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Autore: _Agrifoglio_    15/01/2020    15 recensioni
Una missione segreta, un’imboscata vicino al confine austriaco e il corso degli eventi cambia. Il senso di prostrazione dovuto al fallimento, il dubbio atroce di avere sbagliato tutto, un allontanamento che sembra, ormai, inesorabile, ma è proprio quando si tocca il fondo che nasce, prepotente, il desiderio di risorgere. Un incontro giusto, un’enorme forza di volontà e, quando tutto sembrava perduto, ci si rimette in gioco, con nuove prospettive.
Un’iniziativa poco ponderata della Regina sarà all’origine di sviluppi inaspettati da cui si dipanerà la trama di questa storia ricca di colpi di scena, che vi stupirà in più di un’occasione e vi parlerà di amore, di amicizia, di rapporti genitori-figli, di passaggio alla maturità, di lotta fra concretezza e velleitarismo, fra ragione e sogno e della difficoltà di demarcarne i confini, di avventura, di duelli, di guerra, di epos, di spirito di sacrificio, di fedeltà, di lealtà, di generosità e di senso dell’onore.
Sullo sfondo, una Francia ferita, fra sussulti e speranze.
Davanti a tutti, un’eroica, grande protagonista: la leonessa di Francia.
Genere: Avventura, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: André Grandier, Nuovo Personaggio, Oscar François de Jarjayes, Quasi tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Luglio rosso sangue
 
