Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: OndaVerde    09/01/2020    1 recensioni
Era basso. Beh, questo si era già capito, aveva un’aria arrogante e presuntuosa, già gli stava sul cazzo.
Semplicemente delle volte non sappiamo spiegare perché alcune cose ci tocchino più di altre; quando determinate sensazioni ci colgono impreparati, il più delle volte tentiamo di ignorare, ma tutto quello che cerchiamo di allontanare il più possibile da noi, come se fosse spazzatura, è ciò che forse più desideriamo, ma nel profondo ognuno di noi ne e cosciente, oppure lo sarò presto.
-Eren x Levi-
Genere: Commedia, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Carla, Jaeger, Eren, Jaeger, Grisha, Jaeger, Mikasa, Ackerman
Note: AU, Lime | Avvertimenti: nessuno
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                                                                                      Capitolo due. 
                                                                                          Il profumo
 







Camera di Eren, poco dopo l’arrivo di Levi.
 
Eren Jaeger era sempre stato un tipo piuttosto disordinato, appunto per questo non riusciva a capacitarsi di starsene gironzolando per la camera, a recuperare ciò che rimaneva del suo naturale caos. Era già da parecchi minuti che se ne stava con la schiena piegata, il naso all’ingiù e gli occhi stretti, cercando di visualizzare tutta la spazzatura che dimorava da tempo la sua camera. Si era deciso ad alleviare quel casino solo quando lo sguardo perforante del moro, che sembrava gli stesse rovesciando addosso tutto il suo disgusto, iniziava a pesargli. Era uno sguardo argenteo, dal clima freddo, ed Eren non faceva fatica ad immaginarsi dei fiocchi di neve cadere in camera sua da un momento all’altro. Se lo sentiva addosso. Lo seguiva nei suoi movimenti e lo avvertiva bruciante sulla schiena; era certo che se si fosse voltato si sarebbe trovato di fronte quegli occhi di ghiaccio. La cosa lo imbarazzava e un po’, ma più di tutto lo infastidiva, che quell’individuo era li da nemmeno un paio d’ore e già stava mettendo sottosopra il suo modo di vivere. Il fatto che qualcuno riuscisse ad intimidirlo nel suo territorio lo mandava quasi in bestia; cercò di ignorarlo più che poteva, però la cosa gli riusciva difficile, e si sa che quando si cerca di ignorare e non pensare a qualcosa questa irrompe prepotente sempre di più contro la nostra volontà, o questo è quello che vogliamo credere. Semplicemente delle volte non sappiamo spiegare perché alcune cose ci tocchino più di altre; quando determinate sensazioni ci colgono impreparati, il più delle volte tentiamo di ignorare, ma tutto quello che cerchiamo di allontanare il più possibile da noi, come se fosse spazzatura, e ciò che forse più desideriamo, ma nel profondo ognuno di noi ne e cosciente, oppure lo sarò presto.
Il più piccolo degli Jeager in quel momento stava esattamente allontanando quella sgradevole sensazione di imbarazzo mista a fastidio, che lo sguardo del più grande gli suscitava. Ma probabilmente non era molto bravo a farlo visto che riusciva solo a combinare pasticci con ciò che stava sistemando, imprecando silenziosamente tra i denti. Aveva anche rischiato una rovinosa caduta sullo spigolo della scrivania inciampando nelle sue stesse scarpe; per fortuna si era aggrappato disperatamente alla sedia che sostava tranquilla li vicino.
A quel punto non aveva potuto far altro che voltarsi nella direzione del corvino, che lo guardava con un sopracciglio alzato. Prese a ridacchiare nervosamente e si voltò a mettere a posto la sedia sotto la scrivania.
 Anche se non gradiva particolarmente tutto quel mettere in ordine, soprattutto perché era stato costretto, doveva ammettere  che la cosa versava anche a suo favore; aveva trovato un numero ragguardevole di oggetti che credeva perduti, nonché tantissime matite e fogli, che avrebbe ancora potuto utilizzare, rimanendone piacevolmente sbalordito. Si ritrovò a pensare che forse avrebbe dovuto farlo più spesso, sua madre glie lo ripeteva di continuo, ma lui non stava mai a sentirla; in realtà ogni tanto ci aveva provato, ma nel giro di pochi giorni tutto era tornato come prima.
Il pavimento era sempre stato costellato di fogli e cartacce, ma Eren si trovava a suo agio in quel caos, riuscendo sempre a trovare quello che cercava, o quasi. Purtroppo per lui era arrivato il momento i raccogliere tutto e di ripulire il pavimento.
