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Autore: Stria93    05/12/2019    5 recensioni
Raccolta di One-Shots, più o meno brevi, a tema Aziraphale/Crowley ispirate alle canzoni dei Queen.
[...]
11 - Pain is so close to pleasure..........21 - I'm going slightly mad............31 - Funny how love is
12 - Somebody to love......................22 - Let me live............................32 - '39
13 - Good old fashioned lover boy.......23 - Hammer to fall......................33 - Radio Ga-Ga
14 - Don't try suicide.........................24 - Innuendo (Halloween shot).....34 - Brighton Rock
15 - Delilah......................................25 - Ride the wild wind..................35 - You take my breath away
16 - You're my best friend..................26 - You and I (Halloween shot)
17 - A kind of magic.........................27 - Made in heaven
18 - One vision................................28 - Jealousy
19 - Killer Queen..............................29 - A winter's tale
20 - Back chat.................................30 - You don't fool me
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Song-fic | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Aziraphale/Azraphel, Crowley
Note: Missing Moments, Movieverse, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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fofooof

You don’t fool me – those pretty eyes

That sexy smile – you don’t fool me

You don’t rule me – you’re no surprise

You’re telling lies – hey, you don’t fool me


You don't fool me, Queen, 1995





Aziraphale si lasciò cadere sulla poltrona con un sospiro di sollievo. Era stata una di quelle giornate, non molto frequenti ma neanche tanto rare quanto gli sarebbe piaciuto, in cui la libreria era stata presa d'assalto.
Per lo più si era trattato di curiosi e comitive di turisti che si erano lasciati avvincere dall'atmosfera piacevolmente vintage che si respirava nel suo tempio letterario di Soho, ma l'angelo aveva comunque dovuto calarsi nei panni del libraio cortese e paziente, assecondando le richieste dei clienti e vigilando affinché nessuno si facesse scivolare in tasca o nella borsa qualcuno dei suoi preziosi volumi come souvenir londinese.
Quell'ultimo cliente poi l'aveva fatto sudare sette camicie e aveva preteso che gli venissero mostrati tutti i libri presenti nel negozio che trattassero di araldica inglese e alla fine, com'era prevedibile, se n'era andato a mani vuote (non che la cosa gli dispiacesse dato che detestava separarsi dai suoi tesori di carta e non era certo afflitto dal bisogno di denaro).
A volte, la sua attività di libraio antiquario si rivelava un vero fardello. Certo, grazie a quella copertura era riuscito a entrare in possesso di un discreto numero di tomi altrimenti introvabili per chi non bazzicasse nell'ambiente dell'editoria d'élite. Ma il dover avere a che fare con alcune tipologie di clienti incontentabili o semplicemente perditempo era un indubbio svantaggio nonché una gran seccatura.
Fortunatamente la giornata lavorativa si era quasi conclusa e l'angelo non prevedeva l'arrivo di nuovi scocciatori almeno fino alla riapertura del mattino seguente.
Stava giusto pensando di versarsi un bicchiere di vino e accendere il grammofono per godere delle sinfonie di Bach, quando udì la porta della libreria aprirsi di nuovo.
Aziraphale emise un gemito frustrato e maledisse se stesso per essersi lasciato convincere dalla sua coscienza a non anticipare la chiusura del negozio. “Si tratta di aspettare ancora una mezz'ora” si era detto. “Non arriveranno altri clienti. Tanto vale chiudere all'orario indicato sul cartello... per una volta.” E invece...
L'angelo si alzò di malavoglia dalla poltrona e si preparò ad accogliere l'ignoto visitatore col solito sorriso gentile, del resto non poteva sapere se quel cliente si sarebbe rivelato l'ennesima rottura di scatole o qualcuno realmente interessato ai suoi libri.
Ma tutto il suo fastidio evaporò all'istante non appena posò gli occhi sul nuovo arrivato che si stava già incamminando verso il retro.
- Crowley! Che bello vederti. Che ci fai qui? -
Il demone alzò pigramente una mano in segno di saluto, ancheggiando verso di lui.
- Ciao, angelo. È tutto il giorno che passo di fronte alla libreria per proporti di bere un bicchiere insieme, ma ogni volta che sbirciavo dalle finestre ti trovavo sempre preso con qualche cliente. Giornata impegnativa? -
Aziraphale alzò gli occhi al cielo ed emise uno sbuffo esasperato. - Non me ne parlare, caro! - poi scostò la tenda che separava l'ambiente del negozio dal retrobottega in cui aveva ricavato la sua dimora, il suo rifugio. - Vieni, accomodati. Stavo giusto per versarmi da bere. -
Crowley avanzò verso il passaggio che Aziraphale stava tenendo aperto per lui e fu allora che l'angelo notò la borsa di plastica che pendeva dal suo braccio.
- Hai fatto spese? - domandò, incuriosito.
Il demone sedette al tavolo e posò la sporta. - Ho solo pensato di portarti uno spuntino. - rispose in tono casuale. - Conoscendo il tuo insaziabile appetito, ho immaginato che avresti potuto apprezzare qualcosa da sgranocchiare. -
Aziraphale lo raggiunse e prese posto sulla sedia di fronte, piacevolmente stupito da quell'attenzione da parte del demone. - Be', in effetti è tutto il giorno che non metto qualcosa di decente sotto i denti. Che cosa mi hai portato di buono? -
- Oh, un po' di tutto, in realtà. - disse Crowley, iniziando ad estrarre uno ad uno gli articoli contenuti nella borsa. - Ho preso del sushi, un po' di involtini primavera, dei macarons francesi, un paio di tranci di pizza gourmet... -
Aziraphale rise. - Hai svaligiato i ristoranti di mezza Londra, vedo. -
- Solo dei migliori. - precisò l'altro. - Conosco i tuoi gusti raffinati. -
- Grazie per la premura, caro, ma ora come farò a scegliere tra tutti questi manicaretti? -


