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Autore: Harley Sparrow    03/01/2020    1 recensioni
Sequel di This is Us – Youth e di This is Us – Bond
Anno 1995/1996
Per Edmund, Frannie e Margaret inizia l’ultimo anno alla Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts. L’ombra del ritorno di Voldemort si allunga silenziosa, e i ragazzi ne subiranno le conseguenze. Scopriranno presto che il mondo magico non è più quello di una volta.
Con la professoressa Umbridge più odiosa che mai, segreti da tenere nascosti, i rapporti fra le Case che si fanno più freddi, la fine di qualche amicizia e un’alleanza inaspettata, riusciranno i nostri eroi a superare i MAGO e a prepararsi alla vita fuori da Hogwarts?
*
[Dal capitolo IV]
«Usare incantesimi di Difesa?! Non riesco a immaginare una situazione nella mia classe che richieda di ricorrere a un incantesimo di Difesa. Lei si aspetta forse di essere aggredita durante la mia lezione, signorina…?»
«Oaks» rispose Laetitia.
Frannie fissò l’insegnante incredula. Non aveva mai sentito una castroneria simile, nemmeno dal professor Allock, e comunque a quei tempi sarebbe stato divertente. Ora non lo era, non lo era per niente.
Genere: Angst, Generale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Dolores Umbridge, Fred Weasley, Nuovo personaggio, Serpeverde, Severus Piton
Note: AU, Cross-over, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Until the very end'
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XVII 
 
L'EVASIONE
 


Non era stato facile riabituarsi al regime oppressivo che c’era a Hogwarts. Le vacanze natalizie passate perlopiù insieme e senza troppi pensieri per la testa erano state da una parte un toccasana per gli studenti che avevano lasciato la scuola, ma dall’altra una triste illusione di libertà. Mancavano ancora sei mesi alla fine della scuola e sembravano secoli.
Erano tornati la domenica sera e già il lunedì erano ricominciate le lezioni, ed erano ricominciate col capitolo 18 di Teoria della Magia Difensiva, che spiegava piuttosto ingenuamente come rispondere a un attacco in maniera non aggressiva.
“Non credo che riuscirò a trattenermi ancora a lungo dal dirle che sono un ammasso di stronzate” disse Frannie quando uscirono dall’aula.
“Pensa a Edmund, che a settembre dovrà andare a dire queste sciocchezze al test d’ingresso per diventare Auror” disse Mag stringendo la mano del ragazzo.
“…Sempre che non sia questa la politica che vuole adottare il ministero: creare combattenti che non sanno combattere” mormorò lui.
“Oh no, non dirmelo ti prego” disse Frannie “Non voglio neanche pensarci”
Affrontarono il resto della giornata con quel peso sul cuore. Alla sera, durante la cena, i tre riuscirono finalmente a chiedere a Jasmine come erano andate le vacanze a Hogwarts.
“Il giorno di Natale è stato un po’ triste” disse la ragazza guardando sconsolata verso il tavolo di Aladdin “A Hogwarts siamo rimasti in meno di venti, e la Umbridge ci ha permesso di alzarci e mangiare tutti insieme solo quando è arrivato il dolce. Io ho pranzato con Mary Sue e altri due ragazzini del secondo anno, Aladdin era da solo con una compagna di classe di tua sorella” disse rivolgendosi a Edmund.
“Neanche a Natale smette di fare la stronza” disse Mag scuotendo la testa.
“Avevi forse dubbi?” chiese Frannie.
“Alla fine comunque siamo andati tutti al tavolo dei Tassorosso e ci siamo abbastanza divertiti. Mary era un po’ giù ma non voleva dire il perché… Almeno non ha rotto le scatole” disse Jasmine.
“Già, chissà perché” disse Frannie ridacchiando e guardando Edmund, il quale sbuffò.
Notando quello scambio di sguardi Jasmine strinse gli occhi.
“Dovete dirmi qualcosa?” chiese sorridendo maliziosa.
“Oh beh, forse, se Edmund vuole raccontarlo…” disse Frannie sorridendo sorniona.
A quel punto, Edmund fece un sospiro e iniziò a raccontare del regalo e della lettera che aveva ricevuto, alla quale si era rifiutato di rispondere – motivo del malumore della ragazza.
“Certo che non capisce proprio niente lei!” ridacchio Jasmine “Quante volte glielo avrete detto che Edmund non è interessato?!”
“Ho perso il conto” rispose Mag portandosi una mano alla testa, sconsolata.
“Certo che il tuo ragazzo è proprio un maleducato. Non mette neanche la collanina che gli ha regalato la sua amante” disse Frannie ridendo, rivolta a Mag.
“Già, pensa un po’ te con che razza di persona mi sono messa” disse Mag ridacchiando.
Edmund scosse la testa, divertito.
“Sono contenta che siate tornati” disse Jasmine dando una spallata amichevole a Frannie, seduta accanto a lei.
“Anche tu ci sei mancata” disse Mag sorridendo.
“Adesso vado da Al, mi sta aspettando” disse la ragazza.
Salutò gli amici e si alzò. A quel punto Frannie si mosse per mettersi esattamente davanti a Edmund e Mag. Si sporse verso di loro.
“Secondo voi Piton ci farà sapere presto quando possiamo vederci?” chiese abbassando la voce.
“Forse aspetta che gli chiediamo noi!” mormorò Mag.
“Voi ricordate esattamente cosa ha detto l’ultima volta che ci siamo visti?” chiese Edmund, guardando direttamente Mag. Frannie fece lo stesso: la domanda era rivolta di sicuro a lei, che aveva più probabilità di ricordare quell’informazione.
“Mi pare che abbia detto solo che potevamo andare anche dopo Natale, ma non ha detto come e quando” disse lei, sforzandosi di ricordare.
“Anche a me sembrava così…” disse Frannie.
“Vediamo domani a lezione se ci dice qualcosa, poi al massimo aspettiamo una settimana e gli chiediamo” disse Edmund. Le due annuirono convinte.
“Va bene, facciamo così” disse Frannie alzandosi in piedi. “Ci vediamo dopo in Sala Comune!”
E si dileguò verso il tavolo dei Tassorosso.
 
L’indomani, Frannie si svegliò più presto del solito. Aveva fatto un brutto sogno che riguardava la sua famiglia – il ramo più folle – e non riusciva più a riaddormentarsi. Guardò la sveglia sul suo comodino, segnava le sette e un quarto. Di solito il martedì dormiva fino alle otto e mezza perché doveva andare a Divinazione alla seconda ora. Mag, invece, anche se aveva lezione alle dieci si svegliava poco dopo le sette per fare colazione con Edmund, infatti i rumori che provenivano dal bagno e il letto vuoto informarono Frannie che l’amica non era ancora uscita dal dormitorio ma che era prossima a farlo.
Si tirò su e si mise a sedere. Con un gesto seccato scostò le coperte e si alzò per prendere la divisa nel baule e si sedette sul letto in attesa che Mag uscisse dal bagno.
La ragazza rimase interdetta per un attimo quando uscì e la vide.
“Come mai sveglia?” chiese a bassa voce. Miles e Jasmine stavano ancora dormendo.
“Non riuscivo a dormire” rispose Frannie alzandosi in piedi “Vi raggiungo fra dieci minuti”
“Ok, a dopo” rispose Mag con un sorriso.
Quando raggiunse Edmund nella Sala Comune il ragazzo si illuminò.
Anche lui aveva dormito piuttosto male quella notte, ma se aveva fatto un brutto sogno lo aveva dimenticato.
“Tra un po’ arriva anche Frannie, la aspettiamo qui?” gli disse la ragazza.
Non dovettero attendere molto. Alla fine i tre si diressero in Sala Grande tutti insieme. A quell’ora era piuttosto affollata perché la maggior parte degli studenti della scuola aveva l’orario pieno e iniziava le lezioni alle otto in punto.
Si sedettero ai soliti posti e iniziarono a servirsi la colazione. Frannie sperava che una buona dose di zuccheri cancellasse l’amaro che le aveva lasciato in bocca quell’incubo. Guardò davanti a sé e si accorse che anche Potter sembrava non aver dormito molto bene. La sensazione che quel giorno ci fosse qualcosa di strano iniziò a farsi spazio nella sua mente. Anche la Umbridge sembrava più furiosa del solito: stava letteralmente attaccando una scodella di porridge, mentre Silente e la McGranitt erano impegnati in una discussione che sembrava molto seria. Per cercare di scacciare quei pensieri che faticava a seguire e capire, guardò in alto. Sulle loro teste nevicava fitto fitto, segno che la primavera era ancora lontana. Quando Edmund addentò il secondo tortino al limone i tavoli furono oscurati da una moltitudine di gufi che portavano la posta mattutina.
“Chissà se dicono qualcosa sul meteo” borbottò Frannie, reggendosi la testa con una mano e intingendo pigramente un biscotto al cioccolato nel tè.
