hai lanciato
una sfida... che ho tutte le intenzioni di vincere. -
-
Una... una sfida? Ma di che stai parlando? - chiese Aziraphale,
paventando la risposta.
-
Sto parlando di tentare un angelo reticente ad assaggiare una
gustosissima mela rossa. Dopotutto, la tentazione è il mio lavoro,
no? - disse, ammiccando verso di lui con aria furba.
-
Oh, caro, non essere sciocco. Tu non... -
Ma
Crowley lo zittì posandogli l'indice sulle labbra. - Non un'altra
parola, angelo. Ormai è deciso. Il dado è tratto. Il penny è stato
lanciato, scegli l'espressione che preferisci. Il punto è che,
presto o tardi, riuscirò a farti cedere alla tentazione. -
La
mattina seguente, Aziraphale si arrampicò su una scaletta per
spolverare i ripiani più alti delle sue massicce librerie di legno,
quando la porta del negozio si aprì timidamente, rivelando... una
bambina!
Era
incredibilmente carina, con le trecce bionde, gli occhi verdi e
qualche lentiggine a segnarle il viso che le conferiva un'aria
adorabile. Era vestita poveramente e si guardava intorno un po'
impacciata, esitando sulla soglia.
L'angelo
scese dal treppiedi e le si avvicinò, piegandosi lievemente sulle
ginocchia in modo da poterla guardare negli occhi.
-
Ciao, piccola. Ti sei persa? Cerchi la tua mamma? -
La
bimba fece cenno di no con la testa, dopodiché espose alla sua
attenzione un cestino di vimini colmo di mele rosse, sfoderando
un'espressione supplichevole alla Oliver Twist. - Signore, vorrebbe
assaggiare una delle mie mele? Sono molto dolci e succose. -
Aziraphale
sbatté le palpebre e rimase interdetto. - Cosa? -
La
bambina prese uno dei frutti con una delle sue manine candide e
gliela porse con un sorriso irresistibilmente tenero e innocente. -
Solo un morso, per favoooore. -
Fu
allora che l'angelo intuì il trucco e il bagliore dorato che
scintillò nelle iridi di giada della bimba confermò i suoi
sospetti.
-
Falla finita con questa ridicola sceneggiata dickensiana, caro. Non
ci casco. E poi non siamo più nell'Ottocento e nemmeno in un film di
Frank Capra*. -
La
piccola mise il broncio e gli lanciò un'occhiataccia tutt'altro che
fanciullesca. - Non finisce qui, angelo. - dopodiché se ne andò,
sconfitta.
Aziraphale
ridacchiò e tornò ad occuparsi dei suoi libri, complimentandosi con
se stesso per aver smascherato il demone. Era stato piuttosto facile,
in realtà. Se anziché proporgli di assaggiare una mela, la
bambina gli avesse chiesto di comprarla, probabilmente sarebbe caduto
in pieno nella trappola, mosso a pietà. Ma Crowley aveva usato
quella parola e, memore di ciò che gli aveva detto il giorno prima,
Aziraphale aveva capito che dietro quella serafica bambina si celava
in realtà il suo diabolico migliore amico.
Un
paio di giorni più tardi, Aziraphale stava passeggiando per i viali
di Regent's Park, di ritorno da un incontro d'affari con un altro
libraio.
Camminava
a passo rilassato fischiettando allegramente quando intercettò con
lo sguardo un uomo in abiti colorati e sgargianti in piedi dietro una
bancarella straripante di dolciumi dalla quale proveniva un profumino
delizioso che gli fece venire l'acquolina in bocca.
Aziraphale
si avvicinò al banco e notò la presenza di un cartello scritto a
mano in un vistoso color vermiglio che recitava: “SOLO PER OGGI,
MELE CARAMELLATE GRATIS!”
L'angelo
non aveva neanche iniziato a studiare le caramelle esposte che l'uomo
gli sventolò sotto il naso una grossa mela ricoperta di glassa e
granella di nocciole infilzata su uno stecchino di legno.
