VII.
The Long and Winding Road
“And
still they lead me back to the long and winding road
You
left me standing here a long, long time ago
Don't
leave me waiting here, lead me to your door.”
The
Long and Winding Road – Beatles
Se
glielo avessero chiesto, Tecna avrebbe affermato, senza falsa
modestia, che il piano da lei ideato l'aveva resa fiera delle proprie
straordinarie capacità intellettive.
Del
resto, la precaria situazione stessa l'aveva spinta a superare il suo
limite per poter trovare una soluzione che non fosse risultata nella
distruzione della Dimensione Magica per mano delle loro nemiche, di
nuovo – era bastato lo scuro ed innaturale colore dell'Oceano
di
Andros a ricordarle di cosa fossero capaci.
L'idea
geniale si era a lei presentata alle tre di notte di un giorno
infrasettimanale e, ad essere franchi, non avrebbe potuto scegliere
un attimo peggiore: tuttavia, la fata aveva vinto la stanchezza con
fare fiacco e lento e si era messa a lavorare, cercando di recuperare
man mano le facoltà mentali impiegate durante il giorno.
In
realtà aveva creduto in un'epifania più plateale
ed inaspettata;
l'ipotesi in grado di risolvere tutti i problemi di Magix in una
volta era sempre stata sotto gli occhi di tutti e la cosa l'aveva
messa un po' di cattivo umore. Con ogni probabilità la
soluzione era
comparsa nella mente di ogni singolo abitante del mondo magico appena
una volta ma, sia per mancanza di capacità che per carenza
di
malevolenza, nessuno s'era prodigato nell'attuarla.
Le
Trix avevano avviato qualsiasi catastrofe a cui potesse pensare e,
con loro ancora in azione, i danni non sarebbero di certo diminuiti:
l'unico modo per preservare salvezza e pace era estirpare il problema
alla radice. Il solo pensiero andava contro a molti principi che lei
e le sue compagne si erano imposte di rispettare, ma date le
condizioni critiche in cui versavano – condizioni che
sarebbero
andate solo peggiorando – riteneva giusto metter da parte gli
ideali, almeno per una volta.
Giustiziarle
al momento avrebbe avuto una scarsissima percentuale di riuscita: il
loro potere era accresciuto a tal punto da renderle quasi
intoccabili, senza considerare che Valtor, il loro alleato, disponeva
di un potere ancora superiore.
Eppure
sarebbero dovute sparire per garantire la pace.
Senza
di loro la Fiamma del Drago non sarebbe mai stata usata per creare
l'esercito oscuro; Darkar non avrebbe mai conquistato tutte le parti
del codice delle quali necessitava, né sarebbe riuscito ad
avvicinarsi così tanto al proprio obiettivo; ed il temuto
stregone
che ora terrorizzava la Dimensione Magica con i suoi incantesimi non
sarebbe mai stato in grato di uscire dalla Dimensione Omega e
ritrovare la libertà.
La
loro dipartita avrebbe assicurato il passato, il presente ed il
futuro di Magix ed era un'opportunità tanto rara quanto
impossibile
da non cogliere, nonostante la considerevole probabilità di
insuccesso.
Avrebbe
dovuto impegnarsi a produrre un piano senza fianchi scoperti e
riducendo i rischi al minimo, trattandosi di un nemico potente: e
sicuramente tale piano avrebbe avuto luogo a distanza dal bersaglio.
In
uno scontro diretto niente avrebbe potuto salvare lei e le compagne
dalla disfatta, ma se fosse stata in grado di produrre un programma
abbastanza potente...
“Tecna,
si può sapere cosa stai facendo? Saranno due ore che stai
smanettando con quella tastiera.” Musa si era alzata, nel
sentirla
così indaffarata: il suo sonno era diventato leggero negli
ultimi
tempi, e non era complicato capirne il motivo.
Con
la situazione senza precedenti in cui versava il Mondo Magico, le
fate avevano appena il tempo per dormire, quando ci riuscivano: di
stare anche un minimo tranquille non se ne parlava.
Valtor
e le Trix potevano attaccarle da un momento all'altro e, dati i
trascorsi, un'operazione di guerriglia nel cuore della notte non era
affatto da escludere; oppure qualche strano incantesimo atto a
confinarle in un incubo che prosciugava loro la forza vitale
– le
streghe, il più delle volte, non erano molto fantasiose e
tendevano
a seguire il proprio modus operandi.
Tecna
non alzò lo sguardo alla domanda, continuando come in uno
stato di
trance: i codici le passavano veloci davanti agli occhi, che li
studiavano e catalogavano; ma, nonostante ciò, era riuscita
a
sentire la voce della compagna di stanza.