Nonostante tutto, l'angelo non sembrò incontrare poi troppe difficoltà nel decidere da dove iniziare il suo sostanziosissimo spuntino e, circa un'ora più tardi, solo la scatola di macarons era rimasta intatta, insieme a un piattino di frutta dai colori brillanti e dal profumo intenso.
Crowley si era tolto gli occhiali e aveva osservato l'amico ripagare egregiamente i suoi sforzi di accontentare il suo esigente palato. Aveva assistito con un certo compiacimento allo sfilare dei piatti davanti all'angelo che, poco a poco, si svuotavano e scomparivano miracolosamente. Dal canto suo, si era concesso soltanto qualche assaggio e solo nel momento in cui era stato Aziraphale ad offrirglielo.
A un tratto, la sua attenzione venne calamitata verso il piatto di frutta e il demone allungò una mano per afferrare una mela dalla buccia rossa e lucente come un rubino. La porse all'angelo con un sorrisetto. - Perché non provi questa? Scommetto che è deliziosa. -
A quel punto, Aziraphale, intento a masticare un macaron alla fragola, sembrò congelarsi sul posto e prese a fissare il frutto che Crowley gli offriva con sguardo diffidente.
- Che c'è? - fece il demone, sinceramente sorpreso da quella reazione. - Non ti piacciono le mele? -
L'angelo mandò giù il boccone e, prima di parlare, si tamponò le labbra con un tovagliolino di carta, dopodiché scosse la testa. - No, caro. Le mele mi piacciono molto... è solo che... -
- Solo che cosa, angelo? - insistette Crowley, inarcando un sopracciglio, in attesa.
Aziraphale esitò. - Ehm, hai presente la storia, no? La mela e tutto il resto... -
Il demone sogghignò. - Tu non sei Biancaneve e io non sono la Regina Cattiva. Non è avvelenata, te l'assicuro. -
Ma l'angelo parve ritrovarsi ancora più a disagio. - No, non intendevo quella storia. -
- E allora quale? -
Aziraphale fece guizzare la lingua sulle labbra e prese ad agitarsi sulla sedia, distogliendo lo sguardo e portando una mano al colletto per sistemarsi il papillon di tartan già perfettamente in ordine.
- Per l'amor di Qualcuno! - sbottò il demone con una marcata nota di esasperazione nella voce. - Vuoi dirmi che ti prende? -
L'angelo lanciò un altro sguardo combattuto alla mela che Crowley teneva ancora tra le dita. Era evidente che desiderasse prenderla, ma qualcosa lo tratteneva e gli impediva di accettare la sua offerta.
A un tratto, il demone capì. - Oh, mio... No, non ci posso credere! - esclamò, esterrefatto.
- Crowley, caro... - iniziò l'angelo in tono conciliante.
Ma il demone scoppiò in una risata amara - Tu non vuoi questa mela perché sono io a offrirtela, non è così? Oh, angelo! Sei incredibile, lo sai?! -
Aziraphale non poté impedirsi di arrossire. - Niente di personale, caro... è solo che... -
- Solo che, come esponente del Paradiso, non ti senti a tuo agio ad accettare il frutto del peccato originale dallo stesso diavolo tentatore che, in quel giardino, convinse Eva a coglierlo e ad assaggiarlo insieme ad Adamo, condannando così l'umanità a ciò che sappiamo, vero? È questa la storia a cui ti riferivi? La nostra storia? -
Aziraphale annuì piano, mordendosi il labbro. - Te l'ho detto, non c'entra con te. Ma non credo sia il caso, non so come spiegarlo: è qualcosa che mi pare profondamente... be', sbagliato. -
Crowley distese le labbra in un ghigno feroce. - Hai appena commesso un grosso errore, Aziraphale. -
L'amico lo guardò, incapace di dissimulare una certa preoccupazione. - Che vuoi dire? -
Un luccichio ferino balenò negli occhi del demone. - Mi hai lanciato una sfida... che ho tutte le intenzioni di vincere. -
- Una... una sfida? Ma di che stai parlando? - chiese Aziraphale, paventando la risposta.
- Sto parlando di tentare un angelo reticente ad assaggiare una gustosissima mela rossa. Dopotutto, la tentazione è il mio lavoro, no? - disse, ammiccando verso di lui con aria furba.
- Oh, caro, non essere sciocco. Tu non... -
Ma Crowley lo zittì posandogli l'indice sulle labbra. - Non un'altra parola, angelo. Ormai è deciso. Il dado è tratto. Il penny è stato lanciato, scegli l'espressione che preferisci. Il punto è che, presto o tardi, riuscirò a farti cedere alla tentazione. -