-
Prego, signore, assaggi! Queste sono le migliori mele caramellate che
ci siano al mondo! E oggi non le costeranno neanche un penny! -
annunciò il venditore, indicando solennemente l'avviso affisso alle
sue spalle.
Aziraphale
inspirò l'aroma caramelloso del frutto e prese lo stecchino,
ringraziando e pregustando già il delizioso sapore di quella
prelibatezza.
Ma,
proprio mentre si portava la mela alle labbra, venne colto da un
dubbio che lo fece esitare. - Un momento. -
Il
suo sguardo circospetto si posò sull'uomo e stavolta indugiò più
attentamente sul suo aspetto: era alto, allampanato e portava un paio
di occhiali da sole con le lenti molto scure, nonostante quel giorno
il cielo fosse coperto e minacciasse pioggia da un momento all'altro.
Malgrado gli abiti alla Willy Wonka, la barba lunga e il cappello a
cilindro, aveva qualcosa di decisamente famigliare.
L'angelo
ebbe l'impressione che il venditore impallidisse sotto il suo sguardo
sospettoso e severo.
-
Crowley? Sei tu, non è vero? -
-
Crowley? Mi scusi ma temo proprio che lei mi abbia confuso con
qualcun altro. - tentò il venditore, imbastendo un accento
improponibile che non ingannò Aziraphale neanche per mezzo secondo.
-
Oh, smettila, caro. Lo so che sei tu. Non mi fai fesso. - fece una
pausa per guardare con severità l'improbabile commerciante. - E devo
proprio dirtelo: questa faccenda sta diventando assurda. -
Con
malagrazia, il demone, ormai smascherato, si riprese lo stecco con la
mela caramellata rimasta intonsa.
-
Peggio per te, angelo. Non sai cosa ti perdi. - berciò. - E comunque
non ho intenzione di arrendermi. -
Aziraphale
sospirò. No, Crowley non si sarebbe arreso, lo sapeva fin troppo
bene.
Una
volta rientrato alla libreria, Aziraphale appese il cappotto e si
abbandonò ad un profondo sospiro. Sapeva di doversi attendere altri
agguati da parte di Crowley: conosceva troppo a fondo il demone per
sperare che egli potesse darsi per vinto.
A
mente fredda, l'angelo si rendeva conto di essere stato indelicato e
di aver ferito i suoi sentimenti. Non c'era ragione valida che
giustificasse la sua stupida titubanza di quella sera nell'accettare
una mela dalla mano di Crowley, tanto più considerando che, da dopo
il mancato avvento dell'Apocalisse, Aziraphale non poteva più
neppure considerarsi un dipendente del Paradiso a pieno titolo.
Se avesse potuto riavvolgere il tempo e tornare a quel preciso
momento, avrebbe agito diversamente ed evitato di provocare un dolore
immeritato a Crowley, seppure in maniera tutt'altro che volontaria.
Ma
ora non si trattava più del frutto in sé, quanto piuttosto del
fatto che l'angelo non fosse disposto a lasciarsi attirare in
trappola. Non voleva concedere al suo migliore amico la soddisfazione
di riuscire a raggirarlo e si ripromise perciò di stare in guardia.
Ma,
sorprendentemente, passarono un paio di settimane senza che la
faccenda delle mele tornasse a turbare il delicato equilibrio emotivo
dell'angelo e, una domenica, quest'ultimo decise di approfittare di
una rara giornata di sole autunnale per proporre a Crowley una
colazione all'aperto a St. James's Park. L'amico accettò e i due
stabilirono di incontrarsi direttamente al parco, al loro posto
preferito: davanti al laghetto delle anatre.
