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Autore: mattmary15    30/12/2019    0 recensioni
Aeris chiuse gli occhi celesti e allargò le braccia prendendo un respiro. Lo sentiva. Non era più sola. Tra lei e l’ombra, preannunciato da un poderoso battito d’ali, comparve Bashenian.
Lei aprì gli occhi e sorrise, sinceramente estasiata dalla bellezza della creatura. Bashenian era la bestia sacra di Strifen, il suo regno. Il mito narrava che fosse nato dalla preghiera di Serian, il canto che diede vita al creato. Il grifone atterrò nel suo nido e chinò il capo verso di lei affinché potesse ricevere una carezza. Aeris non si capacitava mai della maestosità di quell’enorme animale magico. Le sue piume erano morbide e dotate del potere di alleviare il dolore. I suoi occhi avevano lo stesso colore del cielo, più chiari nelle giornate assolate e ingrigiti in quelli di pioggia. Il corpo possente metà aquila e metà leone, era interamente piumato. Con due colpi di coda plaudì alle carezze di Aeris e si accoccolò nel nido.
Genere: Avventura, Drammatico, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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-Il crocevia-

Albered aveva consegnato il messaggio ai difensori di Aeria. La partenza del viaggio che li avrebbe condotti alla ricerca delle sfere, allo scontro inevitabile con Norren e, infine, al faccia a faccia con la grande Ombra, era fissata per il tramonto. All’ora prestabilita Aeris raggiunse il giardino dove erano le tende dei Nagrod. Era sempre il luogo meno frequentato di tutto il palazzo e lei voleva che la partenza passasse più inosservata possibile. Si fermò sotto al porticato un passo avanti ad Albered, Marine e Grifis e guardò verso il basso.

Loran Valentine era in piedi in abiti pregiati ma non appariscenti. Se ne stava per conto proprio a braccia conserte. Poco poi in là se ne stavano Mars Hornet nel suo solito abito da ramingo con il cappuccio tirato fin sugli occhi e Mars Garan che, a causa della sua stazza, non sarebbe mai riuscito a non dare nell’occhio anche adesso che aveva deciso di indossare abiti comuni, meno vistosi rispetto all’uniforme della sua tribù. Mentre si chiedeva se avesse fatto la scelta giusta a decidere di partire con quelle persone che non avevano nulla in comune l’una con l’altra, la sua attenzione fu catturata da lord Naro che procedeva verso i suoi futuri compagni di viaggio. Dietro di lui camminava, con passo sicuro, Akram. La voce di Grifis la raggiunse mentre la sua mano le toccava il braccio.
“Lui cosa ci fa qui? Non avevi detto solo i difensori di Aeria?”
“L’ho detto.” Disse lei voltandosi verso Albered. L’uomo anziano sorrise allargando un poco le braccia.
“Lord Naro non può comunicare con nessuno altrimenti. Ha bisogno di lui. Non piace neanche a me ma non vedo altra scelta. Se vuoi Lord Naro, devi prendere anche il mercenario con te.”
“Non esiste!” Esclamò Grifis. “Quell’uomo non mi piace. Non sappiamo niente di lui.” Aeris abbassò gli occhi al terreno e Marine, che non aveva mai staccato i suoi da lei, se ne accorse.
“Non siate così drammatici. Se avesse voluto fare del male ad Aeris, gliene avrebbe già fatto. Di occasioni ne ha avute!” La principessa imperiale si riferiva non solo alla notte che i due avevano passato da soli nel fondo del burrone ma anche a quella che aveva trascorso con Aeris la sera della cerimonia della prima luce e di cui lei le aveva parlato in confidenza.
“Essere stati fortunati una volta, non ci autorizza ad essere incoscienti.” Grifis non voleva arrendersi. Albered fu costretto a intervenire.
“Non abbiamo molte scelte. In più, il conte Hornet ha giurato di vegliare in modo particolare sull’imperatore. E lui dice che il mercenario è persona di cui ci si può fidare.”
“Tu lo chiami conte. Il lo chiamo brigante. Ed è questa la definizione che gli si addice di più.”
“Grifis, ti prego. Albered ha ragione. Il conte Hornet mi ha già salvato fuori dalle mura di Cattedra. E senza Akram sarei morta nel burrone. Ve bene così. Ho bisogno di lord Naro.” Disse voltandosi e indicando i suoi cinque compagni. “Guardateli. Sono divisi. Diffidano gli uni degli altri. Per sconfiggere la grande ombra dovranno diventare come i guardiani che accompagnarono mio padre a Zarandal. Se non mi fido io di loro, come faranno loro stessi a farlo?”
