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Autore: heulwen_mai    15/01/2020    12 recensioni
Post 14 luglio. Oscar è sopravvissuta, André è sopravvissuto, non tutto è rose e fiori.
Genere: Drammatico, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alain de Soisson, André Grandier, Bernard Chatelet, Oscar François de Jarjayes, Rosalie Lamorlière
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Il ramo si spezza, e l’acqua gli riempie il naso e la bocca.

 

Al di là della superficie dell’acqua ci sono di quegli insetti magri magri che pattinano senza peso, e ancora oltre le foglie e il cielo. Il vestitino gli si gonfia intorno, lo avvolge come-

 

-la camicia che le si è arrotolata intorno alla vita, mentre annaspa e annaspa. Affogare, come quella volta allo stagno, fa paura, ma con un sottofondo di pace. Le braccia si muovono di loro volontà verso l’aria aperta, lassù in alto; sempre una mezza spanna troppo in alto-

 

-e si scontrano con un altro corpo che a sua volta sta affondando.

 

Sto affogando, pensa con serenità. La tata sarà triste… e anche mia madre. Mi faranno il funerale. Non diventerò mai grande abbastanza per mettermi la divisa come il Generale… non vedrò com’è fatto un vero campo di battaglia, una vera guerra con il fuoco e i cannoni…

 

E accanto a Oscar, anche André sta affondando. Oscar lo sente dibattersi, cercare il suo braccio, tirarlo verso l’altro. Non gli interessa tanto, perché andare a fondo non è poi male. I rami verdi bucati dai raggi del sole si allontanano oltre la lastra d’acqua.

Ma André decide per lui che è ora di risalire verso la superficie.

 

“Oscar! Oscar!”

Non è la voce giusta, pensa un po’ delusa. Non è la voce di quel bambino che conosceva, con il quale era caduta in acqua- il suo André, l’amico, il fratello, quello che tra i due era autorizzato a portare già i pantaloni.

 

Che adesso la trascina a sedere mentre lei tossisce e tossisce; non acqua, ma un paio di grossi grumi di sangue. Quasi sveglia, con la testa che le gira come una trottola per la mancanza di ossigeno- non sono morta neanche questa volta, si dice.

Non siamo morti. Siamo vivi…

 

 

 

Sono due stanze al terzo piano di un grande casamento nel faubourg Saint Antoine. Le scale puzzano di piscia e di minestra stracotta, e gli interni di muffa. E’ una casa di fantasmi: la signora de Soissons, morta della sua stessa malattia nello stesso letto che ora Oscar divide con André; e Diane, morta impiccata alla maniglia del guardaroba accanto al letto.

 

Alain non è bravo a giocare alla massaia, e Oscar non saprebbe da che parte cominciare. André è inutile- perlopiù silenzioso, consapevole della propria inutilità, di solito siede in silenzio nella stanza principale, in quel suo modo che Oscar conosce così bene, con le ginocchia vicine e le spalle curvate in avanti, piegandosi su sé stesso come una vecchia giacca; quando può con la faccia nascosta da una bottiglia.

 

Partiranno appena Bernard il traffichino avrà procurato i documenti- ha sentito Alain che diceva ad André di avere già pronta una vettura, e Oscar è molto risentita. La sua mente corre fuori da quelle due stanze- che non le permettono di lasciare- verso le piazze in cui si radunano armate pronte a fare una Francia nuova. Non sa niente di preciso, perché nessuno le dice niente, e la febbre e le emorragie la rendono apatica e fiacca.

 

Non potrebbe scappare; non ne ha le forze. E questa è una delle ragioni per cui è molto risentita (ma in un modo distante ed estraneo, come quando ci si indigna per i soprusi subiti da qualcun altro): non le hanno lasciato vestiti, se non una camicia, perché André sostiene che lei non ne abbia bisogno.

 

Perché André non si fida.

 

Oscar vuole la sua divisa. Rosalie la sta riparando, le hanno detto. Rosalie la sta riparando da una settimana, e Oscar immagina che i lavori di rammendo procederanno per un tempo indefinito, magari anche dopo che André e Alain l’avranno costretta a lasciare Parigi, diretta alla casa che Alain si è comprato sul golfo di Guascogna dove ha seppellito sua madre e sua sorella. Malata e con un uomo cieco a cui fare da occhi- una situazione ridicola. Eppure sta succedendo proprio a lei.

 

Alla finestra, nascondendosi dietro lo scure semichiuso, Oscar guarda fuori. Guarda fuori tutti i giorni, per buona parte del giorno.

 

Aspetta di veder arrivare Rosalie, con la sua divisa sottobraccio piegata a fagotto. Si rifiuta di perdere quella speranza; non si lascerà morire in camicia, rinchiusa come un cardellino in gabbia.