La mattina seguente, Aziraphale si arrampicò su una scaletta per spolverare i ripiani più alti delle sue massicce librerie di legno, quando la porta del negozio si aprì timidamente, rivelando... una bambina!
Era incredibilmente carina, con le trecce bionde, gli occhi verdi e qualche lentiggine a segnarle il viso che le conferiva un'aria adorabile. Era vestita poveramente e si guardava intorno un po' impacciata, esitando sulla soglia.
L'angelo scese dal treppiedi e le si avvicinò, piegandosi lievemente sulle ginocchia in modo da poterla guardare negli occhi.
- Ciao, piccola. Ti sei persa? Cerchi la tua mamma? -
La bimba fece cenno di no con la testa, dopodiché espose alla sua attenzione un cestino di vimini colmo di mele rosse, sfoderando un'espressione supplichevole alla Oliver Twist. - Signore, vorrebbe assaggiare una delle mie mele? Sono molto dolci e succose. -
Aziraphale sbatté le palpebre e rimase interdetto. - Cosa? -
La bambina prese uno dei frutti con una delle sue manine candide e gliela porse con un sorriso irresistibilmente tenero e innocente. - Solo un morso, per favoooore. -
Fu allora che l'angelo intuì il trucco e il bagliore dorato che scintillò nelle iridi di giada della bimba confermò i suoi sospetti.
- Falla finita con questa ridicola sceneggiata dickensiana, caro. Non ci casco. E poi non siamo più nell'Ottocento e nemmeno in un film di Frank Capra*. -
La piccola mise il broncio e gli lanciò un'occhiataccia tutt'altro che fanciullesca. - Non finisce qui, angelo. - dopodiché se ne andò, sconfitta.
Aziraphale ridacchiò e tornò ad occuparsi dei suoi libri, complimentandosi con se stesso per aver smascherato il demone. Era stato piuttosto facile, in realtà. Se anziché proporgli di assaggiare una mela, la bambina gli avesse chiesto di comprarla, probabilmente sarebbe caduto in pieno nella trappola, mosso a pietà. Ma Crowley aveva usato quella parola e, memore di ciò che gli aveva detto il giorno prima, Aziraphale aveva capito che dietro quella serafica bambina si celava in realtà il suo diabolico migliore amico.


Un paio di giorni più tardi, Aziraphale stava passeggiando per i viali di Regent's Park, di ritorno da un incontro d'affari con un altro libraio.
Camminava a passo rilassato fischiettando allegramente quando intercettò con lo sguardo un uomo in abiti colorati e sgargianti in piedi dietro una bancarella straripante di dolciumi dalla quale proveniva un profumino delizioso che gli fece venire l'acquolina in bocca.
Aziraphale si avvicinò al banco e notò la presenza di un cartello scritto a mano in un vistoso color vermiglio che recitava: “SOLO PER OGGI, MELE CARAMELLATE GRATIS!”
L'angelo non aveva neanche iniziato a studiare le caramelle esposte che l'uomo gli sventolò sotto il naso una grossa mela ricoperta di glassa e granella di nocciole infilzata su uno stecchino di legno.
- Prego, signore, assaggi! Queste sono le migliori mele caramellate che ci siano al mondo! E oggi non le costeranno neanche un penny! - annunciò il venditore, indicando solennemente l'avviso affisso alle sue spalle.
Aziraphale inspirò l'aroma caramelloso del frutto e prese lo stecchino, ringraziando e pregustando già il delizioso sapore di quella prelibatezza.
Ma, proprio mentre si portava la mela alle labbra, venne colto da un dubbio che lo fece esitare. - Un momento. -
Il suo sguardo circospetto si posò sull'uomo e stavolta indugiò più attentamente sul suo aspetto: era alto, allampanato e portava un paio di occhiali da sole con le lenti molto scure, nonostante quel giorno il cielo fosse coperto e minacciasse pioggia da un momento all'altro. Malgrado gli abiti alla Willy Wonka, la barba lunga e il cappello a cilindro, aveva qualcosa di decisamente famigliare.
L'angelo ebbe l'impressione che il venditore impallidisse sotto il suo sguardo sospettoso e severo.
- Crowley? Sei tu, non è vero? -
- Crowley? Mi scusi ma temo proprio che lei mi abbia confuso con qualcun altro. - tentò il venditore, imbastendo un accento improponibile che non ingannò Aziraphale neanche per mezzo secondo.
- Oh, smettila, caro. Lo so che sei tu. Non mi fai fesso. - fece una pausa per guardare con severità l'improbabile commerciante. - E devo proprio dirtelo: questa faccenda sta diventando assurda. -
Con malagrazia, il demone, ormai smascherato, si riprese lo stecco con la mela caramellata rimasta intonsa.
- Peggio per te, angelo. Non sai cosa ti perdi. - berciò. - E comunque non ho intenzione di arrendermi. -
Aziraphale sospirò. No, Crowley non si sarebbe arreso, lo sapeva fin troppo bene.