Albered la raggiunse e le mise entrambe le mani sulle spalle.
“È così. Sono certo che andrà tutto bene. Tu ricorda di usare tutte le cose che ti ho insegnato. Più di tutto però, usa i tuoi doni. Sai leggere nella loro mente. Fallo. Usa la magia per proteggerti e, sopra ogni cosa, tieni Bashenian vicino al tuo cuore.”
Il primo ministro avvicinò la fronte a quella di Aeris fino a toccarla poi le sorrise e si allontanò. Grifis comprese che quello era il momento della separazione e fece un cenno a Marine. La ragazza si avvicinò e le prese le mani sorridendo. I suoi occhi, tuttavia, erano lucidi.
“Ti invidio, mio principe. Tu parti per una fantastica avventura mentre io dovrò tornare in quel noioso palazzo e, per di più, senza la tua compagnia! Ti ricorderai di portarmi un dono?”
Aeris le strinse ancor più le mani e annuì.
“Uno per ogni posto in cui andrò. Sarai sempre nei miei pensieri.” Marine, incapace di reggere l’emozione, la strinse forte e quando le sue labbra furono vicine al suo orecchio in modo che sentisse lei sola sussurrò poche parole.
“Vivi la tua splendida avventura ma torna da me. Torna Aeris.” Si staccò da lei e Aeris, con le lacrime agli occhi, annuì. Marine tirò su col naso e raggiunse Albered di corsa. Solo allora Grifis le fu di fronte.
“Se potessi, verrei con te. Farò ciò che mi hai chiesto. Manderò i miei soldati lungo la via. Vigileranno che non ci siano pericoli e distrarranno possibili nemici dal tuo vero cammino. Aeris, ti aspetto a Vetta Azzurra per unirmi a te verso Zarandal. Hai promesso.”
Aeris annuì. Per un attimo pensò che Grifis l’avrebbe stretta per rinviare l’addio ma l’uomo fece un solo, lento, passo indietro. Aeris si asciugò le lacrime che stavano per caderle dagli occhi col dorso della mano e fece lo stesso. Come accadeva ai tempi del loro addestramento quando combattevano e sembravano uno lo specchio dell’altra generando stupore e ammirazione nelle altre reclute, si girarono di spalle contemporaneamente. Aeris occhi nel sole, Grifis nell’oscurità del portico. Gli stessi passi che mise Grifis per raggiungere sua sorella e il suo maestro, mise Aeris per ritrovarsi davanti ai suoi compagni di viaggio. Tutti, nessuno escluso, fecero un cenno col capo, poi Aeris li precedette verso la porta del palazzo a sud. Il sole calava oltre l’orizzonte mentre i sei viaggiatori lasciavano Cattedra diretti verso il crocevia.

Layla stava ricamando un velo talmente sottile da sembrare aria tra le sue dita. Ci voleva calma e attenzione per fare quel lavoro ma in quel momento lei non aveva né l’una né l’altra. Continuava a gettare lo sguardo verso lady Asaline. La somma sacerdotessa era radiosa nel suo abito argenteo  e conversava amabilmente con due sacerdoti della passata festività. Layla pensava che dovesse essere furiosa, magari cercare di nasconderlo ma non sembrava così. Layla sapeva che era una donna abituata ad essere obbedita. Nel giro di pochi giorni aveva subito due smacchi rilevanti. Prima l’offesa di Seifer che aveva lasciato il palazzo senza salutare. Che avrebbe fatto se avesse saputo che il nipote aveva confidato a lei, la sua preferita, i suoi propositi di partire per anticipare l’imperatore e lei non le aveva riferito nulla?
A ciò doveva aggiungere l’umiliazione di essere stata praticamente esautorata dai piani dell’imperatore che aveva lasciato Cattedra di notte.
Eppure, nonostante Asaline avesse tutti i motivi per essere furiosa, non sembrava per nulla in collera. Questa cosa gettava Layla in uno stato di confusione. Era brava ad osservare la gente e a capirne le azioni e reazioni ma adesso niente le era chiaro. Si punse un dito ed emise un gemito. Si portò il dito alle labbra ma la mano le fu afferrata a mezz’aria. Lei sollevò lo sguardo e vide Asaline.
“Ti sei punta? Sei distratta piccola mia. Vieni con me, ci mettiamo un po’ d’acqua.”