La Gazzetta del Profeta planò davanti a Edmund, sfiorando appena il piatto che aveva davanti. Il ragazzo distese le pagine e guardando la pagina iniziale notò che era interamente occupata da undici fotografie in bianco e nero: erano nove maghi e due streghe. Li guardò distrattamente, senza però leggere il titolo. Alcuni si limitavano a esibire un’espressione annoiata, altri tamburellavano le dita sulle cornici delle loro foto, con aria insolente. Sotto ciascuna immagine erano scritti il nome della persona e, da quanto capì il ragazzo, il crimine per cui era stata arrestata. Il cuore iniziò a battergli forte nel petto quando la sua attenzione venne catturata dalle due donne situate circa a metà della pagina. Una aveva i capelli arruffati e incolti, lo guardava con scarsa simpatia da sotto le palpebre pesanti, e un sorriso di arrogante disprezzo le aleggiava sulle labbra. Recava tracce di una grande bellezza, ma qualcosa, forse Azkaban, doveva avergliela sottratta quasi tutta. Probabilmente una parte di lui, quella che poco prima aveva guardato distrattamente le foto, già sapeva chi fosse la donna accanto a lei. Si irrigidì, strinse fra le mani il giornale così forte da stropicciarlo. Mag e Frannie si accorsero proprio in quel momento che c’era qualcosa che non andava. Si scambiarono uno sguardo interrogativo proprio mentre Edmund finalmente si era deciso a rivolgere uno sguardo veloce ma più attento, terrorizzato, verso la vicina della donna di nome Bellatrix Lestrange. Era giunto il momento di scoprire chi fosse la persona che la sua ragione aveva cercato disperatamente di risparmiargli.
Capelli biondi raccolti da una parte, una pelliccia bianca che le copriva le spalle, un sorriso e una bellezza che avevano un qualcosa di feroce e incantevole al tempo stesso. Guardava il lettore – guardava lui – con un’aria di superiorità che lo fece sentire piccolo e indifeso. Di nuovo.
Fu allora che si ricordò che non aveva ancora fatto una cosa. Non aveva letto il titolo dell’articolo.
Fu una lotta contro sé stesso, la sua volontà, la sua lucidità, ma alla fine la necessità di sapere vinse sul terrore. Alzò lo sguardo, lesse velocemente le cinque parole che componevano il titolo, e improvvisamente gli sembrò di stringere fra le mani un ferro arroventato. Scagliò il giornale davanti a sé, e quello finì nel piatto di Frannie, che insieme a Mag lo stava guardando incerta se preoccuparsi o no. Quando il ragazzo fece quel gesto e spinse indietro la panca su cui era seduto, come se quel giornale fosse una carogna di animale disgustosa dalla quale era necessario allontanarsi il prima possibile.
“Cosa è successo?” chiese Mag sentendo il cuore accelerare i battiti. Non aveva mai visto Edmund in quello stato.
Il ragazzo continuava a fissare sconvolto il giornale, che ora Frannie aveva preso in mano e stava esaminando. Quando capì, emise un’esclamazione che fece voltare tutti i vicini, che già stavano guardando il gruppo con sospetto.
“Cosa…?” ripeté Mag guardando prima Edmund e poi Frannie.
Quest’ultima distese il giornale sul tavolo e finalmente Mag poté leggere.
 
EVASIONE DI MASSA DA AZKABAN
Il sottotitolo dell’articolo diceva: IL MINISTERO TEME CHE SIA BLACK IL PUNTO DI RIFERIMENTO PER GLI EX MANGIAMORTE.
Mag si avvicinò e lesse la didascalia che le indicava l’amica. Diceva: Jadis Prewett – condannata per aver offerto asilo a Mangiamorte ricercati, per essersi rivelata fiera seguace di Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato e per aver ripetutamente torturato e tentato di uccidere i nipoti, figli di Thomas e Helen Pevensie.
“Oh mio…” boccheggiò la ragazza.
Vedere scritto nero su bianco quello che aveva fatto a Edmund e ai suoi fratelli aveva reso tutto più reale, non più una verità da conoscere e dimenticare, ma una realtà da accettare. Gli occhi le si riempirono di lacrime mentre guardava il viso della donna che aveva causato a Edmund un trauma che a distanza di anni faticava a superare. Il ragazzo intanto, con mano tremante, aveva afferrato un bicchiere e se lo era portato alla bocca.
“Leggete voi” disse con la voce alterata dalla paura e dalla rabbia.
Vedendo che Mag non prendeva l’iniziativa, Frannie iniziò a leggere con voce sommessa.
“Il Ministero della Magia ha annunciato nella tarda serata di ieri un’evasione di massa da Azkaban
Parlando con i giornalisti nel suo studio privato, il Ministro della Magia Cornelius Caramell ha confermato che dieci prigionieri dell’ala di massima sicurezza sono evasi nelle prime ore della serata di ieri e che il Primo Ministro Babbano è già stato informato della natura pericolosa di questi individui. “Ci ritroviamo purtroppo nella stessa condizione di due anni e mezzo fa, quando fuggì il pluriomicida Sirius Black” ha dichiarato Caramell. “E riteniamo che le due evasioni siano collegate. Una fuga di questa entità presuppone un aiuto dall’esterno, e occorre ricordare che Black, il primo che sia riuscito a evadere da Azkaban, sarebbe nella posizione ideale per aiutare altri a seguire le sue orme. Riteniamo probabile che questi individui, tra i quali c’è anche la cugina di Black, Bellatrix Lestrange, si siano raccolti attorno a lui facendone il loro leader. Stiamo comunque tentando il possibile per ritrovare i criminali e raccomandiamo a tutta la comunità dei maghi la massima cautela. Per nessun motivo questi individui devono essere avvicinati”.
“Non ci posso credere” mormorò Frannie quando ebbe finito di leggere. “Caramell dà la colpa dell’evasione a Sirius!”
Mag deglutì e parlò a bassa voce.
“Dubito che potesse dire Ehi, scusate tutti quanti. Silente mi aveva avvertito che poteva succedere, le guardie di Azkaban si sono unite a Voi-Sapete-Chi…”. Quando era sconvolto gli riusciva più facile dirlo ad alta voce “…e ora i suoi peggiori complici sono evasi’
Fece un respiro profondo, come se udire quelle cose gli fosse costato troppe energie. Col cuore che gli martellava nel petto, la gola secca e la sensazione di freddo, sull’orlo della crisi di panico, senza aggiungere altro si alzò in piedi.
“Devo dirlo a Lucy” mormorò dopo essersi schiarito la voce.
“Vengo con te?” chiese Mag con un filo di voce.
“No, non ti preoccupare” rispose lui voltandosi appena.
Prese il quotidiano dalle mani di Frannie e abbandonò il tavolo, lasciando le due amiche a guardarsi negli occhi preoccupate.
Frannie e Mag videro il ragazzo avvicinarsi al tavolo dei Grifondoro. Si sedette accanto a Lucy, che lo guardò con il sorriso sulle labbra, sorpresa dal suo arrivo. Poi Edmund disse tre o quattro parole, e il sorriso di Lucy scomparve. Mag tornò a guardare Frannie, sentendosi come un’intrusa in quel dramma famigliare.
“…Possibile che così pochi si siano resi conto di quello che è successo?” disse Frannie.
Si era guardata intorno e per ogni tavolo c’era appena una manciata di persone che stavano leggendo il Profeta e avevano l’aria scossa. Il suo sguardo incontrò quello di Laetitia, che stava parlando spaventata con Belle e un loro compagno di classe. Laets la guardò quasi con aria di sfida, come per farle notare che il Ministero che lei tanto supportava ne aveva appena fatta una grossa.
“…Come faccio a sostenerli adesso?” mormorò fra sé e sé.
“Come?” chiese Mag, disorientata, senza capire il flusso dei pensieri dell’amica.
“Il Ministero. Con che faccia posso andare in giro a dire che il Ministero sa ancora quello che fa?!” disse Frannie, pallida in volto.
“Non lo so” mormorò Mag prendendosi la testa fra le mani. “…Dici che riusciranno a prenderli?”
“Risponditi da sola, Mag” disse Frannie. “Pensano ancora che Tu-Sai-Chi non sia tornato. Stanno negando la gravità della situazione a tutti i livelli. Non ce la faccio a sostenere Caramell, è come farmi una violenza da sola”
“Puoi sempre dire che credi negli Auror, senza nominare lui” azzardò la ragazza, dopo averci riflettuto per qualche istante. Frannie parve riprendersi un po’.
“Tu sai chi sono gli altri Mangiamorte?” chiese Mag dopo aver bevuto un sorso di succo di zucca. Aveva perso l’appetito.
“Sì. C’era Dolohov, ha ucciso Gideon e Fabian Prewett. Sono gli…” ci pensò su un attimo “zii… dei gemelli, mi pare. Fratelli della madre. E sono imparentati con la mamma di Ed, tra l’altro. Li ha uccisi in modo brutale, nel mondo magico se ne parla ancora”
“E gli altri?” incalzò Mag. Non sapeva come commentare quella notizia.
