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Autore: RosaRossa_99_    15/01/2020    1 recensioni
"Vado in camera mia…"
Dissi alzandomi dalla sedia
"È un invito?"
Lo guardai malamente
"Ti ringrazio per avermi fatto passare una 'splendida' mattinata"
Virgolettai 'splendida' con le dita, per poi girarmi e andarmene
"Vedrai il pranzo allora!"
Era assolutamente, estremamente odioso.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Triangolo | Contesto: Contesto generale/vago
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ATTENZIONE
Contenuti violenti


***

“Si”
 

Non appena pronunciai quelle parole dei tonfi al piano di sotto richiamarono la nostra attenzione. Gli occhi di Stef, da pieni di desiderio, si sgranarono e un velo di puro terrore sostituì i sentimenti precedenti.

 

“Alzati, veloce”

 

Lo guardai, corrucciando le sopracciglia

 

“Che succede?”

 

Lui si spostò dal mio corpo, scendendo dal letto e tirandomi a sedere, lanciandomi il mio intimo insieme ad una sua maglietta

 

“STEFAN!”

 

Una voce rauca provenne dal piano di sotto, e solo a quel punto capii che suo padre era rientrato in casa. Mi alzai di corsa, saltellando da un piede all’altro per infilarmi la biancheria intima e la sua maglietta, mentre anche lui si vestiva in tutta corsa.

Non appena indossò dei boxer e un paio di pantaloncini di tuta, mi spinse verso la porta del bagno, raccogliendo il mio vestito e le mie scarpe da terra, lanciandole sul pavimento, da qualche parte vicino la vasca. Non appena mi spinse all’interno mi prese il volto tra le mani

 

“Non uscire per nessun motivo da questa stanza, non fare alcun rumore. Qualsiasi cosa sentirai, ti prego, giurami di stare qui, nascosta e in silenzio. Ti prego, Sophie...”

 

Io annuii, guardandolo confusa

 

“Te lo prometto”

 

Sentimmo dei passi pesanti che salivano le scale e la voce di Aron urlare il nome del ragazzo terrorizzato davanti a me; avrei tanto voluto sapere il motivo di tanto paura, avrei voluto potere prenderlo e cacciarlo via, stringendolo tra le mie braccia

 

“Chiuditi a chiave e tappati le orecchie, mi dispiace”

 

Disse prima di lasciarmi un bacio a stampo sulle labbra, trascinandosi la porta alle spalle, appena prima che quella della sua stanza venisse spalancata.

Chiusi la porta a chiave, sedendomi per terra, sul pavimento freddo, e poggiando la schiena sul muro dietro di me; cosa stava succedendo? Perché era così terrorizzato?

 

“Cosa cazzo ci fai a casa?! Come hai osato sparire di casa in quel modo! Hai fatto insospettire tutto il vicinato!! Dannato figlio di puttana! Sei un ingrato!”

 

Le urla di suo padre riempirono ogni angolo della stanza, giungendo alle mie orecchie. Cosa stava succedendo? Perché Stef non si difendeva? Perché si faceva urlare in quel modo da suo padre?

 

“Avrei dovuto lasciarti morire con tua madre! Non sai fare altro che complicarmi la vita!”

 

Sgranai gli occhi, sentendo dopo queste parole, un colpo forte e un gemito strozzato. Lo aveva appena colpito?? cosa intendeva con “Dovevo lasciarti morire con tua madre”? Le voci che giravano a scuola erano vere?

 

“Sei una cosa inutile!”

 

Un altro colpo e un altro gemito mozzato

 

“Perché non puoi morire e fare un favore a tutti?!”

 

Parole avvelenate e altrettanti colpi e grugniti di dolore. Perché non si difendeva? Perché non reagiva??

 

“Ti odio!”

 

Mi rannicchiai, portandomi le ginocchia al petto e cercando di tapparmi le orecchie, dondolandomi avanti e indietro, cercando di allontanare tutti i suoni provenienti dall’altra parte della porta, mentre le lacrime iniziavano a correre lungo le mie guance.

 

“Avevano ragione! Non dovevo permettere che tu entrassi nei nostri affari! Manderai tutto a monte! Bastardo!!”

 

Un colpo più forte mi fece balzare, facendomi lanciare un gridolio dalla bocca. Sgranai gli occhi, portandomi le mani a coprirmi la bocca per fermare tutta la voce che cercava di risalire dalla mia gola. Nell’altra stanza i tonfi cessarono, tranne in gemiti sofferenti di Stef, e la sua voce mi arrivò dritta alla spina dorsale, facendomi venire la pelle d’oca e brividi lungo tutto il corpo. Mi sentivo come se il tempo si fosse bloccato improvvisamente, come se fossi rimasta sospesa in una bolla d’aria che sarebbe scoppiata di lì a poco

 

“Chi c’è nel bagno, Stefan?”

