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Autore: Darlene_    29/12/2019    3 recensioni
Josh e Chris, due fratelli, un unico destino.
Cosa nasconde lo studio del padre, perennemente chiuso a chiave? Josh, a cui mancano poche settimane di vita, decide di varcare la soglia. Lui e il fratello si ritroveranno in un nuovo mondo in cui loro sembrano essere dei perfetti estranei, ma le sorprese sono dietro l'angolo e una serie di avventure si prospettano per loro.
Genere: Angst, Avventura, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Le avventure dei fratelli Atwood'
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VIAGGIO A GREENHILLS







CAPITOLO 

II


 

Lo studio era piccolo, ma ben organizzato; la scrivania in legno occupava il centro della stanza, ma a catturare davvero l’attenzione era un bellissimo mappamondo in legno, di quelli che si vedevano solo nei musei. Chris entrò lentamente, cercando di far il minor rumore possibile come se temesse di svegliare le montagne di volumi disposti ordinatamente nell’enorme libreria a muro. Josh, meno cauto, si diresse verso il tavolo, aprendo i cassetti e spostando fogli all’apparenza senza senso.
“Guarda qui!” Urlò al fratello passandogli un pezzo di carta con su scritto:
 
Ordine settembre PAGATO
Pelle di Goblin 1500
Idranthia in polvere 2000
3xGargantula ridente 5000
 