“Mi
sentivo ispirata, così mi sono messa a studiare tutte le
informazioni che abbiamo sulle Trix: senza di loro Valtor si
troverebbe abbastanza scoperto. Forse so cosa potremmo fare, anche se
è solo un'idea.”
Nella
mente della zenithiana si stava componendo un'accurata e
dettagliatissima strategia, l'unica in grado di risolvere la
situazione senza troppe perdite: la strategia che avrebbe permesso
loro di non dover affrontare il temibile stregone evaso dalla
Dimensione Omega, così come le streghe; avrebbe evitato il
male
causato da Darkar, la distruzione della vecchia fortezza di
Fonterossa, le migliaia di vite che l'armata oscura aveva troncato.
Non
avendo il tempo di celare un incantesimo di tale potenza, il rischio
che venissero scoperte ed intercettate era elevato, ma come recitava
il detto terrestre che le aveva riferito Bloom una volta: a mali
estremi, estremi rimedi. E quella era esattamente l'occasione in cui
andava applicato.
Avrebbe
dovuto essere molto precisa e cominciare a lavorare al programma, che
andava formandosi tra i suoi pensieri, fin da subito. Non avendo
altro su cui concentrarsi, sarebbe stato meno difficile del previsto.
“Sul
serio?! – chiese Musa, avvicinandosi nell'immediato all'amica
per
osservare cosa stesse facendo – E come pensi di
fare?”
La
fata le fece segno di aspettare: le sue dita si muovevano veloci
sulla tastiera, facendo comparire il testo in linguaggio C sullo
schermo nero: il software poteva essere molto simile a quello
presente nella sala delle simulazioni, ma avrebbe avuto bisogno di
maggiore potenza ed un apporto di magia superiore.
Non
era una simulazione che stava cercando: affinché
funzionasse, le
serviva un ritorno fisico nel tempo passato.
“Chiama
le altre, Musa.” le disse poi, senza smettere di fissare lo
schermo.
“Vi
spiegherò quello che ho intenzione di fare.”
Doveva
trovare il momento giusto in cui agire e le scarse informazioni che
aveva sulle streghe non aiutavano affatto: eppure era sicura che ci
fosse, l'attimo tramite il quale, inserendo una modifica, avrebbe
cambiato irrimediabilmente il futuro della Dimensione Magica.
Doveva
riuscire a trovare il punto di rottura, ed avrebbe eliminato le Trix
senza usare la loro stessa violenza: avrebbe semplicemente impedito
che si presentassero loro delle occasioni per far del male. Il
programma cominciava ad avere una struttura portante, alla quale di
sicuro avrebbe lavorato per giorni e giorni: un progetto di una
simile mole non sarebbe stato possibile in una sera sola; ma si
sentiva quasi certa di aver trovato la soluzione che stavano cercando
da mesi, forse anche da anni.
L'adrenalina
della scoperta le aveva tolto tutto il sonno che aveva provato una
volta svegliatasi dal torpore e l'aveva spinta a non prendersi
nessuna pausa: avrebbe potuto aspettare che le altre Winx si
svegliassero, invece quando queste fecero il loro ingresso nella sua
stanza, non le vide nemmeno.
Era
troppo presa nel suo lavoro, fiera d'aver trovato un modo pratico ed
attuabile per togliere di mezzo una considerevole minaccia: tutti
avrebbero potuto pensare ad una cosa simile per riportare Magix alla
pace ed alla tranquillità, ma solo lei stava riuscendo a
rendere
tale desiderio reale.
“Allora?
Tecna?” la spazientita voce di Stella – sapeva
quanto odiasse
essere svegliata prima delle sue otto ore di sonno –
bastò a farle
dedicare almeno un minimo di attenzione alle compagne, desiderose di
sapere quale fosse la sua scoperta.
“Sedetevi,
ragazze. Quando finirò questo programma non dovremmo
più
preoccuparci né delle Trix, né di
Valtor.”
117
giorni, 11 ore, 9 minuti e 56 secondi dalla fine.
L'ufficio
di Faragonda, contrariamente al resto dell'edificio, non era cambiato
granché: la scrivania, le librerie, perfino gli affetti
personali,
erano nella stessa posizione che Tecna ricordava. Il pesante ed
antico libro sulla storia di Domino giaceva addossato ad altri tomi
di storia della magia nel medesimo scaffale di un tempo: era coperto
solo da più polvere, come se non ci fosse stato alcun
bisogno di
usarlo dal giorno in cui il regno fu distrutto dalle Streghe
Antenate.
La
preside, nel loro presente una delle fate più potenti
dell'intera
Dimensione Magica, prese posto a sedere con fare malinconico: la
vetrata dietro di lei non rifletteva più il cielo terso e le
immagini di spensierate studentesse intente a godersi il tempo libero
nel cortile, ma una coltre di nubi scure ed una desolazione che
entrambe le fate non avevano mai visto nella loro scuola, nemmeno
negli attimi più critici.