Otto giorni, mancavano soltanto otto giorni a quel fatidico due agosto, durante il quale sarebbe dovuto comparire davanti alla Santa Inquisizione.
Robespierre camminava avanti e indietro, come una fiera in gabbia, nel suo appartamento parigino ove era tornato a risiedere stabilmente da alcune settimane e, cioè, da quando, essendosi diffusa la notizia della convocazione davanti al tribunale ecclesiastico, gli era mancato il coraggio di farsi vedere a corte. Con l’aura di perfezione e di inappuntabilità incrinata, si sentiva nudo e privo della forza morale necessaria per affrontare la vita e i suoi simili, rispetto ai quali, non essendocisi mai realmente misurato, aveva bisogno di considerarsi di gran lunga superiore per poterli tenere a bada. Da qualche giorno, neppure usciva più di casa, perché aveva la sensazione che la gente che incontrava lo osservasse e parlasse di lui. Aveva allontanato da sé persino l’inseparabile cane che, ora, non viveva più con lui, ma con la sorella Charlotte, perché l’abbaiare dell’animale gli urtava i nervi.
Non che temesse la scomunica in sé, giacché dell’aspetto religioso della vita gli era sempre importato ben poco; erano le conseguenze della condanna che lo terrorizzavano. Avrebbe sicuramente perso la carica di Ministro e tutto ciò che aveva faticosamente conquistato e, in quella condizione, non avrebbe più potuto realizzare le riforme alle quali teneva più che a se stesso. Da una valutazione sfavorevole, sarebbero, poi, potute derivare, non soltanto la scomunica papale, ma anche una condanna per eresia, blasfemia, empietà e abuso della credulità popolare, con intervento del braccio secolare e conseguente carcerazione. C’erano stati dei momenti in cui aveva pensato di fuggire in Inghilterra o in America, ma si era subito frenato, perché non voleva scapparsene con la coda fra le gambe, come un delinquente comune e, se lo avesse fatto, non sarebbe più stato Ministro né avrebbe mai rivestito altre posizioni di rilievo.
A tutto ciò, si era, poi, aggiunta la vicenda di quella sciagurata della sorella che aveva coperto di vergogna lui e calpestato il buon nome dei de Robespierre, facendo riemergere le oscure vicende che, in un passato mai troppo lontano, avevano visto protagonisti i genitori, specialmente il padre.
Mentre era tormentato da questi tarli, udì bussare alla porta. Guardò l’uscio inebetito, ma non osò avvicinarsi e aprire, perché temeva che, dall’altra parte, ci fossero i soldati, venuti in anticipo ad arrestarlo o dei comuni cittadini intenzionati a insultarlo. I colpi si moltiplicarono, divenendo sempre più ravvicinati, finché una voce, dall’altro lato della porta, si unì a essi.
– Maximilien! Maximilien, aprite! Sono Augustin!
Robespierre fece girare la serratura e aprì la porta quel tanto che bastava per verificare che, dall’altra parte, ci fosse effettivamente il fratello.
Augustin de Robespierre tentò di assumere un’espressione tranquillizzante e, nel giro di pochi istanti, i due fratelli si trovarono all’interno della stessa stanza.
– Maximilien, sono venuto a parlarVi di nostra sorella Henriette. Ella si trova….
– Non parlatemi di quella degenerata! – tagliò corto l’Avvocato – Sapete che non desidero affrontare quest’argomento. Ci ha coperti tutti di vergogna!
– No, non è come pensavamo! Non era gravida, ma malata! E’ ricoverata, in fin di vita, all’Hôtel-Dieu…. Abbandonata da tutti, viveva di stenti, da mendicante, finché i dolori non sono divenuti troppo lancinanti…. I medici dell’ospedale le hanno diagnosticato un tumore al fegato ed è per questo che aveva quel ventre rigonfio….
Maximilien de Robespierre ascoltava instupidito le parole del fratello e queste gli rimbombavano nella testa, come se si fosse trovato all’interno di una caverna. Stanco a causa delle molteplici notti insonni e stralunato, non riuscì ad articolare alcunché.
– Forse, siete ancora in tempo per vederla viva – mormorò il fratello Augustin, interrompendo quel silenzio innaturale.
L’Avvocato di Arras infilò macchinalmente la redingote estiva e, come un automa, seguì il fratello fra le vie della città, percorrendo il lungosenna e attraversando, infine, i corridoi e gli stanzoni dell’immensa struttura caritatevole.
Sebbene i religiosi mettessero un’estrema cura nell’igiene e nel decoro degli ambienti, il tanfo delle cancrene e delle piaghe purulente, unito ai lamenti dei ricoverati, aleggiava in ogni angolo del nosocomio. Robespierre si guardava intorno e non scorgeva altro che poveri e mendicanti, alcuni dei quali erano ridotti in uno stato davvero pietoso.
Giunsero finalmente davanti al giaciglio della povera Henriette Eulalie che era un semplice pagliericcio disteso sul pavimento di un corridoio, giacché i letti e le stanze erano tutti occupati.
Erano arrivati tardi. La donna era spirata da qualche minuto. Il cadavere aveva gli occhi spalancati, la bocca ugualmente aperta e i lineamenti del volto ancora contratti in una smorfia di dolore.
Mentre Augustin rimase indietro, vergognoso e addolorato, il rivoluzionario si accostò al giaciglio, guardò ciò che restava della sorella e fu percorso da un brivido freddo per tutto il corpo. Gli parve, infatti, che, nelle pupille ormai vacue della morta, fosse impresso un muto, ma aspro rimprovero verso di lui.
Era l’onestà fatta persona, era l’incorruttibile, aveva fatto della giustizia la sua bandiera, ma non aveva saputo proteggere e confortare una parente stretta nel momento del maggior bisogno. Eppure i segni c’erano tutti: quell’eccessiva e repentina magrezza, quel colorito innaturale, quel ventre fattosi troppo prominente nel giro di poche settimane…. e nessuno aveva mai visto la sorella in compagnia di un uomo…. Sarebbe stato sufficiente fermarsi un attimo a riflettere anziché precipitarsi a condannare…. Aveva fallito come rivoluzionario, come cultore della ragione e come uomo onesto e integerrimo.
Una suora, che si era accorta del decesso, si chinò sul cadavere e, con le dita, ne chiuse gli occhi abbacinati. Malgrado ciò, Robespierre non fu abbandonato dalla sensazione che quel volto sempre più freddo e pallido lo rimproverasse.
– Eravate i fratelli? – domandò la religiosa.
Mentre Augustin si intratteneva a scambiare alcune parole con la suora, per rispondere alla domanda di lei e discutere dei dettagli dei funerali e della sepoltura, il maggiore dei de Robespierre si voltò di scatto e si allontanò con passo malfermo.
– Pensate che è un Ministro e che veste abiti di seta eppure ha lasciato la sorella crepare come un cane – mormorò una ricoverata, non così piano da non essere udita.
– Ecco cosa succede quando la moralità non è addolcita dalla compassione – le fece eco una vicina di giaciglio, una vecchia rugosa che si atteggiava a grande saggia.
Robespierre ascoltò quello scambio di battute e, senza emettere fiato, fuggì via.
 