La grafia era sicuramente quella di John, ma i contenuti sembravano senza senso, perché mai avrebbe dovuto annotare quelle parole? Lui, che non aveva mai raccontato ai figli una storia di fantasia perché le riteneva stupidaggini da femminucce?
“Lo sapevo!” Chris sbattè il foglio sulla scrivania, un sorriso trionfante stampato sul volto. Josh gli rivolse un’occhiataccia, immaginando come sarebbe finita la frase. “Papà è un pazzo e questi sono i suoi deliri, perciò non ci ha mai fatti entrare qui dentro!”
“Io… Io non credo.” Il maggiore scosse la testa, passandosi le mani tra i capelli ribelli. “Se lo fosse davvero la stanza non sarebbe così ben organizzata, guardati intorno!” Ruotò su se stesso allargando le braccia per indicare gli strani quadri alle pareti, la vetrinetta con pietre rare e le mensole su cui, ben allineati, soggiornavano buffi soprammobili.
“Ok, supponiamo che John abbia ancora tutte le rotelle a posto e, personalmente, ne dubito, per quale motivo avrebbe dovuto raccogliere tutte queste cianfrusaglie?” Ormai l’eccitazione del momento era scemata, lasciando il posto alla solita insofferenza nei confronti dei comportamenti particolari del padre. Josh, d’altro canto, era entusiasta della scoperta e non vedeva l’ora di scoprire tutti i segreti di quel posto. “Non lo so, ma guarda che meraviglia!” I polpastrelli prudevano dalla voglia di toccare tutto ciò che lo circondava. Cominciò a passare in rassegna i grossi volumi, leggendo i titoli a voce alta, sperando di contagiare anche il fratello, ma Chris si sedette su una poltrona e rimase ad osservarlo.
Passarono i minuti e intorno a lui erano già volati svariati nugoli di polvere quando Josh lanciò un libro dall’altra parte della stanza. Cadde con un tonfo, piegando le pagine centrali e rovinando la copertina rigida finemente decorata. Ad esso ne seguì un altro e poi un altro ancora, quindi cadde il silenzio. L’atmosfera gaia di poco prima era scomparsa, sostituita dalla tensione. Il minore si alzò dalla poltrona e vide il fratello seduto a terra, la testa tra le mani, le spalle posate contro la libreria. Si avvicinò cautamente a lui, scostandogli i palmi impolverati dal viso. Josh stava piangendo. Chris rimase stupito, non lo aveva mai visto piangere, nemmeno la volta in cui si era rotto il braccio fingendosi Batman o quando, a dieci, era morto Salem, il gatto nero che era cresciuto con loro.
“Che cosa c’è?”
Il ragazzo scosse la testa. Tirò su con il naso e si asciugò la faccia con la manica della felpa.
Chris si sedette accanto a lui, guardandolo dritto negli occhi. “Non fingere che vada bene, per mia sfortuna ti conosco da troppo tempo e riconosco quando menti.”
Avrebbe voluto negare, ficcarsi le mani nelle tasche e uscire da quella stanza cercando di dimenticare tutto, ma non poteva: si era tenuto tutto dentro troppo a lungo, aveva bisogno di confidarsi con qualcuno e, anche se non voleva far preoccupare Chris, lui era l’unico con cui avrebbe potuto sfogarsi.
Si soffiò il naso e ricambiò lo sguardo. “Io non sono malato, cioè non solo…” Si passò una mano sul viso, era più difficile del previsto. “Io… Questa mattina sono stato in ospedale.”
Il minore era attento e non aveva nessuna intenzione di interromperlo, perciò avrebbe dovuto continuare il discorso senza poter divagare. “Non stavo bene, beh, è da una settimana che non sto proprio da favola, ma oggi mi sentivo peggio del solito. Pensavo che sarebbe passato, ma John mi ha portato in ospedale.” Doveva arrivare dritto al punto se non voleva crollare prima di giungere alla fine del discorso. “Chris, ho poche settimane di vita.”
Il fratello era sul punto di sommergerlo con una valanga di domande, ma lui lo fermò con un gesto della mano. “Il mio cuore non resisterà a lungo, i medici ne sono certi.” Quanto era difficile condividere quel peso con qualcuno? Ora che aveva detto quella frase a voce alta era diventata più reale, come se non si potesse più tornare indietro e, in effetti, era proprio così. “Pensavo che qui, questa stanza, potesse fornirmi delle risposte, ma non ho trovato nulla. Forse fino ad adesso ho sperato di scamparla, una parte irrazionale di me credeva che qui ci sarebbe stata una bacchetta magica in grado di salvarmi e ora che so che qui dentro ci sono solo strane cianfrusaglie…”
Non riuscì a finire la frase, non ne aveva la forza. Si rimise in piedi, voleva solo scappare lontano, dimenticare le ultime ore, ma non aveva nessun posto dove andare. Chris gli posò una mano sulla spalla, cercando di rassicurarlo. “Troveremo una soluzione.”
“Non credo ce ne siano.” Lo fermò subito, non poteva permettergli di fantasticare su qualcosa che non si sarebbe mai realizzato: suo fratello doveva accettare la situazione.