“Posso
offrirvi una tazza di tè, ragazze?” chiese lei
cortesemente,
accennando un sorriso sul volto stanco.
“Magari
un'altra volta, abbiamo un po' di fretta. Ma grazie lo
stesso.”
rispose subito Aisha, occupando insieme a Tecna le poltrone di fronte
alla scrivania. Anch'esse erano rimaste identiche, ma davano alla
fata di Andros una lieve sensazione di freddezza, come se nessuno ci
si fosse seduto per un lungo tempo.
“Vi
darò i nomi – disse allora lei, le labbra ora
tirate in
un'espressione seria. Alla bruna ricordava i momenti in cui le
minacce per l'incolumità di Magix si facevano
particolarmente gravi,
oppure quando qualcuna delle Winx aveva compiuto un atto troppo
sconsiderato e pericoloso, mettendo a rischio la propria vita
inutilmente, ed alla donna toccava riprenderla – vi
spiegherò
tutto nel dettaglio se volete, ma promettetemi che resterete fuori da
Magix e da questa storia. Come vi ho già detto: ormai non
possiamo
fare nulla per salvarci. Dobbiamo solo restare al sicuro ed attendere
tempi migliori.”
Tecna
si voltò verso la compagna, cercando complicità:
s'era preparata un
paio di strategie per risolvere le cose con la Faragonda che
avrebbero trovato in un presente diverso dal loro, ed era ora
arrivata ad un bivio.
La
principessa di Andros ricambiò lo sguardo, inarcando appena
le
sopracciglia.
Era rischioso, ma avrebbero dovuto farlo,
altrimenti la preside non sarebbe riuscita a fidarsi abbastanza da
dar loro informazioni complete. Proteggere eccessivamente le ragazze
più giovani, carattere che aveva sempre avuto, si stava
dimostrando
un difetto considerevole per la loro missione.
Il
prolungato silenzio cominciava a minare un poco la fiducia che la
donna stava riponendo nelle fate che aveva davanti; la loro
esitazione significava solo una cosa: non avevano intenzione di
restare lontane dai guai. Le osservò ancora per qualche
secondo, poi
socchiudendo gli occhi e sistemandosi gli occhiali sul naso con
l'indice.
“Qualcosa
mi dice che volete intervenire, invece.” disse, indurendo
appena il
tono: quando riaprì gli occhi, l'espressione sul volto delle
fate
era rimasta molto seria.
Nelle
mani di Tecna era comparso un dispositivo elettronico grande quanto
un suo polpastrello: era simile ad una puntina, dalla testina tonda e
metallica, nel quale era incastonato un piccolo contenitore di vetro
contenente un liquido color rame, all'apparenza molto denso; da esso
scendeva un tubicino capillare, che terminava in una punta in acciaio
all'apparenza affilata.
“Per
il rispetto che proviamo nei suoi confronti non dovre-”
cercò di
dire la zenithiana, prima che l'amica, di gran lunga più
impaziente
di lei, non afferrasse l'oggetto e lo premesse sul dorso della mano
di Faragonda: furono questioni di secondi, quest'ultima non
riuscì
nemmeno a realizzare cosa stesse succedendo.
“Oh,
muoviamoci Tecna. Possiamo perderci delle ore a spiegarle la
situazione.” disse con tono sbrigativo, sedendosi nuovamente
al suo
posto.
“Ci
avrebbe coperto le spalle nel caso non avesse funzionato.” si
giustificò lei, guardandola con la coda dell'occhio per
poter tenere
sotto controllo le reazioni della preside di Alfea: la vide allungare
due dita verso il dispositivo per poterlo togliere, ma parve fermarsi
non appena la sua pelle sfiorò il metallo.
“Cos'hai
detto? Potrebbe non funzionare?! Dovevi dirmelo prima!”
protestò
la fata dei fluidi, voltandosi verso Tecna con una punta di
esasperazione a piegarle le labbra. Era chiaro che se avesse saputo
della probabilità di fallimento non si sarebbe azzardata in
una
mossa così rischiosa; non osò rivolgere lo
sguardo alle conseguenze
della sua azione sul volto della donna che sedeva di fronte a loro.
“L'avevo
detto quando abbiamo elaborato questa strategia, ma dato che
evidentemente non sei stata attenta te lo ripeto: l'incantesimo ha
una probabilità dello 0,95% di fallire. Per quanto infima,
non mi
prenderei la libertà di non considerarla.”
spiegò con pazienza,
scatenando un accesso di ira dell'altra.