 Aveva già le braccia stanche e le mani piene di carte trovate in giro, ma gli mancava ancora metà stanza, e si voltò a guardare minaccioso il corvino,  che era rimasto in piedi a braccia conserte vicino al letto. Era colpa sua se ora si trovava in quella situazione! Sbuffando e controvoglia continuò il lavoro, piegandosi nuovamente per guardare anche sotto i letti; il corvino non accennava a spostarsi, ed Eren dovette ripulire aggirandolo.
Rabbrividì nel momento in cui si rese conto che probabilmente il corvino ancora lo osservava insistentemente. Sentiva uno strano freddo sulla nuca, proprio sulla pelle scoperta del collo, poco sopra l’orlo della maglia. Si tirò su tenendosi possessivamente la mano sul punto incriminato, e come sospettava il moro lo osservava con sufficienza senza dire una parola. Certo che questo qui parla proprio poco. pensò il ragazzo dagli occhi verdi, mentre ricambiava lo sguardo.
E quasi inquietante.
Mentre il castano pensava strane cose e si irritava per quel coinquilino dallo sguardo perforante e glaciale, il soggetto di quei pensieri lo guardava a sua volta un po’ stranito. Dal suo punto di vista stava osservando un ragazzino a dir poco singolare dalle strane e goffe movenze, che tendeva ad irritarsi facilmente. Un po’ lo incuriosiva.
In ogni caso non ci teneva proprio a dormire in quel porcile, aveva seguito per tutto il tempo Eren alle prese con le pulizie, per quanto gli piacesse mettere in ordine e pulire non voleva ficcare il naso nella roba altrui, aspettava impaziente che il più piccolo gli facesse spazio tra tutte quelle cianfrusaglie, poi avrebbe provveduto lui stesso alla pulizia dei suoi spazi.
E mentre lo osservava fare ciò, l’espressione di Eren cambiò improvvisamente. Mutò da infastidita a preoccupata,  e mentre teneva lo sguardo puntato poco distante dai piedi del più grande, nei suoi occhi vi si leggeva anche una punta di spavento; stava guardando un vecchio foglio mezzo spiegazzato, sembrava ci fosse disegnato qualcosa su, ma non si distingueva bene. Il castano però lo riconobbe a prima vista, era un disegno della settimana scorsa, non ne andava fiero, e proprio per questo credeva di averlo buttato.
Si chino repentino, sfiorando con il capo le gambe immobili di Levi, e stava per rialzarsi appena afferrato il foglietto, quando un potente aroma investì le sue narici, bloccandolo per un istante in quella posizione. Aspirò a fondo quel particolare odore, fino a farlo irrompere nei polmoni. Era davvero piacevole, non ne aveva mai sentito uno così prima, ma stranamente non fece fatica a descriverlo: somigliava all’odore delle mele fresche, con un particolare sentore legnoso. Quel momento non durò a lungo, e non appena si riscosse accartocciò veloce quel foglietto mal riposto e si tirò su in tutta fretta. Aveva ancora il naso pieno di quella fragranza così fresca, la sentiva aleggiare nell’aria, come se l’avesse seguito, o meglio, come se tutta l’area intorno a Levi ne fosse pregna. Si chiedeva come aveva fatto a non notare prima un odore talmente buono e insistente; con un leggero stupore in volto si scoprì a far scivolare gli occhi sul collo del corvino. Deve aver messo un qualche tipo di profumo pensò il castano.
“Ohi, che cavolo hai da guardare? Ti sei già stancato? “ la voce del corvino risuonò stizzita, forse irritato dalla pausa che stava facendo
“Da guardare proprio nulla” disse il castano respirando profondamente dal naso e socchiudendo lievemente gli occhi.
“Posso sapere che profumo usi?” chiese inaspettatamente riaprendo lo sguardo su un Levi leggermente stupito da quella domanda.
“Non ne uso” fu la risposta secca.

 
Si scrutarono per qualche minuto, erano vicini, ma nessuno dei due proferì parola. Eren rimase un po’ sorpreso da quelle parole, era convinto si trattasse di un profumo. Bhe alla fine cosa gli importava? Si voltò dando le spalle a levi, continuando a raccattare oggetti sparsi per la camera.