Una volta rientrato alla libreria, Aziraphale appese il cappotto e si abbandonò ad un profondo sospiro. Sapeva di doversi attendere altri agguati da parte di Crowley: conosceva troppo a fondo il demone per sperare che egli potesse darsi per vinto.
A mente fredda, l'angelo si rendeva conto di essere stato indelicato e di aver ferito i suoi sentimenti. Non c'era ragione valida che giustificasse la sua stupida titubanza di quella sera nell'accettare una mela dalla mano di Crowley, tanto più considerando che, da dopo il mancato avvento dell'Apocalisse, Aziraphale non poteva più neppure considerarsi un dipendente del Paradiso a pieno titolo. Se avesse potuto riavvolgere il tempo e tornare a quel preciso momento, avrebbe agito diversamente ed evitato di provocare un dolore immeritato a Crowley, seppure in maniera tutt'altro che volontaria.
Ma ora non si trattava più del frutto in sé, quanto piuttosto del fatto che l'angelo non fosse disposto a lasciarsi attirare in trappola. Non voleva concedere al suo migliore amico la soddisfazione di riuscire a raggirarlo e si ripromise perciò di stare in guardia.


Ma, sorprendentemente, passarono un paio di settimane senza che la faccenda delle mele tornasse a turbare il delicato equilibrio emotivo dell'angelo e, una domenica, quest'ultimo decise di approfittare di una rara giornata di sole autunnale per proporre a Crowley una colazione all'aperto a St. James's Park. L'amico accettò e i due stabilirono di incontrarsi direttamente al parco, al loro posto preferito: davanti al laghetto delle anatre.
Aziraphale aveva quasi raggiunto la sua destinazione quando si ritrovò a dover superare un piccolo mercato gremito per lo più di anziane signore che esaminavano la merce con occhio clinico ed esperto come chirurghi. Mentre si faceva largo tra i capannelli di avventori intenti a chiacchierare e contrattare con gli ambulanti, Aziraphale colse uno stralcio di conversazione tra due donne di mezz'età:
- Hai visto il nuovo banco della frutta? Quelle mele hanno un'aria squisita. -
- Sì, e che mi dici del fruttivendolo? Un bel tipo, vero? Con quei capelli rossi e gli occhiali da sole! Avessi qualche anno in meno, un pensierino ce lo farei. -
Aziraphale, messo in allarme da quelle parole, si guardò intorno e individuò immediatamente il camion della frutta. Quando l'uomo dietro il banco, vestito con una salopette lisa e un consunto cappello di paglia a ricalcare il più banale stereotipo del contadino, intercettò il suo sguardo, gli rivolse un sorriso smagliante e sollevò una mela dalla buccia lustra verso di lui.
- Venga qui! Provi a dare un morso a questa squisitezza e le assicuro che volerà dritto in Paradiso! Sentirà cantare gli angeli, garantito! -
- E va bene, adesso basta, Crowley! - sbottò l'angelo. - Sono stufo di questa storia. Piantala di seguirmi ovunque per rifilarmi una delle tue maledette mele. Ti ho detto che non cederò e mi dispiace per te, ma dovrai rassegnarti a questo fatto. Ora datti una sistemata, abbiamo appuntamento tra dieci minuti, ricordi? E se vedo un'altra mela giuro che darò di matto. -
Così dicendo, Aziraphale si allontanò, proseguendo a passo di carica verso St. James's Park, lasciando uno sbigottito fruttivendolo a bocca aperta a domandarsi per quale assurdo motivo quello sconosciuto gli avesse appena urlato contro in quel modo.
Quando l'angelo arrivò al laghetto delle anatre, rintracciò la figura snella di Crowley in piedi davanti al parapetto, immobile quasi fosse in contemplazione di qualcosa. Gli dava le spalle e quando Aziraphale gli si avvicinò per sfiorargli un braccio in modo da annunciare la propria presenza, il demone sobbalzò lievemente.
- Guada chi c'è! Il mio angelo preferito! -
- Il tuo angelo preferito? - gli fece eco l'altro con un sorriso divertito. - Dimmi, caro, quanti altri angeli conosci oltre a me? -
Crowley affondò le mani nelle tasche e scrollò le spalle. - Nessuno che mi piaccia quindi, in effetti, sei il mio preferito. - sorrise e si fece scivolare gli occhiali sul naso di un paio di centimetri per fargli l'occhiolino.