Lasciarono la stanza e lei la seguì fino alle sue camere. La donna la fece entrare e accomodare su una sedia.
“A cosa pensi, Layla?” La ragazza era brava a dire bugie. Aveva imparato da quando aveva cominciato a vedersi con Seifer ma decise di essere sincera.
“Posso parlare liberamente?” La donna la guardò negli occhi con benevolenza.
“Certo, mia cara.”
“Non siete arrabbiata?”
“E per cosa?” Layla avrebbe voluto sorridere di malizia ma si limitò a rispondere scegliendo di non nominare Seifer.
“Per il comportamento dell’imperatore.” La donna le posò una pezza umida sul dito e le indicò di fare pressione. Dopo di che si alzò e raggiunse la finestra.
“Se una cosa deve accadere, Layla, il destino può scegliere mille strade. Può andare per una via diritta senza deviazioni oppure scegliere di svoltare centinaia di angoli prima di raggiungere la meta. Arriva comunque. L’imperatore si sente adulto e in grado di camminare con le sue gambe. Va bene. Quello che conta è la via. E quella, mia cara Layla, l’ho tracciata io.” Disse voltandosi. Layla sentì il gelo penetrarle nelle ossa. Il volto di Asaline era la maschera della crudeltà. Non l’aveva mai vista così e le tornarono alla mente le parole di Seifer l’ultima notte che si erano amati riguardo ai piani di sua zia. L’idea che anche Seifer si stesse avventurando su una via già segnata da quella donna che ora aveva davanti, la gettò nella disperazione. Chinò il capo e non proferì più parola. Asaline, camminando, le passò accanto e le mise una mano sulla testa.
“Vorrei che facessi una cosa per me, piccola Layla.”
“Qualunque cosa, mia signora.”
“Prega per Seifer. Le mie preghiere non lo raggiungono più. Mio nipote, il sangue del mio sangue, la mia vita, si è allontanato da me. Prega molto, Layla.” La sacerdotessa lasciò la camera. Layla si chiese come fare a far sapere all’uomo che amava che non era lui a stare un passo avanti alla signora di Cattedra ma il contrario.

Solo Akram, in cima al gruppo, portava una fiaccola. Illuminava qualche metro davanti a loro ma era sufficiente a farla sentire al sicuro. Aeris camminava dietro al mercenario e all’uomo bestia. Mars Hornet e il viceré le stavano ai fianchi mentre Garan le copriva le spalle. In effetti, se qualcuno li avesse visti da lontano, nessuno si sarebbe accorto di lei. Mentre camminava in silenzio, si rese conto che il più basso fra loro la sovrastava di almeno due palmi.
Fu Loran a rompere il silenzio che era calato tra loro e che nessuno si era sentito di infrangere fino a che non si erano incamminati su un sentiero laterale alla via dei Pellegrini. Akram lo aveva scelto perché meno frequentato e nessuno aveva fatto obiezione.
“Immagino che vostra maestà trovi tutto questo nuovo. So che non lascia spesso il suo palazzo.”
“Lo dicono le tue spie?” Lo rimbeccò subito Mars.
“Le spie cercano i segreti. Che sua maestà è cagionevole di salute lo sanno tutti.” Rispose Loran gettando uno sguardo ad Aeris. Il principe sorrise.
“Non sono malato. Solo, come dire, di costituzione minuta. Fino ad oggi tutti hanno ritenuto più prudente per me non espormi, ma se adesso occorre radunare le sfere, non mi tirerò certo indietro.”
“Per essere minuto, mio re, lo siete. La minore tra le mie sorelle è più alta di voi!” Esclamò Garan.
“So di essere minuto,” disse Aeris “ma confido che sia il vostro popolo ad essere di costituzione particolarmente robusta!”
Loran rise e, probabilmente ritenendo chiuso l’argomento, decise di punzecchiare Akram.
“Se la costituzione degli abitanti delle isole Maras deve ritenersi robusta, come mai avrai fatto tu a convivere con i Nagrod, Akram.” Il ramingo inizialmente non rispose poi, continuando a camminare a passo sostenuto, parlò.
“Anche tra i Nagrod ci sono i più forti e i più esili. Sono tutti valorosi guerrieri.”
“E tu hai imparato fra loro il coraggio e la forza?” Continuò Loran. Aeris si ricordò di come Akram avesse usato la magia nel burrone e le avesse chiesto di non rivelarlo, così si affrettò a cambiare discorso.
“Che via è questa che stiamo facendo, Akram?”
“La via che conduce al crocevia.”