 
La giornata era proseguita in quel modo fino ad ora di pranzo, quando Carla  li invitò entrambi a scendere per mangiare. Come suo solito Eren si precipito giù per le scale, mentre Levi scese composto e senza fare rumori molesti, a differenza dell’irruento castano. Gli altri membri della famiglia erano già riuniti al tavolo, tranne Carla che ancora trafficava in cucina con i piatti.
“Eren tesoro, aiutami a portare i piatti!” urlò sua madre dalla cucina.
Non lo faceva spesso, di solito era Mikasa ad aiutarla in certe cose, ma quel giorno era già seduta al tavolo, e Carla non aveva voluto scomodarla, inoltre era un buon momento per far fare qualcosa  a quello scansafatiche di suo figlio.  Eren però non mancò di lamentarsi come al solito, e con le guance gonfie di diresse in cucina trascinando i piedi; intanto Levi prendeva posto a tavola.
Grisha come sempre di buon umore sedeva a capotavola, ogni tanto si voltava verso la cucina in attesa, o giochicchiava con le posate;
Alla destra del capofamiglia sedeva Mikasa, la schiena perfettamente dritta e la sciarpa ad avvolgerle morbidamente il collo, stava scrutando attentamente Levi, che ancora non aveva deciso dove sedersi. Sembrava che stesse cercando di capire quali fossero i posti abituali degli altri due componenti che trafficavano in cucina, ma improvvisamente dovette decidere che non era cosa importante e fece per sedersi accanto alla corvina; ma non fece in tempo, poiché un uragano castano si infilo tra lui e la sedia, rischiando di rovesciare i due piatti che portava in mano.
“ Questo è il mio posto” dichiarò Eren sedendosi
“Oh Eren, non essere così scrupoloso, che problema c’è se Levi si siede al tuo posto?”  gli sussurrò gentile Carla mentre prendeva posto nel posto vuoto alla sinistra di Grisha. Levi la seguì a ruota, prendendo posto accanto a lei, di fronte al castano.
La posizione permise ai due di studiarsi con lo sguardo, da quando levi era arrivato, si erano più guardati che parlati. I grandi occhi verdi di Eren indugiavano interessati in quello sguardo metallico, freddo, ma anch’ esso macchiato di curiosità.
“Levi caro, hai già iniziato a disfare i bagagli?” – chiese Carla gentilmente
Alla domanda il corvino sollevò lo sguardo verso la donna e si fermò per un attimo di mangiare
“No, veramente no” – disse un po’ divertito, trasferendo lo sguardo dalla donna ai capelli del castano che quasi aveva il capo sepolto nel piatto
Quello sguardo perforante sul suo capo fu stranamente avvertito dal castano che fulmineamente lo alzò per guardarlo a sua volta.
“Io ed Eren stiamo ancora lavorando sugli spazi da condividere” – affermò Levi, spostando lo sguardo dal castano a Carla
Eran lo guardò sbalordito; sapeva che stava alludendo al suo disordine.
“Oh Eren tesoro spero che la tua camera non sia così in disordine da non permettere a levi di sistemarsi! “– disse carla, come se avesse appena letto nel pensiero di suo figlio.
Al diretto interessato quasi cadde la forchetta nel piatto. Aveva espressamente detto a sua madre che non doveva mettere mano in camera sua, che se ne sarebbe occupato lui, dopotutto era camera sua. Però le cose gli erano sfuggite di mano, era da un po’ che non metteva in ordine, e di certo non l’avrebbe fatto per l’arrivo di quello sconosciuto. Si era convinto a farlo solo perché quello sguardo accusatore addosso gli metteva i brividi. Da quello che aveva capito, il corvino non cambiava molto spesso la sua espressione, e non sorrideva molto, ma il suo sguardo era particolarmente espressivo e profondo, quasi tagliente. Eren si soffermò a guardarlo di nuovo, non sembrava avercela con lui per il disagio che c’era nella camera in cui avrebbe dovuto dormire, ma sembrava stranamente sereno. Ed in quel momento gli tornarono in mente le parole di sua madre, e di tutto quello con cui il corvino aveva dovuto fare i conti. Forse avrebbe dovuto davvero provare a farlo sentire parte della famiglia. E con questi strani pensieri per la mente il castano ritorno con la testa nel piatto borbottando verso sua madre che si sbagliava.
