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Autore: Enchalott    10/12/2019    5 recensioni
Questa storia è depositata presso lo Studio Legale che mi tutela. Non consento "libere ispirazioni" e citazioni senza il mio permesso. Buona lettura a chi si appassionerà! :)
"Percepì il Crescente tatuato intorno all'ombelico: la sua salvezza, la sua condanna, il suo destino. Adara sollevò lo sguardo sull'uomo che la affiancava, il suo nemico più implacabile e crudele. Anthos sorrise di rimando e con quell'atto feroce privò il cielo del suo colore".
Genere: Avventura, Introspettivo, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Ciao a tutti! ^^ Grazie a chi continua a seguirmi e, soprattutto a lasciarmi un suo pensiero, ci tengo sempre a sottolinearlo! :) Siamo in un capitolo di passaggio, che permetterà di addentrarci nel vero nucleo della storia. Spero di non risultare eccessivamente noiosa. Un bacio!

Legame spirituale
 
Eudiya si prese la testa fra le mani. La gravosità delle novità che aveva ricevuto pochi giorni prima aveva posto sulle sue pur robuste spalle un carico eccessivo, reso ancor più ponderoso dal fatto che non ci fosse nulla da fare per stravolgere la situazione. Non era più questione di vantaggio, ormai. Solo di sopravvivenza.
Quando Dionissa le aveva riportato, sconvolta, la notizia del matrimonio di Adara con il principe del Nord, non era più riuscita a mantenere la calma.
Sua figlia con quel demonio vomitato dal più atro degli inferni… non era altro che un inutile sacrificio umano in onore di un futuro incerto e crudele. Avrebbe dovuto capirlo sin dal principio: era stato Anthos a manovrare gli eventi, li aveva ingannati con il suo apparente disinteresse per la Profezia, con il suo silenzio, usando quel banale trucco per far sì che tutto si svolgesse secondo i suoi malvagi piani.
Lo dimostrava il fatto che era riuscito a contattare Dionissa con una facilità impressionante, a suo piacimento, al fine di deridere le loro convinzioni e il loro puerile tentativo di collaborazione a guardia dell’estinzione.
Per il principe, unire le forze significava soltanto avere Adara tra le unghie e piegarla ai propri voleri. Usarla come incubatrice per la sua lucida follia e il suo egoismo smisurato. Era stato lui, ne era certa, a interferire nel duello all’Anello di Fuoco. Ci pensava continuamente e non le sorgevano altre spiegazioni.
Che stupida era stata a credere che si fosse trattato di un intervento divino!
Fondere i Due Regni tramite un comune erede li avrebbe perduti tutti. O avrebbe avviato un universo nel quale Anthos avrebbe disintegrato la Profezia con i poteri di cui era dotato, diventandone il signore assoluto. Una prospettiva ben peggiore di quella della fine definitiva, cui Adara non si sarebbe potuta opporre, tenuta in scacco com’era dal ricatto perverso che lui aveva intessuto. E, qualora avesse tentato di contrapporsi, sarebbe stata domata e spezzata dalla magia del reggente.
Perché gli dei stavano permettendo tutto ciò? Perché nessuno di essi era ancora intervenuto a favore degli esseri umani?
La flemma e la ragionevolezza che avrebbe dovuto mantenere in qualità di regina erano andate in fumo a favore della collera e dell’apprensione angosciata di madre.
Il retaggio Thaisa era caldo. Ardeva. Così come aveva ricordato Anthos con spregio. Reclamava a gran voce l’azione diretta, la stasi non faceva per lei.
Persino Dionissa, che aveva ricevuto una flebile speranza dal contatto spirituale con una veggente di Jarlath, aveva perso l’imperturbabilità a fronte del dramma.
Non si era detta contraria quando Eudiya aveva convocato Kendeas e gli aveva ordinato di disporre l’esercito. Avrebbero marciato verso Iomhar. Sarebbe stata guerra. Armi contro stregoneria, disperazione contro insania, Sud contro Nord. Se l’apocalisse fosse giunta, avrebbe risparmiato oppure sterminato ambedue i contendenti nella stessa misura.
