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Autore: ___Page    16/12/2019    3 recensioni
"Fosse stato per lui, avrebbe pulito tutto, smontato l’albero e archiviato la questione addobbi per il resto della propria esistenza.
Fosse stato per lui.
Ma non era per lui. Era per lei.
Era tutto per lei."
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*Questa fanfiction partecipa alla Xmas Countdown Challenge 2019 organizzata dal forum FairyPiece – Fanfiction & Images*
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Genere: Comico, Fluff, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Koala, Nuovo personaggio, Pirati Heart, Sabo, Trafalgar Law
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Giorno: 16 dicembre
Tema: Addobbi
Prompt
Comprare assieme le decorazioni natalizie
Note: Un grazie a Zomi per i nomi dei figli di Kidd.


 

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Era al 27 di via Zunisha ed era una minchioteca.
Law non l’avrebbe definita niente di meno, uno di quei posti dove si entra per comprare le batterie AAA a pochi spicci e finisce che serve metà negozio anche se non serve, perché costa tutto poco, e a furia di comprare roba che costa poco ci si lascia lo stipendio di un mese.
Law odiava quel genere di posti, non tanto per la furba idea di marketing che ci stava dietro ma per quanto la gente si facesse abbindolare. La stupidità lo urtava terribilmente e per questo era un arcano mistero cosa ci facesse in giro con quei due, più il suo pseudo-nipote, più sua figlia, più il suo cane.
Chi lo avesse conosciuto poco avrebbe potuto pensare che l’atmosfera natalizia, gli addobbi e le canzoni morbide come una coperta di pile a dicembre inoltrato lo addolcissero. Chi lo avesse pensato lo conosceva appunto poco. Ma finché Laine sgambettava sulle sue spalle, felice e natalizia, a Law andava bene così.
O meglio, sarebbe andata bene se fossero stati lui, sua figlia, il suo cane e anche il suo pseudo-nipote. Era tollerabile persino Eustass-ya, che alla fine l’albero aveva contribuito a distruggerlo, anche se Law non era, di norma, per il mal comune mezzo gaudio. Ma erano stati colpiti da una grandissima sfiga e poiché Law non era per il mal comune mezzo gaudio, appunto, il fatto di non essere solo nella sfiga non alleviava la pena.
E dire che, insomma, per una volta era stato anche dalla parte di Eustass-ya. Non avrebbe reagito diversamente, nella decisione presa ovviamente, non certo nella reazione in sé – lui mica era così violento e, soprattutto, prolisso – quando nel chiamare Sanji per chiedergli se poteva tenergli Harley più del previsto non aveva ricevuto risposta, né una chiamata di ritorno.
Ci sarebbe voluto andare anche lui, a controllare di persona le condizioni della propria figlia, tutt’al più che casa Vinsmoke/Sharpshooter era di strada. E come lo aveva ripagato l’universo per quel raro slancio di empatia?   
Con Rufy.
«…’na fionda gigante!»
«Woooh! Davvero?!»
«Usopp può inventare qualsiasi cosa!»
Rufy che era a casa di Sanji per proporre una non meglio identificata attività a Usopp, che però non c’era, e allora si era trattenuto nella speranza di strappare qualcosa da mangiare e a far divertire Harley con delle smorfie che prevedevano tutte, dalla prima all’ultima, almeno un dito infilato nella narice, quando non erano più dita e, purtroppo, sempre una singola narice. E là ancora sarebbe stato, a mettere a repentaglio la sanità mentale di un innocente e di Harley, se solo David, o meglio il suo ADHD, non si fosse fatto sfuggire dov'erano diretti.
Law avrebbe potuto dirgli di no. Law avrebbe dovuto dirgli di no quando Rufy si era illuminato d’immenso all’idea di poterli accompagnare in quel regno delle meraviglie per un bambino troppo cresciuto come lui.
Ma Law non aveva detto di no, a onor del vero non aveva detto nemmeno di sì. Law aveva solo detto che in macchina con lui non c’era posto e a quanto pareva Kidd era stato troppo impegnato a levarselo dalla faccia prima di soffocare per negargli un passaggio e quindi Rufy era lì con loro, a fare comunella con David e forse, nel giro di mezz’ora, a distruggere il negozio.