“Rookwood. Una spia di Tu-Sai-Chi al Ministero, rivelò dei segreti molto importanti”
“Ho capito” disse Mag “…E l’altra donna… Bellatrix se non sbaglio. Era terrificante”
“Vedi quel ragazzo?” disse Frannie indicando verso il tavolo di Grifondoro “Quello che ha appena rovesciato il tè, Neville Paciock”
“Sì, ho capito chi è” disse Mag guardandolo di sottecchi.
“Bellatrix Lestrange ha torturato i suoi genitori fino alla pazzia. Maledizione Cruciatus. Sono invalidi permanenti adesso, da quattordici anni”
“È orribile! Avevo letto di lei allora…” mormorò Mag.
“…È cugina di mia mamma… Hanno tagliato i ponti prima che nascessi” aggiunse la ragazza.
“Pensi che potrebbe…” balbettò Mag. Non riusciva a dar voce al suo pensiero, era troppo brutto.
“Non penso che le importi di noi” disse Frannie “…Lo spero…”
Rimasero in silenzio per qualche istante a rimuginare sull’accaduto.
“Secondo te dovrei andare da Edmund?” chiese Mag dopo un po’, guardandosi alle spalle per cercare di capire cosa stesse facendo il ragazzo.
“Non so, forse è meglio lasciarlo sfogare con Lucy per adesso” disse Frannie guardando a sua volta verso lui, che stava accompagnando Lucy fuori dalla Sala Grande.
“Credo che la accompagni a lezione” aggiunse la ragazza.
Mag notò che mentre i due Pevensie si erano alzati, Silente li aveva guardati per un istante, poi il suo sguardo si era posato su Neville e infine su Harry Potter, che in quel momento guardava altrove, visibilmente preoccupato.
“Credo che lo seguirò” disse Mag. “O dici che è meglio rimanere qui ad aspettarlo?”
“Io non so se vorrei essere seguita” rifletté Frannie. “Aspettiamo ancora dieci minuti, la prima lezione della giornata inizierà a momenti… Se non torna lo andiamo a cercare.
“Va bene” rispose Mag, rassegnata.
“Ed non si darà pace” disse Frannie scuotendo la testa.
“E lo capisco…” mormorò Mag “Quella donna ha rischiato di distruggerlo”
“Quando era uscita la notizia della sua cattura, cinque anni fa, non ci avevo dato troppo peso” spiegò Frannie “L’articolo del Profeta diceva che aveva tenuto in ostaggio i nipoti, che erano piuttosto scossi, ma non diceva chi fossero. Solo quando Ed ce lo ha raccontato due anni fa mi sono resa conto che le due cose erano collegate. I miei erano abbastanza sconvolti ma non ne avevamo parlato molto, la notizia ci era arrivata mentre eravamo al mare, era metà estate”
“Sì, infatti era successo verso fine luglio. Poi Edmund ci scrisse. Per la prima volta in assoluto. Ti ricordi?” chiese Mag con un sorriso appena accennato.
“Sì, era stata una lettera proprio inaspettata” disse Frannie pensierosa, poi sorrise “…Poi le cose sono cambiate, in meglio”
“Già” disse Mag, lasciandosi contagiare dal sorriso. “Ora che sappiamo cosa lo fa star male sarà più facile stargli vicino, no?”
“Credo proprio di sì…” disse Frannie, ripensando inevitabilmente a come era Edmund gli anni precedenti.
Allora gli erano state vicine senza sapere cosa fosse successo, incondizionatamente. Avevano accettato il suo cambiamento, la sua allegria, la sua gentilezza senza quasi battere ciglio, nonostante prima fosse distaccato e a tratti scontroso. Ora che sapevano, da una parte sarebbe stato più semplice comprenderlo, ma dall’altra non sarebbe stata una passeggiata perché erano comunque impotenti di fronte alla sua angoscia.
“Sta tornando” disse Frannie sottovoce.
In un attimo il ragazzo fu di nuovo seduto vicino a loro. Mise una mano sulla mano di Mag e la strinse leggermente, e lei fece un sospiro di sollievo. Almeno in quel momento cercava il suo sostegno.
“È molto scossa… Quando è successo aveva meno di dieci anni, lo ricorda bene” disse cercando di rimanere impassibile, ma poi aggiunse “…E anche io”
“Ed, andrà tutto bene” si affrettò a dire Frannie. “Vedrai che li riprenderanno in fretta, non possono essere andati lontani…”
“E poi non ha la sua bacchetta, no? Deve essere più debole in ogni caso” disse Mag.
Edmund scosse la testa. In quel momento non se ne faceva niente di quelle congetture in cui credeva poco. Le due rimasero in silenzio, non sapendo che altro aggiungere, mentre il ragazzo riprese in mano il quotidiano per analizzare di nuovo le fotografie.
“…Anche la Lestrange…!” mormorò affranto.
“Sì, anche lei” annuì Frannie. “Neanche Paciock è messo bene, guarda”
Edmund si voltò proprio mentre il ragazzino si alzava e se ne andava a passi svelti fuori dalla Sala Grande.
“Almeno Bellatrix non cerca lui” sussurrò Edmund più a sé stesso che alle due.
Questa affermazione fece gelare il sangue nelle vene delle due ragazze.
“Non…” iniziò Mag “Non siamo sicuri che voglia voi, magari vuole solo combattere dalla parte di Voi-Sapete-Chi”
“Non lo so” mormorò Edmund, cercando di scacciare quei pensieri che gli si erano insinuati nella mente.
Si alzò in piedi.
“Devo fare due passi, ho bisogno di schiarirmi le idee” disse guardando il piatto che era rimasto pieno. Non aveva più fame neanche lui, il che significava che la situazione era molto grave.
“Vuoi che venga con te…?” chiese timidamente Mag.
Lui sembrò pensarci per un attimo, poi annuì.
“Grazie” disse. Lei gli prese subito la mano e gliela strinse.
“Io adesso devo andare a Divinazione” disse Frannie alzandosi anche lei e prendendo la cartella “Ci vediamo a Pozioni, ok?”
“Sì, a dopo” disse Mag.
I tre uscirono insieme dalla Sala Grande, poi Frannie prese le scale per dirigersi verso la torre di Divinazione, mentre Mag e Edmund decisero in un primo momento di fare un giro in cortile, ma dato che Edmund sentiva il bisogno di camminare e non potevano girare in mezzo alla neve per tutto il tempo, anche perché questi non era dell’umore, presero la strada che portava alla torre di Astronomia.
“Devo scrivere a Peter” disse di punto in bianco mentre ancora stavano salendo le scale. “Quanto odio non potergli parlare. Non si può usare la Metropolvere?”
“La Umbridge sorveglia i camini…” disse Mag mortificata. “Puoi scrivergli una lettera, ma lui non potrà mai risponderti in maniera soddisfacente”
Edmund brontolò una parolaccia rivolta alla professoressa.
“Devo fare qualcosa” disse “Non ce la faccio a rimanere qui con le mani in mano”
Percorrevano le scale velocemente, entrambi avevano il fiato corto ma nessuno dei due aveva intenzione di andare più piano.
“Al momento l’unica cosa che puoi fare è scrivergli” disse Mag “E stare vicino a Lucy”
Edmund per il momento non rispose. Lucy l’aveva presa male, ma non quanto lui. Piuttosto era Lucy che avrebbe dovuto stargli vicino in quel momento. Si sentiva davvero debole e impotente, gli sembrava di essere tornato quello stupido bambino spaventato che aveva… aveva…
‘…Venduto i tuoi fratelli per i lokum’ gli ricordò una voce fredda e spietata nella sua mente; la sua voce.
Arrivarono silenziosamente in cima alla torre, dove la neve arrivava senza dar troppo fastidio. Avevano il fiato corto, così Mag si sedette su un gradino, mentre Edmund si avvicinò al parapetto per poter scrutare l’orizzonte in santa pace.
Soffiava un vento gelido che gli fece venir voglia di tornare immediatamente dentro, ma al tempo stesso voleva guardare cosa stava succedendo fuori, lo faceva sentire leggermente meglio, più utile, anche se non meno nervoso.  Stare all’interno delle mura di Hogwarts non lo aveva mai fatto sentire più in trappola.
Mag pensò di lasciarlo un po’ solo con i suoi pensieri, ma quando il respiro si regolarizzò si alzò e lo raggiunse vicino al parapetto. Diede uno sguardo veloce verso il basso, ma lo sollevò non appena si sentì assalita da un’ondata di vertigini.  
“A cosa stai pensando?” chiese al ragazzo mettendogli una mano sulla spalla. Edmund guardava ancora davanti a sé.
“Vorrei essere a casa” rispose lui a bassa voce dopo averci pensato su un po’. Non sapeva se dirglielo o no perché non aveva voglia di sentirsi dire che era pazzo o che semplicemente era un desiderio impossibile da realizzare.  
Mag invece lo guardò di sottecchi. Capiva perfettamente come si sentiva e non se la sentiva né di dissuaderlo né tantomeno di incoraggiarlo, prima che decidesse di andarsene davvero. Sarebbe stato folle.