Aziraphale
aveva quasi raggiunto la sua destinazione quando si ritrovò a dover
superare un piccolo mercato gremito per lo più di anziane signore
che esaminavano la merce con occhio clinico ed esperto come
chirurghi. Mentre si faceva largo tra i capannelli di avventori
intenti a chiacchierare e contrattare con gli ambulanti, Aziraphale
colse uno stralcio di conversazione tra due donne di mezz'età:
-
Hai visto il nuovo banco della frutta? Quelle mele hanno un'aria
squisita. -
-
Sì, e che mi dici del fruttivendolo? Un bel tipo, vero? Con quei
capelli rossi e gli occhiali da sole! Avessi qualche anno in meno, un
pensierino ce lo farei. -
Aziraphale,
messo in allarme da quelle parole, si guardò intorno e individuò
immediatamente il camion della frutta. Quando l'uomo dietro il banco,
vestito con una salopette lisa e un consunto cappello di paglia a
ricalcare il più banale stereotipo del contadino, intercettò il suo
sguardo, gli rivolse un sorriso smagliante e sollevò una mela dalla
buccia lustra verso di lui.
-
Venga qui! Provi a dare un morso a questa squisitezza e le assicuro
che volerà dritto in Paradiso! Sentirà cantare gli angeli,
garantito! -
-
E va bene, adesso basta, Crowley! - sbottò l'angelo. - Sono stufo di
questa storia. Piantala di seguirmi ovunque per rifilarmi una delle
tue maledette mele. Ti ho detto che non cederò e mi dispiace per te,
ma dovrai rassegnarti a questo fatto. Ora datti una sistemata,
abbiamo appuntamento tra dieci minuti, ricordi? E se vedo un'altra
mela giuro che darò di matto. -
Così
dicendo, Aziraphale si allontanò, proseguendo a passo di carica
verso St. James's Park, lasciando uno sbigottito fruttivendolo a
bocca aperta a domandarsi per quale assurdo motivo quello sconosciuto
gli avesse appena urlato contro in quel modo.
Quando
l'angelo arrivò al laghetto delle anatre, rintracciò la figura
snella di Crowley in piedi davanti al parapetto, immobile quasi fosse
in contemplazione di qualcosa. Gli dava le spalle e quando Aziraphale
gli si avvicinò per sfiorargli un braccio in modo da annunciare la
propria presenza, il demone sobbalzò lievemente.
-
Guada chi c'è! Il mio angelo preferito! -
-
Il tuo angelo preferito? - gli fece eco l'altro con un sorriso
divertito. - Dimmi, caro, quanti altri angeli conosci oltre a me? -
Crowley
affondò le mani nelle tasche e scrollò le spalle. - Nessuno che mi
piaccia quindi, in effetti, sei il mio preferito. - sorrise e si fece
scivolare gli occhiali sul naso di un paio di centimetri per fargli
l'occhiolino.
Aziraphale
sollevò un sopracciglio in quella che, teoricamente, sarebbe dovuta
essere un'espressione scettica ma che risultò più simile ad una
risata trattenuta a stento.
-
In ogni caso, spero davvero che tu abbia rinunciato a quella storia
della mela. Non avrei voluto sbottare in quel modo, poco fa, mi
dispiace, ma mi hai davvero portato al limite della sopportazione. -
Il
volto di Crowley si trasfigurò in una maschera di sorpresa e
confusione. - Aspetta, si può sapere di che stai parlando? -
Aziraphale
sbuffò, spazientito. - Non far finta di non capire, caro. Eri lì al
mercato che ti spacciavi per un venditore ambulante di frutta e mi
hai offerto una mela. - mise su un atteggiamento teatrale, sgranò
gli occhi e imitò i modi enfatici dell'ambulante. - Volerà
dritto in Paradiso! Sentirà cantare gli angeli! Potevi
almeno scegliere degli slogan più sottili, ti sei reso
riconoscibilissimo. Onestamente, mi sarei aspettato qualcosa di più
sofisticato da te. -
Ma
lo stupore non accennava a scemare dal viso del demone, piuttosto
pareva aumentare. - Non ho idea di che cosa ti sia capitato lungo la
strada, angelo, ma posso assicurarti di non essermi mai travestito da
venditore ambulante di frutta. Il mio ultimo tentativo di rifilarti
una mela risale a quel giorno del banco dei dolciumi a Regent's Park.
-
Non
c'era traccia di falsità nelle parole dell'amico e Aziraphale
cominciò ad avvertire una vampa di calore e disagio incendiargli le
guance.