********
 
Mentre Robespierre affrontava i suoi drammi personali e familiari, Saint Just, in piazza, arringava i pochi fedeli che gli erano rimasti, con un’esaltazione e un fanatismo che rasentavano la follia. Complici il gran caldo e la delusione per come si erano svolti gli eventi, le parole dell’uomo suonavano paurosamente deliranti e le intenzioni di lui non facevano ben sperare.
– L’austriaca, fingendo di essere una sprovveduta, ci ha menato tutti per il naso – urlava l’angelo della morte, spalancando gli occhi e contraendo i lineamenti del volto in smorfie innaturali – Ha tramato con Mirabeau e con Talleyrand che si sono dimostrati degli autentici doppiogiochisti! Con l’aiuto della donna vestita da uomo, ci ha sfilato la rivoluzione dalle mani, facendo apparire sue delle riforme che, invece, erano nostre di diritto e, quando abbiamo deciso di vendicarci, prendendo d’assalto il teatro, il militare donna e i burattini che le vanno dietro ci hanno sconfitti! Robespierre si è fatto sedurre dal potere peggio che da un baldracca e ci ha abbandonati!! A questo punto, non resta che la soluzione estrema!!
– E sarebbe? – domandò improvvisamente la voce stentorea di un uomo alto e corpulento.
– Muoia Sansone con tutti i filistei!
– Potresti essere più esplicito, di grazia? – insistette l’omone.
– Resta la Bastiglia da radere al suolo o no? Lo faremo a suon di esplosivo!! Da quello che so, la fortezza è stata smantellata, ma le riserve di polvere da sparo sono rimaste! Entreremo nell’edificio e ci faremo esplodere, portandoci all’inferno tutta la città!!!!
– Ma che cazzo stai dicendo, Saint Just?!?! – sbraitò il grosso interlocutore.
– Complimenti per la finezza che da sempre ti contraddistingue, Danton! Sei con me o contro di me?
– Non intendo seguirti in quest’ultima follia, Saint Just! A parte che non ho alcuna voglia di morire, men che meno esplodendo in mille pezzi, ma è questo il ricordo che vuoi lasciare di noi?! E’ urlando queste insanie che vorresti recuperare il popolo alla nostra causa?! Mi sa che, fra te e Théroigne de Méricourt, hanno rinchiuso in manicomio la persona sbagliata!!!!
– Sei un vigliacco, Danton!!
– Vigliacco lo dici a tuo nonno!! Sei soltanto un povero pazzo, Saint Just e io non ho voglia di partecipare a questa mattanza!! Ti saluto e chi ha ancora a cuore la pelle venga via con me!!
Il massiccio e sgraziato Avvocato se ne andò via, con andatura teatrale e gesticolando nervosamente, mentre quasi tutti gli astanti ne seguivano l’esempio.
Saint Just si trovò in una piazza semideserta, in compagnia di una trentina di persone. Due di loro erano sorde e, quindi, il numero degli effettivi seguaci era ancora più esiguo.
– Danton è un traditore, tutti quanti sono dei traditori…. – biascicò l’uomo – Il tempo degli eroi è finito, resteranno soltanto i vigliacchi e i voltagabbana…. E’ arrivato il tempo dei martiri…. Seguitemi….
 