“Penso che Peter o tua madre ti faranno avere notizie il prima possibile, in un modo o nell’altro” gli disse dolcemente.
Si avvicinò a lui e lo abbracciò da dietro, facendo aderire il petto alla schiena del ragazzo e stringendosi forte a lui. Edmund coprì le mani della ragazza con le sue, cercando di ringraziarla tacitamente per quel gesto di cui aveva un disperato bisogno.
“Lo spero… Altrimenti andrò io da loro” sussurrò il ragazzo dopo un po’ di silenzio.
Mag sbarrò gli occhi e brivido le percorse la schiena. Non poteva parlare sul serio, era troppo pericoloso. Si sarebbe messo in un guaio serio se avesse fatto una cosa del genere. Delle parole per distogliere da quel pensiero rischioso e azzardato lottarono per uscire dalla sua bocca, ma alla fine riuscì a stare zitta, consapevole che dargli contro in quel momento non sarebbe servito a nulla se non a convincerlo di farlo davvero. Rimandò le sue rimostranze a un momento in cui avrebbero avuto la mente più lucida e appoggiò la testa alla schiena del ragazzo, cercando di trasmettergli tutta la sua calma.
 
Intanto Frannie era uscita dalla lezione di Divinazione e nel tragitto per l’aula di Pozioni aveva sorprendentemente trovato Tony che stava andando incontro.
“Hai saputo quello che è successo ad Azkaban?” le chiese dopo averla salutata.
“Sì, ci è arrivato il Profeta mentre mangiavamo…” rispose lei “Tu non c’eri in Sala Grande!”
“Stavo già andando verso le serre, sono un po’ lontane” disse il ragazzo “ce lo ha detto la Sprite quando è arrivata”
Aveva lo sguardo sconvolto.
“C’è anche la zia di Ed fra i Mangiamorte scappati” mormorò Frannie.
“Ho visto… Lui come l’ha presa?” chiese il ragazzo.
“Non bene. Adesso penso che sia con Mag da qualche parte… Era piuttosto scosso”
“Posso solo immaginare” disse Tony “Sai, quell’altro che è scappato, Dolohov, durante la guerra ha ucciso un amico di mio padre, me lo ha detto una volta”
“Io sono imparentata con Bellatrix Lestrange” disse Frannie, sconsolata.
“Spero che li trovino presto” disse Tony stringendola fra le sue braccia.
“Il Ministero sta perdendo sempre più terreno, dubito che ci riusciranno” mormorò Frannie abbracciandolo a sua volta mentre attendevano che una rampa di scale li portasse dalla parte opposta.
“Adesso non ci dobbiamo pensare, a Hogwarts siamo al sicuro” disse Tony. “Non possiamo farci niente”
“E la Umbridge si ostina a dire che là fuori non c’è niente. Voglio proprio vedere come affronterà questa cosa a lezione”
“Secondo me farà finta di niente” disse Tony, e con ogni probabilità aveva ragione.
Ormai erano quasi davanti all’aula di Pozioni, nei sotterranei. Trovarono qualche studente a parlare dell’accaduto, Fred e George lanciarono a Frannie uno sguardo eloquente, ma non poterono dirsi nulla, così le voltarono le spalle e lei ci rimase un po’ male, anche se sapeva che non avrebbero potuto fare altrimenti.
Poco prima che arrivasse Piton, Mag e Edmund entrarono nell’aula in silenzio. Mag prese posto accanto a Jasmine e Edmund accanto a Frannie, che gli mise una mano sul braccio per dargli un po’ di forza.
La lezione passò con estrema lentezza e a nessuno fra Mag, Frannie e Edmund passò per la mente di chiedere a Piton qualcosa sulle esercitazioni private. Terminata la lezione Frannie accompagnò Mag, Edmund e Tony nell’aula di Ruf, poi tornò in Sala Comune per cercare di captare qualche informazione in più, anche se temeva fortemente di scoprire qual era stata la reazione di Draco alla notizia.
 Fortunatamente a quell’ora del mattino la Sala era pressoché vuota, così poté rimanere da sola per un po’ senza scocciature. Quando venne l’ora di pranzo si incamminò verso la Sala Grande insieme a Jasmine. Le due parlarono dell’accaduto.
“Sono molto preoccupata anche io” disse Frannie “Spero che gli Auror sappiano fare il loro dovere… Dovrebbero essere ben addestrati”
“Certo che è un brutto colpo per il mondo magico…” mormorò Jasmine.
“Altroché” disse Frannie. Jasmine non poteva sapere la portata di quel che era successo, in quel momento avrebbe voluto urlarlo per il corridoio, così che la gente si svegliasse.
“Secondo te è stato davvero Black?” chiese l’amica, distogliendola dai suoi pensieri.
“Plausibile” rispose con gran fatica “Se sa come fare potrebbe essere stato lui… Anche se secondo me c’è sotto qualcosa di più”
“Infatti! Come fa una sola persona sola a fare un danno del genere?!” esclamò la ragazza.
Passarono davanti all’aula di Pozioni, dalla quale stava uscendo una classe del quinto anno. Con la coda dell’occhio Frannie vide Draco uscire con un sorriso sornione, estremamente rilassato.
“Guardalo, felice come una Pasqua” sibilò Jasmine, che a sua volta lo aveva visto.
“…Magari non lo ha saputo ancora” azzardò Frannie, disperata.
A smentire le parole della ragazza fu il suono della voce del ragazzo del quinto anno che arrivò alle loro spalle.
“È proprio una bella giornata, non trovate?” esclamò, seguito subito dopo dalle risate divertite dei suoi amici presenti.
“Se ci fosse stato Edmund sarebbe stata la volta buona che gliene avrebbe dette quattro” disse Jasmine allungando il passo per allontanarsi da quella scena patetica.
“Lo penso anche io…” disse Frannie.
Quando raggiunsero il tavolo dei Serpeverde trovarono Mag e Edmund già seduti. Nessuno dei due parlava, lei gli teneva la mano su una spalla e gli stava versando del succo di zucca nel bicchiere.
“Edmund…” disse Jasmine “Non sapevo che una di quelli che sono evasi fosse tua parente! Mi dispiace”
Il ragazzo s’irrigidì.
“Io… Grazie” mormorò. Rimase in silenzio per un po’, poi aggiunse: “Non eravamo in buoni rapporti”
Frannie e Mag cercarono di non guardarlo per non metterlo in imbarazzo. Non avevano mai detto nulla a Jasmine, nulla di più di quel che aveva detto una volta Edmund anche a lei. Mag si chiese come lo avesse saputo. Probabilmente qualcuno a Hogwarts l’aveva riconosciuta dal cognome e le aveva spiegato cosa era successo qualche anno prima.
“E menomale” disse la ragazza. Edmund non seppe cosa aggiungere e si limitò a stringersi nelle spalle. A quel punto Jasmine si guardò intorno e si sporse verso i ragazzi. Parlò a voce bassissima.
“C’è qualcuno che pensa che ci sia dietro… Voi-Sapete-Chi…[1]
I tre si sentirono il sangue gelare nelle vene come se avessero scoperto in quel preciso momento che dietro all’evasione da Azkaban c’era davvero Voldemort.
“Non lo so” disse Frannie dopo essersi ripresa. “Sono ancora convinta che il Ministero non ci mentirebbe mai su una cosa simile”
“E se ci fosse davvero Lui dietro a questa cosa lo saprebbero, no?” disse Mag, cercando di sostenere l’amica.
“Io non so a cosa pensare” balbettò Edmund.
“Nemmeno io” disse Jasmine afferrandosi la testa “Aladdin crede più a Potter che al Ministero, ma anche lui non è del tutto convinto”
“Fatto sta che adesso il Ministero dovrebbe iniziare proteggerci sul serio” disse Mag. “Le lezioni della Umbridge ci stanno solo danneggiando”
“Quella è una totale incapace” sbottò Frannie.
Passarono il resto del pranzo a parlare male della Umbridge. Frannie non si sbilanciò più di tanto, ma almeno poteva esternare il suo odio per i suoi modi di fare. Raccontò a Jasmine delle voci di corridoio che giravano sulle punizioni estremamente severe e crudeli dell’’Inquisitore Supremo e la ragazza rimase sconvolta.
Dopo le due ore di Trasfigurazione del pomeriggio, Edmund sparì con Lucy da qualche parte dove poterono parlare fra di loro senza fastidi, sostenendosi a vicenda. Frannie e Mag furono contente di lasciarlo andare e quest’ultima si confidò con Frannie su quanto fosse pesante la situazione anche per lei. Entrambe non sapevano che altro fare a parte stargli vicino; sapevano che era l’unica cosa che potevano fare, ma si sentivano comunque impotenti di fronte al dramma dell’amico.
Intanto Edmund e Lucy avevano trovato un’aula vuota e stavano decidendo cosa fare. Lucy aveva in mano una piuma, pronta per scrivere una lettera al fratello e alla madre.