“Mi
hai fatto perdere dieci anni di vita per una probabilità
così
bassa?!” alzò il tono, sbattendo un palmo sul
tavolo; lo sguardo
che le rivolse l'amica le fece capire abbastanza in fretta di doversi
dare una calmata.
Faragonda
le stava ancora osservando del resto: gli occhi vuoti e spenti si
riempivano di ricordi che non le appartenevano; della sua figura che
comunicava con quelle due ragazze, insieme ad altre quattro fate,
nell'ufficio in cui si trovava, ancora illuminato dalla luce del
sole; delle sue parole nel pronunciare un complesso incantesimo, con
le mani poggiate sul dispositivo che l'aveva punta; delle sue dita,
che trasformavano il liquido in milioni di informazioni che avrebbe
dovuto tenere a mente.
Istintivamente
si portò una mano alla tempia, chiudendo gli occhi per poter
controllare e riordinare l'apporto d'immagini riguardanti un passato
ed un presente che un'altra versione di sé aveva vissuto; e
le
sembrava di tornare ad osservare la fiumana di nuove allieve
attraversare i cancelli, con la meraviglia negli occhi ed un ampio
sorriso stampato sulle labbra. Si vedeva affacciata alla vetrata,
come usualmente faceva all'inaugurazione dell'anno accademico,
un'espressione rilassata andava formandosi sul suo viso mentre faceva
correre lo sguardo sull'ordinato cortile affollato, sulla finezza
architettonica delle torri che difendevano la scuola, sulle forme
armoniche ed ondulate delle terrazze.
E
nell'aprire di nuovo gli occhi, riconobbe i lineamenti delle due fate
come se le conoscesse da una vita: dischiuse la bocca, e subito i
loro nomi erano sulle sue labbra.
“Tecna,
Aisha?” chiese, sbattendo un paio di volte le palpebre con
fare
incredulo.
“Sì,
siamo noi – disse Aisha, tirando un po' le labbra in un
sorriso –
E tu che mi avevi fatta preoccupare per niente.” aggiunse poi
sottovoce, diretta a Tecna che la degnò appena di uno
sguardo molto
eloquente.
“Ci
dispiace di aver usato metodi così poco ortodossi, ma al
momento non
possiamo permetterci di perdere tempo. Siamo separate dalle altre e
dovremmo ritrovarle in fretta per capire quale parametro va
modificato affinché la situazione si volga per il meglio, o
per
scoprire chi si è intromesso nella nostra
missione.” spiegò
concisa ed efficace, conscia del fatto che ora Faragonda era a
conoscenza di tutti i dettagli riguardanti il loro piano per
riportare, in maniera definitiva, la pace nella Dimensione Magica.
“E
noi abbiamo dei chiari sospetti.” intervenne la principessa
di
Andros.
“Suppongo
stiate parlando delle Trix.” dichiarò la preside.
“Esatto.
Vorremmo sapere dove si trovano per poterle confrontare una volta per
tutte.” le rispose la zenithiana. La fata più
anziana si prese
qualche attimo per riflettere, alzandosi dalla sedia per prendere
qualche passo verso la vetrata: l'esterno era ancora dominato dal
cupo colore del carbone che ora sostituiva la foresta di Selvafosca.
“Temo
di non potervi aiutare. Non ho informazioni su nessuna delle tre
streghe da quando sono fuggite dal loro pianeta natale; purtroppo non
posso escludere la possibilità che siano morte dopo l'ascesa
al
potere di Rick e dei suoi sottoposti.
Ora ricordo l'alto livello
con cui sono entrate a Torrenuvola nel vostro presente: delle streghe
così potenti possono essere un pericolo. Se si trovavano
ancora qui
a Magix è probabile che le abbia eliminate.”
ammise, intrecciando
le mani dietro la schiena.
“Questo 'Rick' è così potente da
poterle far fuori tutte e tre?” chiese Aisha, irrigidendosi:
una
parte di lei le imponeva di rimanere scettica, ma l'altra parte si
fidava di Faragonda e, se per lei fosse una minaccia considerevole,
avrebbe fatto meglio a temerlo a sua volta.
“No,
non ha un grande potenziale offensivo, né tende ad agire di
persona.
Sono le sue due guardie del corpo ed il suo esercito ad essere un
problema: per nostra sfortuna hanno tutti accesso ad un potere
pressoché illimitato.
Finché rimane coperto dai suoi uomini
non possiamo toccarlo: abbiamo provato a separarlo dalle sue guardie
durante la guerra, ma si sono dimostrate più forti del
previsto.”
“Potrebbe
darci i dettagli?” Tecna aspettò a malapena che la
preside finisse
di parlare, prima di tirar fuori il suo palmare ed aprire il blocco
note: la osservava attentamente, pronta a prendere appunti non appena
avesse ripreso a parlare.
