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Autore: ___Page    15/12/2019    3 recensioni
"Fosse stato per lui, avrebbe pulito tutto, smontato l’albero e archiviato la questione addobbi per il resto della propria esistenza.
Fosse stato per lui.
Ma non era per lui. Era per lei.
Era tutto per lei."
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*Questa fanfiction partecipa alla Xmas Countdown Challenge 2019 organizzata dal forum FairyPiece – Fanfiction & Images*
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Genere: Comico, Fluff, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Koala, Nuovo personaggio, Pirati Heart, Sabo, Trafalgar Law
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Giorno: 15 dicembre
Tema: Imprevisti
PromptA e B litigano, ma ad avere la peggio è l'albero di Natale. Come reagirà C?



 
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Era al 14 di via Flevance ed era una casa senza grandi pretese.
C’era abbastanza spazio per due persone e un cane e in realtà ci sarebbero state comodamente anche tre persone e un cane o quattro persone e un cane. Ma ci vivevano due persone e un cane e ci stavano bene.
Era accogliente, calda, disordinata solo in ben precisi angoli adibiti apposta per concedere ospitalità all’entropia e, benché chi ne conosceva solo superficialmente il proprietario non lo avrebbe mai detto e avrebbe anche avuto ragione, dal 25 novembre circa, addobbata per Natale.
D’altra parte al dottor Trafalgar D. Water Lawrence, chirurgo pediatrico al Kyros Memorial Hospital di Raftel, non sarebbe importato poi molto, di norma, delle decorazioni di Natale e anzi si guardava bene dal metterne di esterne perché no, non era proprio il tipo da ostentare e ne andava anche abbastanza della propria credibilità, per quanto dell’opinione altrui gli importasse meno che delle decorazioni di Natale.
Ma era importante che il Natale si sentisse entrando in casa, era importante che fosse calda e accogliente, per due, tre, quattro persone che fossero più un cane, almeno quanto era importante che per le feste ci fosse sempre un pacchetto di caramelle latte e menta piperita.
Non era importante per Law ma Law gli dava importanza e per questo lo stato entropico in cui versava in quel momento, e non in uno degli angoli adibiti a quello scopo, era ben più che un semplice imprevisto per lui.
Era un fottuto casino.
Perché per quanto ci fosse comodamente spazio per quattro persone più un cane, era evidente che la casa al 14 di Flevance Street non fosse assolutamente omologata per ospitare quella ginormica rottura di palle che rispondeva al nome di Eustass Kidd.
Ogni volta che andava lì succedeva qualcosa. E quella volta era successo un fottuto casino. Che poi non era sembrata una brutta idea, organizzarsi per far fare gli addobbi insieme ai bambini ma forse, dopotutto, non ci si stava così comodi al 14 di Flevance Street se il quarto era Eustass-ya.
Law non avrebbe nemmeno saputo risalire a com’era successo.
Come avevano iniziato a discutere, com’era degenerata, come Kidd fosse riuscito a provocarlo abbastanza da fargli venire voglia di scagliargli contro qualcosa, con la flemma e la compostezza che sempre lo contraddistinguevano, a meno che non ci fosse di mezzo suo cugino Rufy e la sua banda di amici da internare, una piaga per cui Law si era rassegnato non esserci cura. Fatto sta che per quanto pacato e composto, gli aveva tirato contro qualcosa, la prima cosa che gli era capitata sotto mano, che tutt’ora non aveva identificato e che non aveva avuto tempo di identificare neanche prima.
Prima, quando Kidd aveva schivato.
Prima, quando l’oggetto decisamente più pesante del previsto aveva colpito l’albero. Prima quando l’albero aveva pencolato, perso l’equilibrio e, sbeffeggiando il disperato tentativo dei due di frenare la sua caduta, era rovinato a terra e su di loro, con tutto il carico di decorazioni fragili e non.
Ora, mentre Law cercava di calcolare rapidamente la portata del danno, ancora lungo disteso in mezzo ai resti del misfatto esattamente come Kidd, che se c’era un davvero un dio da qualche parte come minimo sarebbe dovuto restare schiacciato dal finto abete, si chiese perché mai gli fosse venuta l’idea di invitare Kidd e David e, più in generale, di decorare casa.
Era sembrata una buona idea.
Era evidente che non lo era stata.
Che poi di per sé non sarebbe stato neppure così irreparabile. Fosse stato per lui, avrebbe pulito tutto, smontato l’albero e archiviato la questione addobbi per il resto della propria esistenza.
Fosse stato per lui.
Ma non era per lui.
«A-ehm»
L’aria sembrò pizzicare come la menta piperita sulla lingua quando quel singolo raschioso suono raggiunse le sue orecchie. Imitato alla perfezione, faceva lo stesso effetto che aveva sugli altri quando era lui a produrlo e gli sembrava una gran bastardata essere vittima dei suoi stessi vizi. O forse non erano tanto i suoi vizi quanto la creatura di quattro anni che li scrutava con profondo rimprovero dalla porta del salotto.
Law sapeva di essere in torto pieno. E sapeva anche di essere nella merda.
E si sarebbe rifiutato di farsi ridurre così da una bambina, se suddetta bambina non avesse avuto i suoi stessi identici occhi grigi e, in quel momento, la sua stessa identica espressione giudicante di quando disapprovava qualcosa o qualcuno.
Perché fosse stato per lui, non ci sarebbe stato nessun albero colpito e crollato per sbaglio nel loro salotto. Ma non era per lui.
Era per lei.
Era tutto per lei, le decorazioni di Natale, il pomeriggio con David, Bepo che lo fissava lingua a penzoloni e coda oscillante, chiaramente ignaro della tragedia che si stava consumando ai danni suoi e di Eustass-ya.
«E ora?» domandò la pulce, con lo stesso accondiscendente tono che usava lui quando qualcuno commetteva un errore.
«È stato un incidente» spiegò rimettendosi in ginocchio in mezzo alle palline distrutte, l’espressione immutata e il tono calmo.
«Gli incidenti non capitano se si sta attenti»
Incurante della morte e del pericolo, Kidd non provò neppure a trattenere un ghigno. «Cazzo Trafalgar, l’hai proprio traviata»
«E adesso che si fa?» domandò David, gli occhi blu spalancati sotto il ciuffo scarlatto.
«Andiamo a comprare delle nuove palline» rispose decisa la pulce e i due adulti sbiancarono.
Sapevano che non potevano scamparla. Sapevano anche che andare a comprare degli addobbi con due impiastri di quattro e cinque anni era una vera catastrofe. E peggio di tutto, sapevano che era tutta colpa loro.
«Vado a mettermi le scarpe» annunciò Laine, parlando più che altro a Bepo e David.
E pur in quella poco auspicabile situazione, Law si concesse per un brevissimo attimo il pensiero che non era stato poi così una pessima idea invitarli, quando David scosse il capo e con aria saputa mormorò rivolto a Eustass-ya: «Non posso perderti di vista un secondo, papà»
 
  
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