Ma poi era giunto lo strik.
Quello con il sigillo di suo marito. Quello che annunciava che Stelio era libero, ma che aveva assunto la determinazione di rimanere con gli Aethalas e con le altre tribù del deserto, per arginare il sanguinario dilagare degli Anskelisia.
Affidava a lei la difesa di Erinna, le domandava di schierare le armate a salvaguardia della capitale, di accogliere i cittadini elestoryani all’interno delle mura e di sbarrare le porte. Poiché era sicuro che gli Angeli del deserto avrebbero attaccato e non era certo di riuscire a fermarli per tempo. Varsya e Zheule l’avrebbero affiancato in una battaglia che stava già ribollendo nel cuore della loro terra.
Il male aveva sfiorato anche le sabbie lucenti di Elestorya e, forse, la tribù dei reietti non era altro che un’ulteriore complice del principe di Iomhar, per minarli dall’interno.
Se avesse esaudito Stelio, avrebbe abbandonato Adara. E viceversa. Sarebbe contato in ogni caso come un altro punto a favore del reggente del Medaglione.
Accarezzò il piumaggio dello strik, che attendeva pazientemente la sua risposta e terminò di compilare la missiva. Quella in cui informava il marito delle nozze infauste della loro figlia minore, del suo sacrificio coraggioso e strenuo, che concedeva loro del tempo inestimabile a discapito della propria persona.
Gli domandava consiglio. Cercava il suo appoggio. Come sempre.
“Vola, Vermelho…” mormorò, sigillando l’anello alla zampa del rapace “Non farti prendere, questo messaggio è fondamentale. È la nostra conservazione”.
Il messaggero restituì un grido acuto e spiegò le ali color ruggine, abbandonando la finestra della torre con un frullio di penne.
La donna lo seguì con lo sguardo, finché non si eclissò tra le nubi sfilacciate.
Avrebbe indossato il lutto d’ora in avanti: un segno bianco circolare sulla fronte. In omaggio agli sponsali infelici di Adara, in faccia all’arroganza di Anthos. Atto tanto inutile quanto distintivo.
Esattamente come aveva vestito il rosso scarlatto, ebbro di gioia, nel lontano giorno della propria unione con Stelio. Il ricordo la portò via dal contingente.
 
Il piazzale antistante al tempio di Erinna, in quell’occasione, era gremito di persone festanti, curiose di vedere la ragazza nomade che aveva stregato il cuore dell’affascinante reggente del Sud, che si sposava giovanissimo e perdutamente innamorato. Aveva sentito tutti gli sguardi conficcati su di lei.
Eudiya era giunta su un cocchio scoperto, ornato dei tre colori caldi di Elestorya, perché Zheule le aveva vietato di cavalcare. In parte per decoro, in parte perché temeva per il bambino che portava in grembo.
La folla si era divisa in due ali, frenando l’entusiasmo chiassoso, e l’aveva lasciata passare: era scesa, stretta al braccio del bailye, circondata da centinaia di sussurri ammirati e rivolti alla sua prorompente bellezza.
Sotto il velo carminio trasparente, fermato da una stringa d’organza ricamata con cristalli e monete, era arrossita come una bambina nel vedere Stelio che l’attendeva in cima alla gradinata che concludeva il lungo corridoio dell’edificio sacro.
Era vestito con gli abiti avorio da cerimonia e il Diadema splendeva sulla sua fronte, nella luce abbagliante che penetrava attraverso la teoria di vetrate affrontate. Solo i suoi occhi verdi riuscivano a brillare più delle tre Pietre sacre fuse nell’oro rosso.