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Successivamente alla scenata e all’allontanamento di Danton, Saint Just e i pochi fedeli rimastigli si erano diretti alla Bastiglia che, dopo il 14 luglio 1789, era stata smantellata e, adesso, era completamente vuota e in rovina. In equilibrio su delle assi di legno, avevano attraversato il fossato, si erano arrampicati sulle mura con corde e arpioni e, con delle asce, avevano spezzato le catene che tenevano issato il ponte levatoio. Entrati nell’edificio, avevano sprangato il portone d’ingresso, si erano barricati dentro e, una volta in cima ai merli, avevano cominciato a gridare a squarciagola che avrebbero raso al suolo la fortezza e l’intera città.
I trenta uomini al seguito di Saint Just si erano, nel frattempo, più che dimezzati, perché, smaltita la sbornia da eccitazione fanatica, la gran parte di loro aveva realizzato di non avere voglia di farsi saltare in aria. Una quindicina di esaltati era, però, più che sufficiente a tenere in scacco l’intera città, con la minaccia di dare fuoco ai barili di polvere e di fare esplodere tutto.
Nel giro di un’ora, la notizia della presa della Bastiglia era giunta a Versailles e, nell’ufficio di Oscar, era in corso una riunione finalizzata a porre rimedio a quell’ennesima emergenza. Data la criticità della situazione, il Colonnello de Girodel era rientrato dalla licenza anche perché la moglie, pur non essendosi ancora ristabilita, era, ormai, fuori pericolo.
– Occorre trovare il modo di espugnare la Bastiglia – disse il Conte di Fersen – In fin dei conti, da quello che ci è stato riferito, i ribelli che l’hanno occupata sono meno di venti. I numeri giocano a loro sfavore.
– Già, ma loro hanno un’arma micidiale – ribatté il Colonnello de Girodel – Perché possono fare saltare in aria la fortezza e, per dare fuoco alle polveri, basta un solo scriteriato!
– Con poche cannonate, potremmo abbattere il portone d’ingresso ed entrare nel cortile interno in una manciata di minuti – osservò Oscar – ma i ribelli incendierebbero i barili, impiegando ancora meno tempo. Dobbiamo trovare il sistema di indurli a più miti consigli.
– Temo che non ci sia modo di farli ragionare, Oscar – fece notare André – Non hanno più nulla da perdere, sono votati al suicidio e vogliono trascinarsi dietro l’intera città.
Mentre Oscar aggrottava la fronte, reclinava le palpebre e stringeva le labbra, il Generale de Jarjayes, senza attendere di essere annunciato dal valletto, spalancò le ante della porta ed entrò nella stanza, accompagnato dal Marchese de Launay.
– Signori, Oscar – disse il nobiluomo, salutando i presenti con un lieve cenno del capo mentre il Colonnello de Girodel e il Capitano de Valmy si mettevano sull’attenti – Questi è il Marchese Bernard René Jourdan da Launay, ex Governatore della Bastiglia.
Gli astanti presentarono i loro omaggi al Marchese che ricambiò i saluti.
– Il Marchese de Launay – proseguì il Generale de Jarjayes – conserva una pianta della fortezza. Grazie ad essa, sappiamo dove sono collocate le polveri.
– Esattamente – si inserì l’ex Governatore – Se le cose sono rimaste come ai tempi in cui la fortezza era ancora in uso – e non ho ragione di dubitarne – le polveri sono conservate nei sotterranei della Torre della Libertà e, precisamente, in questo punto della mappa.
Il Marchese de Launay unì alle sue parole un gesto della mano con cui indicava, sulla cartina, i sotterranei.
– Ma perché le polveri non furono rimosse quando la fortezza fu smantellata? – domandò il Conte di Fersen.
– Non c’era un altro luogo sicuro dove trasportarle – rispose l’ex Governatore – e, poiché in quel periodo scoppiavano dieci rivolte al giorno, si volle evitare di indurre in tentazione i ribelli, trasportando i barili per la città. Si reputò più sicuro lasciarli lì e, col passare degli anni, furono dimenticati nel vecchio arsenale.
Tutti tacquero per alcuni minuti, concentrati nel trovare una soluzione, finché Oscar batté un pugno sulla scrivania e, con un guizzo di esaltazione che le attraversava gli occhi, esclamò:
– La fortezza è circondata da un fossato dove stagna un canale alimentato dalle acque della Senna. Se noi riuscissimo a sfondare il muro esterno della Torre della Libertà in questo punto – nel parlare, indicò la mappa – le acque fluirebbero all’interno, allagherebbero i sotterranei e bagnerebbero i barili, rendendo le polveri inservibili!
Oscar fece una piccola pausa mentre gli astanti la guardavano con vivo interesse e, con l’espressione dei volti e le posture dei corpi, la invitavano a continuare.
– Capitano de Valmy – continuò Oscar – Voi, con dieci Guardie Reali, andrete davanti alla Torre della Libertà, e, servendovi di una zattera, trasporterete dell’esplosivo vicino alle mura. Tornato sulla terra ferma, farete saltare in aria l’esplosivo con un piccolo mortaio. In questo modo, l’acqua fluirà all’interno e allagherà i sotterranei.
– Le manovre preparatorie e il rumore del mortaio saranno avvertiti dai ribelli – osservò il Capitano de Valmy.
– Il Colonnello de Girodel e io – proseguì Oscar – con cinquanta Guardie Reali, stazioneremo sul lato opposto della fortezza e terremo impegnati Saint Just e gli altri ribelli. Faremo venire anche le Guardie Metropolitane e dei civili da loro reclutati. Chiederemo l’invio di alcuni cannoni dall’Hôtel des Invalides e, a un cenno concordato, faremo fuoco insieme, noi e le altre Guardie Reali. In questo modo, i nostri cannoni copriranno il suono del mortaio e i ribelli non si renderanno conto delle manovre preparatorie e della breccia aperta nel muro esterno della Torre della Libertà. Se e quando se ne accorgeranno, i sotterranei saranno già stati allagati e le polveri finite fuori uso. A quel punto, andremo a prendere i ribelli uno a uno.
– Geniale! – esclamarono, all’unisono, André e il Generale de Jarjayes.
– Il piano è molto rischioso, Comandante – fece notare un meno entusiasta e più realistico Girodel – C’è anche la possibilità che, al rombo dei nostri cannoni, i ribelli diano subito fuoco alle polveri. Come già fatto notare dal Conte di Lille, non hanno nulla da perdere….
– Me ne rendo conto, Colonnello, ma non abbiamo alternative. Ad ogni buon conto, inizieremo subito le operazioni di evacuazione dei quartieri confinanti. Marchese de Launay, se le cose dovessero andare male e tutti i barili esplodessero, quante case sarebbero distrutte?
– Tutti i quartieri limitrofi e, forse, anche quelli dietro, Comandante.
– Capisco – rispose Oscar – Data la rischiosità del piano, chiederò l’avallo della Regina. André, tu avrai il compito di avvisare i soldati della Guardia Metropolitana, mettendoli al corrente del piano e del ruolo che dovranno svolgere in esso.
 