 

Sentii dei passi pesanti farsi sempre più vicini, e io iniziai ad indietreggiare carponi, cercando di allontanarmi il più possibile dalla porta, anche sapendo di non avere via di scampo. Un’ombra attraversò lo spiraglio della porta, segno che Aron era esattamente di fronte a questa. Cercai di tapparmi la bocca, evitando che i miei singhiozzi arrivassero alle sue orecchie.

Cercai ti trattenere il respiro, spingendomi ancora di più verso la vasca posta a fine stanza, quando la voce rotta di Stefan richiamò l’attenzione di entrambi. Era la prima volta che rispondeva a suo padre da quando era entrato nella stanza

 

“Vorrei che tu morissi di una morte lenta e dolorosa, magari sarò proprio io a dartela”

 

Le sue parole, pronunciate con calma e fermezza, arrivarono alle mie orecchie, procurandomi una scarica di brividi freddi lungo tutta la schiena

 

“Cosa hai appena detto?”
 

Sentii il tono di suo padre farsi sempre più arrabbiato

 

“Cosa cazzo hai appena DETTO?!”

 

Vidi l’ombra allontanarsi dalla porta e i passi dell’uomo farsi più pesanti, poi la voce di Stefan riecheggiare tra le pareti, fermandoli, bloccando anche il mio respiro

 

“Hai sentito perfettamente cosa ho detto”

 

Perché stava cercando di farlo incazzare ancora di più, perché rispondergli ora? Che stava facendo?

 

“Tu… come osi rispondermi?! Non hai imparato niente in tutti questi anni?!?!”

 

Le percosse cominciarono, sta volta più forti e più violente, tanto da chiudermi in una bolla dove solo quei rumori mi circondavano. Mi riportai le mani alle orecchie, cercando di allontanarli il più possibile; perché gli stava facendo una cosa del genere? Che padre era? Ma soprattutto, gli aveva risposto per deviare l’attenzione da me? Era colpa mia se ora suo padre si era accanito senza alcun controllo verso di lui?

Un ultimo colpo e un ultimo gemito sommesso e poi il silenzio.

 

“Ho proprio bisogno di una birra. Cerca di riprenderti figlio mio, abbiamo del lavoro da fare domani”

 

La voce apatica di Aron e poi la porta della stanza chiudersi mi riportarono alla realtà, segno che l’inferno era finito. Aspettai ancora qualche minuto, fino a sentire la porta di casa sbattere violentemente, simbolo che se n’era andato. Mi alzai lentamente, avvicinandomi alla porta. In che condizioni lo avrei ritrovato? Perché si era lasciato fare tutto questo? Perché non poteva denunciarlo??

La mia mano tremante arrivò alla chiave, girandola piano, non pronta alla scena che mi aspettava nell’altra stanza. Presi un profondo respiro e abbassai la maniglia, aprendo la portando

 

“Stefan...”

 

Lo chiamai con la voce tirata per il pianto. Mi guardai intorno, notando lo stato della sua stanza: libri, cuscini, piume sparse ovunque. Sembrava che un uragano fosse passato dalla sua stanza

 

“Stef?...”

 

Cercai di riportare indietro le lacrime, facendo qualche passo incerto dentro la stanza. Un gemito attirò la mia attenzione alle spalle del letto, così mi avvicinai verso quel suono con le gambe che non la smettevano di tremare. Non appena svoltai l’angolo del materasso vidi Stef cercare di sollevarsi dal pavimento, il viso rivolto verso il basso, le sue braccia scosse da spasmi che non riuscivano a reggere il suo peso, facendolo riatterrare sul pavimento con un tonfo. La moquette intorno a lui sporca di macchie circolari scure.

 

“Mio dio...”

 

Sussurrai, portandomi le mani davanti la bocca. Tirai un respiro per poi chinarmi alla sua altezza, avvicinando una mano verso di lui

 

“Ti aiuto”

 

Non appena la mia mano si posò sul suo braccio, lui ringhiò, allontanandosi con uno strattone che gli procurò un gemito

 

“Vattene”
 

Lo stava facendo di nuovo, cercare di cacciarmi dalla sua vita. Ma io non ne avevo alcuna intenzione, soprattutto sapendo il motivo di tutte quelle ferite. Era suo padre, suo padre era il motivo per il quale era terrorizzato, per il quale il suo corpo era costellato da cicatrici e lividi, per il quale la sua mente respingeva chiunque cercasse di avvicinarsi a lui. Che infanzia aveva avuto? Sua madre permetteva tutto questo? O forse era morta, o meglio uccisa, proprio per questo? Mille domande mi frullavano per la testa senza trovare una risposta, risucchiandomi in un vortice; ma dovevo resistere, Stefan aveva bisogno di me, e io ci sarei stata