-
Oh... Oh, Santo Cielo! Vuoi dire che quell'uomo non eri tu? -
Crowley
scosse la testa. - Te lo giuro sulle mie ali. -
Aziraphale
venne colto da una lieve vertigine e da uno spiacevolissimo senso di
vuoto allo stomaco. - Allora, questo vuol dire che... -
-
Da quel che ho potuto capire, - intervenne il demone con un ghigno. -
questo vuol dire che hai dato in escandescenze davanti a un
poveraccio che stava solo cercando di fare il suo lavoro e che ti
avrà certamente preso per uno psicopatico con la fobia e l'odio per
le mele. -
L'espressione
orripilata di Aziraphale contribuì a far scoppiare l'amico in una
sonora risata che si arrestò soltanto quando Crowley si rese conto
dell'eccezionale tonalità di bordeaux raggiunta dal viso dell'angelo
e temette di vedere il suo migliore amico discorporarsi per
combustione spontanea.
-
Non prendertela, non è successo niente di grave. - provò a
confortarlo, nonostante l'attacco di ridarella non si fosse ancora
esaurito del tutto. - Probabilmente quel tipo si sarà già
dimenticato dell'accaduto. Londra è piena di gente bizzarra, nessuno
avrà fatto caso più di tanto alla tua scenata. Oh, Satana, quanto
avrei voluto essere presente! - aggiunse, riattaccando a
sghignazzare.
Aziraphale
lo fulminò con lo sguardo. - Non c'è niente da ridere, Crowley. E
poi è colpa tua se ogni volta che vedo una mela vengo colto dal
sospetto che tu stia cercando di tentarmi per vincere la tua stupida
sfida e appagare il tuo orgoglio. -
-
D'accordo, forse sono stato un po' troppo agguerrito. - concesse.
-
Sei stato snervante. - sentenziò Aziraphale, schietto e corrucciato.
-
Sì, lo ammetto. Hai ragione. Mea culpa. - rispose il demone
in tono contrito, battendosi una mano sul petto. - Ecco perché
vorrei farmi perdonare. -
L'angelo
lo fissò con stupore. - Farti perdonare? E come? -
Crowley
sfoggiò il suo irresistibile sorriso obliquo. - Invitandoti a cena a
casa mia. -
Aziraphale
percepì una seconda ondata di calore, stavolta di origine molto
diversa, salirgli alle gote. - Cosa? A casa tua? Tu... tu cucini? -
Il
demone si schermì. - Be', non sarò Gordon Ramsay che, a proposito,
sarà sicuramente dei nostri quando arriverà il suo momento,
ma posso affermare di cavarmela piuttosto bene ai fornelli. -
L'angelo
si riprese da quella proposta inaspettata e cercò di mettere insieme
una replica adeguata. - Questo è molto gentile da parte tua,
Crowley... Ehm, cioè, accetto volentieri. - si corresse, notando
l'occhiata assassina dell'altro nell'udire la parola “gentile”. -
Pensavi a una sera in particolare? -
-
Che ne diresti di domani? - suggerì l'amico. - 19.30? -
-
Certo, sì, perfetto. -
Alle
19.30 spaccate Aziraphale premette l'indice sul tasto del citofono
del lussuoso complesso residenziale di Mayfair dove Crowley risiedeva
stabilmente ormai da secoli.
Il
cancello si aprì senza neanche bisogno che l'angelo annunciasse la
sua presenza, d'altra parte, Crowley non doveva essere molto avvezzo
a ricevere visite.
Aziraphale
entrò nell'androne in marmo del palazzo e lasciò che il grande
ascensore lo conducesse fino all'ultimo piano, dove la porta
dell'attico del demone era già accostata per lui.
L'angelo
si costrinse a prendere un profondo inspiro prima di varcare la
soglia.
-
Crowley? È permesso? -
La
voce dell'amico si levò da una delle stanze. - Entra pure, angelo.
Sono in cucina. -
Aziraphale
seguì la scia non solo di quel suono ma anche di un inconfondibile
profumo di ragù alla bolognese che gli richiamò l'acquolina in
bocca e lo fece improvvisamente sentire molto più fiducioso rispetto
alle doti culinarie che il demone aveva affermato di possedere.