Aziraphale sollevò un sopracciglio in quella che, teoricamente, sarebbe dovuta essere un'espressione scettica ma che risultò più simile ad una risata trattenuta a stento.
- In ogni caso, spero davvero che tu abbia rinunciato a quella storia della mela. Non avrei voluto sbottare in quel modo, poco fa, mi dispiace, ma mi hai davvero portato al limite della sopportazione. -
Il volto di Crowley si trasfigurò in una maschera di sorpresa e confusione. - Aspetta, si può sapere di che stai parlando? -
Aziraphale sbuffò, spazientito. - Non far finta di non capire, caro. Eri lì al mercato che ti spacciavi per un venditore ambulante di frutta e mi hai offerto una mela. - mise su un atteggiamento teatrale, sgranò gli occhi e imitò i modi enfatici dell'ambulante. - Volerà dritto in Paradiso! Sentirà cantare gli angeli! Potevi almeno scegliere degli slogan più sottili, ti sei reso riconoscibilissimo. Onestamente, mi sarei aspettato qualcosa di più sofisticato da te. -
Ma lo stupore non accennava a scemare dal viso del demone, piuttosto pareva aumentare. - Non ho idea di che cosa ti sia capitato lungo la strada, angelo, ma posso assicurarti di non essermi mai travestito da venditore ambulante di frutta. Il mio ultimo tentativo di rifilarti una mela risale a quel giorno del banco dei dolciumi a Regent's Park. -
Non c'era traccia di falsità nelle parole dell'amico e Aziraphale cominciò ad avvertire una vampa di calore e disagio incendiargli le guance.
- Oh... Oh, Santo Cielo! Vuoi dire che quell'uomo non eri tu? -
Crowley scosse la testa. - Te lo giuro sulle mie ali. -
Aziraphale venne colto da una lieve vertigine e da uno spiacevolissimo senso di vuoto allo stomaco. - Allora, questo vuol dire che... -
- Da quel che ho potuto capire, - intervenne il demone con un ghigno. - questo vuol dire che hai dato in escandescenze davanti a un poveraccio che stava solo cercando di fare il suo lavoro e che ti avrà certamente preso per uno psicopatico con la fobia e l'odio per le mele. -
L'espressione orripilata di Aziraphale contribuì a far scoppiare l'amico in una sonora risata che si arrestò soltanto quando Crowley si rese conto dell'eccezionale tonalità di bordeaux raggiunta dal viso dell'angelo e temette di vedere il suo migliore amico discorporarsi per combustione spontanea.
- Non prendertela, non è successo niente di grave. - provò a confortarlo, nonostante l'attacco di ridarella non si fosse ancora esaurito del tutto. - Probabilmente quel tipo si sarà già dimenticato dell'accaduto. Londra è piena di gente bizzarra, nessuno avrà fatto caso più di tanto alla tua scenata. Oh, Satana, quanto avrei voluto essere presente! - aggiunse, riattaccando a sghignazzare.
Aziraphale lo fulminò con lo sguardo. - Non c'è niente da ridere, Crowley. E poi è colpa tua se ogni volta che vedo una mela vengo colto dal sospetto che tu stia cercando di tentarmi per vincere la tua stupida sfida e appagare il tuo orgoglio. -
- D'accordo, forse sono stato un po' troppo agguerrito. - concesse.
- Sei stato snervante. - sentenziò Aziraphale, schietto e corrucciato.
- Sì, lo ammetto. Hai ragione. Mea culpa. - rispose il demone in tono contrito, battendosi una mano sul petto. - Ecco perché vorrei farmi perdonare. -
L'angelo lo fissò con stupore. - Farti perdonare? E come? -
Crowley sfoggiò il suo irresistibile sorriso obliquo. - Invitandoti a cena a casa mia. -
Aziraphale percepì una seconda ondata di calore, stavolta di origine molto diversa, salirgli alle gote. - Cosa? A casa tua? Tu... tu cucini? -
Il demone si schermì. - Be', non sarò Gordon Ramsay che, a proposito, sarà sicuramente dei nostri quando arriverà il suo momento, ma posso affermare di cavarmela piuttosto bene ai fornelli. -
L'angelo si riprese da quella proposta inaspettata e cercò di mettere insieme una replica adeguata. - Questo è molto gentile da parte tua, Crowley... Ehm, cioè, accetto volentieri. - si corresse, notando l'occhiata assassina dell'altro nell'udire la parola “gentile”. - Pensavi a una sera in particolare? -
- Che ne diresti di domani? - suggerì l'amico. - 19.30? -
- Certo, sì, perfetto. -