“L’ho visto durante il mio viaggio verso Cattedra. È un monolite.” A quelle parole Naro emise un verso. Akram si affrettò a chiarire.
“Non un monolite. È un obelisco. Molti secoli fa, quando questo mondo era giovane e ci vivevano solo Serian e suo fratello Seiren, tutto era pianura e silenzio. Dalle preghiere di Serian nacque il primo uomo e lei se ne invaghì al punto che il fratello, per gelosia, fece cadere le tenebre su tutta la terra. Serian allora pianse di dolore e dalle sue lacrime nacquero le bestie sacre. Esse combatterono Seiren e lo sconfissero. La sorella lo confinò nel suo specchio, la porta per un altro mondo. Prima di cadere nell’oblio, Seiren scagliò la sua lancia nella terra. Essa sì conficcò talmente in profondità che scosse ogni cosa. Nacquero monti e laghi e si aprirono i mari dove la terra franò. La magia di Serian salvò il nostro mondo come lo conosciamo. Dalla punta dell’obelisco, emerge ancora la luce  generata dall’energia di quell’antico incantesimo.”
Aeris ascoltò tutto in silenzio.
“C’è chi dice che sia il fuoco che scorre sotto la terra a generare la fiamma dell’obelisco.” Fece Loran spezzando la magia di quella favola antica.
“Ognuno crede alla storia che preferisce. Resta solo il fatto che si tratta di un luogo magico. Ci si deve approcciare con una buona quantità di rispetto e prudenza.” Disse il ramingo tornando al silenzio.
“Tutta la carovana che c’era qualche giorno fa sembra sparita nel nulla.” Continuò invece Aeris che trovava confortante chiacchierare un po’.
“Quando la festa della prima luce passa, la maggior parte delle persone si dedica ai propri affari.” Si affrettò a spiegare Mars. “In più, la comparsa dello yomi a Cattedra non ha aiutato l’umore dei Pellegrini.”
“Quindi si sono dileguati tutti in pochi giorni,” constatò Aeris “compreso il generalissimo.”
“Anche lui ha fatto ritorno a casa.” Disse Loran.
“Senza neanche ringraziare chi gli ha salvato la vita!” Aggiunse Garan.
“È un uomo orgoglioso. Suggerirei una buona dose di rispetto e prudenza anche nella valutazione delle azioni di mio cugino.” Loran lo disse sottolineando il rapporto di parentela non perché nutrisse realmente la volontà di difendere la sua reputazione ma perché gli altri capissero che fosse davvero il caso di temere le sue azioni.
“Scommetto che ti rode che lui non sia qui, vero Valentine!” Inveì Garan dalle retrovie.
“Sto solo ricordando a lor signori che per raggiungere la via dei commercianti, dobbiamo attraversare la foresta dei Weird. Non sperate di passarci attraverso senza venire intercettati dalle guardie di Grigiolago.”
In quel momento Naro indicò un punto in una radura e Aeris vide Akram annuire.
“Possiamo accamparci lì per la notte. Gli alberi ci proteggeranno da occhi indiscreti e la presenza all’obelisco dissuaderà chiunque dall’avvicinarsi.”
“Preparo l’accampamento.” Fece Mars e guardò verso Loran che si era inginocchiato come a voler  raccogliere alcuni rami. “Non è il caso di accendere il fuoco.” Il ragazzo sorrise e dispose la legna in un quadrato poi, sussurrando qualcosa d’incomprensibile, passò il palmo della mano su di essa e prese vita una sorta di fuoco fatuo appena visibile ma caldo e rassicurante. Aeris vi si sedette accanto e tirò fuori dal suo bagaglio qualcosa da mangiare e dell’acqua. Ne passò un po’ a Nagro e a Garan. Quando Akram e Mars ebbero terminato di armeggiare con dei teli, tra i rami bassi degli alberi comparvero dei giacigli che sembravano più confortevole dell’erba alta della radura. Aeris vi si fiondò sorridendo e ammirando la bravura dei suoi compagni. Mars fece un cenno col capo, Akram invece si girò e raggiunse un grosso masso.
“Faccio io il primo turno di guardia.” Aeris perse il sorriso. Ci avrebbe dovuto pensare lei, mentre si era preoccupata solo di trovarsi un posto caldo dove passare la notte.
“Ti sostituisco io fra un paio d’ore.” Gli disse Mars sedendosi e appoggiando la schiena al tronco di un albero. Si tirò il cappuccio sulla testa e sembrò addormentarsi.