“Io vorrei chiedere a Silente se ci lascia parlare con Peter e mamma” disse Edmund. “Non può dirci di no”
“Possiamo provare a chiederglielo, è vero” disse Lucy dopo averci riflettuto sopra “Ma la Umbridge controlla i camini, e ho paura che lei non ce lo permetterebbe”
“Nostra zia potrebbe arrivare qui e ucciderci tutti!” sbottò Edmund, dando finalmente voce al pensiero fisso che gli perforava la mente dal preciso istante in cui aveva letto le parole “Evasione di massa da Azkaban”
Gli occhi di Lucy si riempirono di lacrime.
“Voglio vedere Peter” mormorò, a un passo dal pianto. A quel punto Edmund le si avvicinò e le mise una mano sulla spalla, imbarazzato, ma lei si voltò e lo abbracciò forte.
“Non ci farà del male” mormorò Edmund in un goffo tentativo di sostenerla emotivamente. “E se ci proverà la combatteremo come possiamo”
Lucy fece per parlare, ma in quel momento una luce li investì entrando nell’aula, rimasta nella penombra. I due sussultarono spaventati, ma ben presto capirono che la luce che era entrata non era da temere.
Un leone argentato si avvicinò a loro e parlò con la voce calma e ferma di Peter.
A mezzanotte e mezza vi aspetto alla Testa di Porco. Edmund sa come uscire dal castello.  È l’unico modo”
Il leone si dissolse come vapore al sole, lasciando i due fratelli a guardarsi perplessi. Il primo a riaversi fu Edmund, che assunse l’aria da adulto.
“Andrò io. È meglio che tu rimanga qui al sicuro” disse con convinzione.
Il messaggio portato dal Patronus di Peter era esattamente quello di cui aveva bisogno in quel momento e ringraziò mentalmente Peter per essersi ricordato di lui, per dargli la possibilità di renderlo partecipe. Non gli passò neanche per l’anticamera del cervello che quel che gli stava chiedendo di fare il fratello maggiore era estremamente pericoloso. Doveva parlare con lui, vederlo, magari farsi dare una pacca sulle spalle di sostegno, di cui aveva disperatamente bisogno. Ma non poteva rischiare portandosi dietro anche Lucy. Lui si sarebbe assunto la responsabilità nel caso in cui fosse stato beccato, o peggio, attaccato, ma lei doveva rimanere al sicuro, nel castello.
Ovviamente la quattordicenne ci mise molto poco a mandare in frantumi le velleità del fratello.
“Verrò anche io” disse con voce ferma “Peter ha detto che ci aspetta”
“Escluso” tagliò corto Edmund.
La sorella gli rivolse uno sguardo colmo di rabbia e rancore dal quale lui non riuscì a sottrarsi. 
“Lu, è pericoloso! Potrebbero beccarci!” esclamò Edmund.
“Beh, almeno saremo in due! E poi abbiamo tutto il diritto di fare una follia in questo momento, no?” disse la ragazza.
“Non sono tranquillo, non mi va di portarti” ribatté lui scuotendo la testa.
“Senti, mettiamola così: se non mi fai venire andrò da Silente a dirgli tutto” disse Lucy, che stava iniziando ad arrabbiarsi sul serio.
“Non lo farai!” esclamò Edmund indignandosi.
“Vuoi scommettere?” rispose la ragazza incrociando le braccia.
Edmund fece per rispondere a tono, ma alla fine capì che non aveva scelta. Peter aveva chiamato entrambi, non solo lui, e alla fine anche Lucy aveva il diritto di andare, che lui l’avesse voluto o no. Si sedette su un banco, sconfitto. Fece un sospiro.
“…Non dobbiamo dirlo a nessuno” disse più a sé stesso che alla sorella.
“Non lo dirai a Mag… o a Frannie?” chiese Lucy colpita dall’affermazione del fratello.
Lui ci pensò su per un po’ e concluse che di sicuro avrebbero cercato di dissuaderlo mettendolo davanti a tutti i pericoli che avrebbe corso facendo una cosa del genere – pericoli a cui la sua mente stava attentamente evitando di pensare – o avrebbero insistito per andare con lui.
“Loro… Non capirebbero” mormorò “Mi direbbero che è pericoloso, non posso rischiare che vadano a dirlo a qualcuno per cercare di proteggermi”
“Non penso che lo farebbero…” disse Lucy mettendogli una mano sulla spalla. “Però forse è meglio così. Non lo dirò a nessuno anche io”
“Neanche a Colin?” chiese Edmund facendo un mezzo sorriso.
“No, promesso” disse Lucy. “È una cosa nostra”
“Già, è una cosa nostra” le fece eco Edmund.
Dopo essersi messi d’accordo sull’orario in cui si sarebbero trovati davanti alla statua della Strega Orba, si abbracciarono e si salutarono.
Per Edmund ricevere il messaggio dal fratello maggiore era stato un toccasana, ma il senso di vuoto e di paura che gli attanagliava lo stomaco da quella mattina non se n’era ancora andato.
Quando raggiunse Mag e Frannie in Sala Comune si insinuò nella sua mente un vago senso di colpa per aver deciso di tener nascosto che quella sera sarebbe uscito dal castello. Forse, dopotutto, avrebbero potuto aiutarlo, coprirlo se qualcuno si fosse insospettito, forse era meglio dirlo almeno a una delle due… Ma Mag si sarebbe sicuramente spaventata e avrebbe cercato di dissuaderlo, mentre Frannie forse lo avrebbe capito e gli avrebbe lasciato il via libera, ma non lo avrebbe mai tenuto nascosto a Mag. Dopotutto, lei era la stessa che mesi prima lo aveva obbligato a dire a Mag del ritorno di Voldemort. Meglio non rischiare. E poi sapeva che uscire dal castello era molto pericoloso, e lo sapevano bene anche le ragazze. Lo avrebbero convinto a restare o lo avrebbero fatto sentire così in colpa da non riuscire a stare tranquillo durante la visita a Peter.
Alla fine sarebbe ritornato nel castello e nel caso in cui avesse deciso con Peter di agire in qualche modo, le avrebbe avvertite. La sua fuga notturna sarebbe passata del tutto inosservata.
Anche se era convinto della sua decisione, si sentì estremamente in colpa con Mag quando lei si sedette accanto a lui e gli strinse il braccio per confortarlo. Si sentiva così in colpa che ebbe l’impulso di respingerla, ma quelle attenzioni lo confortavano così tanto che non ne ebbe la forza, ed egoisticamente si godette il momento.
“Sono abbastanza sicura che Caramell abbia cercato di insabbiare tutto” disse Frannie con una punta di fastidio, mentre sedevano tutti e tre in Sala Comune.
“Ci scommetto” disse Mag “Però è una cosa troppo grossa per passare inosservata”
“Magari ora si smuoveranno un po’ le acque” continuò Frannie.
“Io spero solo che lei trovi la morte il prima possibile” disse Edmund all’improvviso.
Frannie e Mag lo guardarono comprensive.
“Avrà ciò che merita prima o poi” disse Mag cercando di tranquillizzarlo.
“Non avete idea di come è fatta quella donna” disse Edmund stringendo i pugni. “Sa solo usare le persone e… giocare con i loro sentimenti facendo creder loro che le stima e vuole bene… E poi le distrugge”
“Posso solo immaginare come ti senti, tesoro” disse Mag. Non lo chiamava mai in quel modo, ma in quel momento stava cercando di trasmettergli tutto l’affetto che riusciva a mettere insieme.
“Hey” disse Frannie sporgendosi verso di lui per guardarlo negli occhi. “Andrà tutto bene. Vedrai che non vi farà mai più del male”
Lui annuì senza trovare il coraggio per dire qualcosa, come un “grazie” alle due persone che da sette anni a quella parte non avevano fatto altro che stargli vicino, senza mai fargli pesare nulla.
“Hai scritto a Peter?” chiese Mag, vedendolo in difficoltà.
“Sì” mentì il ragazzo. Si era completamente dimenticato di farlo, e ora comunque non aveva più senso, dal momento che di lì a poche ore lo avrebbe visto di persona.
“Speriamo che riesca a risponderti” disse Frannie.
“Già, speriamo” borbottò lui guardando altrove.
Si diedero la buonanotte un po’ più tardi del solito. Edmund si lasciò abbracciare da entrambe le ragazze. Avrebbe voluto ringraziarle a parole per come si erano comportate con lui quel giorno, ma come al solito non riuscì a farlo e si limitò a stringerle un po’ più del solito, anche Frannie.
Edmund ringraziò il cielo che di solito su per settimana la Sala Comune si svuotava subito dopo le undici di sera. Fortunatamente Adrian e Kain erano stati agli allenamenti sino alle dieci, per cui fece in tempo a preparare le cose che gli sarebbero servite per quell’uscita notturna. Quando i due arrivarono in camera erano stravolti e si addormentarono in fretta. Edmund si alzò, afferrò il mantello pesante, prese in una mano la bacchetta di Pruno e nell’altra la torcia che gli avevano regalato i fratelli e la madre all’inizio dell’anno, aprì lentamente la porta e uscì nel silenzio della notte.