L'angelo
raggiunse la cucina super-attrezzata dell'appartamento e vi trovò
Crowley intento a mescolare con cura in una pentola colma di sugo di
carne. Indossava un grembiule nero con la scritta HELL'S KITCHEN in
graffianti caratteri cremisi, le maniche della camicia arrotolate fin
sopra i gomiti. Faceva un strano effetto vederlo in una veste così...
domestica.
Quando
Aziraphale entrò nella stanza, il demone gli rivolse uno dei suoi
immancabili sorrisetti sardonici. - Puntuale come un orologio
svizzero, eh? -
L'angelo
scelse di ricorrere a un tono casuale. - Sai com'è, non sta bene che
un invitato si presenti in ritardo. -
Crowley
ridacchiò furbamente. - Già, sarebbe stato davvero maleducato da
parte tua. E poi scommetto che avevi una voglia matta di scoprire se
davvero mi sarei messo ai fornelli di persona, senza ricorrere a
miracoli di sorta, ho ragione? -
-
Touché. - fece Aziraphale con un sorrisino colpevole. - Comunque, ti
ho portato un piccolo pensiero. Pare che tra gli umani sia buona
creanza fare un dono al padrone di casa quando si viene invitati a
cena. -
Arrossendo
lievemente, l'angelo estrasse dal sacchetto che aveva con sé una
piantina di orchidea dai fiori bianchi.
Crowley,
che non si aspettava quel gesto, smise di mescolare il ragù e prese
a fissare il regalo tra le mani di Aziraphale.
-
Non ti piace? - domandò l'altro, costernato. - Oh, lo sapevo! Avrei
dovuto comprare il bonsai. -
-
Cosa? Oh, no! No, è... è molto bella. Davvero. Ehm... grazie. -
-
Di nulla. - ribatté l'amico, stringendosi nelle spalle, non meno
imbarazzato del demone. - Promettimi solo che sarai gentile con lei.
Non voglio che mi odi per tutta la vita per averla messa tra le
braccia di un tiranno. -
-
Vedremo, in base a come si comporterà. - ghignò Crowley, ritrovando
la sua solita vena ironica e rivolgendo un'occhiata feroce alla
piantina, le cui foglie sembrarono impallidire leggermente.
-
Ehm, caro? -
-
Sì? -
-
Sono io, o c'è qualcosa che brucia? -
-
Oh, merda! - imprecò il demone, riprendendo a mescolare in tutta
fretta il contenuto ribollente della pentola.
Aziraphale
dovette reprimere una risatina, dopodiché domandò il permesso di
sistemare la nuova arrivata insieme alle altre inquiline vegetali,
nell'atrio dell'appartamento.
-
Sì sì, vai pure. Almeno le verrà spiegato come funzionano le cose
nel mio regno. -
L'angelo
gli indirizzò un'occhiata di rimprovero e portò la piantina
nell'ingresso, appoggiandola a terra accanto a uno splendido ficus.
-
Sai, non è cattivo come vuole far credere. - bisbigliò, rivolto
all'orchidea. - Sotto sotto, è davvero una brava persona. Non farti
spaventare dai suoi modi dispotici. -
-
Angelo! Qui è tutto pronto! Vieni o no? -
Aziraphale,
richiamato all'ordine dalla voce impaziente del padrone di casa,
indirizzò un ultimo sorriso rassicurante alla piantina, poi si alzò
e si diresse verso la sala, dalla quale provenivano delle note di
pianoforte e sassofono, elette a sottofondo musicale per
quell'occasione.
Al
centro della stanza era stato allestito un tavolo rotondo,
apparecchiato con gusto e semplicità. I due piatti traboccavano di
una generosa porzione fumante di spaghetti al ragù, quello
dell'angelo, almeno. Crowley si era servito una quantità di pasta
decisamente più contenuta.
Il
demone si era tolto il grembiule da cucina e aveva indossato una
giacca nera damascata che gli donava moltissimo. Attese che
Aziraphale si sedette prima di prendere posto a sua volta.