Garan cadde in un sonno profondo quasi subito e Aeris cercò di convincersi che fosse il suo russare a non farla dormire. La voce di Loran venne da un’amaca improvvisata che il vicerè aveva approntato con uno dei teli fissati da Akram.
“Quando avevo sei anni adoravo la marmellata ai frutti di bosco. Mia madre aveva ordinato a tutta la servitù di tenerne sempre a mia disposizione. Non so quanti mesi sono passati prima che mi accorgessi che il paggetto che me la serviva ne era ghiotto.” Aeris si sporse dal giaciglio in cui si era accoccolata e guardò in su.
“È un modo carino per dirmi che mi sono comportato come un bambino di sei anni?” L’espressione seria del principe fece ridere Loran.
“No maestà, è un modo semplice per dire che quando siamo abituati ad un certo modo di vivere è facile non accorgersi di cose che ad altri possono sembrare scontate. Non deve contrariarsi per la faccenda dei turni di guardia.”
“Avrei dovuto pensarci io.” Mugugnò Aeris. “Ho provato la spiacevole sensazione di aver commesso l’ennesimo errore.”
“Un principe imperiale non sbaglia. Pensa diversamente.” Aeris si infilò di nuovo tra i teli e sospirò.
“Ha l’aria di una menzogna.” Stavolta fu Loran a sporgersi per guardare di sotto. I suoi capelli rossi brillarono alla luce del fuoco fatuo.
“Vuole un consiglio, maestà? Se a Vetta Azzurra le hanno insegnato che esistono solo il bianco e  il nero, fuori dalle mura della sua città scoprirà che esistono un sacco di sfumature. La verità cambia in base al modo in cui la racconti.”
“La verità è la verità, vicerè.” Loran rise e fece l’occhiolino.
“Se fosse vero, sarei spacciato!” Aeris rise e cercò di chiudere gli occhi e dormire. Anche se non aveva voluto cedere il punto a Loran, comprendeva in realtà le parole del viceré. Probabilmente meglio di chiunque altro. Lei era una ragazza e si faceva passare per il principe imperiale. Erano bastati dei piccoli artifizi per indurre tutti a credere che fosse il nobile e valorose erede dell’Ala di nuvola. Poteva dire che la sua fosse una menzogna bella e buona oppure che la verità era un’altra. Anche se non era l’erede che tutti avevano sperato arrivasse, lei ce la stava mettendo tutta per essere degna, per essere la creatura mitica che avrebbe salvato il mondo dalla grande ombra. Forse, se un giorno la verità fosse emersa, qualcuno con lo stesso modo di pensare di Loran l’avrebbe perdonata, addirittura accettata? Un rumore la fece voltare. Mars si era alzato ed era andato a dare il cambio ad Akram.
Il mercenario raggiunse il fuoco e si sedette cercando di non fare rumore. Aeris si alzò e lo raggiunse con una bottiglia di vino. Gliela porse.
“Grazie per aver fatto il primo turno di guardia al posto mio.” Akram stappò la bottiglia e bevve un paio di sorsi.
“Non toccava a vostra maestà. Avete cose più importanti a cui pensare. Buono il vino di Vetta Azzurra.”
“È buono soprattutto quando si è stanchi o tristi.” Rispose Aeris guardando il fuoco.
“Vostra maestà è stanco?” Chiese il mercenario. Lei fece spallucce.
“Stanco no. Triste forse.”
“Posso sapere per quale motivo?”
“Mi giudicheresti sciocco e infantile.” Akram bevve un altro sorso.
“Potrei giudicarvi ugualmente sciocco ed infantile poiché vi rifiutate di rispondere.” Aeris sospirò.
“Ho salutato Grifis dicendogli che sentivo di dover fare questo viaggio da solo per imparare. Sono inadeguato, lo so. So di non essere il principe che tutti si aspettavano. So di poter migliorare. So di poter diventare quel principe. Ecco però che al primo errore mi deprimo al punto da perdere tutta la fiducia che ho.” Akram allungò verso Aeris la bottiglia.
“Non sono pensieri sciocchi né, tantomeno, infantili.” Aeris sorrise e bevve.
“Tu sai sempre cosa fare.”
“È l’impressione che mi piace dare di me. Credetemi, altezza, se vi dico che anche io sono spesso inadeguato.”
“Ti ho visto sempre fare la scelta giusta finora.”
“Non scambiate l’esperienza per temperamento.” Aeris sorrise abbassando lo sguardo e restituendo la bottiglia al mercenario.
