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Autore: helgaxiii    26/12/2019    0 recensioni
Che cosa significa sentirsi soli e abbandonati?
Che cosa significa sentirsi un peso per le persone che ami?
Che cosa significa sentirsi come se non vale la pena vivere?

Deidara ha 17 anni.
Strappato ai suoi genitori quando ancora era troppo giovane per ricordarlo, sbalzato da una famiglia all’altra fino a che la sua assistente sociale non ha avuto pietà di lui e ha deciso di adottarlo.
Come descriverebbe la sua vita?
Vuota.
E senza alcun senso.
Fino a che una nuova ragazza arriva a scuola.
I suoi lineamenti Europei e l’accento curioso lanciano una scintilla di colore nella sua vita grigia, e quando finalmente trova il coraggio di parlarle, un nuovo mondo prende forma sotto i suoi occhi increduli.
Un mondo fatto di speranza, comprensione, sofferenza e amore.
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Deidara, Nuovo Personaggio
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate | Contesto: Nessun contesto
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capitolo i - deidara.




Pioveva la prima volta che l’aveva vista.
Enormi gocce cadevano dal cielo, come lacrime di un Dio a lungo dimenticato. 
Ticchettavano sull’asfalto, riunendosi in rivoli sottili e scorrendo verso pozzanghere tralucide che riflettevano i rami degli alberi. 
Era perso nelle profondità di quei riflessi, quando si avvicinò.
Una rapida occhiata bastò a bloccargli il respiro in gola, obbligandolo a spostare immediatamente lo sguardo mentre le guance gli si infiammavano.

Cercava qualcosa dentro la borsa, qualcosa che evidentemente non era in grado di trovare. 
Deidara prese a tormentarsi la pelle attorno alle unghie, mentre il cuore gli martellava prepotente nel petto. Quando trovò il coraggio di allungare nuovamente lo sguardo verso di lei, la vide sospirare rassegnata dopo aver visto l’ora sull’orologio da polso. Un orologio fine, un po’ vintage. Di quelli con il cinturino in pelle ed il quadrante dal metallo dorato. Le decorava il polso sottile con eleganza, un piccolo dettaglio nell'anonimato della divisa scolastica. 
Non che lei passasse inosservata, con i suoi lineamenti occidentali in una scuola superiore giapponese.
Andiamo, di qualcosa idiota!
Le sue labbra rimasero sigillate, come le metà speculari di una conchiglia. 
Si limitò ad osservarla con la coda dell’occhio, cercando di non farsi notare. 
Ad uno sguardo più attento, non era poi una “bellezza mozzafiato”.
Non almeno come le ragazze dei film americani che Hidan cercava sempre di rifilargli. 
Ma c’era qualcosa… forse i suoi grandi occhi scuri, con quelle ciglia lunghe e le sopracciglia leggermente corrucciate in un'espressione riflessiva; o le mani dalle dita sottili, che tamburellavano ansiosamente sul manico della borsa. 
Qualsiasi cosa fosse, colse la completa attenzione di Deidara, facendogli dimenticare tutto il rumore che solitamente gli affollava i pensieri. 
Era strano, pensò, niente lo colpiva così nel profondo così facilmente. 
O meglio, tutto lo colpiva profondamente: a partire dal riflesso di un raggio di sole sul vetro di una finestra in inverno, fino alla sfumatura dorata negli occhi marroni di Sasori durante l’estate. 
Ma aveva imparato ad ignorare tutti questi stimoli… a nascondere il brivido che gli percorreva la schiena nel notare ogni singolo dettaglio del mondo che lo circondava, a soffocare l’eccitazione nello scoprire i piccoli segreti degli oggetti e delle persone che vedeva ogni giorno.
Perchè questo significava notare con estrema facilità la delusione negli occhi delle persone piú care, la sofferenza e la pietà con cui caricavano la voce quando gli rivolgevano la parola. 
Meglio ignorare tutto, piuttosto che sentire troppo.
La campana suonò, segnando la fine delle lezioni e facendo sobbalzare Deidara per la sorpresa. Non fece in tempo a terminare la sua melodia, che il cellulare nella tasca dei pantaloni vibrò: non ebbe bisogno di controllare per sapere che era un messaggio sboccato da parte di Hidan, che lo avvisava che stava arrivando.
Deidara sperò avesse con sé un ombrello. 
La ragazza occidentale si voltò verso l’ingresso della scuola, spostando il peso da un piede all’altro con urgenza. Lanciò nuovamente un’occhiata all’orologio, mordicchiandosi le pellicine del labbro. 
Perchè era così irrequieta? 
Una folla di studenti si precipitò fuori dall’ingresso, sollevando una sinfonia composta da scalpiccii maldestri e fruscii di ombrelli. C’era chi scappava sotto la pioggia, proteggendosi il capo con la borsa scolastica e chi invece attendeva gli amici, condividendo con loro gli ombrelli nel tragitto verso casa.
Casa.
Un luogo caldo e accogliente, dove poter indossare calzini logori e spaiati ma estremamente comodi, dove potersi raggomitolare stretti assieme ad un fratello per giocare ai videogame, dove condividere un piatto caldo con persone amate.
Deidara sbadigliò, mentre Hidan faceva capolino tra gli studenti. Non che ci volesse molto, era talmente alto che la sua testa torreggiava senza alcuna difficoltà su metà scuola, al punto da renderlo ben visibile anche se non avesse deciso di tingersi i capelli d’argento la primavera scorsa.
“Attira le ragazze, fidatevi” aveva detto, rispondendo alle espressioni sorprese di Deidara e Sasori “Ora dell’inizio delle vacanze estive ne avrò talmente tante da poterne prestare persino a voi sfigati” 
Inutile dire che non era servito proprio ad un bel niente, se non a contribuire a diffondere ulteriormente l’idea di quanto il loro gruppetto fosse composto da teppisti patentati. 
Anzi, da quel giorno le ragazze avevano cominciato a girargli ancora di più alla larga. “Hey sfigato, dimmi che hai un ombrello! Questo tempo di merda non fa altro che cambiare, stamattina c’era un sole che porco cane sarei andato in spiaggia”
“Secondo te perchè ho aspettato un’ora qui fuori?!” Rispose Deidara quando l’amico lo raggiunse “Perchè amo osservare la natura?” 
“Non è questo che i poeti finocchi come te fanno tutto il giorno?”
Hidan gli scompigliò i capelli, una fastidiosa abitudine che aveva preso sin dalla prima volta che si erano incontrati, quando avevano dodici anni e giocavano nello stesso parchetto del quartiere. Deidara sbuffò, sistemandosi immediatamente le ciocche bionde fino a riportarle ad una parvenza d’ordine.