Alle 19.30 spaccate Aziraphale premette l'indice sul tasto del citofono del lussuoso complesso residenziale di Mayfair dove Crowley risiedeva stabilmente ormai da secoli.
Il cancello si aprì senza neanche bisogno che l'angelo annunciasse la sua presenza, d'altra parte, Crowley non doveva essere molto avvezzo a ricevere visite.
Aziraphale entrò nell'androne in marmo del palazzo e lasciò che il grande ascensore lo conducesse fino all'ultimo piano, dove la porta dell'attico del demone era già accostata per lui.
L'angelo si costrinse a prendere un profondo inspiro prima di varcare la soglia.
- Crowley? È permesso? -
La voce dell'amico si levò da una delle stanze. - Entra pure, angelo. Sono in cucina. -
Aziraphale seguì la scia non solo di quel suono ma anche di un inconfondibile profumo di ragù alla bolognese che gli richiamò l'acquolina in bocca e lo fece improvvisamente sentire molto più fiducioso rispetto alle doti culinarie che il demone aveva affermato di possedere.
L'angelo raggiunse la cucina super-attrezzata dell'appartamento e vi trovò Crowley intento a mescolare con cura in una pentola colma di sugo di carne. Indossava un grembiule nero con la scritta HELL'S KITCHEN in graffianti caratteri cremisi, le maniche della camicia arrotolate fin sopra i gomiti. Faceva un strano effetto vederlo in una veste così... domestica.
Quando Aziraphale entrò nella stanza, il demone gli rivolse uno dei suoi immancabili sorrisetti sardonici. - Puntuale come un orologio svizzero, eh? -
L'angelo scelse di ricorrere a un tono casuale. - Sai com'è, non sta bene che un invitato si presenti in ritardo. -
Crowley ridacchiò furbamente. - Già, sarebbe stato davvero maleducato da parte tua. E poi scommetto che avevi una voglia matta di scoprire se davvero mi sarei messo ai fornelli di persona, senza ricorrere a miracoli di sorta, ho ragione? -
- Touché. - fece Aziraphale con un sorrisino colpevole. - Comunque, ti ho portato un piccolo pensiero. Pare che tra gli umani sia buona creanza fare un dono al padrone di casa quando si viene invitati a cena. -
Arrossendo lievemente, l'angelo estrasse dal sacchetto che aveva con sé una piantina di orchidea dai fiori bianchi.
Crowley, che non si aspettava quel gesto, smise di mescolare il ragù e prese a fissare il regalo tra le mani di Aziraphale.
- Non ti piace? - domandò l'altro, costernato. - Oh, lo sapevo! Avrei dovuto comprare il bonsai. -
- Cosa? Oh, no! No, è... è molto bella. Davvero. Ehm... grazie. -
- Di nulla. - ribatté l'amico, stringendosi nelle spalle, non meno imbarazzato del demone. - Promettimi solo che sarai gentile con lei. Non voglio che mi odi per tutta la vita per averla messa tra le braccia di un tiranno. -
- Vedremo, in base a come si comporterà. - ghignò Crowley, ritrovando la sua solita vena ironica e rivolgendo un'occhiata feroce alla piantina, le cui foglie sembrarono impallidire leggermente.
- Ehm, caro? -
- Sì? -
- Sono io, o c'è qualcosa che brucia? -
- Oh, merda! - imprecò il demone, riprendendo a mescolare in tutta fretta il contenuto ribollente della pentola.
Aziraphale dovette reprimere una risatina, dopodiché domandò il permesso di sistemare la nuova arrivata insieme alle altre inquiline vegetali, nell'atrio dell'appartamento.
- Sì sì, vai pure. Almeno le verrà spiegato come funzionano le cose nel mio regno. -
L'angelo gli indirizzò un'occhiata di rimprovero e portò la piantina nell'ingresso, appoggiandola a terra accanto a uno splendido ficus.
- Sai, non è cattivo come vuole far credere. - bisbigliò, rivolto all'orchidea. - Sotto sotto, è davvero una brava persona. Non farti spaventare dai suoi modi dispotici. -
- Angelo! Qui è tutto pronto! Vieni o no? -
Aziraphale, richiamato all'ordine dalla voce impaziente del padrone di casa, indirizzò un ultimo sorriso rassicurante alla piantina, poi si alzò e si diresse verso la sala, dalla quale provenivano delle note di pianoforte e sassofono, elette a sottofondo musicale per quell'occasione.
Al centro della stanza era stato allestito un tavolo rotondo, apparecchiato con gusto e semplicità. I due piatti traboccavano di una generosa porzione fumante di spaghetti al ragù, quello dell'angelo, almeno. Crowley si era servito una quantità di pasta decisamente più contenuta.
Il demone si era tolto il grembiule da cucina e aveva indossato una giacca nera damascata che gli donava moltissimo. Attese che Aziraphale si sedette prima di prendere posto a sua volta.
- Be', dacci dentro, angelo. - disse, mentre l'altro dispiegava il tovagliolo sulle ginocchia.