«Benvenuti al Mokomo Dukedom, non dimenticate il volantino e che la gioia del Natale sia con voi» li accolse una voce monotona, seguita dal trillo di un sonaglino.   
Law si bloccò e sollevò lentamente il sopracciglio, scambiando poi un’occhiata con Kidd, mentre Laine portava entrambe le manine alla bocca, ridacchiando divertita. 
«Non troppo entusiasmo, mi raccomando» incrociò le braccia al petto Kidd, facendo sollevare la testa ornata da un discutibile cappellino da elfo al commesso posizionato accanto alla porta.
«Ehi, ragazzi! Law! Ciao!»
«Shachi, che stai facendo? Dov’è Baby?» domandò Law, mentre Laine si sporgeva fin quasi a cadere per salutare Shachi teso a farsi dare ben volentieri un bacio.
«Ha la febbre a quaranta ma voleva venire lo stesso al lavoro. Ho dovuto prometterle che l’avrei sostituita all’accoglienza. Sai che non resisto quando una donna mi fa gli occhi a calamita» aggiunse di fronte allo svettante sopracciglio dell’amico, prima di tornare a dedicarsi al frutto dei suoi lombi. «Vero, bambolina?» le fece l’occhiolino.  
«Che cazzo vai a casa di un’appestata con la febbre a quaranta?»
«Mica sono andato da lei. Se una donna ti fa gli occhi a calamita lo capisci anche al telefono» si indignò quasi Shachi, anche perché per lui era una cosa abbastanza ovvia. «Allora, posso aiutarvi? Se un cliente ha bisogno posso staccarmi da questo sonaglino»
«Il cappello invece te lo hanno incollato in testa?» sghignazzò Kidd ma non è che il suo divertimento fosse destinato a lunga vita.
«Zio Kidd e papà hanno distrutto l’albero» sospirò Laine, appoggiandosi sulla testa del padre con il gomito e schiacciando la guancia contro al pugnetto in una posa annoiata. «Ora dobbiamo ricomparire le decorazioni» si accigliò un momento, turbata. «Ricomp… Ricrom…»
«Ricomprare?» suggerì Law.
«Sì, quello!» scivolò un po’ di lato per scoccargli un bacio sullo zigomo. «Grazie DOC!»
«Che fine ha fatto David?»
«È fuggito insieme al tuo cervello»
«Trafalgar, sono serio»
«Dove vuoi che sia andato? Siamo in un negozio di cianfrusaglie e Bepo è praticamente un cane baby-sitter. Non ti agitare che ti esplode la giugulare. Comunque, Shachi, dove sono le palline per gli alb…» fece per domandare Law, se non che Shachi aveva l’aria di non ascoltare affatto. Anzi, a dirla tutta aveva l’aria di uno a cui avessero appena comunicato di essere seduto su una bomba prossima all’esplosione. «Shachi?»
«Penso che Kidd abbia ragione, riguardo l’essere seri, Law» ribatté l’amico, allungando il collo oltre gli scaffali. «Oltre a David non vedo più neanche Rufy»
Law si concesse un momento per ringraziare, non era chiaro chi né cosa, di essere così bravo a dissimulare, perché la voglia di prendere e andarsene senza decorazioni e senza nemmeno Bepo, per un attimo lo travolse. A parte che il samoiedo sarebbe stato benissimo lì con Shachi, così come lo sarebbe stato con Pen, a loro avrebbe affidato qualsiasi cosa a occhi chiusi, a parte Laine. Ma no, non importava se era Natale e aveva distrutto l’albero tanto caro a sua figlia, non ce la poteva fare a tollerare un’altra idiozia di Rufy, non poteva e sapeva, con precisione matematica, che avrebbe combinato qualche danno, il contrario era semplicemente impossibile.
«Okay Shachi, allora noi cerchiamo da soli le decorazioni così tu e Eustass-ya potete andare a scovare Dav…»
«Non penso proprio» lo interruppe il commesso e Law si sbilanciò per un momento in avanti, l’occhio vitreo, destabilizzato dall’improvvisa assenza di peso sulle spalle, quando Shahci gli tolse sua figlia dalle mani senza nemmeno chiedere.