Chris, d’altro canto, aveva ben altra opinione e avrebbe fatto qualunque cosa per salvarlo. “Ci sono tantissimi donatori di organi, credo che un trapianto sia possibile.”
Josh scosse la testa, la dottoressa lo aveva avvisato, la lista era lunghissima e trovare un cuore compatibile era un’impresa difficile, che molto spesso richiedeva anni. Si avvicinò alla porta, guardando indietro verso la libreria: dal suo personale vaso di Pandora anche la speranza era riuscita ad evadere, ormai era vuoto.
“Sai, Chris, pensavo che ci fosse ancora una possibilità per me, ma non è così e mi va bene, forse è questo il mio destino.” Ci fu un inteso scambio di sguardi, entrambi sapevano che quella avrebbe potuto essere la loro ultima conversazione seria. Le lacrime rigavano i loro volti e per la prima volta non si sentivano in imbarazzo a mostrare le loro debolezze.
“Non sono pronto a perderti, Josh.” Scosse la testa, abbassando gli occhi sul tappeto persiano.
Si avvicinarono. Il maggiore aggiunse: “Lo so, ma non c’è nulla qui o in un qualsiasi altro universo che mi possa salvare.”
Allungò le braccia per accogliere il fratello, ma Chris, raggiungendolo, inciampò in una piega del pregiato tappeto. Per non perdere l’equilibrio si sostenne all’enorme mappamondo, che emise un clic.
I ragazzi si guadarono stupiti. Si avvicinarono all’antico manufatto, notando che i continenti non raffiguravano quelli reali. Tastarono tutta la superficie, accorgendosi che una parte del legno era leggermente discostata, probabilmente aperta dal meccanismo che Chris, inconsapevolmente aveva innescato. Sollevarono delicatamente il legno e, con meraviglia, vi trovarono una scatola finemente intagliata. Si trattava di una vera e propria opera d’arte, eppure erano talmente impazienti di svelarne il contenuto che non si soffermarono ad ammirare i bassorilievi. All’interno era custodita una chiave antica, probabilmente d’argento. Josh la prese tra le mani con delicatezza, quasi temendo di poterla rompere, eppure si accorse che al tatto era robusta e di un peso non indifferente.
“Cosa può aprire?”
“Non ne ho la minima idea.” Rispose il maggiore facendo scorrere un dito sulla superficie levigata.
“C’è scritto qualcosa sopra?”
Si portò lo strumento al viso, cercando di interpretare le lettere che vi erano incise, e, dopo un’attenta analisi stabilì che non era comprensibile. “Gli scaffali!” Urlò in preda ad un’illuminazione. Prese i libri e li posò a terra, spostando qualsiasi cosa alla ricerca di uno scrigno, un cassetto segreto, qualcosa in cui poter inserire la chiave. Chris svuotò le casse di volumi a terra, tastò ogni lato della scrivania alla ricerca di un pannello di legno, eppure sembrava non esserci nulla. “Dannazione.” Sibilò a denti stretti lanciando uno sguardo all’orologio appeso alla parete: John sarebbe potuto tornare da un momento all’altro.
Josh cominciò ad ansimare, affaticato dallo sforzo e, non appena il fratello si accorse del suo respiro affannoso gli si avvicinò. “Tutto bene?”
“Sì, è solo che mi gira la testa.”
Chris gli passò un braccio dietro la schiena per sorreggerlo nel caso in cui avesse avuto un mancamento. “Riposati un attimo, nel frattempo rimetto a posto lo studio e ci facciamo venire in mente una scusa accettabile che possa spiegare la tua presenza a casa.”
L’altro scosse la testa, non avrebbe rinunciato per nulla al mondo, a costo di morire su quel pregiato tappeto persiano. Una fitta più forte delle altre lo costrinse ad aggrapparsi alla libreria che si spostò di qualche centimetro. Si guardarono stupiti e il minore spinse ancor più il mobile, aprendo un passaggio verso un corridoio buio.
Al piano di sotto la porta sbattè. Sentirono i passi avvicinarsi e la voce di John che chiamava a gran voce i figli. Oltrepassò lo studio per aprire la porta della loro camera e, non trovandoli, la richiuse con forza. “Josh, Chris?” E poi con un tono più basso: “Questa volta mi sentono, non la passeranno liscia.” La maniglia ruotò e i ragazzi si lanciarono un’occhiata preoccupata: non dovevano farsi trovare lì dentro! Senza nemmeno una parola si precipitarono all’interno del passaggio segreto, tirandosi dietro la pesante libreria. La porta si aprì, ma non sentirono altro perché cominciarono a correre, alla ricerca di un’uscita.
Il cunicolo era buio e stretto, ma avanzarono lo stesso. Quando furono certi di non essere seguiti si fermarono. Josh si accovacciò a terra, il fiato corto e i polmoni brucianti per lo sforzo. Chris cercò il telefono, che però non riuscì a trovare, così frugò nelle tasche della felpa per poi estrarne un accendino. Con quella scarsa luce tentò di illuminare lo spazio circostante.