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Ottenuta l’autorizzazione della Regina, Oscar decise di esperire un ultimo tentativo per ottenere una soluzione sicura e pacifica della faccenda.
Accantonati gli spiacevoli ricordi legati al rapimento di cui era stata vittima cinque anni prima e alla successiva carcerazione nella tetra fortezza di proprietà del Duca d’Orléans e messa a tacere l’avversione per colui che, in tutto ciò, aveva rivestito un ruolo fondamentale, inforcò il suo cavallo e lo spronò verso Parigi e l’appartamento di Robespierre.
Era stata informata del fatto che l’Avvocato di Arras, nella sua paranoia, reputava André responsabile di doppiogiochismo e di slealtà verso di lui – e, in un certo senso, era così – e, per questa ragione, aveva preferito inviare il marito a conferire col Colonnello d’Agout e riservare a se stessa l’ingrato compito di parlare con Robespierre.
Arrivata a destinazione, bussò alla porta che, pochi istanti dopo, fu aperta da una fantesca dal volto stanco ed esasperato.
– Sono Oscar François de Jarjayes, devo incontrare il Ministro di Giustizia, fatemi passare.
La ragazza si fece di lato, consentendo l’ingresso alla visitatrice.
Appena entrata, Oscar vide Robespierre incedere verso di lei. L’uomo aveva il volto pallido e tirato e sembrava uno spettro.
– Eccellenza – disse Oscar, salutandolo con un cenno del capo.
– Generale – rispose Robespierre, ricambiando il saluto – Prego, accomodateVi – aggiunse, poi, indicandole con la mano il suo studio.
Robespierre fece accomodare Oscar sulla sedia riservata agli ospiti e si sedette a sua volta dalla parte opposta, così che ci fosse la scrivania a separarli.
– Cosa posso fare per Voi, Generale? – chiese Robespierre, con voce atona a sguardo assente.
– Innanzitutto, Eccellenza – rispose la donna, con tono compunto – Voglio porgerVi le mie condoglianze per il recente lutto che Vi ha colpito. Una Guardia Reale mi ha comunicato la triste notizia, riferendomi che Vostra sorella era una giovane donna molto riservata e a modo.
Queste ultime parole colpirono molto Robespierre e gli riportarono alla mente l’iniquità di cui si era macchiato. Tuttavia, si riscosse subito e disse:
– Vi ringrazio, Generale de Jarjayes, ma immagino che non abbiate fatto tanta strada per dirmi questo.
– Eccellenza – proruppe Oscar, con voce rotta dalla commozione – Come anche Voi sicuramente saprete, Louis Antoine de Saint Just e una quindicina di seguaci sono penetrati nella Bastiglia e minacciano di farla esplodere. Dentro, c’è tanta polvere da sparo da fare saltare in aria circa un terzo della città. Sono a rischio le vite di migliaia di cittadini inermi, del popolo francese che Voi tanto amate! So che Saint Just ha molto sofferto per il Vostro allontanamento, ma sono sicura che, se Voi andaste a parlarci, se mostraste che i Vostri rapporti non sono mutati, egli Vi darebbe ascolto. Vi prego, si tratta di un ultimo tentativo che è doveroso esperire per la salvezza di tanti innocenti, fra cui vecchi, donne e bambini!
– Mi rincresce, Generale, ma i rapporti fra Saint Just e me si sono interrotti da tempo e io non ho più alcun ascendente su di lui. Anzi, rischierei di fare peggio.
Il ragionamento di Robespierre aveva una sua logica, ma era chiaro, dall’atteggiamento e dall’espressione del volto, che la vicenda lo lasciava totalmente indifferente e abulico.
Questa reazione irritò Oscar che, alzatasi di scatto dalla sedia, batté i pugni sul tavolo e gridò:
– Queste parole non sono degne di un Ministro del Re di Francia!! Queste sono le parole di un egoista e di un vigliacco!!
Robespierre si alzò anche lui e aprì leggermente il cassetto della scrivania.
Accortasi dell’espressione cupa e duramente provata del suo interlocutore e ricordandosi del grave lutto che lo aveva colpito, Oscar si ricompose subito e, con aria pentita e commossa, mormorò:
– Mi rincresce per il mio comportamento, Eccellenza, non avrei dovuto. Vi porgo ancora una volta le mie più sentite condoglianze per la morte di Vostra sorella. Di qualsiasi cosa abbiate bisogno, non esitate e chiedermela. I nostri rapporti, in passato, non sono stati distesi, ma qualunque cosa sia in mio potere fare per recarVi conforto e per alleviare la Vostra pena io la farò.
Robespierre abbassò lo sguardo, richiuse il cassetto e, congedandosi da lei, disse:
– Vi sono grato, Generale, ma più nessuno può fare nulla per me.
 