­Quando arrivò in Sala Comune vide nel camino le ultime braci che lentamente si spegnevano. Con un brivido si sistemò meglio il mantello e si diresse verso il passaggio.
Camminando rasente il muro riuscì in poco tempo a raggiungere la Sala d’Ingresso, e a quel punto prese le scale. Fece tutto illuminando con la torcia solo il pavimento, così che se qualche quadro si fosse accorto della sua presenza, non lo avrebbe visto in volto. Le scale lo portavano contro la sua volontà al quarto piano, saltando la tappa al terzo, dove era diretto. Tornò in fretta all’inizio della scalinata, pronto a scendere nel momento in cui si fossero fermate al terzo piano e quando finalmente arrivò a destinazione fece un sospiro di sollievo.
Mentre camminava a passo felpato verso il passaggio incontrò il Barone Sanguinario, il quale però non si accorse di lui e andò per la sua strada guardando dritto davanti a sé come faceva sempre. Edmund si acquattò dietro alla statua in attesa della sorella, guardando con apprensione l’orologio. Era da poco passata la mezzanotte. Per arrivare a Hogsmeade occorreva un po’ più di un quarto d’ora, quindi avevano poco tempo a disposizione.
A un certo punto, mentre aspettava, sentì un rumore che gli fece balzare il cuore in gola. Poteva trattarsi di Lucy, ma poteva anche essere qualcun altro. Si affacciò dalla statua cercando di non fare rumore. Tenendo la torcia con la luce bassissima illuminò il pavimento davanti a sé e vide con orrore che non era solo: Mrs Purr zampettava in giro senza accorgersi della luce, che lui spense all’istante.
Se trova Lucy siamo finiti” pensò con rabbia.
Quel gattaccio maledetto non gli avrebbe messo i bastoni fra le ruote proprio quella notte. Contemplò per un attimo l’idea di Schiantarla o Confonderla, ma poi sarebbe andato incontro a problemi più gravi se Gazza avesse voluto aprire un’inchiesta, e con quella maledetta gattara della Umbridge ci sarebbe riuscito. Iniziò a rovistare nelle tasche del mantello e dei pantaloni per cercare qualcosa – qualunque cosa – e ringraziò il cielo quando la sua mano si chiuse intorno a una Tutti I Gusti + 1. Prese bene la mira e la lanciò giù per le scale, che fortunatamente erano a una decina di metri dalla sua postazione. Sei anni di onorato servizio per la squadra di Quidditch come Battitore valsero a qualcosa. La caramella finì proprio dove l’aveva lanciata e cadde giù per le scale. La gatta drizzò le orecchie e corse via per inseguire quel rumore sospetto.
Poco dopo dall’ombra emerse la figura di Lucy.
“Ed? Sei tu?” sussurrò la ragazzina al buio.
“Vieni Lu, sono io!” rispose Edmund col cuore che gli batteva forte nel petto.
“Grazie al cielo, non sapevo come levarmela di dosso” sussurrò Lucy quando furono entrambi nel passaggio e poterono parlare con più tranquillità. Lo abbracciò forte.
“Dobbiamo andare, siamo in ritardo” disse Edmund facendole strada.
“Tu sei arrivato senza problemi, vero?” chiese Lucy.
“Ho incontrato solo il Barone, niente di che!” rispose il ragazzo. “Siamo in ritardo, dobbiamo aumentare il passo”
Le spiegò in breve dove si sarebbero ritrovati e come avrebbero raggiunto la Testa di Porco, poi percorsero il resto della strada in silenzio, entrambi molto tesi.
Quando uscirono all’aria aperta furono sopraffatti da un’ondata di gelo che li fece pentire per un attimo di essersi allontanati dal castello. Raggiunsero il luogo designato da Peter a passi veloci e impazienti. Fortunatamente non c’era anima viva nel villaggio, così nessuno avrebbe potuto fare la spia ai loro danni.
Entrarono nel pub in silenzio, incappucciati, e il proprietario li squadrò con disappunto, poi scosse la testa e tornò a pulire il boccale di cui si stava occupando.
“Ragazzi!” sussurrò una voce alle loro spalle. Si voltarono all’istante. Peter se ne stava seduto ad un tavolino all’angolo e faceva loro cenno di avvicinarsi.
Con le lacrime agli occhi, Lucy corse verso di lui per abbracciarlo.
“Hey” disse Peter accarezzando la testa alla sorella. “Ciao Ed”
Edmund fece un cenno con la mano, senza riuscire a dire nulla.
“Vi ho preso una cioccolata calda, spero che vi vada bene”
Edmund si lasciò cadere sulla sedia, esausto.
“Grazie” mormorò con un filo di voce.
“Spero che non abbiate avuto problemi a lasciare il castello… Sarei venuto io ma sapevo che non potevate rispondermi, quindi sarebbe stato impossibile metterci d’accordo, e poi è difficile entrare, è troppo protetto” disse imbarazzato. Era perfettamente consapevole del pericolo che stava facendo correre ai due fratelli minori.
“Non ti preoccupare” disse Lucy “Noi stiamo bene! Susan? La mamma?”
“Susan rimarrà a New York per altre due settimane, l’ho convinta a restare. Mamma l’ho vista solo questa sera… È un po’ turbata, ma sta bene”
“Salutacela tanto, dille che le vogliamo bene” disse Lucy, dando voce a dei pensieri che Edmund non sarebbe mai riuscito a esternare.
“Se le dico che questa notte vi ho visti è la volta buona che mi uccide” disse Peter portandosi alla bocca il cucchiaino della cioccolata, imbarazzato. “…Vi ha scritto ma immagino che arriverà domattina la lettera… Io non sono riuscito ad aspettare”
“Si sa qualcosa?” chiese Edmund in fretta.
“Nulla. Sono passato al Quartier Generale nel pomeriggio e ho trovato Sirius e Dedalus Lux. Mi hanno detto solo che il Ministero li sta cercando ma non sa nemmeno da che parte incominciare, in più di Auror davvero competenti ce ne saranno una decina. Pare che Caramell volesse mandare in missione anche gli apprendisti, ma Scrimgeour si è opposto fermamente. Ci manca solo che gli scappi un altro morto”
Edmund rimase inorridito dalla faccenda. Il solo pensiero di ritrovarsi a dover affrontare quei criminali senza una preparazione adeguata lo faceva rabbrividire.
“Ha cercato di insabbiare la notizia, non è vero?” chiese al fratello.
“Ovviamente sì, ma il Profeta si è rifiutato di nascondere una notizia del genere. È una cosa troppo grossa” disse Peter.
“La Umbridge era furiosa questa mattina” disse Lucy.
“Certo, adesso la gente inizierà a pensare che il Ministero non ha sotto controllo un bel niente” spiegò il fratello maggiore.
Edmund era rimasto per un po’ in silenzio a mangiare la sua cioccolata senza sapere cosa dire. C’era una domanda che premeva per uscire dalla sua bocca, ma temeva fortemente la risposta, per cui si portò alla bocca altra cioccolata.
“Voi come state?” chiese Peter guardando il fratello dritto negli occhi, vedendo il suo turbamento.
A Edmund mancò per un attimo la terra sotto i piedi. Sembrava che Peter gli avesse letto nei pensieri e sapesse già la risposta.
“Come vuoi che stia?” rispose con una smorfia.
“Io ho un po’ paura” ammise Lucy. Peter le circondò le spalle con un braccio e la attirò a sé con affetto.
“Non siamo i soli… Quei Mangiamorte che sono scappati hanno sconvolto la maggior parte delle famiglie magiche” borbottò il ragazzo.
“Secondo te adesso crederanno più persone alla versione di Potter?” chiese Edmund, cercando di sviare l’argomento dalle paure che aveva risvegliato in lui la notizia dell’evasione.
“Lo speriamo tutti, ma Caramell è stato astuto a scaricare tutta la colpa su Sirius, e il brutto e che per uno che non conosce la verità sarebbe anche plausibile” rispose Peter.
“Ma qualcuno li sta cercando?” chiese Lucy “…qualcuno dei nostri, intendo”
“Certo! Stiamo tenendo d’occhio le loro case e le loro famiglie, ma non è facile… È uno di quei momenti in cui ci rendiamo conto di essere davvero pochi” rispose il ragazzo abbassando lo sguardo.
Ripensandoci, si rese conto di aver detto una cosa che di sicuro avrebbe infuocato l’animo di Edmund. Lo guardò attentamente e vide nei suoi occhi un lampo di ribellione, una luce che conosceva bene.
“Se solo mi lasciaste…” iniziò il ragazzo, stringendo la tazza fra le mani.
“No, è escluso” disse Peter scuotendo la testa “Non pensarci nemmeno”
Edmund sbuffò, infastidito. Peter gli rispose con quel tono che Edmund odiava tanto. Il tono di quando voleva imitare suo padre.
