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Autore: GladiaDelmarre    08/12/2019    12 recensioni
Una serie One Shots che parlano di missing moments.
Ognuna di queste associata ad uno dei cinque sensi: vista, gusto, olfatto, udito, tatto.
E forse, alla fine, esisterà anche un sesto senso, quello che serve a comprendere la vita e le sue ragioni.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Aziraphale/Azraphel, Crowley
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Sense of Life '
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Venezia, Marzo 1610.

(osserva)

 

Aziraphale era sinceramente deliziato della conoscenza di quell'uomo tanto brillante.

Galileo Galilei, col quale aveva iniziato una corrispondenza nei primi anni di quel nuovo interessante secolo, era un uomo con la barba lunga e gli occhi intelligenti, e una parlantina decisamente affascinante.

 

L'angelo si era recato a Venezia in occasione della pubblicazione del Sidereus Nuncius, il trattato astronomico del quale aveva parlato tanto per lettera con il Maestro Galilei. La Serenissima in quel periodo si stava ancora riavendo dalla perdita dell'Isola di Cipro e da una fase di declino della sua potenza militare.

L'ambiente culturale e scientifico al contrario era estremamente attivo e Aziraphale si era concesso volentieri quel viaggio, sebbene non avesse ricevuto alcun ordine da parte del Paradiso di recarsi in quella zona. Ottenere una delle copie di quel trattato era un motivo più che valido per farlo spostare dalla fredda Londra. Inoltre Venezia era un luogo affascinante, e Aziraphale non si stancava mai di perdersi nei vicoli e attraversare I ponticelli che passavano sui canali.

 

Fu assolutamente un caso che il demone Crowley si trovasse di passaggio a Venezia proprio in quel periodo. Era richiesta la sua presenza più avanti a Torino, perchè l'Inferno sembrava avesse qualcosa contro la Spagna, e lui doveva oliare i giusti ingranaggi perchè venisse firmato un trattato a sfavore di quel paese.

 

Era il tramonto e Crowley stava in piedi affacciato su di uno dei canali, quando vide una figura conosciuta, su di uno dei ponticelli più avanti. Era Aziraphale che, avendolo notato, stava agitando il braccio per farsi vedere.

Crowley aggrottò le sopracciglia: si incontravano più spesso di quanto avrebbe pensato potesse succedere, erano passati meno di 10 anni dall'ultima volta, se ben ricordava.

 

Aziraphale si affrettò verso di lui, salutandolo con un certo calore, mentre Crowley rimase sulle sue, compassato e contegnoso.

“Mio caro! E' piacevole incontrarti qui nella bella Venezia. Cosa ci fai qui? Immagino nulla di buono, come sempre”.

“Come sempre. Ma sono qui diciamo in vacanza. Presto dovrò spostarmi più a Nord, i miei doveri mi chiamano”.

“Doveri? Cosa stai tramando?”.

“Non sssono fatti tuoi, angelo. Limitati a pensare a questa mia visita di piacere”:

 

L'angelo sospirò. D'altronde ognuno aveva i suoi compiti, e l'Accordo che avevano era chiaro: non intralciarsi troppo a vicenda. Si strinse leggermente nelle spalle “Beh, già che siamo entrambi qui in vacanza, come dici tu, ti mostrerò qualcosa di speciale” gli disse, e lo prese sottobraccio, incamminandosi decisamente verso la dimora di Mastro Galilei. Crowley rimase esterrefatto dall'audacia di quell'angelo, ma si lasciò trascinare, senza sapere esattamente cosa pensare.

 

Ormai erano sul calar della sera, e le luci si affievolivano. Le poche torce ai lati dei palazzi si riflettevano tremolanti nei canali, e l'atmosfera era decisamente suggestiva. Entrambi si fermarono per un attimo a guardare il cielo stellato. L'aria era ancora fredda, pur essendo Marzo, e un bel vento di tramontana aveva spazzato tutte le nubi. Crowley rabbrividì.

“Una serata perfetta!” esclamò Aziraphale.

“Perfetta per cosa? Fa FREDDO ancora” lo rimbeccò il demone.

“Oh lo vedrai” gli rispose l'angelo, sorridendo appena.

 

Giunsero infine alla casa del Maestro, che li accolse con calore. Crowley non aveva mai sentito parlare di lui, ma Galileo non se la prese. Aspettarono piluccando del cibo e bevendo un po' di vino che la notte calasse e ricoprisse di un manto scuro tutta la città. Poi, il padrone di casa li precedette nel solaio: lì c'era il suo studio, pieno di carte, disegni di ellissi e formule matematiche ovunque.

Di fronte alla grande finestra, Crowley vide un grosso tubo, con quelli che identificò essere pezzi di vetro convessi alle due estremità. Lo guardò incuriosito, mentre Aziraphale sorrideva soddisfatto.

 

“Maestro, volete mostrare al mio amico l'uso del vostro telescopio?” disse infine l'angelo.

Galileo gli spiegò come fare. Crowley si assicurò che fosse abbastanza buio perchè i suoi occhi non venissero notati, poi si tolse gli occhiali scuri e appoggiò un occhio ad una delle due estremità del cannocchiale.

Di colpo, le stelle – le sue stelle – si fecero vicine. Si ritrasse un attimo, sorpreso, poi tornò a guardarle attraverso quelle lenti. Erano davvero più vicine. Luccicavano di più, gli sembrava, e la sua mente corse al passato, ai suoi ricordi di un tempo in cui ancora le sue ali non erano nere e i suoi occhi erano di un caldo color nocciola, invece che gialli e freddi come adesso.