 
Camera di Eren  ore 16:22
Secondo Eren la stanza andava bene così, aveva ordinato tutto quello che poteva, e il corvino avrebbe dovuto accontentarsi, aveva altro da fare che pulire. L’indomani cominciava la scuola, non avrebbe più avuto tutto quel tempo libero, e voleva approfittarne per fare qualcosa di piacevole, qualcosa che piacesse a lui e che lo facesse rilassare. Nessuno l’avrebbe mai detto, se non la sua famiglia o gli amici stretti, ma a Eren ogni tanto piaceva allontanarsi dal mondo, starsene per conto suo, gli piaceva camminare e stare all’aperto, pensare ed osservare. Un'altra cosa che nessuno avrebbe mai detto di lui era la sua passione per il disegno. Anche per questo si era convinto a pulire camera sua, era praticamente da settimane che non trovava più i suoi pennelli preferiti, con tutto quel caos erano finito sotto kili di fogli e gingilli.
E Levi finalmente si era deciso a disfare i bagagli, ci armeggiava da dopo pranzo, e visto che non aveva molta roba non gli ci volle molto per trovare un posto per tutto. Chiuso il borsone, lo spinse sotto il letto e si stese con le braccia sotto la testa. Lo sguardo gli finì sul soffitto, e si soffermò sul quel verde che ricopriva delicatamente le pareti della camera, non gli dispiaceva; si chiese se fosse stato il castano a sceglierlo, dopotutto  il verde era un colore rilassante. Forse non si sarebbe trovato male.
Il suo flusso di pensieri venne interrotto dal castano, che spalancò la finestra e si sedette sul davanzale, poggiò la testa sul marmo e si mise a contemplare gli alberi all’esterno. Il suo volto trasudava serenità; da quando lo aveva visto era la prima volta che lo vedeva con un viso così rilassato, appariva come un ragazzo irruento e pieno di energia, eppure ora era tranquillo e rilassato, e soprattutto molto silenzioso. Se non fosse stato per il vento che giocava a far svolazzare i suoi capelli poteva passare tranquillamente per una statua, pensò il corvino.
Fuori si ammassavano già i colori del crepuscolo, gli oggetti e gli alberi proiettavano strane ombre, l’atmosfera era soffusa e immobile, e ancora una volta l’unico a scuoterla era il vento. Le nuvole incombevano dense e macchiate di un vivace color pesca. Ad Eren ricordavano un po’ i salmoni, e non potè che immaginarne un grosso branco saltare e nuotare in quel mare di nuvole. Un  lampo di genio gli attraversò il cervello: voleva disegnarli.
L’idea gli piacque subito, e passò l’ora seguente immerso in fogli e matite, quasi non fece più caso a Levi, che dal canto suo ne rimase sorpreso, ma non lo disturbò. Aveva già da un po’ finito di sistemare tutta la sua roba e pulito tutti i suoi spazi , e adesso era disteso svogliatamente sul letto. Guardò in silenzio quel ragazzino seduto alla scrivania, la mano destra che impugnava una matita scura, si muoveva veloce e sicura sul foglio. Sembrava talmente assorto, come se in quel momento esistesse solo lui e quel disegno; bhe, ognuno ha i suoi hobby e le sue passioni, pensò. Anche lui da qualche anno a questa parte si era appassionato all’esercizio fisico, lo praticava regolarmente quasi tutti i giorni, facendo dei semplici esercizi. Gli piaceva tenersi in forma; tra le sue poche cose infatti figuravano anche un paio di pesi.
 Quei pensieri gli ricordarono che oggi non li aveva ancora fatti , di solito li faceva di mattina appena sveglio, ma quel giorno il viaggio era stata la sua priorità. E visto che non si sentiva particolarmente stanco decise che avrebbe potuto farli in quel momento, non c’era motivo di rompere la sua routine.
 
 Mezz’ora più tardi..
Dopo un buon quarto d’ora che si allenava iniziò ad avere caldo, e quel ragazzino sembrava davvero essere finito in un altro mondo, non l’aveva nemmeno degnato di uno sguardo. Quindi ne approfittò per liberarsi di quella maglietta fradicia che gli si era appiccicata addosso, non poteva più sopportarla, era rivoltante. Visibilmente sollevato, si apprestò a chiudere la finestra mezza aperta, non era il caso, sudato com’era di esporsi a quella corrente di vento che filtrava nella camera. L’anta fece un pò di rumore nel chiudersi, e in quel momento destato dal quel suono il castano si voltò.
“Levi?”
Il corvino si girò verso di lui, notò che aveva gli occhi spalancati, come se avesse visto un fantasma
“Mmh” disse soltanto
“Ehm..che stavi facendo?” chiese il castano con gli occhi fissi sul corvino, sembrava si stesse sforzando di non scendere oltre il collo
“ Niente, chiudevo la finestra” disse levi, notando l’altro chiaramente in imbarazzo.