“Che cosa pensi di fare?! Mollare Hogwarts così, di punto in bianco? Cosa dici alla Umbridge?” lo sfidò.
Lucy aprì la bocca per dire qualcosa, sentendo che gli animi dei due iniziavano a scaldarsi, ma venne interrotta subito da Edmund.
“Potrei farmi espellere” sbottò con un’alzata di spalle “Per quel che me ne frega…”
“Ma sei impazzito?!” esclamò Peter, sforzandosi poi di abbassare la voce “Tu hai tutto da perdere! Cosa fai, rinunci alla carriera da Auror perché non vuoi startene tranquillo a scuola per altri sei mesi? Lasci lì Margaret e pensi che lei lo accetti? Edmund, davvero, porta pazienza. Lo so che sei arrabbiato, ma cerca di essere razionale!”
Edmund fece una smorfia. Era difficile replicare a quelle parole. In effetti aveva molto da perdere a Hogwarts, se l’avesse lasciata in quel momento, soprattutto perché senza i MAGO la carriera di Auror sarebbe stata impossibile. Per non parlare di Margaret, non lo meritava. Eppure il fatto di rimanere lì lo faceva star male.
“Peter ha ragione” disse dolcemente Lucy “sei mesi non sono così tanti se ci pensi!”
“Lo so…” borbottò Edmund.
“Fa tutto schifo, lo so” disse Peter prendendosi la testa fra le mani “In fin dei conti sarei felice di avere le spalle coperte da te… sei mio fratello… ma non è ancora il momento.”
Edmund rimase colpito da quelle parole. Lo guardò sconvolto. Peter non gli aveva mai detto una cosa del genere, che si fidava di lui e gli avrebbe affidato la sua vita. Sentì dentro di sé qualcosa che si scioglieva, qualche residuo di un odio passato che pian piano si trasformava in affetto. Per il maggiore invece sembrò una cosa così naturale da dire che era perfettamente a suo agio.
“Beh, io…” balbettò Edmund, senza sapere di preciso cosa dire. Peter sollevò lo sguardo, quasi senza capire il disagio che aveva provocato al fratello.
Vedendo il fratello in difficoltà, Lucy si intromise.
“Ma quindi ne avete trovato qualcuno? Sapete dove si nasconde?” chiese spaventata.
“Nessuno. Sembrano essersi tutti volatilizzati” disse “Abbiamo rafforzato le protezioni sulla nostra casa, lei non potrebbe neanche trovarci per il momento”
Fece un sospiro, affranto. Mai come in quel momento aveva sentito il peso delle responsabilità che aveva nei confronti dei suoi fratelli. Si sentiva in imbarazzo per aver chiesto loro di uscire dal castello, era stata una richiesta quasi egoistica, se ne rendeva conto e aveva lottato contro sé stesso per non chiedere una cosa del genere ai due, ma alla fine aveva prevalso il suo bisogno di vederli. Susan era lontana e con la madre non voleva mostrarsi debole.
“Vorrei che papà fosse qui” disse in un sussurro. “Lui saprebbe cosa fare…”
“Ci proteggerebbe…” mormorò Lucy mettendogli una mano sulla spalla.
“E ci direbbe che va tutto bene” aggiunse Edmund fissando un punto nel vuoto.
Peter parve ridestarsi. Sollevò il viso e guardò i due fratelli in faccia con un mezzo sorriso che voleva essere incoraggiante.
“State buoni, ok?” disse “Non attirate troppo l’attenzione, non fate sciocchezze come quella di uscire dal castello… Sì, oggi è stata un’eccezione! – disse notando gli sguardi scettici dei fratelli – Tenete gli occhi aperti, va bene?”
“Facile a dirsi” disse Edmund con una risata sprezzante. “Però ok. E tu non fare idiozie. Forse… Forse è meglio se lasci agli altri il compito di proteggerci, per una volta”
“Facile a dirsi” ripeté il fratello sorridendo leggermente.
I tre rimasero a parlare per un po’ della madre, di come aveva preso la notizia che sua sorella, che anni prima aveva cercato di uccidere i suoi figli, era scappata. L’aveva presa piuttosto male, ma perlomeno si era mostrata combattiva. Probabilmente il senso di colpa per aver lasciato i figli in balia di quella pazza le aveva dato la forza per combattere per loro, come una leonessa che protegge i suoi cuccioli.
I tre fratelli parlavano, sostenendosi a vicenda, e stando uniti l’angoscia allentava la morsa che aveva sui loro cuori e si trasformava in qualcosa di molto simile al conforto. Edmund e Lucy iniziavano a sentirsi meglio, ignari del fatto che a Hogwarts – e non solo – le persone a cui più tenevano avevano scoperto la loro fuga e li stavano cercando disperatamente.
“…Pensi che ci verrà a cercare?” chiese Edmund a un certo punto.
Peter sospirò, facendogli capire che si era aspettato una domanda del genere.
“Ci ho pensato. A dire il vero mi ci ha fatto pensare Lupin quando ne abbiamo parlato questo pomeriggio. Voldemort non è ancora uscito allo scoperto e se lei uccidesse o facesse sparire quattro ragazzi è come se glielo facesse fare… e andrebbe contro la sua volontà. Al momento siamo intoccabili”
“E quando Lui uscirà allo scoperto?” chiese Lucy, un po’ spaventata.
“Dipende da come lo farà. In quel caso staremo pronti”
“Già. Staremo pronti” ripeté Edmund.
Peter guardò l’orologio appeso sopra al banco del pub. Segnava quasi le tre. Il tempo era sfuggito di mano, neanche se n’erano accorti.
“Dovete tornare” disse “È tardissimo e domani avete lezione”
“Beh, non è così importante” disse Edmund con un’alzata di spalle.
Peter alzò gli occhi al cielo. Il fratello lo rimproverava sempre di voler essere l’eroe della situazione, ma anche lui non era da meno.
“Andate, tanto vi ho detto tutto quello che sapevo” disse, questa volta guardando Lucy. Si alzò in piedi e i due fratelli lo seguirono.
Mentre Peter pagava la cioccolata ai due, Edmund e Lucy rimasero indietro ad aspettarlo. Avevano la sensazione che il barista si fosse accorto che erano due studenti e preferirono non sfidare la sorte avvicinandosi ulteriormente.
“Vi accompagno fino al passaggio” disse Peter sfoderando la bacchetta. Edmund fece lo stesso, seguito da Lucy.
Il maggiore dei fratelli uscì dal locale che era in chiusura e venne aggredito da un’ondata di freddo, e così fu anche per Edmund e Lucy quando uscirono.
Una volta arrivati al passaggio si abbracciarono a lungo prima di dividersi. Peter fece le sue raccomandazioni ai due fratelli, li salutò di nuovo, li abbracciò di nuovo e cercò di confortarli ancora un po’ prima di Smaterializzarsi a casa.
Quando il ragazzo arrivò nel salotto di casa notò con grande sorpresa che era illuminato. Non ci mise molto a realizzare che sua madre era in piedi, anche perché una decina di secondi dopo la vide emergere dalla cucina.
“Dove diavolo eri?” esclamò, reggendo fra le mani tremanti una tazza di camomilla.
“Mamma!” esclamò Peter, arrossendo vistosamente.
“Sì, mamma. Dov’eri?! Io mi sveglio, vengo in camera tua per assicurarmi che tu stia bene e trovo il letto vuoto! Dov’eri?” disse con rabbia.
“Io…” balbettò il ragazzo, in difficoltà. “Io ero con…”
Si rese conto dopo aver detto ‘con’ che quella parola lo avrebbe sicuramente portato a confessare di aver fatto uscire dal castello i suoi fratelli.
Come si era aspettato, la domanda sorse spontanea e Helen gli ordinò di specificare con chi era, anche se sospettava già la risposta.
“Volevo assicurarmi che Edmund e Lucy stessero bene” mormorò a testa bassa.
“Fammi capire. Mia sorella evade da Azkaban ed è in libertà dopo aver tentato di uccidervi tutti e tu… Li fai uscire dal castello? Ti metti in pericolo in questo modo?! Hai una vaga idea di quello che mi hai fatto passare quando mi sono svegliata un’ora fa?” gli disse cercando di apparire meno sconvolta e più padrona di sé stessa.
Helen aveva passato un’ora davvero brutta. Non era neanche riuscita a evocare un Patronus per mandare un messaggio al figlio o per chiedere aiuto. Era riuscita a malapena a versare un po’ di acqua nel bollitore per farsi una camomilla. Aveva sfiorato il crollo nervoso più di una volta nel giro di un’ora. Tutto ciò unito al fatto che da quella mattina si sentiva uno schifo perché l’evasione della sorella le aveva ricordato la madre assente che era stata fino a qualche mese prima. Aveva riflettuto sul male che aveva fatto ai suoi figli, a quanto dovevano aver sofferto a causa sua, e al pericolo che correvano in quel momento, e questa volta lo aveva fatto con maggior consapevolezza.