Eudiya aveva percorso lo spazio che li separava con trepidazione, in un turbinio di veli scarlatti opportunamente drappeggiati, in modo che nessuno potesse notare il leggero rigonfiamento del suo ventre. Gli spacchi laterali dell’abito, tipico della sua tradizione, si erano aperti nel cammino, vorticando leggeri, lasciando intravedere i piedi scalzi, le caviglie ornate di bracciali e campanelli, le gambe nude e abbronzate.
Quando suo padre l’aveva lasciata sola al fondo della scalinata di pietra, come prevedeva il cerimoniale formale, aveva sentito il batticuore aumentare a dismisura.
Il suo futuro marito aveva preso la parola, non senza emozione: era risultata evidente a lei che lo conosceva intimamente, mentre ai più era apparso deciso e sicuro come al solito.
“Io, Stelio, principe di Elestorya, reggente del Diadema del Sud e sovrano delle sette tribù del deserto, scelgo voi, Eudiya, figlia di Zheule, bailye dei Thaisa, la gente dell’antico sangue. Accettate dunque di divenire mia sposa davanti al popolo del Regno, con l’onore e l’onere di essere regina?”.
Lei non aveva risposto. Quella formula fredda e ufficiale, nella quale lui le si era rivolto con il “voi”, come se non ci fosse tra di loro confidenza e già sperimentato affetto, l’aveva messa in difficoltà. Anche se sapeva perfettamente che Stelio era tenuto a pronunciarla e che lei avrebbe semplicemente dovuto rispondere “Con onore e onere accetto”, senza preoccuparsi delle mere parole solenni.
Si era sentita a disagio ed era rimasta in silenzio, pensando ai matrimoni semplici celebrati nel deserto. Ostinata, come solo lei sapeva essere.
Sull’assemblea era sceso il gelo insieme con lo scorrere dei secondi, che avevano continuato la corsa verso il minuto senza che la giovane replicasse.
“No” aveva ribattuto poi “Non desidero sposare la vostra maestà”.
I presenti avevano trattenuto il fiato, imbarazzati e sconvolti da una tale mancanza di rispetto, dal rifiuto inspiegabile di quella ragazzina sfrontata che pure, a detta di tutti, era veramente innamorata del re.
Eudiya era sicura che, in quel momento, suo padre fosse stato colto da un mancamento per lo shock e che sua madre si stesse affannando per evitare che Zheule sfoderasse il pugnale non appena si fosse ripreso.
Lo stesso Stelio era impallidito, esitando. Ma poi si era accorto del sorriso furbo che lei gli stava rivolgendo, seminascosto sotto il tulle impalpabile che le celava lievemente il volto, e aveva sospirato, rassegnato.
Aveva spinto indietro il lungo mantello ed era sceso velocemente per i gradini, andandole incontro, nello stupore generale.
La corte e i membri del Consiglio avevano iniziato a parlottare, scandalizzati e adirati, ma lui li aveva ignorati, così la futura regina aveva preso a sua volta a salire gli scalini e si erano trovati a metà strada.
“Insomma, Eudiya!” aveva esclamato lui, facendo in modo che la sua voce risuonasse per l’intera sala “Mi sposi o no?”.
“Sì” aveva subito risposto lei, altrettanto decisa “Ti sposo, Stelio. Per amore e basta”.
Le iridi verdi del reggente si erano accese di gioia e divertimento. Le aveva sollevato il velo, contravvenendo all’ordine del rituale, e l’aveva baciata davanti a tutti, stringendola tra le braccia con slancio.
“Ti amo anch’io” aveva poi aggiunto, ridendo “E adesso muoviamoci a diventare ufficialmente un solo cuore”.
Persino la sacerdotessa Kalah aveva sorriso indulgente davanti a quella passione che sfidava qualsiasi barriera, stendendo le braccia verso di loro, mentre gli astanti erano esplosi in un applauso commosso e partecipe.
 
La sua Adara, invece, aveva scelto in sorte un destino ben diverso. Avrebbe dato qualunque cosa per poterla confortare, abbracciare, liberare da Anthos.