-
Be', dacci dentro, angelo. - disse, mentre l'altro dispiegava il
tovagliolo sulle ginocchia.
Aziraphale
non avrebbe mai immaginato di avere per migliore amico uno chef
provetto.
Il
primo piatto di pasta alla bolognese si rivelò delizioso, così come
il secondo di pesce che seguì, accompagnato da un contorno di
verdure gratinate al forno altrettanto sfizioso.
Tra
una forchettata e un sorso di vino, il tutto condito da chiacchiere
piacevoli e rilassate, la cena casalinga giunse all'atto finale: il
dessert.
Crowley
si alzò da tavola per portare via i piatti vuoti della seconda
portata e tornò reggendo due piattini da dolce sui quali erano state
sapientemente disposte due grandi fette di torta dall'aspetto
oltremodo invitante, affiancate da una pallina di gelato alla
vaniglia.
-
Che meraviglia! - esclamò Aziraphale, ammirato. - Di che si tratta?
-
Crowley
gli rivolse un sorriso furbo mentre gli posava davanti uno dei due
piatti. - Questa, angelo, è una ricetta speciale di mia invenzione,
e un vero chef non rivela mai i suoi segreti. -
-
Mi pare giusto. - rise l'amico, dopodiché inspirò l'aroma che si
levava dalla sua porzione e afferrò coltello e forchetta, pronto a
degustare l'ultimo capitolo di quel pasto squisito, pur nella sua
semplicità.
Il
primo boccone di torta gli regalò sensazioni favolose. Il gelato
bilanciava il calore del dolce appena uscito dal forno, la
consistenza era morbida e umida e Aziraphale riconobbe dei pezzi di
frutta cotta tra gli ingredienti principali, spruzzati di cannella e
forse altre spezie.
Furono
sufficienti tre colpi di forchetta perché il piattino tornasse
immacolato, fatta eccezione per qualche briciola. Aziraphale si
tamponò le labbra con un lembo del tovagliolo.
-
Mmm. Devo farti i miei complimenti, caro. Credo sia la torta più
buona che abbia mai mangiato in seimila anni. -
Ma
il volto di Crowley aveva assunto una bizzarra espressione,
indecifrabile.
Aziraphale
se ne accorse. - Che ti prende? Ho detto qualcosa di male? -
-
Come ti senti, angelo? Tutto bene? - chiese il demone, scrutandolo
intensamente.
-
Cosa... ma sì, certo che sto bene, Crowley. Perché non dovrei? -
-
Non senti nulla di insolito? - insistette l'altro. - Tipo un paio di
corna spuntarti sulla testa o una strana voglia di provocare danni e
seminare caos? Non ti senti un po'... corrotto nell'animo? -
Aziraphale
era sempre più smarrito. - Ma che... Perché mai mi fai domande così
assurde? Sicuro che invece non sia tu ad avere qualcosa che non va? -
Il
rosso si coprì il volto con una mano e dapprima furono solo le sue
spalle a scuotersi come se avesse le convulsioni, poi i singulti si
estesero a tutto il suo corpo. L'impressione era che il demone fosse
preda di un accesso di pianto disperato.
-
Crowley? Crowley, ma che cos'hai?! Per l'amor di Qualcuno, stai male?
-
L'angelo
si protese in avanti sul tavolo e fece per porre una mano sulla
spalla dell'amico, quando si accorse che il demone non stava affatto
piangendo... rideva a crepapelle!
-
Oh, angelo! È stato così facile! - latrò.
-
Facile? Ma si può sapere di che cavolo stai... ? -
Ma
le parole gli morirono sulle labbra e lo sguardo gli cadde sul
piattino vuoto.