“È per questo che hai sempre quell’espressione dura sul viso? Pensi di non avere temperamento?”
“No. Voi avete sempre quell’espressione sorridente ma vi lamentate perché la cattiveria del mondo non vi ha potuto insegnare nulla. Io non sono capace di sorridere perché quella cattiveria mi è entrata dentro fino alle ossa.” Aeris gli mise una mano sulla spalla.
“Tutti sono capaci di sorridere. Facciamo un patto. Tu insegnami la cattiveria del mondo e io, in cambio, ti insegnerò la sua gentilezza.”
“Non mi sembra uno scambio equo, altezza.” Aeris rise.
“Questo fallo decidere a me. Ti avverto però, mio padre mi ha mostrato che la gentilezza può fare male quanto la cattiveria.” Akram portò la bottiglia alle labbra pensando che aveva già una mezza idea di cosa quelle parole volessero dire. Aeris si alzò e guardò in direzione del monolite. Lui posò la bottiglia in terra e le fu alle spalle.
“Di notte sembra più imponente.”
“Mi ci accompagni?” Akram non rispose e la precedette. Quando furono a pochi passi dalla pietra si fermò.
“È magico. In modo ancestrale.”
“Durante il mio viaggio verso Cattedra l’ho toccato. Hai ragione: è magico.”
“I Nagrod pensano che a seconda di chi lo tocchi riveli una magia diversa.” Aeris si voltò a guardarlo.
“In che senso?” Akram si sforzò di spiegare.
“Per i Nagrod il monolite appartiene a Seiren. Seiren non è un dio benevolo. Se chi tocca il monolite è pervaso di energia positiva, riceverà energia positiva ma se chi lo tocca ha intenzioni malvagie, riceverà malvagità.”
“Mi sembra giusto. Severo forse, ma giusto. In fondo la magia può essere un’arma potente. Se chi la usa è malvagio, può essere davvero molto pericolosa.”
“Ti riferisci a Norren?” Aeris fece un passo verso il monolite e sorrise.
“Mi leggi nel pensiero?”
“Non è difficile immaginare una cosa del genere.”
“Pensavo proprio a Norren ma, in realtà, anche a Seifer.”
“Seifer è potente ma è anche malvagio?” Chiese Akram avvicinandosi ad Aeris.
“Una parte di me crede che non lo sia, che il suo astio nasce dall’incomprensione. Durante il consiglio ha fatto bene intendere che ritiene di essere un candidato migliore di me ad impugnare l’Ala di nuvola. Comprendo il suo punto di vista e credo che se avessimo avuto modo di conoscerci meglio anche lui avrebbe compreso il mio. Tuttavia un’altra parte di me mi avverte di non fidarmi di lui.”
“Ve lo consiglio anche io. Non abbassate la guardia con lui. Il mio fiuto mi dice che nasconde qualcosa.”
“Fiuto?” Aeris lo guardò con aria interrogativa.
“È un modo di dire dei Nagrod.” Aeris rise portandosi una mano alla bocca. Akram non poté fare a meno di fare un ghigno.
“Se quello è un sorriso, Akram, dobbiamo davvero lavorarci.” Fece lei allungando una mano verso il monolite. Accarezzò l’edera che lo ricopriva poi le sue dita trovarono la roccia e lei si fece seria pensando che quel tocco le avrebbe suggerito una visione. Tremò quando non accadde poiché pensò che da quando era stata ferita non le era più capitato di avere premonizioni.
Akram se ne accorse e la prese per un braccio. Voleva portarla via di lì. Temeva davvero che il monolite potesse farle del male.
Fu allora, nello stesso istante in cui Akram strinse le sue dita intorno all’avambraccio, che accadde. Aeris fu trascinata in avanti e si ritrovò di nuovo sotto alla grande ombra. C’era sempre la donna a terra priva di vita ma, stavolta, l’ombra nasceva dal suo corpo e la guardava come uno spettro. Per la prima volta sentì la sua voce.
“Liberalo dalla maledizione. Ascolta la mia voce. Liberalo.”
L’ombra si fece maestosa e lo spettro indicò un punto nel cielo. Qualcosa brillò in quel punto e da lì cadde un fulmine. D’istinto chiuse gli occhi per proteggerli dal lampo e quando li riaprì l’uomo dagli occhi color cobalto era di fronte a lei. Vide le sue labbra muoversi ma non udì alcun suono. Si accorse solo che le sue mani erano sporche di sangue. Una profonda ferita le si era aperta nel ventre e lei cadde all’indietro, schiacciata da quegli occhi.