E la piccola traditrice si lasciava anche prendere senza protestare.
«Io e Laine andiamo a prendere le decorazioni, tanto le scegli tu, no bambolina? E voi due andate a controllare che fine hanno fatto quei due cataclismi ambulanti, possibilmente prima che distruggano il negozio»
«Mi stai dando un ordine?» domandò atono Law, fissando non molto amichevolmente l’amico e riuscendo al contempo, con una raffinata tecnica, a non perdere di vista Laine, le mani che prudevano per riprendersela.
«Papà, zio Shachi ha ragione. Tanto le scelgo io»
Law spostò gli occhi sulla piccola traditrice, che si meritava sempre più il titolo, conscio di non poter cedere. Non poteva dargliela vinta, non perché in fin dei conti l’obiezione di Shachi non fosse giusta ma perché ne andava della propria sanità mentale.
«Fidati di me»
Ma la sanità mentale era da tempo un ricordo, da quando aveva incrociato quegli occhi, grigi come i suoi ma più grandi e più caldi e più convincenti di qualsiasi ottima argomentazione, di cui lui sarebbe stato ancora campione indiscusso se solo non fosse diventato padre.
«Ti farebbe cantare l’inno nazionale saltellando su una gamba sola, cazzo!» lo apostrofò Kidd, mentre marciavano lungo una corsia, in direzione opposta a Shachi e Laine.
«E quindi? Non sei più contento che non devi occuparti da solo di Rufy? Anche se è colpa tua se è qui»
«Colpa mia?!»
«Non l’ho portato io in macchina»
«Neppure io, ci è salito di soppiatto e David lo ha coperto» masticò tra i denti, Kidd, ignorando l’occhiata del suo miglior nemico, mentre svoltavano in un’altra corsia, vuota tranne che per un dettaglio che riuscì a bloccare la loro avanzata. Law fissò pietrificato Bepo completamente avvolto da strenne arancioni, che non sembravano turbarlo più di tanto, e l’istinto omicida prese a montare dentro di lui, rischiando seriamente di esplodere nel modo pacato che Law aveva di esplodere o forse no, perché quando si trattava di Rufy ogni cosa era destinata al degenero. Compresa quella situazione. 
Proprio come per l’albero, Law non avrebbe saputo ricostruire la dinamica. Sapeva solo che un momento prima era stabile sulle gambe e in fissa sul suo cane, o quel che se ne intravedeva, e un momento dopo lottava per mantenere l’equilibrio senza schiantarsi su ogni scaffale della corsia, provocando una pioggia di decorazioni, suo cugino aggrappato al collo e una barba posticcia in faccia.
«Rufy cosa fai?» digrignò, cercando di districarsi, vagamente consapevole di Eustass-ya che annientava lo stesso tentativo di assalto ai suoi danni da parte di David, afferrando il pargolo per le caviglie e girandolo a testa in giù.
«Non è Rufy!» protestò il mini Eustass, dimenandosi senza perdere una briciola di entusiasmo. «È Lucy, il grande guerriero dell’arena!»
«E la mia barba mi rende superforte! Law, provatela anche tu!»
«Non la voglio!» perse le staffe il chirurgo, insieme a tutta la compostezza e credibilità che avesse mai avuto e non si poteva certo affermare fossero poche.
Sapeva che sarebbe andata a finire così, andava sempre a finire così con Rufy ma Law non era il tipo da rassegnarsi all’universo. Lui rivalutava, ponderava, cercava l’errore per non ripeterlo. Ed era certo che non avrebbe mai più lanciato un oggetto né a Eustass-ya né a nessun altro, in casa, quando c’era l’albero montato.
Perché, anche se a fine giornata ci aveva guadagnato una penna con una testa di orso polare all’estremità e Laine era felice come una Pasqua - che era una festa decisamente più gestibile - dei nuovi addobbi, Law dubitava che avrebbe facilmente dimenticato il giorno in cui era tornato a casa nei panni di Torao la Renna, in compagnia di Rufio il Folletto e Eustachio il Pupazzo di Neve.     

 
  
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