Osservò dalla finestra Kendeas, efficiente e autorevole, che disponeva le sentinelle sulle mura policrome della capitale. La pace era un miraggio lontano.
“Mamma…”
Dionissa entrò nella stanza, seguita da Phylana. Entrambe avevano un’espressione inquieta, come se fosse accaduto dell’altro. La fanciulla del deserto si inchinò.
“Che cosa succede?” domandò la regina, ormai assuefatta ai continui annunci di sventura che giungevano a palazzo.
“La guarnigione di pattuglia a sud della città ha rinvenuto due cadaveri” disse la veggente con raccapriccio “Sono stati seppelliti qualche tempo fa nella sabbia, ma la tempesta dell’altro giorno li ha fatti fortuitamente riaffiorare. Da quanto è rimasto, i soldati hanno identificato su di essi vesti Aethalas. Phylana è quasi certa di conoscere la loro identità”.
“Cosa?” esclamò la donna “Un omicidio?”.
“Due, mia signora” affermò la giovane nomade “Non ho dubbi in proposito. Anche se è troppo presto per fare ipotesi, io ritengo che siano stati sopraffatti. Se, come penso, si tratta di Aelyos e Nadi significa che qualcuno molto astuto li ha presi alla sprovvista. Non è certo stato facile abbattere due uomini preparati come loro”.
“Sono quelli che tuo padre ha inviato per tenere d’occhio i miei figli, vero?”.
“Proprio loro, maestà. Evidentemente hanno assolto a dovere il loro compito di vigilanza e hanno notato qualcosa di compromettente”.
“Stai portando ancora accuse infamanti contro di noi, per caso?”.
“Non è così, mamma” interloquì Dionissa “Non lasciare che la tua ira falsi gli intenti di Phylana. Io penso che quei guerrieri abbiano colto dei particolari pregiudicanti sulla sparizione di Shion e che chi ne è responsabile li abbia fatti tacere per sempre”.
Eudiya ascoltò la supposizione, ricacciando indietro la collera. In effetti, poteva avere parecchio senso.
“Anche se mastro Omiron non si è ancora pronunciato, scommetto che sono stati uccisi con qualche arte magica” ragionò “Il che, sommato ad altri particolari, indica una direzione ben precisa, lontana dal palazzo reale di Erinna”.
“Il fatto che mio padre ci abbia suggerito di alzare le difese torna a proposito, allora. Anche se temo che l’esercito non sia in grado di lottare contro le ombre” sospirò Dionissa “Tutto punta a Nord. Devo mettermi in contatto con la ragazza di nome Màrsali a qualunque costo. Non c’è alternativa”.
“Lo penso anch’io” ammise Eudiya, pur preoccupata “Invece, Phylana, desidero che tu mi fornisca tutti i particolari sugli Anskelisia. Anche quelli più ordinari”.
“Con piacere” rispose la ragazza bruna, stringendo il manico del pugnale.
 
 
“Il vostro amico si sta riprendendo” disse la veggente di Odhran “Ha una tempra invidiabile. Presto sarà addirittura in grado di viaggiare”.
“Ti sono eterna debitrice, Màrsali” rispose la principessa, sollevata “Quello che ha fatto tuo marito per Aska Rei è impagabile. Mi vergogno per essermi lasciata ingannare dalle apparenze”.
“Non dite così, sono proprio quelle che lo mantengono al di là di ogni sospetto. Purtroppo, per non perdere la propria nomea, Haffgan è costretto a compiere delle scelte difficili. Non ne parla e io evito di domandargli qualsiasi cosa in proposito. Mi ripeto che siamo in guerra e che lui è un soldato…”.
“Un’immagine appropriata. Una battaglia contro il tempo e contro la follia, nella quale siamo costretti a intervenire in un modo che non avremmo mai immaginato. L’ho imparato a mie spese pochi giorni dopo aver lasciato Erinna”.