Aziraphale non avrebbe mai immaginato di avere per migliore amico uno chef provetto.
Il primo piatto di pasta alla bolognese si rivelò delizioso, così come il secondo di pesce che seguì, accompagnato da un contorno di verdure gratinate al forno altrettanto sfizioso.
Tra una forchettata e un sorso di vino, il tutto condito da chiacchiere piacevoli e rilassate, la cena casalinga giunse all'atto finale: il dessert.
Crowley si alzò da tavola per portare via i piatti vuoti della seconda portata e tornò reggendo due piattini da dolce sui quali erano state sapientemente disposte due grandi fette di torta dall'aspetto oltremodo invitante, affiancate da una pallina di gelato alla vaniglia.
- Che meraviglia! - esclamò Aziraphale, ammirato. - Di che si tratta? -
Crowley gli rivolse un sorriso furbo mentre gli posava davanti uno dei due piatti. - Questa, angelo, è una ricetta speciale di mia invenzione, e un vero chef non rivela mai i suoi segreti. -
- Mi pare giusto. - rise l'amico, dopodiché inspirò l'aroma che si levava dalla sua porzione e afferrò coltello e forchetta, pronto a degustare l'ultimo capitolo di quel pasto squisito, pur nella sua semplicità.
Il primo boccone di torta gli regalò sensazioni favolose. Il gelato bilanciava il calore del dolce appena uscito dal forno, la consistenza era morbida e umida e Aziraphale riconobbe dei pezzi di frutta cotta tra gli ingredienti principali, spruzzati di cannella e forse altre spezie.
Furono sufficienti tre colpi di forchetta perché il piattino tornasse immacolato, fatta eccezione per qualche briciola. Aziraphale si tamponò le labbra con un lembo del tovagliolo.
- Mmm. Devo farti i miei complimenti, caro. Credo sia la torta più buona che abbia mai mangiato in seimila anni. -
Ma il volto di Crowley aveva assunto una bizzarra espressione, indecifrabile.
Aziraphale se ne accorse. - Che ti prende? Ho detto qualcosa di male? -
- Come ti senti, angelo? Tutto bene? - chiese il demone, scrutandolo intensamente.
- Cosa... ma sì, certo che sto bene, Crowley. Perché non dovrei? -
- Non senti nulla di insolito? - insistette l'altro. - Tipo un paio di corna spuntarti sulla testa o una strana voglia di provocare danni e seminare caos? Non ti senti un po'... corrotto nell'animo? -
Aziraphale era sempre più smarrito. - Ma che... Perché mai mi fai domande così assurde? Sicuro che invece non sia tu ad avere qualcosa che non va? -
Il rosso si coprì il volto con una mano e dapprima furono solo le sue spalle a scuotersi come se avesse le convulsioni, poi i singulti si estesero a tutto il suo corpo. L'impressione era che il demone fosse preda di un accesso di pianto disperato.
- Crowley? Crowley, ma che cos'hai?! Per l'amor di Qualcuno, stai male? -
L'angelo si protese in avanti sul tavolo e fece per porre una mano sulla spalla dell'amico, quando si accorse che il demone non stava affatto piangendo... rideva a crepapelle!
- Oh, angelo! È stato così facile! - latrò.
- Facile? Ma si può sapere di che cavolo stai... ? -
Ma le parole gli morirono sulle labbra e lo sguardo gli cadde sul piattino vuoto.
- Crowley? Cosa c'era in quella torta, esattamente? -
Il demone si sforzò di porre fine alla sua risata sguaiata e gli gettò uno sguardo malizioso. - Tu che dici, cervellone? -
Aziraphale non poteva crederci. - Tu... tu hai organizzato tutto questo solo per indurmi con l'inganno a mangiare una mela?! -
- Inganno? - ripeté Crowley, indignato. - Nessun inganno, angelo! Io ti ho offerto un'innocentissima torta di mele e tu hai scelto di mangiarla, in totale libertà. E non mi sembra che la cosa ti sia dispiaciuta così tanto. E poi, correggimi se sbaglio, ma mi pare che non si sia verificata alcuna conseguenza catastrofica. -
- Tu mi hai preso in giro! - esclamò Aziraphale. - Mi hai subdolamente manipolato! E io che credevo... credevo... Ah, lascia perdere! -
L'angelo si alzò di scatto da tavola e si diresse a grandi falcate verso l'atrio dell'appartamento. - Me ne vado a casa, Crowley. Spero che tu ti goda la vittoria della tua stupida sfida. Il tuo ego demoniaco sarà molto soddisfatto, mi auguro. -
Il demone si alzò a sua volta e lo raggiunse. - Angelo, aspetta! Dài, non fare così. Non ce n'è ragione! -
Aziraphale, che si stava già infilando il cappotto, si voltò per trovarsi faccia a faccia con l'amico e ne approfittò per indirizzargli l'occhiata più furibonda e sdegnata che gli riuscì.
- Non ce n'è ragione, dici? - sibilò. - Mi hai fatto credere di voler passare una bella serata insieme; mi hai attirato qui con la promessa di una cena, solo noi due, in un ambiente intimo e famigliare e poi scopro che il tuo intento non era altro che quello di riuscire a farmi mangiare una maledettissima mela! Miravi solo a questo, non ti importava niente di trascorrere del tempo con me! -
Crowley ricordava poche occasioni in cui avesse visto Aziraphale così adirato e sconvolto. Era solo uno scherzo, possibile che l'angelo non lo capisse?!
- Stai facendo una tragedia per niente, come al solito. - replicò, stizzito. - Certe volte sei così permaloso! -
Ci fu un attimo di silenzio teso in cui i due si guardarono storto come in una gara a chi avesse interrotto per primo quell'incendiario contatto visivo.
- Me ne vado. - ribadì infine Aziraphale piantandogli negli occhi, o meglio, nelle lenti, un ultimo sguardo incendiario. Ma, prima di voltarsi di nuovo per guadagnare la porta, si chinò e raccolse da terra la piccola orchidea. - E lei viene con me. - sentenziò, mettendosi il vaso sottobraccio con fare protettivo. - Per il suo bene. -
Aziraphale girò sui tacchi ma non arrivò mai alla porta dell'appartamento perché si sentì afferrare il polso da una stretta salda, urgente.
- Angelo, aspetta. Non andartene. Per favore. -
Stavolta, il tono di Crowley non tradiva la minima spavalderia o stizza. Al contrario, la sua sembrava più una richiesta accorata pronunciata in un mormorio dolce e sottile, come se la presenza dell'amico fosse, in quel momento, la cosa più importante del mondo. Una vera e propria preghiera.
Aziraphale rimase talmente sbalordito da quel repentino cambio di atteggiamento che non tentò neppure di divincolarsi dalla presa del demone, anzi si volse nuovamente verso di lui, in attesa e con il fiato sospeso.
- Mi dispiace, sono stato un idiota. - esalò Crowley. - Ma non ti ho invitato qui solo per quel motivo. - aggiunse. - L'ho fatto perché volevo davvero che cenassimo insieme da me. Credi che mi sarei messo a preparare tutte quelle pietanze se avessi mirato solo a farti mangiare una torta di mele? -
- Non l'avresti fatto? - chiese Aziraphale, la rabbia che ormai vacillava sotto il peso di altri sentimenti sconosciuti.
Crowley sorrise dolcemente. - Ma certo che no. Mi faceva piacere cucinare per te, angelo. -
Il demone infuse a quell'ultimo appellativo una tale tenerezza, un tale affetto, che ogni rimanente scia di astio svanì completamente dall'animo di Aziraphale.
- Sul serio? - L'angelo ci mise tutto il suo impegno affinché quella domanda potesse suonare almeno un po' minacciosa, con scarsi risultati che arrivarono più vicini a una nota di speranza.
L'altro annuì, risoluto. - Sul serio. -
Aziraphale emise un lungo espiro che parve esiliare dal suo corpo qualunque sentimento negativo avesse provato verso il demone fino a un secondo prima.
- D'accordo, allora credo di poterti perdonare. -
- No che non puoi. - obiettò Crowley con un sorrisetto dolceamaro. - Sono un demone, ricordi? Sono imperdonabile per definizione. -
Aziraphale sorrise e scosse la testa. - Non per me, caro. -