“Certo che in due non ne fate uno. É da una settimana che i telegiornali parlano solo di questa perturbazione. In alcune città hanno persino dato l'allerta meteo.”
Sasori, un sopracciglio alzato e le labbra tirate in una smorfia di disappunto, fece dondolare davanti ai loro occhi un ombrello. Aveva le tipiche occhiaie di chi era rimasto sveglio fino a tardi la sera per completare le esercitazioni di calcolo avanzato. 
Seriamente, a volte Deidara si chiedeva cosa ci facesse uno come Sasori, un genio in qualsiasi materia che non fosse ginnastica, a girare con due ignoranti cronici come lui ed Hidan. Poi ringraziava il cielo perché avesse deciso di farlo, impedendo a due mine vaganti come loro di combinare casini ogni tre per due. 

Hidan alzò gli occhi al cielo, perdendosi in una serie di esclamazioni a dir poco oscene.
“Andiamo al karaoke? Al giovedì pomeriggio fanno lo sconto studenti”
“Abbiamo una fottuta band, Deidara, perché dovremmo andare ad un cazzo di karaoke?! E poi ti chiedi perché sei single… sicuro di non preferire i caz-“
“Ho un test di statistica domani, devo studiare.” La risposta lapidaria di Sasori bastò a zittire Hidan, che alzò le mani al cielo invocando l’ennesima divinitá dal nome improbabile scoperta su internet. 
Deidara si limitò a fare spallucce.
“Hidan, partita a Halo a casa mia? Reiko non tornerá prima delle sette” Sasori aprí l’ombrello, avviandosi per la sua strada senza proferire verbo. Hidan e Deidara lo seguirono a ruota, stringendosi attorno a lui per evitare di bagnarsi, il primo bestemmiando ogni volta che andava a sbattere la fronte contro il telaio in ferro dell’ombrello.
Deidara si bloccò dopo qualche passo, ricordandosi all’ultimo minuto della ragazza occidentale che aveva attirato la sua attenzione. Lanciò un’occhiata veloce alle sue spalle, alla ricerca di quel viso peculiare in mezzo a tante facce uguali. 
Ma lei non c’era più. 


Salve a tutti!
Dopo anni di assenza, ecco che torno alla ribalta (perchè no, provarci una volta non mi era bastata). Questa storia è per lo più un esperimento: ho l’intenzione di scriverla con l’obiettivo di rilassare la mente e spaziare con la scrittura mentre mando avanti un progetto piú grande su Wattpad... quindi portate pazienza se i primi capitoli non saranno niente di che, sono un po' fuori allenamento con le ff e devo "ingranare la marcia".
Spero di rivedervi comunque il prossimo capitolo, 
Deb
.

 



 
   
 
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