 

Le guardò ancora e ancora, spostando il telescopio via via che passavano le ore.

Le cercava, conosceva le loro posizioni, sapeva tutti i loro nomi. Era come ritrovare vecchi amici, in qualche modo. Si fece l'alba quasi senza che se ne accorgessero. Galileo si era addormentato con la testa appoggiata sulla scrivania, e Aziraphale era rimasto silenzioso accanto a Crowley, preferendo guardare l'amico più che il cielo.

Quando finalmente l'ultima stella scomparve e il chiarore del mattino iniziò a illuminare la città ai loro piedi, Crowley si trovò ad asciugare una minuscola lacrima (dovuta al fatto che aveva sbattuto con l'occhio sulla lente, ovviamente), mentre l'angelo gli poggiava una mano sulla spalla ossuta.

 

“Grazie” gli disse soltanto.

E poi, se ne andò.

 

 

Londra, Maggio 1689.

 

Crowley quasi si precipitò all'appartamento di Aziraphale, entrando come suo solito senza annunciarsi e alzando il tono di voce oltre il dovuto.

“Angelo, andiamo. C'è una cosa che devi vedere!” - “Per l'amor del Cielo Crowley, quando la finirai di entrare in questo modo? Cosa c'è che non possa aspettare nemmeno il tempo di un the?” - “Dimenticati il the. O meglio se vuoi ricordatelo, perchè stiamo per andare in India e potrai prendere il tuo preziosissimo the direttamente dalle migliori piantagioni” - “Starai scherzando, in India? E perchè mai?” - “Sta zitto e seguimi”.

Schioccò le dita e Aziraphale, sospirando, fece lo stesso.

 

Pondicherry, India, Maggio 1689 (qualche istante dopo).

 

Aziraphale fu investito da un'ondata di aria calda e odori totalmente diversi da quelli di Londra, speziati, piccanti, mischiati a quelli del mare.

“Dove ci troviamo Crowley?” - “Siamo nel sud dell'India. Vieni” gli disse, precedendolo.

 

Aziraphale si guardava intorno. La notte indiana sembrava differente da quella nota della sua accogliente, ordinata Londra. Il buio era più buio, il cielo più vicino e incombente, e scarse luci di focolari punteggiavano quel minuscolo centro abitato mentre Crowley si affrettava verso l'unica abitazione costruita interamente in muratura. Tutte le altre sembravano poco più che baracche e casupole di legno e fango. Aziraphale avrebbe voluto imprecare, ma sapeva di non potere, perchè si stava insozzando i pantaloni IRRIMEDIABILMENTE con tutto quel lerciume per la strada: non c'era nemmeno un accenno di selciato, e tutto sembrava abbandonato e fangoso.

 

Quando finalmente arrivarono all'abitazione, questa sembrava vuota. Aziraphale guardò Crowley incuriosito e questo gli fece segno di rimanere in silenzio. Si insinuarono all'interno, dove tutto era buio, fino ad arrivare in un'ampia sala in cui l'angelo, accanto alla finestra, riconobbe un altro telescopio: forse un poco diverso da quello che aveva visto circa 80 anni prima, ma sicuramente non poteva sbagliarsi.

“Crowley, ragazzo mio, mi hai fatto arrivare fino in India per farmi vedere le stelle? Buon Cielo, le stelle sono anche in Inghilterra!” disse, bisbigliando. Crowley lo guardò con sufficienza “Non le stelle angelo, una stella”. Gliela indicò col dito, e Aziraphale si avvicinò con la testa al braccio del demone, per seguire meglio la traiettoria che gli indicava. Una stella giallastra, luminosa sì, ma non diversa da tante altre.

 

“Non capisco” disse.

“Quella angelo, è la costellazione del Centauro. E quella” disse cercando di indicare al meglio la stella in questione “è Alpha Centauri”. Aziraphale non rispose.

Crowley sbuffò “Vieni, guardala da qui”. Posizionò il telescopio trovando l'angolazione giusta, poi si spostò per fare spazio all'angelo.

“La vedi?”.

“E' una stella, la vedo” disse Aziraphale spazientito “Oh no, aspetta. Non è una stella. Sono due! Ma com'è possibile?”.

“Quello angelo è un sistema binario. Sono due stelle, solo che da qui, senza telescopio, ne vediamo una sola”.

“E'... incredibilmente affascinante mio caro ma... perchè volevi mostrarmela?”.

 

Crowley sbuffò ancora. Poi, con voce bassa, appena udibile, disse “Ruotano attorno l'una all'altra, senza sfiorarsi mai. Arrivano vicine, Alpha Centauri A e B, anche molto vicine, e poi si allontanano. Eppure restano lì, in quel pezzo di cielo. A girarsi intorno.”

 

Un barlume di comprensione attraversò Aziraphale, quando si rese conto che quella stella aveva le stesse iniziali dei loro nomi, Aziraphale e Crowley. Gli si gonfò il cuore per un attimo di una sensazione indefinibile. Calore, soprattutto, e altre cose che non si soffermò a indagare. Lo guardò, mentre Crowley continuava a guardare il cielo, senza voltarsi verso di lui.

 

“Vuoi raccontarmi ancora di questa stella?” gli chiese l'angelo, appoggiando di nuovo l'occhio al telescopio.

 

La notte si fece vecchia e spuntò una pallida alba, mentre il demone ancora gli stava parlando delle stelle.


   
 
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