-
Crowley? Cosa c'era in quella torta, esattamente? -
Il
demone si sforzò di porre fine alla sua risata sguaiata e gli gettò
uno sguardo malizioso. - Tu che dici, cervellone? -
Aziraphale
non poteva crederci. - Tu... tu hai organizzato tutto questo solo per
indurmi con l'inganno a mangiare una mela?! -
-
Inganno? - ripeté Crowley, indignato. - Nessun inganno, angelo! Io
ti ho offerto un'innocentissima torta di mele e tu hai scelto di
mangiarla, in totale libertà. E non mi sembra che la cosa ti sia
dispiaciuta così tanto. E poi, correggimi se sbaglio, ma mi pare che
non si sia verificata alcuna conseguenza catastrofica. -
-
Tu mi hai preso in giro! - esclamò Aziraphale. - Mi hai subdolamente
manipolato! E io che credevo... credevo... Ah, lascia perdere! -
L'angelo
si alzò di scatto da tavola e si diresse a grandi falcate verso
l'atrio dell'appartamento. - Me ne vado a casa, Crowley. Spero che tu
ti goda la vittoria della tua stupida sfida. Il tuo ego demoniaco
sarà molto soddisfatto, mi auguro. -
Il
demone si alzò a sua volta e lo raggiunse. - Angelo, aspetta! Dài,
non fare così. Non ce n'è ragione! -
Aziraphale,
che si stava già infilando il cappotto, si voltò per trovarsi
faccia a faccia con l'amico e ne approfittò per indirizzargli
l'occhiata più furibonda e sdegnata che gli riuscì.
-
Non ce n'è ragione, dici? - sibilò. - Mi hai fatto credere di voler
passare una bella serata insieme; mi hai attirato qui con la promessa
di una cena, solo noi due, in un ambiente intimo e famigliare e poi
scopro che il tuo intento non era altro che quello di riuscire a
farmi mangiare una maledettissima mela! Miravi solo a questo, non ti
importava niente di trascorrere del tempo con me! -
Crowley
ricordava poche occasioni in cui avesse visto Aziraphale così
adirato e sconvolto. Era solo uno scherzo, possibile che l'angelo non
lo capisse?!
-
Stai facendo una tragedia per niente, come al solito. - replicò,
stizzito. - Certe volte sei così permaloso! -
Ci
fu un attimo di silenzio teso in cui i due si guardarono storto come
in una gara a chi avesse interrotto per primo quell'incendiario
contatto visivo.
-
Me ne vado. - ribadì infine Aziraphale piantandogli negli occhi, o
meglio, nelle lenti, un ultimo sguardo incendiario. Ma, prima di
voltarsi di nuovo per guadagnare la porta, si chinò e raccolse da
terra la piccola orchidea. - E lei viene con me. - sentenziò,
mettendosi il vaso sottobraccio con fare protettivo. - Per il suo
bene. -
Aziraphale
girò sui tacchi ma non arrivò mai alla porta dell'appartamento
perché si sentì afferrare il polso da una stretta salda, urgente.
-
Angelo, aspetta. Non andartene. Per favore. -
Stavolta,
il tono di Crowley non tradiva la minima spavalderia o stizza. Al
contrario, la sua sembrava più una richiesta accorata pronunciata in
un mormorio dolce e sottile, come se la presenza dell'amico fosse, in
quel momento, la cosa più importante del mondo. Una vera e propria
preghiera.
Aziraphale
rimase talmente sbalordito da quel repentino cambio di atteggiamento
che non tentò neppure di divincolarsi dalla presa del demone, anzi
si volse nuovamente verso di lui, in attesa e con il fiato sospeso.
-
Mi dispiace, sono stato un idiota. - esalò Crowley. - Ma non ti ho
invitato qui solo per quel motivo. - aggiunse. - L'ho fatto perché
volevo davvero che cenassimo insieme da me. Credi che mi sarei
messo a preparare tutte quelle pietanze se avessi mirato solo a farti
mangiare una torta di mele? -
-
Non l'avresti fatto? - chiese Aziraphale, la rabbia che ormai
vacillava sotto il peso di altri sentimenti sconosciuti.
Crowley
sorrise dolcemente. - Ma certo che no. Mi faceva piacere cucinare per
te, angelo. -
Il
demone infuse a quell'ultimo appellativo una tale tenerezza, un tale
affetto, che ogni rimanente scia di astio svanì completamente
dall'animo di Aziraphale.