“I
suoi soldati migliori sono Hecate e Hades: non è mai stato
visto
senza almeno uno di loro. Ovviamente sono entrambi nomi falsi,
inoltre le loro identità sono sempre celate: a quanto pare
solo il
loro capo conosce il loro vero aspetto, così come la vera
fonte dei
loro poteri.
Tranne
che nella guerra, nessuno è mai sopravvissuto per dare un
quadro
dettagliato del tipo di magia che entrambi usano. Io ho affrontato
Hades, ed in tutti gli anni in cui sono stata preside di questa
scuola, non ho mai visto qualcuno usare la necromanzia al suo
livello: è stato in grado di evocare, seppure per poco
tempo, le
Streghe Antenate al massimo della loro forza; può
controllare una
decina di spiriti nello stesso momento, portando la
superiorità
numerica dalla sua parte: e si parla di spiriti potenti, tra i
più
potenti della Dimensione Magica. Inoltre anche la sua forza fisica
è
notevole: nella forma in cui solitamente si presenta è alto
quasi
due metri, ed ha una corporatura alquanto possente.
Hecate
invece punta principalmente sulla propria magia e sulla
velocità:
identificare la sua magia è molto difficile, in quanto evita
di
mostrarla di proposito. Con ogni probabilità lo fa per non
mostrare
debolezze; l'ho vista uscire illesa da un gruppo di una ventina di
specialisti nel giro di una manciata di secondi durante l'ultima
battaglia.
Ad
affrontare Hecate è stato Saladin, ma… Non
è sopravvissuto per
raccontarlo.” fece una pausa, abbassando leggermente il capo
nel
ricordare la dipartita del suo caro amico. L'aveva trovato riverso a
terra, la tunica lacerata in più punti; le tracce della
magia che la
donna aveva usato per finirlo erano scomparse: pareva che il colpo
mortale fosse scaturito dall'interno del suo corpo, trafiggendo tutti
i suoi organi interni fino all'epidermide.
E,
se ad un primo sguardo le ferite non apparivano gravi, le sue
interiora erano ridotte ad una poltiglia di carne e muscoli.
Faragonda
si era ritrovata a sperare che la sua aguzzina l'avesse ucciso in
fretta, senza farlo soffrire eccessivamente.
Scosse
appena la testa, forzando un sorriso verso Tecna ed Aisha.
“Ora
conosco la vostra forza, so che avete dalla vostra parte la Fiamma
del Drago; ma vi sconsiglierei comunque un'azione contro Magix. E'
troppo pericoloso e non vorrei essere responsabile di altre perdite.
Allo
stesso tempo non posso fermarvi: quando sarete unite e cercherete un
posto sicuro in cui stare, potrete tornare qui. Solo le fate prive di
corruzione possono passare la barriera.”
“L'ha
detto lei: adesso ci conosce. Sa che non ci faremo sconfiggere da un
paio di tirapiedi.” affermò decisa Aisha; accanto
a lei, Tecna,
osservava le note che aveva raccolto in modo alquanto preoccupato.
Le
Trix non erano la causa dei disordini, e lei non sapeva se esserne
sollevata oppure ancora più turbata.
117
giorni, 23 ore, 31 minuti e 7 secondi dalla fine.
“Sei
sicura di averla vista andare di là?”
Bloom
era stata visibilmente preoccupata da quando lei e Stella si erano
accorte che Musa, dopo essersi allontanata un attimo per, a detta
sua, pensare un po' da sola, non aveva più fatto ritorno
né era nel
punto in cui s'era fermata.
La
piazza di Magix dove usualmente si teneva la festa della Rosa, doveva
aveva più volte camminato su petali rossi, era gremita di
gente
dall'aria poco raccomandabile: l'acceso rosso dei suoi capelli
spiccava perfino dal vicolo in cui lei e l'amica si erano rifugiate
per poter fare il punto della situazione.
I
palazzi che circondavano le vie principali s'erano fatti fatiscenti,
intrisi della nebbia scura che pareva soffocare perennemente la
città: da qualche finestra, qualcuno osservava le persone
dall'alto,
studiando il loro da fare. O aspettando il compimento dei loro
obiettivi.
Di
ogni persona che transitava vicino alla loro posizione,
fortunatamente senza fare troppo caso a loro, la fata non ne aveva
vista nessuna sprovvista di un'arma magica.
Si
sentì stringere il cuore nel pensare Musa sola in un
ambiente
simile: sarebbe dovuta intervenire prima.
Non
avrebbe dovuto lasciarla andare.