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Il disco solare ardeva alto, nel cielo terso di un incandescente ventotto luglio e le Guardie Reali, di fianco a quelle Metropolitane, guardavano stanche e demoralizzate le torri della Bastiglia. Dietro di loro, c’erano molti civili armati alla bell’e meglio.
Le trattative per la resa dei ribelli si protraevano da tre giorni e, sebbene le case di mezza Parigi fossero state evacuate, non esistendo un censimento preciso di tutti gli abitanti, specialmente di quelli dei quartieri più poveri, c’era il fondato sospetto che alcuni fossero sfuggiti ai militari e si fossero rintanati in casa, per difendere i loro miseri beni.
Le Guardie Metropolitane avevano arrestato e interrogato quei seguaci di Saint Just che, non avendo avuto il coraggio di seguirlo fino in fondo, lo avevano abbandonato, ricevendo conferma delle intenzioni dell’uomo.
Dall’Hôtel des Invalides non avevano ancora inviato i cannoni, asserendo che, se la rivolta si fosse spostata presso di loro, senza l’artiglieria pesante, non avrebbero saputo come difendersi. Oscar aveva tempestato il Governatore della struttura con messaggi sempre più perentori e infastiditi, ma, fino a quel momento, non aveva avuto successo, tanto che, presa dall’esasperazione, aveva deciso di inviare un messaggio anche alla Regina.
– Per l’ennesima volta, Saint Just, vi ordinò di arrendervi! – tuonò la donna, vibrante di nervosismo in ogni fibra del suo essere.
– Giammai! – le rispose Saint Just, con altrettanta irritazione – Sono io che ordino al re e alla vedova austriaca di lasciare la Francia!
– E’ fuori questione! – urlò Oscar – Abbiamo tutta Parigi dalla nostra parte!
– E noi abbiamo duecentocinquanta barili di polvere da sparo all’interno della fortezza!!
– Morirete sepolto sotto le macerie, Saint Just! Arrendetevi e la pena di morte vi verrà risparmiata!
– Per finire in una delle vostre fetide e malsane carceri o, magari, in un manicomio, come Théroigne de Méricourt?! Toglietevelo dalla testa!!
– Ve lo dico per l’ultima volta, arrendetevi!! – insistette Oscar, con gli occhi furibondi e la spada levata al cielo.
– Venite a prenderci! – fu la risposta di Saint Just.
– Jean – disse Oscar al suo attendente – Procurami un’asta e un panno bianco. Chiederò di entrare nella fortezza per discutere a quattr’occhi con quell’uomo.
– No, Oscar – proruppe André, fuori della grazia di Dio – Ti faranno a pezzi!! Io te lo impedirò!!
– Anch’io Ve lo impedirò, Comandante! – fece eco Alain mentre Lasalle e altri soldati della Guardia Metropolitana annuivano e il Colonnello d’Agout guardava Oscar paternamente.
– Noi tutti Ve lo impediremo!! – esclamarono, all’unisono, il Colonnello de Girodel, il Conte di Fersen e il Capitano de Valmy.  
– Oscar, te lo proibisco! – le ingiunse il Generale de Jarjayes, con un tono di voce che non ammetteva repliche.
– Prendo atto che il mondo è capovolto – grugnì, sfinita, Oscar – Le Guardie cingono d’assedio una fortezza di Sua Maestà il Re, ufficiali e soldati disobbediscono ai loro superiori e mio padre ha cessato di sostenermi…. Che almeno questi civili siano allontanati…. Le cose si stanno mettendo male, resteremo qui soltanto noi.
– Comandante, guardate! – esclamò Alain, fuori di sé dalla gioia – Stanno arrivando i cannoni!!!!
Oscar scrutò nella direzione indicatale e il volto le si illuminò di felicità. Alcuni soldati dell’Hôtel des Invalides stavano trainando dei cannoni ed erano preceduti da un messo della Regina.
– Capitano de Valmy – ordinò Oscar, rinfrancata e pervasa da nuovo vigore – Andate davanti alla Torre della Libertà con i dieci uomini al Vostro comando!
 
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Robespierre si agitava per casa come un’anima in pena, rimuginando sulla morte della sorella, sulla Santa Inquisizione e sul suo fallimento come rivoluzionario e come uomo probo e al di sopra di ogni squallore. In preda ai suoi fantasmi, gli sembrava che anche i muri lo spiassero. Aveva allontanato la fantesca, dopo averla accusata di essere una spia al soldo dei suoi nemici. Persino quella donna soldato era venuta a conoscenza della morte di Henriette Eulalie, con una rapidità che non dava adito a dubbi. Era certo che lo stesse spiando.
Incarcerato nella prigione che egli stesso si era costruito, si sedette davanti alla scrivania e si prese la testa fra le mani. Fu allora che udì un rumore concitato di colpi battuti sulla porta di casa.
– Avanti – disse l’uomo – E’ aperto, sono nello studio.
Se ad entrare fossero stati i nemici, avrebbe saputo come difendersi.
Udì dei passi veloci rimbombare sull’impiantito, alzò la testa e vide entrare nella stanza la massiccia e imponente figura di Danton, seguito dai più minuti Desmoulins e Fabre d’Églantine.
– Robespierre – lo incalzò Danton senza neppure salutarlo – Urge il vostro aiuto! Saint Just vuole fare saltare in aria la Bastiglia e noi dobbiamo fermarlo! A voi darà ascolto e, se non dovesse farlo, andrò io a prenderlo a calci dove non batte il sole. Alzatevi da quella sedia, infilatevi la redingote e venite con noi!
– Buona giornata anche a voi, Danton – rispose, con un mezzo sorriso tirato e ironico, Robespierre – Mi dispiace, ma io nulla posso fare per voi. Pertanto, passate direttamente alla fase in cui lo prendete a calci e lasciatemi in pace.
– Cazzo, Robespierre, ma vi volete alzare da quella fottuta sedia?! – urlò Danton, gesticolando come un forsennato – Giuro che non vi riconosco!!
– Danton, ve lo ripeto un’altra volta e, poi, non lo farò più: uscite da questa casa, lasciatemi solo e non mi importunate.
– Siete solo un dannato vigliacco e una testa di cavolo!! Ma voi due lo riconoscete? – domandò a Desmoulins e a Fabre d’Églantine che stavano qualche passo dietro di lui – Io no!! Siete diventato come quei maledetti nobili, vi siete venduto all’austriaca, avete tradito la rivoluzione… Robespierre, sei una fottuta testa di cazzo!!!!
Robespierre si alzò pacatamente dalla sedia, aprì il cassetto della scrivania, ne estrasse una pistola e la puntò contro Danton.
 