-
Sul serio? - L'angelo ci mise tutto il suo impegno affinché quella
domanda potesse suonare almeno un po' minacciosa, con scarsi
risultati che arrivarono più vicini a una nota di speranza.
L'altro
annuì, risoluto. - Sul serio. -
Aziraphale
emise un lungo espiro che parve esiliare dal suo corpo qualunque
sentimento negativo avesse provato verso il demone fino a un secondo
prima.
-
D'accordo, allora credo di poterti perdonare. -
-
No che non puoi. - obiettò Crowley con un sorrisetto dolceamaro. -
Sono un demone, ricordi? Sono imperdonabile per definizione. -
Aziraphale
sorrise e scosse la testa. - Non per me, caro. -
Il
resto della serata trascorse piacevolmente e senza intoppi, anche
grazie all'aiuto di qualche bottiglia di vino che contribuì a
diluire le ultime tensioni lasciate dalla discussione.
Quando
Aziraphale si accinse a tornare alla libreria, Crowley indicò la
piccola orchidea, che l'angelo aveva ridepositato accanto al ficus
dopo aver deciso di rimanere.
-
Quindi ti fidi a lasciarla qui con me? -
L'amico
gli sorrise mentre si sistemava il bavero del cappotto. - Confido che
la tratterai bene. -
La
smorfia agrodolce tornò a incupire il volto di Crowley. - Attento a
dove riponi la tua fiducia, angelo. -
-
Ho le mie buone ragioni per farlo. - replicò Aziraphale senza
smettere di sorridere candidamente. - E, ad ogni modo,
congratulazioni, caro. -
-
Per cosa? -
L'angelo
gli fece l'occhiolino. - Be', alla fine, sei riuscito a farmi
mangiare la mela proibita. Sei proprio un bravo tentatore. -
Crowley
sbuffò una risatina imbarazzata. - Sono stato un cretino. -
-
Sì, anche quello. - soggiunse Aziraphale senza smettere di
sorridere. - Buonanotte, caro. -
Quando
la porta si fu richiusa alle spalle dell'angelo, Crowley si ritrovò
di nuovo solo nel suo appartamento. L'orologio segnava quasi l'una di
notte e il demone decise che una buona dormita non gli avrebbe fatto
male dopo quella serata densa di emozioni.
Era
felice di non aver lasciato andare via Aziraphale. Quando gli aveva
afferrato la mano, aveva temuto che l'angelo reagisse in malo modo,
magari arrivando addirittura a mollargli uno schiaffo, invece era
rimasto ad ascoltare le sue scuse per poi perdonarlo con quel suo
sorriso caldo e amorevole che avrebbe potuto sciogliere l'Antartide.
Prima
di lasciare l'atrio per dirigersi in camera da letto, il demone
abbassò gli occhi sulla piantina che l'amico gli aveva portato in
dono. Le foglie ebbero un fremito: evidentemente le sue compagne di
sventura l'avevano già informata su come si svolgeva la vita in
quella casa.
Crowley
stette per un po' a squadrarla intensamente, come se stesse
riflettendo tra sé, infine s'inginocchiò, sollevò il vaso da terra
e lo portò con sé in camera.
Appoggiò
l'orchidea sul comodino accanto al letto e s'infilò il pigiama di
raso nero.
Quando
si coricò, lanciò un'occhiata d'ammonimento alla piantina. - Non ti
ci abituare, carina. È solo per stanotte. -
Crowley
spense la luce e chiuse gli occhi. Scivolò beatamente tra le braccia
di Morfeo, accompagnato dall'immagine di Aziraphale che gli sorrideva
affettuosamente e gli concedeva il suo perdono.
La piccola orchidea non venne mai spostata da quel comodino, né subì mai alcuna minaccia da parte del demone. E rimase fiorita... molto a lungo.
*
Riferimento al film del 1961 Angeli
con la pistola (Pocketful of Miracles),
di Frank Capra, dove la protagonista, interpretata da Bette Davis, è
una vecchia mendicante che vaga per New York con un cestino di mele
rosse che cerca di vendere per racimolare qualche soldo.