“Sì,
sono sicura Bloom! E' la terza volta che te lo ripeto.” disse
la
principessa di Solaria sottovoce, rivolgendo qualche occhiata nervosa
alla folla: non riconosceva nessuno ancora, le persone passavano
davanti ai suoi occhi grige e veloci, prive di un qualsiasi
particolare identificativo; se non si fosse soffermata sui loro volti
incattiviti dall'ambiente, intristiti da una vita che non coincideva
con i loro scopi, non sarebbe riuscita a distinguerli come esseri
diversi gli uni dagli altri.
Il
senso di colpa le aveva preso lo stomaco, prima lentamente e poi
tutto in una volta: sapeva che se a Musa fosse successo qualcosa,
sarebbe stata esclusivamente colpa sua. Certo, lei non si sarebbe
dovuta allontanare, ma era stata provocata e Stella conosceva bene il
suo carattere e cosa fosse in grado di fare quand'era arrabbiata.
Forse anche allora le Trix l'avrebbero trovata, presa di mira con
altre streghe; forse la storia si sarebbe ripetuta esattamente
com'era stata in tale frangente.
Ricordava
il suo viso spaventato e paonazzo per aver corso a perdifiato,
cercando di non soccombere ai numerosi attacchi delle nemiche; le
gambe le tremavano dallo sforzo ed il suo petto si alzava ed
abbassava in fretta.
A
Stella venne un tuffo al cuore mentre l'immagine della sua
espressione sollevata nel veder arrivare i rinforzi le si impresse di
nuovo nella mente; l'eventualità che la fata della musica
non
tornasse dalla missione era ora ben presente e, com'era ovvio che
fosse, si sentiva responsabile di qualsiasi danno avesse subito in
seguito al loro litigio.
Pensò
che ogni tanto avrebbe dovuto imparare a tenere la bocca chiusa.
“Finché
stiamo qui non la troveremo mai, comunque. Potremmo salire su uno di
quei tetti per riuscire a vedere meglio. Uno non troppo alto
magari.”
disse poi, indicando un po' nervosamente l'edificio che le teneva
nascoste dal resto degli abitanti: era uno dei più alti
della piazza
– superava i quattro piani e pertanto impallidiva di fronte
ai
grattacieli della periferia – quello in cui, durante il loro
primo
anno ad Alfea, s'erano appostate le streghe per giocar loro un brutto
scherzo e poter usare Riven come spia. Dai cornicioni delle finestre
scendevano striature grige che intaccavano l'intonaco bianco, le
poche decorazioni che fieramente portava durante le feste, erano
ridotte ad ammassi di pietra crepata, priva di una forma.
Guardandole,
Bloom si chiese di nuovo se Musa non avesse avuto ragione; si chiese
se le Trix fossero davvero in grado di causare danni simili, contando
che non avessero ancora messo mano alla Fiamma del Drago. Conosceva
fin troppo bene il loro potere, eppure mettere in ginocchio l'intera
capitale era troppo per ciò che sapevano fare: i loro anni
passati
altrove rispetto a Torrenuvola potevano confermare ciò che
l'amica
sosteneva.
L'unica
opzione che era in grado di considerare dopo aver assistito a tanto
degrado senza che delle sue acerrime nemiche si vedesse l'ombra, era
che avessero scoperto il loro piano fin dall'inizio.
Dovevano
aver trovato un modo per fendere lo spazio-tempo e dirigersi in un
altro presente, modificato dall'incantesimo di Tecna, per
contrattaccare il loro sabotaggio; eppure avevano compiuto ogni
azione con estrema cautela, tanta che nessuno all'infuori di loro
sei, Faragonda e la Griffin conoscesse nulla.
All'apparenza
era impossibile: tuttavia sapeva di cosa fossero capaci quelle tre.
Mentre, seguendo la fata del sole e della luna, si celava nei portici
dell'edificio accanto per trasformarsi, meno esposta alla vista dei
malviventi, ammise a sé stessa d'essere combattuta sulla
questione.
Per
quanto si sforzasse a vedere le nemiche come persone crudeli,
disfunzionali e senza speranza, la vista di una giovane Stormy, che
somigliava più ad una ragazzina abbandonata al suo destino
che ad
una pazza sanguinaria, non aveva giovato nemmeno a lei.
Nonostante
non avesse preso parte al litigio scoppiato tra le sue compagne, ora
che spiegava le ali e volava rasente a finestre rotte e polverose,
dalle tende squarciate e macchiate di sangue, cominciava a dubitare
seriamente di aver fatto qualcosa di buono nel togliere una parte di
passato alle streghe. Ma l'altra parte di lei, che era sempre stata
la più forte, le diceva che ad aver portato Magix nel
baratro erano
state loro; e lei non sapeva minimamente che posizione prendere.
Poggiò
le suole degli stivali sul tetto, muovendo la polvere che vi regnava
con i battiti delle sue ali; Stella atterrò accanto a lei in
silenzio, prendendo un paio di passi per avvicinarsi al parapetto.