Màrsali terminò di spazzolare i lunghi capelli castani della principessa, provando per lei un’immensa tenerezza e pari ammirazione. A una settimana dalle nozze, con il male assoluto a incombere sulle vite dei suoi amici e di suo fratello, aveva tenuto testa a Anthos e non si era fatta spezzare. Non conosceva i dettagli, ma aveva avuto occasione di vederli interagire ed era rimasta senza parole. Non solo per la forma familiare con cui si rivolgevano l’uno all’altra, che non avrebbe mai ritenuto possibile da parte del reggente, ma anche perché lei non pareva serbargli rancore per la crudeltà dimostrata e lui, pur identico a se stesso, le attestava una sorta di rispetto.
“Mi dispiace immensamente per il principe Shion” mormorò “Si trova in un braccio delle prigioni cui accede solo il Primo Consigliere. Mio marito non può avvicinarsi”.
“Ma il mio sì. Sto cercando di persuaderlo a consentirmi almeno una visita”.
“Io temo ci sia ben di più dietro la presenza di vostro fratello a Jarlath. E credo che il principe non desideri intromissioni di sorta”.
Adara annuì, sconfortata, e si alzò. Il mantello chiaro le si adagiò sulla schiena, fornendole una sensazione di labile tepore. L’unico ambiente davvero confortevole della fortezza era la sala da bagno lì adiacente. Il pensiero dell’acqua trasparente le fece salire il calore alle guance.
 
Quella stessa mattina, Anthos si era sistemato nella parte meno profonda della grande vasca di pietra e si era lasciato scorrere addosso il getto bollente senza alcun pudore. Lei gli era rimasta a distanza, dandogli le spalle e fissando le ombre dei fiocchi di neve vorticare dietro la vetrata opaca. Il principe non aveva più nulla da immaginare di lei, ma trincerarsi dietro quell’atteggiamento scontroso era una sorta di difesa ancora non abbattuta.
“Vieni qui” le aveva però ordinato, seppur senza imperiosità nella voce.
“Sto bene dove sono” aveva nervosamente risposto lei.
“Ne sei convinta?” aveva sogghignato lui, imperturbabile.
Non aveva fatto in tempo a ribattere che un’onda di calore si era propagata per l’acqua in forma di circonferenze concentriche verdi e l’aveva raggiunta senza arrecarle alcun danno, ma rendendo la temperatura insopportabile.
Adara aveva avvertito l’immediata necessità di uscire, ma Anthos si era proprio accomodato davanti alla via di fuga e l’aveva squadrata senza parlare con estrema, arrogante calma.
Si era limitato tirare fuori dall’acqua il braccio sinistro e a porgerle la mano, al cui pollice era sfavillato l’anello nuziale. Non lo aveva mai visto senza, come se ci fosse stato un reale vincolo in quel loro matrimonio privo d’amore.
Quel semplice oggetto al suo dito l’aveva in qualche modo colpita, soprattutto perché aveva più volte pensato di lasciare il proprio in un baule e dimenticarlo, anche se poi non aveva realizzato l’intento per evitare di provocarlo inutilmente. Si era rassegnata, lasciandosi portare a lui vicina, fino a sfiorargli la spalla con la propria.
“Il Crescente” aveva mormorato Anthos all’improvviso “Percepisce le tue emozioni, anche quelle inconsce e le traduce nel suo linguaggio.”
“C-cosa?”.
“Una parte di te avverte la scintilla di ciò che ti circonda, addirittura le intenzioni benigne o malvage in fieri, e ti avvisa. Non so in che modo, ma ho inteso che non lo controlli e che, dunque, provi dolore e basta quando si attiva”.
Lei aveva fissato a bocca aperta il suo profilo maschile, sfiorato dai riflessi dell’acqua.
“Come fai a saperlo?”.
“Perché non sono uno qualunque… e la sua energia ha toccato anche me”.
“Ma… quando l’onda d’urto ti ha scaraventato a terra io ero rassegnata a…”.
Le iridi auree si erano rivolte a lei, profonde come laghi di montagna e infinitamente attraenti sul suo volto ambrato.