“Da quando sei diventato un incallito fumatore?” Lo provocò il fratello.
Non si voltò nemmeno, tastando con la mano libera le pareti di roccia. “Le ragazze amano il fascino del cattivo e una sigaretta tra le labbra le rende succubi del mio fascino.” Scherzò. “Non siamo più in casa, credo che il cunicolo ci abbia condotto sottoterra.”
Josh si alzò, pronto a rimettersi in cammino.
“Dove andiamo?”
Chris scosse la testa. “Non ne ho idea. Se torniamo indietro John ci uccide.”
Il maggiore sorrise e si incamminò verso la parte opposta da cui erano arrivati. La sua figura slanciata si stagliava scura, debolmente illuminata dalla fiammella.
“Aspetta, dove vai? Non sappiamo nemmeno cosa ci sia laggiù! Magari è un vicolo cieco oppure finiamo chissà dove!” Replicò stizzito, seguendo Josh per non perderlo di vista. Lui si voltò all’improvviso, gli strappò l’accendino dalle mani per portarselo sotto il viso. Con voce cavernosa lo scimmiottò. “O forse cadremo dritti dritti nella tana di un coccodrillo! Ti prenderà con le sue enormi fauci e di te resteranno solo brandelli di carne e vestiti ricoperti di bava!”
“Smettila!” Lo spintonò, superandolo, ma venne subito affiancato. Le dita affusolate di Josh gli afferrarono una spalla, in quella che avrebbe dovuto essere una stretta rassicurante. “Dai, fratellino, al massimo questo passaggio ci catapulterà nelle fogne newyorkesi!”
“Oh sì, l’idea mi rende davvero entusiasta!”
Procedettero a lungo senza fiatare. Il silenzio era ormai diventato fastidioso, interrotto solo da qualche rumore molto lontano, attutito dalle pareti di roccia. Pian piano il cammino diventò impervio e il passaggio si restrinse sempre di più fino a che dovettero procedere in fila indiana. Josh dovette addirittura chinare la testa per non cozzare con il soffitto. Costretto a tenere gli occhi sui suoi stivali non si accorse che Chris si era fermato, e gli finì addosso. Persero entrambi l’equilibrio e caddero a terra. Quando si rialzarono furono inondati dalla luce. Non si trattava della flebile fiamma dell’accendino, che peraltro si era spento nello scontro, ma di un chiarore che pareva provenire dalle pareti stesse. Cercarono di capire dove fossero: erano in una stanza di pietra, nei cui anfratti era installate delle fiaccole che però non si consumavano. Il fuoco era alto e gettava fantasiose ombre sui loro visi stupefatti. Al centro di quella grotta vi era un leggio con un libro posatovi sopra.
“Josh?”
“Ehm, non guardare me! Sono sorpreso quanto te.”
Si avvicinarono al volume che, anche degli inesperti come loro, si rendevano conto che si trattava di un reperto antico, probabilmente appartenente al diciannovesimo secolo. La copertina in pelle presentava dei decori argentei e una serratura lo teneva chiuso. Il maggiore si avvicinò, tentando di forzarla, ma Chris lo fermò, estraendo la chiave che avevano trovato nello studio. La infilò nella toppa e con uno scatto la chiusura cedette. Sfogliarono le pagine, ingiallite dal tempo, notando che non vi erano scritte, ma solo disegni. Si soffermarono sulla raffigurazione di una donna dai capelli biondi, era di spalle, ma si scorgevano le sinuose forme e la corona che portava sul capo. Entrambi provarono una strana attrazione nei confronti di quella giovane. Nelle immagini successive si susseguivano strane creature, paesaggi incantevoli e poi… Loro due! Nonostante l’umidità avesse rovinato i colori la somiglianza era evidente. Si trattava di due ragazzi dagli occhi verdi, uno con i capelli mossi e un sorriso tirato, l’altro, dalla carnagione abbronzata, rideva e le fossette rendevano imperfette le guance. Chris sfiorò il suo sosia con un dito, imitato da Josh. Una forza attirava i loro corpi verso la pagina fino a che si ritrovarono con i palmi attaccati al foglio. Provarono a ritrarsi, eppure qualcosa li spingeva verso la figura. Probabilmente gridarono, forse invocarono aiuto, eppure non se ne resero conto, ormai succubi di quel libro. Rilassarono i muscoli e si lasciarono trascinare da quella strana corrente e, all’improvviso, tutto divenne buio.







Ciao a tutti e buone feste! Ecco un nuovo capitolo di questo racconto originale, un viaggio che mi sta davvero intrigando molto (spero piaccia anche a voi) per i più scettici posso dirvi che dal prossimo capitolo la storia diventerà davvero fantasy è prenderà una piega diversa. Vorrei ringraziare tutti i lettori silenziosi, non siete molti, ma la vostra presenza mi allieta. Un ringraziamento anche a coloro che hanno inserito "viaggio a greenhills" tra le sguite, ricordare e preferite!
  
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