Il resto della serata trascorse piacevolmente e senza intoppi, anche grazie all'aiuto di qualche bottiglia di vino che contribuì a diluire le ultime tensioni lasciate dalla discussione.
Quando Aziraphale si accinse a tornare alla libreria, Crowley indicò la piccola orchidea, che l'angelo aveva ridepositato accanto al ficus dopo aver deciso di rimanere.
- Quindi ti fidi a lasciarla qui con me? -
L'amico gli sorrise mentre si sistemava il bavero del cappotto. - Confido che la tratterai bene. -
La smorfia agrodolce tornò a incupire il volto di Crowley. - Attento a dove riponi la tua fiducia, angelo. -
- Ho le mie buone ragioni per farlo. - replicò Aziraphale senza smettere di sorridere candidamente. - E, ad ogni modo, congratulazioni, caro. -
- Per cosa? -
L'angelo gli fece l'occhiolino. - Be', alla fine, sei riuscito a farmi mangiare la mela proibita. Sei proprio un bravo tentatore. -
Crowley sbuffò una risatina imbarazzata. - Sono stato un cretino. -
- Sì, anche quello. - soggiunse Aziraphale senza smettere di sorridere. - Buonanotte, caro. -
Quando la porta si fu richiusa alle spalle dell'angelo, Crowley si ritrovò di nuovo solo nel suo appartamento. L'orologio segnava quasi l'una di notte e il demone decise che una buona dormita non gli avrebbe fatto male dopo quella serata densa di emozioni.
Era felice di non aver lasciato andare via Aziraphale. Quando gli aveva afferrato la mano, aveva temuto che l'angelo reagisse in malo modo, magari arrivando addirittura a mollargli uno schiaffo, invece era rimasto ad ascoltare le sue scuse per poi perdonarlo con quel suo sorriso caldo e amorevole che avrebbe potuto sciogliere l'Antartide.
Prima di lasciare l'atrio per dirigersi in camera da letto, il demone abbassò gli occhi sulla piantina che l'amico gli aveva portato in dono. Le foglie ebbero un fremito: evidentemente le sue compagne di sventura l'avevano già informata su come si svolgeva la vita in quella casa.
Crowley stette per un po' a squadrarla intensamente, come se stesse riflettendo tra sé, infine s'inginocchiò, sollevò il vaso da terra e lo portò con sé in camera.
Appoggiò l'orchidea sul comodino accanto al letto e s'infilò il pigiama di raso nero.
Quando si coricò, lanciò un'occhiata d'ammonimento alla piantina. - Non ti ci abituare, carina. È solo per stanotte. -
Crowley spense la luce e chiuse gli occhi. Scivolò beatamente tra le braccia di Morfeo, accompagnato dall'immagine di Aziraphale che gli sorrideva affettuosamente e gli concedeva il suo perdono.

La piccola orchidea non venne mai spostata da quel comodino, né subì mai alcuna minaccia da parte del demone. E rimase fiorita... molto a lungo.





* Riferimento al film del 1961 Angeli con la pistola (Pocketful of Miracles), di Frank Capra, dove la protagonista, interpretata da Bette Davis, è una vecchia mendicante che vaga per New York con un cestino di mele rosse che cerca di vendere per racimolare qualche soldo.

  
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