“Ah sì? Mi hai detto che tu non rinunci mai, se non erro. Evidentemente è vero, anche quando lo realizzi solo nel subconscio. Tuttavia, questo viene a stridere con ciò che desidero da te e che abbiamo pattuito”.
Adara si era ritratta, impressionata da un’analisi tanto intelligente e fredda.
“E’ un modo per dirmi che, la prossima volta che il tuo istinto lo pretenderà, ricorrerai a un incantesimo di costrizione o di annullamento della mia coscienza?”.
“Affatto. Non uso sortilegi. Dovrai imparare a guidare le tue emozioni”.
“Ma questo non è possibile! Neppure per la persona più razionale dell’universo!”.
Anthos aveva sorriso leggermente, ironico, davanti alla sua scomposta meraviglia. 
“In una certa misura lo è. Ti insegnerò, in modo che tu possa sfruttare il pieno potere di Leuhan… non solo per contenerlo quando io reclamerò ciò che mi appartiene”.
Leuhan… significa Crescente nel dialetto di Iomhar?”.
“Più o meno” aveva borbottato lui, come se gli fosse scappato qualcosa che non avrebbe dovuto rivelare.
“Non risposte e mezze verità, Anthos. Come vorrei che tu smettessi di farlo!”.
Lui era rimasto misterioso e beffardo a quell’osservazione.
“Hai detto che non ti servi di incantesimi” aveva rincarato lei, seccata “Ho capito che cosa intendi e avuto prova diretta che ciò che mi hai raccontato di te è vero. Non sfrutti la magia. Il tuo potere viene direttamente da te, ne sei tu stesso la fonte. Altrimenti, dovresti evocare i sortilegi esattamente come fa il tuo braccio destro! L’ho visto quando ha fatto sparire la freccia di Narsas. Era… diverso!”.
Qualcosa nell’espressione del giovane era mutata, ma non avrebbe saputo dire se si fosse trattato di sorpresa, di rabbia o di sollievo. Forse tutte e tre intrecciate.
“Se ne sei convinta…” aveva però affermato, sprezzante.
“Certamente! Non sono una qualunque” aveva rimandato lei, facendo eco alla sua precedente affermazione.
“Lo so” aveva riso il giovane, soddisfatto “So scegliere bene”.
Poi se l’era trascinata addosso, pelle contro pelle, con un gesto repentino e aveva appoggiato la fronte contro la sua, socchiudendo le palpebre.
“Ad ascoltare il mio istinto, la prossima volta è adesso” le aveva detto, prendendole il viso tra le mani.
L’aveva baciata, immerso nella trasparenza dell’acqua, che non celava nulla di lui.
Non era riuscito ad andare oltre la circostanza precedente. Il Crescente aveva fatto ribollire l’acqua, impregnandola della sua sfumatura rossa e si era mosso, esattamente come pochi giorni prima, minacciando di prevalere.
“Emozioni…” aveva sussurrato Anthos, fermandosi per tempo e sfiorandole le labbra con le proprie “Le sento tutte, come una corrente inarrestabile. Pericolosa…”.
 
“Non vorrete presentarvi così al reggente!” obiettò Màrsali, notando che la principessa si apprestava ad uscire in casacca pesante e pantaloni aderenti”.
“Oh, sì invece!” rispose lei “Non può stabilire anche come mi devo vestire!”.
La ragazza fece per contestare timidamente quella scelta che avrebbe potuto risultare inopportuna e sgradita, ma dovette aggrapparsi allo schienale della sedia.
La realtà si distorse, roteò, cambiò forma, sfociando nell’annuncio inaspettato e potente di una visione. Si afflosciò, permettendo alle immagini e alle parole di fluire in lei, non le respinse, ascoltò la voce angosciata e improrogabile che la chiamava attraverso il contatto immateriale.