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– de Maurillac, du Plessy, coordinate meglio i remi! – ingiunse il Capitano de Valmy alle Guardie Reali che stava comandando.
– E Voi definite remi questi pali, Capitano? – risposero i due uomini – Con questi arnesi, è difficile remare!
– La zattera sta andando di traverso – insistette il Capitano – Il punto da raggiungere è quello!
In piedi sulla piccola zattera di legno, costruita con alcune assi di fortuna legate insieme, il Capitano de Valmy reggeva in mano l’esplosivo mentre altre due Guardie Reali remavano. Giunto, dopo alcuni tentativi, davanti al punto convenuto, il giovane ufficiale, con corde e arpioni, assicurò il sacco di tela contenente l’esplosivo alle mura e, quando fu certo che tutto fosse a posto, ordinò ai suoi uomini di tornare indietro.
Rimesso piede sulla terra ferma, il Capitano ingiunse alle altre Guardie di preparare il piccolo mortaio e, con uno specchio e del fuoco, inviò dei segnali a Oscar.
– Comandante, guardate! – esclamò il Colonnello de Girodel – Sono i segnali di luce inviati dal Capitano de Valmy! L’esplosivo è stato posizionato!
– Bene! – rispose Oscar, tutta infervorata – Puntate i cannoni e, con lo specchio, inviate al Capitano de Valmy l’ordine di fare fuoco.
Subito dopo, sguainata la spada e lavatala al cielo, iniziò a urlare:
– Cannoni, avanti! Mirate alla parte alta della fortezza!!
I cannoni tuonavano e sputavano fuoco come vulcani mentre l’esile figura di Oscar si stagliava epica davanti a essi, con la spada in pugno e i capelli sollevati e ondeggianti. André, accanto a lei, le infondeva forza e fiducia con la sua presenza rassicurante e benefica.
Dall’altro lato, il Capitano de Valmy ordinò di fare fuoco col piccolo mortaio, il cui suono fu facilmente coperto dal rombo dei cannoni e dallo strepitio della folla. Il colpo del mortaio diede fuoco all’esplosivo che deflagrò, aprendo una breccia nelle mura della Torre della Libertà e facendo defluire l’acqua all’interno.
– Missione compiuta!! – urlò il Capitano, saltellando come un ragazzino – Comunicatelo al Comandante!!
Oscar e gli altri, dalla loro postazione, colsero il luccicare degli specchi che segnalava il buon esito della sortita ed esultarono di gioia.
– Adesso, sì, Saint Just, che verremo a prendervi!! – esclamò la donna, in preda all’esaltazione – Cannonieri, abbattete il portone d’ingresso!!
 
********
 
Robespierre si accostò come un automa alla porta di casa, la aprì e, senza dire una parola, fece entrare suo fratello.
Augustin de Robespierre, notando il pallore del congiunto e i capelli di lui, stranamente in disordine, fu colto da stupore e si guardò intorno disorientato. Mosse qualche passo all’interno e, vedendo che la porta dello studio era socchiusa, dopo avere scrutato interrogativamente il fratello, entrò, titubante, nella stanza. Ne uscì qualche istante dopo, pallido come uno straccio e totalmente inebetito.
 – Mio Dio, Maximilien, che cosa avete fatto? – balbettò l’uomo – Quei tre…. Cosa Vi avevano fatto, quei tre?! Erano i Vostri amici, i Vostri compagni di ideali e di lotta…. Che cosa Vi avevano fatto?
– Nulla, Augustin – rispose l’altro, con una calma innaturale – Nessuno può farmi più niente adesso, neppure Voi…. Vi prego di lasciarmi solo….
Augustin de Robespierre guardò, costernato, il fratello e gli allungò una mano verso la spalla, ma uno sguardo glaciale dell’altro smorzò quel gesto a metà. Quasi barcollando, uscì di casa.
 