“Da
qui dovremmo farcela.” finì appena di dire la
bionda, prima di
percepire la canna di una pistola magica appoggiarsi sulla sua testa;
Bloom vide il braccio di un uomo coperto da un'elegante camicia
bianca, teso a tenere ferma l'arma. I gemelli dorati sul polsino
brillarono appena alla luce artificiale proveniente dalla
strada.
Stella deglutì a fatica, restando immobile: un brivido
di freddo le percorse la spina dorsale, mentre l'acciaio ancora caldo
premeva contro i suoi capelli. Nessun tremolio, nessuna esitazione:
la mano che lo controllava era rigida e decisa, pronta a premere il
grilletto in ogni momento.
Poteva
quasi sentire il respiro di lui sul collo, il suo ghigno malefico
sulla sua pelle.
“Guarda, guarda Hecate: fate non corrotte!
Pensavo fossero sparite anni fa – disse divertito l'uomo
–
Giratevi, fatevi vedere per bene.”
Fece
un movimento con la pistola, imitando una rotazione: entrambe
trasalirono, ma si voltarono lentamente per vedere a loro volta chi
avessero davanti; se solo avesse abbassato il tiro, avrebbero potuto
attaccarlo; o almeno così speravano.
La
figura di un uomo sui trent'anni, dai brillanti occhi verdi simili a
quelli di un serpente, si formò davanti a loro; il suo
sorriso, per
quanto affascinante, non prometteva nulla di buono e dal completo
pulito e costoso doveva trattarsi di qualcuno d'importante. Di fianco
a lui c'era una ragazza dai lunghi capelli neri e la carnagione
olivastra: non sembrava voler proferire parola, né prendere
parte
all'insensato divertimento provato dal compagno.
Le studiava con
gli occhi scuri, mantenendo un'espressione neutra sul volto.
Lui
prese un passo avanti, puntando l'arma contro la testa dell'una e poi
dell'altra, osservandole con lo stesso sadismo di un gatto intento a
torturare le proprie prede. Nessuna delle due osò muovere un
muscolo
per attaccarlo; non avendo mai visto una pistola simile non erano in
grado di conoscerne la portata di fuoco, la potenza e le specifiche.
Conoscevano bene la pistola che usava Timmy nelle missioni, ma essa
era ben diversa sia nella forma che nella dimensione.
“Oggi
dev'essere un giorno meraviglioso, non credi?”
stuzzicò di nuovo
la donna al suo fianco, aspettandosi una risposta.
Hecate, a
quanto pare così si chiamava, roteò gli occhi,
prendendo un lungo
respiro come a ricorrere a tutta la sua pazienza. Bloom dedusse,
senza staccare lo sguardo da entrambi, che fossero piuttosto in
confidenza se lui le permetteva comportamenti simili.
“Come
ti pare, Rick. Non m'interessa se esistono ancora fate pure in questo
mondo, ho del lavoro da fare. E tu mi stai facendo perdere
tempo.”
Lui
si lasciò scappare una risata asciutta: dalle labbra
emersero appena
i denti, ed alla fulva parve di guardare un predatore in procinto di
sbranarle.
“Tu
lavori per me, cara. E trovare due fate mi sembra molto più
importante che ammazzare una misera taglia. Quello puoi farlo anche
domani, questo quando ricapita?”
“Cosa
volete da noi?” trovò il coraggio di parlare
Bloom, stringendo i
pugni fino a far comparire delle fiammelle sulle nocche. La sua
reazione attirò l'attenzione di Hecate, che si
concentrò sulla
crescita del suo potere per capirne la natura.
“Sapere
come siete sopravvissute. Ho appena avuto un'idea: sarete nostre
ospiti, così potremmo studiarvi quanto vogliamo: non
preoccupatevi,
voi in cambio avrete cibo, un posto in cui dormire e la nostra
protezione.
Ah, e con 'nostre ospiti' – e si voltò verso la
ragazza, che non mosse un muscolo in quanto già sapeva cosa
volesse
comunicarle – intendo dire che staranno a casa tua.”
“No.”
rispose secca lei, continuando ad osservare entrambe le fate per
cogliere altre manifestazioni di potere. Non degnò Rick di
uno
sguardo, ma lui scrollò le spalle come se ci fosse abituato:
dei
due, le due allieve di Alfea non riuscivano a capire chi avrebbero
dovuto temere maggiormente.
“Cosa
ti fa pensare che accetteremo?” disse Stella, ispirata dalla
decisione con cui l'amica li aveva sfidati.
“Non
avete scelta: o accettate, o morite. Sarebbe un peccato uccidervi, ma
per avere delle fate pure non sono disposto a sacrificare il mio
prezioso tempo.”