Dionissa apparve lieve all’interno della contiguità spirituale, una figura evanescente e fragile, impegnata in uno sforzo oltre misura per mantenere l’adiacenza mentale, con gli occhi chiusi e le sopracciglia contratte.
Grazie al cielo mi avete udita, Màrsali…
“Principessa…”.
Ascoltatemi, vi prego, non so quanto riuscirò a controllare il mio Kalah
“Vostra sorella sta bene e anche vostro marito!”.
Rei! Aska Rei è vivo?!
La veggente di Odhran comprese dalla forte vibrazione emotiva del contatto che la sacerdotessa non era al corrente della sorte toccata al suo amato, giunto successivamente al suo incontro mentale con il reggente. Era imperativo informarla sulla situazione completa… e farlo in fretta.
“Sì, non angustiatevi. Faremo tutto ciò che possiamo per rimandarlo da voi sano e salvo. La regina Adara teme per lui, preferisce che il comandante torni a Erinna per proteggervi sul posto e che si mantenga lontano dai poteri letali del principe”.
Percepì il parziale sollievo dell’interlocutrice, che mormorò un sentito ringraziamento agli dei; dovette quasi arrecare violenza a se stessa per continuare a comunicare.
“Mia signora” proseguì, addolorata “Anche vostro fratello si trova a Jarlath…”.
Oh stelle… Shion! Lo abbiamo cercato ovunque disperatamente! Vi supplico, ditemi che non gli è stato arrecato alcun male…
L’esitazione nella replica di Màrsali saettò come un dardo al cuore di Dionissa e la crepa che produsse si riverberò nell’animo della veggente del Nord, ponendola davanti all’ingrato compito di completare l’esposizione dei fatti. Màrsali ignorò la propria prostrazione e cercò di rendersi il più delicata possibile, per non disintegrare interamente le trepidanti aspettative di quella fanciulla tanto gentile. Ma la sensibilità empatica della principessa aveva già provveduto a cancellare nel frattempo le speranze residue.
Non è stato rapito, vero? È venuto lì sua sponte…
Il sospiro angosciato, che aveva accompagnato la deduzione di Dionissa, chiarì alla veggente che tacere sarebbe stata una scelta poco accorta, ingiusta, offensiva e che la principessa era già certa di ricevere pessime nuove nel momento stesso in cui erano entrate in argomento.
“Sembra molto in confidenza con il Primo Consigliere del principe” mormorò amareggiata “Anche se questi lo tiene prigioniero nelle segrete”.
Povera Adara… quale dolore sarà ancora costretta a sopportare a causa dell’oscurità? Io vedo un abisso senza ponti, un confine slabbrato e teso sul vuoto nulla… Giaccio inerme, non posso abbandonare Erinna, ora meno che mai, e sacrifico la mia adorata sorella. Io desidero che Rei resti al suo fianco, non voglio che rimanga sola…
Màrsali ascoltò commossa i termini affettuosi usciti dalle labbra di Dionissa, che aveva messo al primo posto la salvaguardia della sorella minore.
“Lo vedo anch’io ed è il comune, infido nemico che ci tallona. Non temete, altezza. La nostra neo regina ha me e poi Anthos le ha permesso di avere accanto Narsas e Dare Yoon. Il suo spirito è forte quanto il vostro”.
L’animo dolente di Dionissa si riconfortò in un bagliore delicato. L’arciere Aethalas fratello di Phylana, il tredicesimo uomo, quello che nessun testo sacro menzionava e che era sopravvissuto al marchio. Sarebbe stato vicino a Adara come alleato.
Siamo ormai fuori dal sentiero sicuro della Profezia, mia cara Màrsali…
La veggente avrebbe voluto rispondere che ne era a conoscenza, che il sogno del suo reggente tuttavia era peggiore della calamità prevista dai rotoli antichi, ma la costrizione feroce la bloccò, puntuale e implacabile.