 

 

 

Alain e André si sono congedati dalle Guardie Francesi. Oscar lo ha saputo solamente a cose fatte; lei è una disertrice, invece. Nascosta in quella casa squallida e buia mentre il suo secondo, Hulin, si prende i meriti dell’azione militare del quattordici luglio.

 

I meriti, o l’infamia- non è sicura di come tutto questo passerà alla storia. Ma c’era lei, in prima linea. Lei, Oscar, ha ordinato di aprire il fuoco, ha rischiato di ricevere una pioggia di pallottole, ed è sopravvissuta: in piedi su di un carretto e mezza soffocata dal fumo, si è ricordata di André, al sicuro nelle retrovie. E allora ha scelto- anche se adesso non è più certa della propria scelta- di tornare da lui.

 

 

 

Le sembra di ripensare a un periodo remoto, più indietro degli anni della loro infanzia, quando ripensa alla metà di luglio; eppure era giorni fa, magari un paio di settimane, ma non di più. Quando aveva deciso di vivere per lui, che le chiedeva solo questo: di rimanere insieme, di andare via insieme, di vivere insieme.

 

E lei lo aveva voluto, allora- André, e le cose che le aveva detto, le cose che le aveva fatto, la nostalgia del suo corpo che la prendeva ogni momento in cui non si stavano toccando. Le era sembrato amore. La rassicurava quel contatto, quel corpo famigliare di cui conosceva tanto anche mentre si rendeva conto di non conoscere tutto. La prima volta che era scesa con le carezze lungo il suo torso le aveva fatto piacere trovare lo strato morbido che copriva la solidità dei muscoli addominali; in un certo senso se l’era aspettato, le aveva fatto pensare a come quello è André, il suo André, con quel viso dai tratti marcati, i capelli fitti e neri come uva, le mani grandi che sembrano sgraziate (ma non lo sono)… e tutto il resto di ciò che è lui- un’ombra rassicurante, una presenza eterna sulla quale contare. Quel corpo che le si offre, che una volta le era stato rivolto contro come un’arma, ma che ormai è certa non le farà mai del male.

 

E’ dimagrito molto, senza sua nonna che gli porta da mangiare. Si sta rimpicciolendo, e a Oscar dispiace. Quando le è sopra le viene da percorrergli le costole, ora con la punta delle dita, ora con la carezza ruvida del palmo intero, come tracciando e ritracciando uno sguardo perplesso lungo la mappa di un territorio ignoto e forse ostile.

 

L’immagine che allora le viene alla mente è quella di un bambino sconosciuto, arrivato a palazzo Jarjayes quasi trent’anni fa. Magro e sporco, piagnucoloso, vestito alla meno peggio. Glielo avevano promesso come nuovo compagno di giochi, un vero e proprio giocattolo vivo; trasportato come un pacco dalla stazione di posta del villaggio di Versailles, a Oscar non era sembrato nulla di particolarmente divertente. Aveva fatto i capricci, mentre la tata Marie prendeva in consegna il nuovo arrivato, trascinandolo piangente e spaventato al piano della servitù.

 

Non lo voleva più, quel bambino sconosciuto, aveva strillato correndo loro dietro. Non lo voleva più, ora che lo aveva ricevuto.

 

 

 

Non lo voglio più- un’epifania.

 

 

 

Luglio presto diventerà agosto, ed è incredibile che la sua vita- la sua vita vera- fosse solo due settimane fa. Le sue stanze, il salotto dove prendeva il tè, il percorso fino alle stalle, l’enorme proprietà di suo padre, con i boschi e gli specchi d’acqua. I cavalli, i libri, gli spartiti e gli strumenti, Versailles come la si vede dalla torretta, le pistole riposte nella loro custodia in attesa della prossima esercitazione.

 

Sua madre vista attraverso una finestra mentre disegna seduta sul bordo della fontana, il generale che legge e fuma oltre la porta socchiusa dello studio, la tata Marie che rimprovera le ragazze, e poi rimprovera André, e di tanto in tanto rimprovera anche la sua Oscar- le cose della vita che si danno per scontate, rumori e scene famigliari, l’odore della lavanda e quello della cucina, oggetti che si sfiorano distrattamente sapendo che li si ritroverà al loro posto alla prossima occasione.

 

Capannelli (ora sguaiati, ora riflessivi) si formano e si disfano nella strada sotto la finestra a cui lei si affaccia in cerca di respiro. La Storia prosegue lasciando indietro chi non si adegua al suo passo. Oscar non ha più la forza- a sera la febbre le sale, e le parole cupe che André e Alain si dicono nell’altra stanza perdono importanza e significato.

 

La cosa che vorrebbe, mentre sdraiata sul letto guarda la luce gialla della candela riflessa sul soffitto sporco, è la sua divisa blu e oro. E’ importante. Perché quando presto André dovrà seppellirla sarà quella divisa ciò che Oscar indosserà.

  
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