“Mi dispiace, mamma…” borbottò il ragazzo. “Speravo che non te ne accorgessi… Non volevo farti preoccupare!”
“…E i tuoi fratelli che sono anche usciti dal castello! Di chi è stata l’idea? – Peter le rivolse uno sguardo eloquente – Ah, tua! Ma io domani scrivo a Silente! Deve sorvegliare meglio le uscite, diamine! E domani i tuoi fratelli mi sentiranno! Adesso vai a dormire! Domani devi andare al San Mungo, no?”
A Helen erano venute le lacrime agli occhi per aver esternato tutte le sue paure con così tanta veemenza. Peter la guardò negli occhi per qualche istante, ma poi distolse lo sguardo.
“Scusa, mamma” borbottò “Non succederà più”
Con la testa bassa, si avviò verso la sua stanza, mentre Helen rimase in cucina a bere la camomilla che ormai si era quasi del tutto raffreddata. Rimase a rimuginare su quel che era successo, sull’ansia e la sensazione di inutilità che aveva provato dal momento in cui aveva trovato il letto di Peter vuoto.
Peter intanto si stava mettendo a letto ripensando a quel che era successo quella notte. Non riusciva a sentirsi così in colpa, dopotutto. Se non si fosse fatto vivo con i fratelli, di sicuro uno dei due avrebbe fatto una follia, quindi tanto meglio che le cose si fossero risolte in quel modo. Li aveva messi in pericolo, ma tutti e tre avevano così tanto bisogno di sostenersi a vicenda che tutto sommato era un rischio che potevano correre, e alla fine era andato tutto bene.
Si infilò sotto le coperte, pronto per spegnere la luce, ma quando si sporse verso la lampadina che aveva sul comodino sentì la madre che si avvicinava, per cui attese per vedere cosa faceva. La vide fare capolino dalla porta e appoggiarsi allo stipite. Helen fece un sospiro, come se quel che stava per chiedere le costasse una gran fatica.
“Loro stanno bene?” mormorò tormentandosi le mani, imbarazzata.
“Sì. Sono un po’ scossi, soprattutto Ed, ma stanno bene” disse a bassa voce.
La donna annuì tremando appena, poi gli sussurrò la buonanotte e sparì nella sua stanza.
Peter si addormentò poco dopo, ignaro del fatto che quella notte non sarebbe stato l’unico a dover delle scuse a qualcuno.
 
*
 
Era da poco passata l’una di notte quando Mag si sentì chiamare da una voce famigliare. Per un attimo pensò che un ragazzo fosse entrato nel suo dormitorio, ma ben presto si rese conto che era impossibile.
Frannie si mosse nel letto e si voltò dall’altra parte, mentre Mag si mise a sedere e si chiese che ore fossero. Fuori sembrava ancora buio, quindi non poteva essere mattina.
Mag! Frannie!” continuò a chiamare il ragazzo.
Mag si guardò intorno e notò che nello specchietto che teneva sul comodino c’era qualcuno che aspettava, e allora in un momento di scarsa lucidità si diede della stupida per aver scambiato la voce di Edmund per quella di Adrian. Perché mai l’amico avrebbe dovuto avere in mano lo specchietto di Edmund?! Poi però, quando lo prese in mano scoprì che non era stata un’allucinazione e Adrian se ne stava per davvero dall’altra parte dello specchio.
“Ah, eccoti!” sussurrò il ragazzo.
“Che succede?! Perché hai…?” mormorò Mag con la voce impastata di sonno.
“Sai dov’è Edmund?” chiese Adrian “In camera non c’è”
“Co-Cosa?” borbottò la ragazza passandosi una mano fra i capelli e guardandosi intorno, come se il ragazzo potesse essere lì davanti a lei. “Ma che ore sono?”
“C’è il letto di Edmund vuoto!” ripeté il compagno di classe.
Mag sgranò gli occhi. Nel frattempo Frannie aveva aperto gli occhi e aveva sentito le ultime parole. Mag si alzò in piedi di scatto, facendosi venire le vertigini per la velocità del movimento. Barcollando mise le ciabatte, afferrò la bacchetta e chiese a Pucey di incontrarla in Sala Comune. Frannie fece un respiro profondo, contò fino a dieci e si alzò in piedi, seguendo l’amica giù per le scale.
Quando si ritrovò in Sala Comune la trovò deserta, con Mag in piedi che si passava le mani sulle spalle per riscaldarsi.
“Che sta succedendo?” chiese all’amica.
“Non lo so, Adrian ha detto che Edmund non è nel dormitorio” le rispose Mag “Ha detto che viene un attimo giù a spiegarmi”
In quel momento il ragazzo emerse dalla scalinata del dormitorio maschile.
“Ragazze…” salutò Adrian sbadigliando.
“Si può sapere che sta succedendo?!” chiese Mag, che cominciava a innervosirsi.
“Non lo so, mi sono svegliato per bere un sorso d’acqua e mi sono accorto che Edmund non era nel letto… Ho aspettato per quasi un’ora ma non torna… Mi chiedevo se fosse stato male o altro”
“Ha lasciato lo specchietto lì?” chiese Frannie.
“Era per terra sul tappeto, magari gli è caduto” disse Adrian dandolo in mano a Mag. “Forse non stava bene ed è andato in infermeria, volevo solo avvisarvi”
“Adesso andiamo a vedere” disse Frannie prima che Mag potesse rispondere. Aveva capito che c’era qualcosa di strano. “Tu torna a dormire e non dire nulla a Montague, prima che inizi e rompere”
“Sì, sì, tanto dorme come un sasso” rispose il ragazzo sbadigliando. “Torno a dormire”
“Va bene” mormorò Mag.
“Buonanotte” disse Frannie seguendolo con lo sguardo per assicurarsi che tornasse davvero nel dormitorio. Quando si voltò verso Mag vide che la ragazza era già nel panico.
“Dove sarà andato?!” chiese la ragazza con le lacrime agli occhi e il fiato corto.
“Magari è davvero in infermeria!” azzardò Frannie.
Dallo sguardo che si scambiarono capirono che nessuna delle due ci credeva davvero. 
Mag si portò una mano alla bocca, inorridita.
“E se fosse… Andato a cercarla?” disse Frannie a bassa voce, come se temesse che dicendolo ad alta voce ci sarebbero state più probabilità che il pensiero che le era balenato per la mente sia avverasse.
“Non può averlo fatto davvero…” disse “Sembrava tranquillo quando siamo andati a dormire”
“Anche a me, ma chi lo sa cosa gli è passato per la testa” disse Frannie.
“Io devo trovarlo” disse Mag guardandosi intorno e dirigendosi verso il passaggio.
“Che stai facendo?!” esclamò Frannie. “È pericoloso!”
“Magari è uscito da poco e riusciamo a trovarlo subito!” disse Mag.
“Non hai sentito Adrian? Ha detto che è da un’oretta che lo aspetta!” sibilò Frannie.
“Non posso rimanere qui così! Io vado a cercarlo!” disse la ragazza prima di riprendere a camminare, diretta verso l’uscita. Frannie la guardò uscire dal passaggio, allora la inseguì di corsa.
“Pensiamoci un attimo prima di fare pazzie, Mag” disse Frannie prendendola per un braccio quando la raggiunse nell’ampio corridoio.
“…E poi cosa credi di fare in pigiama? Fuori nevica!”
Mag sembrò rendersi conto in quel momento di come era vestita. Il suo pigiama blu scuro non sarebbe stato abbastanza pesante neanche per girare per i freddi corridoi del castello. In più era ancora in ciabatte, a piedi scalzi.
“È andato a cercarla, me lo sento” mormorò con la voce spezzata, guardandosi intorno spaesata.
“Mag…” disse Frannie mettendosi davanti a lei e afferrandole le spalle “Adesso fai un bel respiro e ti calmi. Dobbiamo essere lucide”
Mag si fece scappare un singhiozzo, ma poi si sforzò di ricacciare indietro le lacrime. Si lasciò guidare dall’amica di nuovo dentro alla Sala Comune, ricevendo un insulto da parte del Serpente alla guardia della porta che era stato svegliato inutilmente. Una volta rientrate le due si sedettero su un divanetto.
“Cosa facciamo?” chiese Mag con voce tremante, ancora intenta a calmarsi.  
 
[1] A quel punto della storia qualcuno iniziava a sospettare, anche se poi la vera ondata di gente che crede a Harry arriva quando esce il Cavillo
 
NOTE AUTRICE

Ben ritrovati! Buon 2020 a tutti i nostri lettori! State passando delle belle vacanze? Vi state riposando? 
Questo capitolo segna un momento importante all'interno della storia, sia quella del mondo magico, sia quella dei nostri protagonisti. Edmund è visibilmente angosciato e ha tanta paura, di conseguenza anche Mag e Frannie. Voi al loro posto come vi sareste comportati? Edmund è stato un po' avventato, però è comprensibile... Solo che adesso Frannie e Mag stanno affogando nell'angoscia. 
A venerdì! :D 

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