********
 
– Saint Just, ma cosa sta succedendo? – domandò uno dei seguaci dell’angelo della morte – C’è stato uno scoppio là dove sono custodite le polveri e l’acqua del fossato sta defluendo!!
– Dannazione, è vero! – esclamò il rivoluzionario che, dall’alto, stava osservando, in mezzo alle nuvole di polvere da sparo, le figure di Oscar e degli altri soldati – Mirate al loro Comandante!! Tu, invece, vai alla Torre della Libertà e scopri cosa è successo!!
Mentre uno dei ribelli correva verso la Torre della Libertà, quattro uomini presero di mira Oscar e spararono nella direzione di lei, ma André, che non le toglieva mai gli occhi di dosso e si era accorto di quei movimenti, si scaraventò sulla moglie e la gettò a terra, un attimo prima che i proiettili la colpissero.
– Continuate a sparare! – urlò Oscar da terra – Mirate alla porta d’ingresso!!
Il ribelle inviato alla Torre della Libertà, nel frattempo, era tornato e si era messo a urlare:
– Saint Just!! Saint Just!! Hanno aperto una breccia nella Torre della Libertà!! I sotterranei sono stati allagati!! La polvere da sparo è andata perduta!!
– Che sia maledetta quella donna!! Prendete i dieci barili che abbiamo portato su! E’ ora di farla finita!
Simultaneamente, la porta della fortezza cedette e Oscar ordinò ai soldati di entrare nel cortile.
– La porta è sfondata!! Uomini all’assalto!!
Appena furono pronunciate queste parole, esplose, con qualche istante di anticipo rispetto agli altri, il primo barile e, sebbene il suono fosse semicoperto dagli altri rumori, André, sempre allerta, lo colse e urlò:
– Hanno ancora dei barili di polvere da sparo!! Fuggiamo!!
Ciò detto, si trascinò dietro Oscar, afferrandola per un braccio.
Subito dopo, esplosero anche gli altri nove barili e la Bastiglia venne giù in un mare di pietre, di detriti e di calcinacci, come un fragile castello di carte collassato su se stesso, seppellendo Saint Just e gli altri ribelli, mentre Oscar, André, gli altri soldati e i civili correvano come dei fulmini verso la salvezza, con immense nuvole di polvere e di fumo, alte quanto la fortezza in rovina, che si stagliavano minacciosamente dietro di loro.
 
********
 
Robespierre era seduto davanti alla sua scrivania.
Tutto era perduto. La morsa dell’Inquisizione era lì, pronta a stritolarlo. Le ombre della sorella, di Danton, di Desmoulins e di Fabre d’Églantine lo scrutavano severe e lo chiamavano a sé.
Doveva sbrigarsi.
Tutto, ormai, era deciso.
Tutti lo avevano tradito, l’austriaca e la donna soldato lo stavano spiando e neppure il fratello Augustin avrebbe taciuto.
Presto, sarebbero venuti a prenderlo.
Estrasse la pistola dal cassetto, se la puntò alla mascella e premette il grilletto.
 
********
 
– Tutto è finito, André – disse Alain, col suo sorriso sghembo e sornione – E nel migliore dei modi, a quanto pare.
– A quanto pare – gli fece eco, con gioia scherzosa, l’amico mentre, con solerte premura, guardava Oscar che, forte e instancabile più che mai, impartiva disposizioni alle Guardie, a conclusione di quelle convulse giornate.
– Io parto, André, me ne vado in guerra. Ieri l’altro, mi sono arruolato in artiglieria – aggiunse l’uomo, facendosi immediatamente serio.
– In guerra, ma perché?! – rispose, sbigottito, André.
– Perché i fucili so anche usarli oltre che contrabbandarli! – sbuffò Alain, schivando la risposta.
– Alain, sii serio, te ne prego!
– In guerra, mi pagheranno meglio che fra i soldati della Guardia e a scaricare casse al mercato del pesce e, come sai, devo racimolare la dote per Diane.
– Non è questo il vero problema, Alain, non mentire!
– Ho ucciso mio cugino, André! – si rabbuiò l’uomo – Mia zia Mahaut Cobert è distrutta dal dolore e anche mia madre è molto afflitta…. Non riesco più a reggere quello sguardo carico di tristezza….
– Ma loro due non sanno che sei stato tu a sparare!! Non lo sapranno mai…. Nessuno lo saprà mai…. Sulla vicenda è stato apposto il segreto di Stato, stai tranquillo!!
– Lo so io, André, lo so io…. Ti prego, giurami che vigilerai su mia madre e su mia sorella mentre io sarò via….
– Te lo giuro, Alain! Veglierò su di loro come fossero mia madre e mia sorella e lo stesso farà Oscar.
Alain appoggiò la sua grande mano sul braccio di André e gli sorrise mestamente.
 
Fine della seconda parte






Per narrare la storia romanzata di Henriette Eulalie de Robespierre, che, in realtà, morì a diciotto anni nel 1780 e non fu coinvolta negli eventi di fantasia di questa storia, mi sono ispirata alla vicenda vera di Lady Flora Hastings, una nobildonna vicina alla Regina Vittoria che fu accusata, dai suoi nemici, di essere incinta, pur essendo nubile mentre, in realtà, aveva un tumore al fegato che la condusse alla tomba in poco tempo.
Ho scelto di fare esplodere la Bastiglia, un po’ perché, quando le cose si misero male, il Governatore de Launay aveva deciso di fare proprio così, ma fu bloccato dai suoi uomini e anche perché mi sono ispirata all’esplosione del Tempio di Baelor, ne “Il trono di spade”, ad opera della folle e crudele Cersei Lannister.
Come al solito, grazie a chi vorrà leggere e recensire!
   
 
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