“Principessa…” proseguì ansimando “C’è una cosa che dovete assolutamente sapere… lo schermo al vostro dono, quello che vi impedisce la visione mistica… l’ordine è venuto da Anthos, ma è stato Shion a provocarlo. Lui è…”.
C-come…?
“Mi dispiace sinceramente. Detesto essere latrice di questa notizia, causa di sofferenza supplementare per voi. Ma è la verità, non posso privarvene…”.
I singhiozzi sommessi di Dionissa attraversarono lo spazio irreale in cui le due donne si stavano confrontando per il futuro del creato, che entrambe desideravano preservare ad ogni costo. Un dispiacere intollerabile, peggiore del pensiero della fine.
Capisco… ora i provvisori dubbi sono sfumati nel modo più tragico ed evidente, quello che noi ci siamo rifiutati di vedere. Grazie per avermi prestato i vostri occhi, Màrsali, ora vi imploro di offrirmi anche la vostra voce. Informate Adara che nostro padre sta dando la caccia agli Anskelisia, che minacciano in forze mai riscontrate il Regno e che il sospetto si abbatte ancora una volta sul Nord. Ditele di stare in guardia contro il buio. Rassicuratela, perché noi siamo al sicuro, anche se rassegnati a essere privi dell’aiuto fondamentale di Anthos… A considerarlo ormai un nemico.
“Lo farò, non dubitatene. Lo riferirò anche a vostro marito. Vostra sorella non si è arresa, la disumanità del principe non la spaventa. Abbiate fede”.
Vi sono vicina…
La contiguità eterea si estinse all’improvviso, contemporaneamente all’ultima scintilla di vigore di Dionissa. La tenebra calò all’improvviso e Màrsali tornò immediatamente alla realtà, riscuotendosi.  
Non provava stanchezza. Ogni volta che usava la chiaroveggenza, diveniva più forte nel dono e più sicura di sé. Aprì gli occhi nella penombra di Leu-Mòr.
“Oh stelle, Màrsali! Grazie agli dei! Per un attimo ho pensato che…”
Adara la fissava con preoccupazione, sorreggendole la testa tra le braccia per allontanare almeno quella dal gelido pavimento su cui era distesa, ma anche con l’aria di chi è preda di un atroce dilemma.
“Scusatemi, non volevo spaventarvi… io temo di essere un po’ stanca e…”.
“Non si è trattato di un mancamento, bensì di una visione. Identica a quelle di mia sorella, ne ho riconosciuto i sintomi. Tu sei ancora in pieno possesso delle tue facoltà, anche se l’hai negato, non è così?”.
La fanciulla si sentì morire di vergogna per aver mentito. L’emozione la sovrastò e le scese lungo le guance in lacrime amare.
“M-mi dispiace, io non intendevo manifestarvi tale, oltraggiosa sfiducia…”.
“Lo so. Temi che Anthos lo venga a sapere, vero? Per lui sarebbe la prova, giusta o sbagliata, che Haffgan non ti ha stuprata. Lo stai proteggendo”.
Lei annuì, asciugandosi il viso e arrossendo pesantemente.
“Il tuo segreto è al sicuro con me” sorrise Adara, stringendole calorosamente la mano “Lasciamo pure che un uomo arrogante come il reggente continui a credere che una violenza fisica sia sufficiente a privare una donna del suo dono”.
“Mio marito non mi ha toccata” confidò Màrsali, impacciata “Se pure l’avesse fatto, la visione mistica sarebbe comunque rimasta”.
“Ci avrei scommesso” sentenziò la principessa, pensando all’amore tra Dionissa e Aska Rei “Il tuo carceriere è davvero un uomo retto. Ne sono felice”.
La veggente abbassò lo sguardo, turbata, pensando che, invece, il principe non aveva certo risparmiato la sua sposa. Aveva visto il sangue sulle lenzuola il mattino dopo le nozze e non aveva potuto fare a meno di rabbrividire.
“Ho un messaggio importante” annunciò, cambiando argomento con urgenza improrogabile “Da parte di vostra sorella”.
   
 
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