 

“Non lo farò”

 

Dissi in un sussurro, afferrandogli le braccia, cercando di sollevarlo, cosa che mi venne difficile considerato il suo peso. Non appena riuscii a farlo poggiare con la schiena sul bordo del materasso, lui si lasciò sfuggire un gemito pieno di dolore. Gli occhi sigillati

 

“O-ok, va tutto bene. Va tutto bene”

 

Gli sussurrai, iniziando a vedere le condizioni in cui era il suo corpo. Lividi neri gli ricoprivano il torace e le braccia, il labbro tagliato così come lo zigomo, l’occhio destro gonfio e rosso. Con le mani tremanti raggiunsi il suo viso, fermandomi un attimo prima di toccarlo, avendo paura di fargli del male

 

“Sophie… ti prego”

 

Rimasi lì, con le braccia sospese a mezz’aria, incapace di muovermi. Quel “ti prego” era pieno di dolore, dolore che avrei tanto voluto portargli via

 

“Mi dispiace...”

 

Sussurrai, ingoiando il groppone che si era fermato in gola. Le mie mani finalmente trovarono il coraggio di sfiorarlo, procurandogli un sussulto e facendomele ritirare all’istante. Ma quando il contatto si interruppe, i suoi occhi si scontrarono con i miei. Così pieni di paura, tristezza e… dispiacere? Era dispiaciuto che avevo assistito, o meglio, sentito, tutto questo?

 

“Non smettere, ti prego...”

 

Lo guardai accigliandomi

 

“Non voglio farti male...”

 

Sussurrai procurandogli un sorriso tirato

 

“È l’unica cosa che non saresti in grado di farmi...”

 

Sussurrò anche lui, facendomi riportare le mie mani al suo viso. Le mie dita si aprirono sui suoi zigomi, accarezzando i suoi tratti lentamente, come a voler cancellare tutto il dolore inflittogli da suo padre

 

“Lasciati curare...”
 

Lui annuì lentamente, richiudendo gli occhi e interrompendo il contatto con i miei, in questo momento troppo carichi di tutto. Mi alzai, cercando il kit di prontosoccorso finito da qualche parte indefinita della stanza, e trovandolo sotto la scrivania. Mi avvicinai di nuovo a lui, iniziando a cercare di far guarire le sue ferite, lasciando baci e carezze, lì dove l’odio si suo padre aveva lasciato i segni, cercando di portargli via un po' di dolore, sostituendolo con qualcos’altro…

 

Non appena finii di medicarlo, mi sedetti accanto a lui, portandomi le ginocchia al petto, restando in silenzio e cercando di confortarlo con la mia presenza. I nostri sguardi puntati su un punto indefinito della stanza, vuoti, ma non come le nostre menti che viaggiavano alla velocità della luce, formulando mille e mille altri pensieri.

Lo sentii prendere il respiro, per poi buttarlo fuori con uno sbuffo, iniziando a parlare

 

“Mio padre… lui…”

 

Mi girai a guardarlo, tirando indietro le gambe e sedendomi sui polpacci, portando le mie mani ai lati del suo viso, girandolo dolcemente per far incontrare i nostri sguardi

 

“Non sei obbligato a parlarne”

 

Lui scosse la testa, non interrompendo il contatto visivo

 

“Lo so, ma con te sento di poterlo fare”

 

Annuii, incrociando le gambe e rivolgendomi verso di lui, spostando le mani dal suo viso ma portandole sulla sua mano, non interrompendo il contatto

 

“Succede ormai da quando avevo otto anni. Lui arrivava a casa e si sfogava con me, dicendomi di quanto fossi una delusione per lui, di come avrebbe voluto sbarazzarsi di me… mia madre cercava di difendermi, cercò pure di portarmi via… ma-”

 

Un singhiozzo interruppe il suo discorso ed io mi avvicinai a lui, iniziando ad accarezzargli la mano, facendogli capire che io c’ero

 

“Non capivo perché lo facesse, qualsiasi cosa facessi lui era sempre lì a punirmi… una volta entrai nel seminterrato, dove lui aveva il suo studio, interrompendo un colloquio con dei suoi… uhm… colleghi. Avevo solo dieci anni e non capivo cosa stesse succedendo, mia mamma non c’era e io avevo fatto un incubo. Avevo solo bisogno di essere rassicurato… in tutta risposta lui prese un coltello e incise la mia carne”

 

Sbiancai di colpo. Era solo un bambino… come ha potuto fare del male ad un innocente?? Un coltello…

Lui si toccò il tatuaggio sotto il pettorale, quello che nascondeva una lunga cicatrice. La frase “the one who does not kill you strenghtens you”ora stava iniziando a prendere senso.