“Tu dovrai morire.”
Ora sapeva cosa aveva detto l’uomo prima di trafiggerla. Si fece prendere dalla disperazione e sentì che sarebbe svanita da un momento all’altro inghiottita dalla terra e dalle tenebre quando qualcosa le strinse il braccio. Erano le fauci della bestia che lei aveva visto nella taverna di Rifiel. Le stringevano il braccio senza dare segno alcuno di volerla lasciare. Fissò i suoi occhi. Anche gli occhi della fiera erano blu cobalto. Si sentì richiamare indietro e tornò padrona del suo corpo.
“Aeris! Rispondi!” La voce di Akram, carica di preoccupazione, la scosse. Lei si accorse che la sua mano stringeva il suo braccio esattamente dove la fiera la stava mordendo nella visione.
“Akram, cosa è successo?” Lui l’aiutò a rimettersi in piedi.
“Devi dirmelo tu. I tuoi occhi erano sbarrati e sembrava che il tuo spirito avesse lasciato il tuo corpo per finire chissà dove!” Aeris si stupì delle sue parole. Qualche volta le era capitato di essere sopraffatta dalle sue visioni ma nessuno aveva mai descritto i suoi mancamenti in quel modo. Akram invece aveva descritto esattamente quello che le accadeva in quei rari momenti. Il suo spirito veniva sbalzato altrove, nel passato o nel futuro, per assistere ad una scena che in genere non le apparteneva.
“Hai ragione, Akram. Non volevo che ti preoccupassi.”
“Ti avevo avvertito riguardo al monolite.” Aeris si era ripromessa di non svelare ai suoi nuovi compagni i suoi poteri nascosti ma non voleva lasciare il mercenario nel senso di colpa soprattutto dopo che lui le aveva rivelato di saper utilizzare la magia nel momento in cui lei ne aveva avuto bisogno. Così parlò.
“Non è colpa della magia del monolite. A volte io vedo delle cose. È proprio come hai detto tu. È come se il mio spirito, richiamato da qualcosa che è nel mio passato o nel mio futuro, lasciasse il mio corpo per qualche istante. In genere non se ne accorge nessuno. Stavolta è stato, come dire, intenso.” Akram la guardò dritto negli occhi per capire se quello che stava ascoltando potesse essere davvero la verità. Decise che lo era.
“Cosa hai visto?” Lei abbassò lo sguardo. Così lui la rassicurò. “Se puoi dirmelo.” Non si accorse che, nella premura, aveva abbandonato ogni formalità. Lei sollevò lo sguardo e parlò.
“Ho visto la grande ombra. O almeno credo.” Akram si fece, se possibile, ancor più serio.
“La grande ombra?” Aeris annuì.
“Non è la prima volta. Credo che il mio potere stia cercando di mettermi in guardia da essa.”
“Ti mette in guardia dal portare a termine la tua missione?” Akram parlò senza alcuna intenzione malevola ma le sue parole ferirono ugualmente Aeris che abbassò di nuovo lo sguardo e si toccò con entrambe le mani l’addome. Per un momento le parve che, nel guardarsele, fossero nuovamente sporche di sangue.
“Non mi tirerò indietro. Anche se dovrò morire.” Le parole le uscirono di getto, senza alcuna incertezza.
“Dovrai?” Chiese Akram prendendogliele e allontanando da lei la visione del sangue. “Tutti potremmo morire in una missione che ci porterà ai piedi della grande ombra.” Lei continuò a guardare le sue mani in quelle di Akram e si rese conto che avrebbe dovuto ritirarle subito tanto erano piccole al confronto con quelle del mercenario.
“Intendevo questo. Che anche se a rischio della mia vita, io andrò fino in fondo.”
“Tu hai detto ‘dovrò’.” Lei sorrise.
“È quello che ha detto lui.”
“Lui chi?” Aeris scosse il capo.
“Non lo so. Forse lo spettro di Zion.” Akram sentì qualcosa tirare dentro.
“Ascoltami.” Disse lasciando andare le sue mani. “Lo spettro di Zion non ti farà alcun male finché io vivrò.” Aeris lo guardò con aria interrogativa. “Questa è una promessa. Tutti possiamo andare incontro alla morte. Forse nel tuo destino potrebbe non esserci una vita lunga e felice ma di una cosa sola puoi stare certo, altezza. Sulla mia spada io giuro che Zion non ti farà alcun male fino a che io avrò un solo respiro da spendere.” Aeris cercò di capire cosa avesse generato una tale presa di posizione ma si arrese alla prima impressione che aveva avuto di Akram. Era un uomo d’onore.