“ E dovevi spogliarti per farlo?” chiese di nuovo Eren leggermente accigliato, alludendo al fatto che non avesse la maglia
E non ce la fece a tenere buoni gli occhi, che curiosi scorrevano adesso sulla pelle nuda di Levi. Era piuttosto pallida, ma non per questo brutta, anzi, quel contrasto che si creava con il color pece dei capelli gli donava un aria misteriosa e accattivante. Dal collo correvano goccioline di sudore che andavano ad insecolarsi tra i pettorali, fino a disperdersi tra gli addominali, e  infine farsi risucchiare dalla stoffa della tuta che gli fasciava morbida le gambe. Tutte quelle minuscole goccioline che imperlavano la sua pelle candida, lo rendevano stranamente brillante. Improvvisamente si sentì la gola secca, e ingoiò rumorosamente quel poco di saliva che gli era rimasta in bocca. Si costrinse a distogliere lo sguardo, per posarlo sul suo viso; sperò che la sua curiosità mista ad imbarazzo non fosse così evidente. Levi aveva davvero un bel corpo, cavolo.
Se levi lo notò non lo diede a vedere
“Stavo facendo i miei esercizi, e faceva caldo. Tu piuttosto, eri talmente concentrato che non te ne sei nemmeno accorto” gli disse avvicinandosi a lui e alla scrivania
“ Pesci?” domandò scrutando il foglio ora alle spalle del castano
“Salmoni” precisò Eren ancora seduto, guardandolo dal basso
E dovette nascondersi dal ridere a quella situazione, di solito era il corvino a guardare dal basso lui. Si portò una mano alla bocca per coprirsi, ma gli occhi divertiti seguivano ancora Levi e questo lo tradì
“ Che cazzo hai da ridere?” domando quello infastidito, aveva capito che si stava facendo beffe di lui. Sfacciato.
Seren si tolse la mano dalla bocca, scoprendo uno strano sorriso.
“Che problema c’è, non posso ridere?” domandò sarcastico, guardandolo fisso.
“Dannato moccioso”
“Come mi hai chiamato?” chiese Eren stranamente calmo, ma una scintilla di rabbia aveva preso a brillare nel suo sguardo.
“Perché? Vorresti dire che non è così?”
“Certo, non sono un moccioso, e tra l’altro tra me e te ci sono solo due anni di differenza!” disse alzandosi in piedi difronte al più grande, sovrastandolo di ben 10 centimetri, quasi come se volesse enfatizzare le sue parole.
Fece un passo in avanti, avvicinandosi di più al corpo scoperto dell’altro; pochi centimetri li dividevano, e nessuno dei due osava distogliere lo sguardo dall’altro. Era argento liquido che colava in un bosco fresco, e una nuvoletta calda di sfida iniziava a levarsi intorno ai due
“Non sono mica gli anni a fare i mocciosi” disse il corvino con un ombra di sorriso sulle labbra.
Eren non rispose, ma non spostò il suo corpo ne i suoi occhi da Levi.
“ E non hai ancora risposto alla mia domanda” disse avvicinandosi ancora di più al castano  che era immobile “ Ti faccio ridere?”
Ed eccolo di nuovo, ancora più prepotente se possibile, quello strano profumo di mele che l’aveva sconvolto solo poche ore prima. Si mescolava all’odore del sudore, creando un tono più cupo e sensuale.
“Nemmeno a fare gli stronzi” rispose beffardo
E senza accorgersene aveva dilatato le narici, respirando più profondamente
“Tsk” rispose stizzito il corvino voltandosi, e chiudendosi la porta del bagno alle spalle
Appena Levi fu uscito dalla stanza, il più piccolo corse a spalancare la finestra.
 
Casa jaeger ore 8:35, salotto
La cena proseguiva tranquilla, tra domande di Carla, corte risposte di Levi, e occhiatacce di Eren ad entrambi, il tutto rigorosamente contornato da risatine sotto i baffi di Grisha.
Il castano finì per primo di mangiare, proprio come ci si aspettava da uno che mangia come un animale selvatico, ed educatamente, come Carla gli aveva insegnato, o meglio, urlato per tutta una vita, riportò il suo piatto e le posate in cucina. Non fece in tempo a ritornare in salotto, che si ritrovò lì anche il corvino.