Rimasi in silenzio, incapace di dire qualsiasi cosa

 

“Mia madre arrivò poco dopo, trovando mio padre con il coltello insanguinato e io rannicchiato in un angolo, svenuto. Non ricordo molto, ma so che fu in quel momento che lei decise di andare via, ma non ci allontanammo di molto… mentre eravamo in strada un auto ci venne incontro, spazzandoci via dalla carreggiata e facendo ribaltare la macchina. La tanica della benzina si ruppe, iniziando a riversarsi ovunque. Potevo sentire le urla di mia madre disperate, le sentivo come se fossero a distanza, ovattate da un fischio persistente. Mi capita di sentirle tutt’ora...”

 

Fece una pausa, perché sapevo che ora sarebbe arrivata la parte difficile

 

“Mio padre mi trascinò fuori dalla macchina, riuscendo a farmi allontanare, appena prima che un boato si portasse via mia madre. La macchina fu avvolta dalle fiamme e per mia madre non ci fu via di scampo. Dicono che sia morta sul colpo, senza sentire niente. Ma so che non è così. Riuscii a sentire ogni grido straziante, ogni urlo agghiacciante. Tutto. Cercai di andare da lei, ma Aron me lo impedì, mi tenne stretto a lui, guardando la scena con un luccichio negli occhi”

 

Lui aveva assistito alla morte di sua madre… nessun bambino dovrebbe passare quello che ha passato lui, nessuno.

 

“Non ha fatto niente per salvarla. È rimasto lì, a guardare le fiamme portarsela via. Lui non ha fatto niente”

 

Si portò le mani tra i capelli, iniziando a piangere e singhiozzare. Io lo guardai con gli occhi sgranati e pieni di lacrime, che iniziarono a scendere lungo le mie guance. Mi avvicinai ancora di più a lui, fin quando le mie ginocchia non toccarono la sua coscia, e portai le braccia intorno al suo collo, stringendolo al mio petto e cercando di assorbire il suo dolore. Lo sentii cercare di riprendere a respirare regolarmente, nascondendo il suo viso pieno di dolore sul mio pettorale

 

“Qualche anno fa ho scoperto che era stato lui a portarmela via”

 

Mi bloccai di colpo, incapace di credere a quella confessione. Le voci a scuola erano vere? Lui aveva davvero ucciso sua moglie? Perché Stef non lo denunciava? Perché questo figlio di troia era ancora a piede libero??

 

“Stef… perché non hai detto niente alla polizia?”
 

Lui fece una mezza risata soffocata, staccandosi dal mio abbraccio e portando la testa all’indietro, poggiandola sul materasso e fissando il soffitto

 

“Ci ho provato… ci ho provato Sophie. Ma mio padre ha quasi tutta la polizia dalla sua parte... è intoccabile"


Mi accigliai
"Ci sarà pure qualcosa che potrai fare"


Lui sbuffò, portandosi le mani tra i capelli, gesto che faceva quando nervoso


"No Sophie, fidati. Ho provato di tutto. Non posso incastrarlo"


"Ti voglio aiutare... tu non meriti tutto questo, non è colpa tua se tua madre è morta. Lo sai vero?"


Gli chiesi, perché sapevo che i rimorsi lo mangiavano vivo, lo avevo capito. Mi aveva rivelato il suo passato, così per com'era. Mi aveva rivelato ogni carta, ogni segreto, ogni scheletro del suo armadio. E io non lo avrei deluso, poteva fidarsi di me, e lo avrei aiutato. Suo padre avrebbe ricevuto ciò che si meritava


"Grazie per avermi ascoltato"


Disse, spostando lo sguardo sui miei occhi e facendo un sorriso tirato


"Ora mettiamoci a dormire, mio padre passerà la notte fuori e tornerà di mattina tardi. Fa sempre così"


Sussurrò, e io non potei che fidarmi di lui. Anche perché, diciamolo sinceramente, non avevo alcuna intenzione di lasciarlo di nuovo da solo.

****
Scuuuusate la mia assenza ma domani ho un'esame (che sono convinta andrà male) e non avevo la testa di scrivere ma... eccomi qui!
Per farmi perdonare ecco qui un capitolo fresco di stampa, come si suol dire. il passato di Stef è stato svelato, povero bambino e dannato suo padre! Sophie non scappa, resta al suo fianco e vuole aiutarlo a incastrare il padre. Cosa combineranno? E si a quanto pare è stato proprio suo padre a uccidere la madre? Ma come? E soprattutto perché? 
Immagino che lo scopriremo nei prossimi capitoli 
Una buona serata/ giornata a tutti!! 
XX
-R

   
 
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