“Un giuramento da vero cavaliere! Te ne sono grato Akram ma sono io che proteggerò te e gli altri. Forse dovrò morire ma non prima di averlo sconfitto. Non mi farò intimidire, né esiterò. Credi in me.”
La notte era ancora lunga e Akram rimase ancora lì vicino ad Aeris fino a che lei non sentì che poteva allontanarsi dal monolite in pace con la visione che aveva avuto.
Quando Loran sentì Aeris sistemarsi tra le coperte, scese dal suo giaciglio e si preparò al proprio turno di guardia. Vide il mercenario sistemarsi contro il tronco di un albero ma si accorse che non smise di fissare l’imperatore. Poteva immaginare perché un uomo del genere volesse avvicinarsi al futuro erede al trono dell’impero anche se Akram non sembrava il tipo d’uomo che si fa comprare con l’oro. Non riusciva invece a capire perché l’imperatore gli desse tanto credito. Forse però il mistero stava proprio in quello. Cosa aveva visto Aeris in Akram che lui non riusciva a vedere? Perché quello sconosciuto, presentato a tutti come un interprete dei Nagrod, aveva rischiato la vita per l’imperatore? Poteva osare tanto per ingraziarselo?
Di Aeris Strifen aveva capito poche cose. Che era buono d’animo ma non altrettanto stupido. Si sarebbe fatto abbindolare da un solo gesto, seppure eroico?
Loran sapeva che gli sfuggiva ancora qualcosa. Con un gesto della mano ravvivò il fuoco.
“Hai l’aria di chi fa cupi pensieri.” La voce non lo sorprese.
“Quella di prendermi alle spalle è diventata un’abitudine.” Mars rimase in piedi apparentemente preso dal sistemare il suo mantello.
“Sei preoccupato perché temi che Seifer non ci faccia passare liberamente per la foresta oppure perché temi che lo faccia?” Loran si voltò senza alzarsi.
“Dritto al punto! Nonostante vi abbia messi in guardia da Seifer, non riesci, non dico a fidarti, ma almeno a darmi un minimo di credito.”
“Seifer è tuo cugino e non sarebbe la prima volta che ti schieri dalla sua parte. Probabilmente ai tuoi occhi lui è invincibile.” Loran sorrise.
“Invincibile? No. Pericoloso? Molto.” Stavolta fu il turno di Mars di sorridere seppure in modo malevolo.
“Non mi stupirei se tu avessi già escogitato un piano e stessi solo aspettando il momento giusto per attuarlo.”
“Nessun piano. Solo cupi pensieri. Seifer ha lasciato Cattedra prima ancora di sapere quale idea Aeris avesse in mente per raccogliere le sfere. Non ti sembra almeno sospetto questo suo farsi da parte?” Loran si alzò e fronteggiò il ramingo.
“A meno che non si sia fatto da parte e ci stia semplicemente aspettando al varco. Magari tu lo sai già, visto che tua madre è lì con lui.” Lo sguardo di Loran si fece duro.
“Non tirare in ballo mia madre. Non ti ha sfiorato la mente la possibilità che lei voglia aiutarci?”
“Aiutare te di sicuro!” Rispose Mars facendo l’ultimo passo che li divideva. Loran avvertì la sua presenza quasi addosso.
“Non m’importa di quello che pensi. Io non vi tradirò. Questa missione è importante anche per me. Ci sono delle cose che si risolveranno in ogni caso ora che Aeris è con noi. Attendo il loro esito da molto, molto tempo. Tu non immagini quanto.”
“Lo vedremo. Avrai modo di mettere alla prova queste tue determinazioni. Sappi, però, che al primo passo falso ti ritroverai con una freccia ben piantata nel petto.”
“Purché sia nel petto. Voglio guardarti negli occhi mentre lo fai.” Loran fece un passo indietro e tornò a sedersi vicino al fuoco interrompendo il contatto visivo che si stava facendo insostenibile per lui. Sentì che anche il ramingo si era allontanato. Sospirò e andò col pensiero a sua madre. Forse lui non aveva alcun piano ma, di certo, lei sì.

Piccole note dell'autrice:
La storia va avanti e io sono già alla rilettura delle prime cento pagine.
A qualcuno va di dirmi cosa gliene sembra?
Un abbraccio a prescindere e buon anno a tutti.
Mary

  
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