La
fata di Solaria deglutì a fatica un groppo di saliva dopo
tali
parole: l'uomo lo notò e ne gioì, allargando
ulteriormente il
sorriso beffardo che dominava sul suo volto. Abbassando la pistola,
guardò con soddisfazione il loro farsi meste: sapeva che
sarebbe
loro mancato il coraggio di reagire dopo tali parole. Le fate erano
fin troppo facili da manipolare, secondo la sua onesta opinione: e
lui poteva dirsi un esperto.
“Oh,
sono onorato che abbiate accettato. Ora vado a dare la bella notizia
a chi di dovere, se volete scusarmi. Le affido a te, Hecate.”
le
superò, salutandole con un irritante cenno della mano; in
una
manciata di secondi era già sparito dietro alla porta che
conduceva
alle scale interne dell'edificio.
Le
due fate rimasero davanti ad Hecate, che, se non per uno sbuffo, non
si disturbò di rispondere al suo capo. Lasciò
calare il silenzio
per un minuto, in cui non si permise di staccare lo sguardo dai loro
occhi; nonostante non stesse facendo niente di pericoloso, Stella
sentì crescere nel petto una forte sensazione di disagio.
Tuttavia,
ora che non erano più sotto tiro, avrebbero potuto provare a
reagire.
“Conoscete
già il mio nome – si decise a parlare, con un tono
estremamente
piatto – Potete dirmi i vostri, come potete anche non
dirmeli: per
me non fa differenza.
Se
avete domande su dove vi trovate o cosa sta succedendo qui in giro,
chiedete pure, ma una alla volta e senza pressarmi troppo. Odio chi
mi riempie di domande.
E
seguitemi senza fiatare, sono stata chiara?
Una
volta a casa mia potete fare quello che volete, tranne toccare le mie
cose.”
Stella
storse la bocca, voltandosi verso Bloom per sussurrarle
all'orecchio.
“Si è subito messa a sparare sentenze
questa.”
le disse stizzita, rivolgendo un'occhiataccia alla loro
accompagnatrice; con ogni probabilità l'aveva sentita, ma
invece di
commentare prese a camminare, dando loro le spalle.
Aveva un bel
portamento, ebbe modo di notare la fulva; ma non riusciva a notare
molto altro. A primo impatto, la sua personalità insipida
non
spiccava per nessun lato: non era crudele come il suo superiore,
né
buona come una persona intenzionata ad aiutare.
Non le stava
nemmeno controllando, sarebbero potute fuggire: si voltò
verso la
bionda, rivolgendole uno sguardo complice e preparandosi a prendere
il volo.
Stella
ricambiò lo sguardo, facendo comparire lo scettro di Solaria
per
coprire la loro fuga da eventuali attacchi.
Come
se l'avesse letta nel pensiero, Hecate si voltò, riducendo
gli occhi
a due fessure.
Un
forte potere premette sui loro corpi, cominciando a schiacciare i
loro piedi al suolo: per quanto provassero ad alzarsi in volo, le
loro ali non riuscivano a sollevarle.
“Ah,
non pensate di scappare: non ci penserei due volte ad
ammazzarvi.”
le avvertì, concentrando un enorme apporto di magia oscura
nelle
proprie mani.
Avvertenze
e condizioni per l'uso:
Innanzitutto
mi scuso per averci messo più di un anno ad aggiornare, mi
sento
veramente una persona schifosa: questa storia si è bloccata
e tra
università e tutto il resto è caduta nel
dimenticatoio: la mia
ispirazione per quanto riguarda questa AU si era presa un anno
sabbatico.
Mi
dispiace davvero tanto che chi segue questa storia abbia dovuto
aspettare tanto, e spero che la cosa non si ripeta con il prossimo
capitolo.
Compaiono
dei personaggi originali per la prima volta qui, spero che possano
piacervi nel corso della storia: ne manca ancora qualcuno, uno dei
quali è stato già citato.
Come
di consueto, passo ai ringraziamenti perché non so
più come
scusarmi: ringrazio infinitamente le onnipresenti Ghillyam,
LadyNabla e
Applepagly per aver
recensito lo scorso capitolo, ormai già vecchio e decrepito.
Grazie
davvero per la pazienza che avete sempre avuto e per l'attesa, avete
dovuto davvero aspettare un'eternità. Ringrazio tutti quelli
che mi
stanno sostenendo seguendo la storia ed anche i lettori silenziosi
che forse hanno aspettato i secoli per questo capitolo, forse no.
Ho
alleggerito lo stile negli ultimi tempi, spero sia migliorato e sia
più scorrevole di prima: spero anche che la differenza non
stia
troppo male con gli altri capitoli.
Detto
questo, alla prossima missione!
(Che
spero non esca con la stessa cadenza dei giochi di Metroid).
Mary