"Dove lo sistemo?" si rivolse al castano reggendo il suo piatto in mano
" Butta nel lavandino" rispose Eren un po' seccato, poggiandosi sul bordo del piano cottura.
Il corvino poggiò il piatto dove gli era stato indicato, facendo attenzione a non farlo cozzare con le altre stoviglie e si voltò verso il castano, scoprendolo ad annusare l’aria.
“E’ da stamattina che mi fiuti come un cane da caccia, sei inquietante” gli disse poggiandosi a sua volta sul lavello di fianco a lui.
Il castano colto in flagrante non seppe cosa dire, si portò una mano sul naso come a volerselo tappare. Si girò di soppiatto a guardare Levi, che lo osservava interrogativo. Dopo qualche secondo in cui Eren lo studiò e non trovò tracce di rabbia si decise a parlare.
“Hai uno strano odore” rispose sintetico e imbarazzato.
Un po’ seccato da quelle parole, corvino si voltò a guardare l’altro negli occhi.
“Moccioso, stai per caso osando dire che puzzo?” disse guardandosi il petto e poi Eren.
“ Nono, non è que-“ non riuscì nemmeno a concludere la frase, che la porta della cucina si spalancò rumorosamente. Sua madre si precipitò in cucina con poca delicatezza, lasciò anche lei i piatti nel lavandino e prese entrambi i ragazzi per le spalle, frapponendosi tra loro
" Ho deciso, facciamo un gioco!" disse in preda all'esaltazione
Suo figlio, che la conosceva ormai da quando era nato, intuì che la donna non avrebbe ricevuto un no come risposta, e sospirò rassegnato. Lanciò uno sguardo a Levi, ma il suo volto non mostrava ombra di  emozioni, si limitò ad annuire.
Così deciso, i resti della tavola furono sgomberati, e il tavolo in men che non si dica si riempì di scatole e scatolette.
" Tempo fa giocavamo spesso, ma appena Eren è cresciuto non ha più voluto giocare con noi, temo che stia iniziando a detestarci, sai, è in quella fase"  si rivolse  Carla a Levi quasi sussurrando
" Mamma guarda che ti sento, in che fase sarei io?!"
" Oh Eren in quella fase, lo sai" si limitò a dire sventolando la mano come per allontanare il discorso.
" No, non lo so" disse il castano puntando quel verde foresta in quel castano di sua madre.
" Tesoro, tutti gli adolescenti ci passano prima o poi, sei in quella fase in cui stai capendo chi sei,  e sei in preda agli ormoni, soprattutto tu che sei un maschietto" disse lei gentile e scoccando un occhiolino comprensivo a suo figlio
" Mamma!" scattò Eren in preda all'imbarazzo.
" Non c'è bisogno di imbarazzarsi Eren, è naturale" intervenne Grisha sorridendo e posandogli gentilmente la mano sulla  testa castana, scompigliandogli un po' i capelli.
Eren sbuffò abbassando lo sguardo, per poi portarlo curioso in quello del corvino, sorprendendosi di trovarlo già su di sé. Non seppe descriverlo; i suoi occhi erano freddi, e da quando era arrivato era difficile vederli animati di qualsivoglia emozione, e a parte qualche raro sorriso che rivolgeva a sua madre, anche le sue labbra rimanevano invariate.
Intanto che i loro sguardi rimanevano fusi, una strana sensazione colpi Eren alla bocca dello stomaco, non aveva voglia di giocare, e vedeva lo stesso nelle iridi dell'altro.
Non disse nulla, ma dopo la prima partita a *******, persa di proposito si alzò dalla sedia.
" Mamma direi che possiamo concluderla qui, io domani ho scuola, e Levi sarà stanco per il viaggio, abbiamo bisogno di riposare entrambi" disse fissando il tavolo e poco dopo sua madre, che rimase un po' perplessa. Era strano che suo figlio volesse andare a letto così presto di sua spontanea volontà, anche se lo sapeva bene che sarebbe rimasto sveglio fino a tardi in camera sua. Un pensiero la sfiorò, forse voleva stare da solo con Levi, conoscerlo meglio, dopotutto avevano la stessa età, potevano capirsi meglio di quanto poteva fare lei
" Forse hai ragione, vorrà dire che continueremo un altro giorno!" disse iniziando a rimettere a posto pedine e tabellone.
" Ma Eren… non fate troppo tardi mi raccomando"
Suo figlio la guardò sicuro, annuendo.
 

 
  
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