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Autore: Lady I H V E Byron    16/01/2020    2 recensioni
(Contest del "The XIII Order Forum" - "Through space and time, my heart will reach you)
Un crossover tra Kingdom Hearts e Descendants realizzato per gli amici del "The XIII Order Forum", in onore del decimo anniversario.
Le vicende dei protagonisti di Kingdom Hearts saranno legate a quelle dei Descendants...
Genere: Avventura, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Re Topolino, Riku, Sora, Yen Sid
Note: Cross-over, OOC, Raccolta | Avvertimenti: Contenuti forti | Contesto: Più contesti
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4° mese: Kingdom Hearts 358/2 Days
Tema: "Tu, al posto mio, cosa avresti fatto?"

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Auradon, un anno prima.
Prima dell’invasione degli Heartless, prima della sua distruzione.
Persino prima di Uma e di Audrey.
Da poco Mal aveva deciso di cambiare aspetto, di rinunciare ai capelli viola e cominciare a portarli biondi con le sole punte viola. Magari per dimenticare una parte del suo passato e guardare al futuro.
Il suo futuro, Ben. E Evie, Jay e Carlos.
Erano loro la sua famiglia, ormai.
La sua vita, ad Auradon, scorreva tranquilla e serena.
Peccato per quei fastidiosi giornalisti e paparazzi che la inseguivano costantemente. Per vari motivi. Per essere la fidanzata del futuro re di Auradon, per essere la figlia redenta di una cattiva, e per altre stupidaggini.
Non ne poteva più. In quei momenti si chiedeva, infatti, cosa avrebbe fatto sua madre, in una situazione simile. Sicuramente li avrebbe inceneriti tutti senza pensarci due volte.
Ma lei non era Malefica.
Un giorno aveva finalmente trovato una scusa per scappare dai paparazzi.
-Scusate, non mi sento bene. Devo scappare in bagno!-
Ben era in compagnia dei suoi genitori e della Fata Smemorina. Evie era in camera sua, circondata, come al solito, dai suoi tessuti dai suoi fili e dai suoi aghi. Jay era al campo per gli allenamenti. E Carlos… molto probabilmente era con suo padre Xigbar, in ricognizione per i mondi.
Era da sola, contro tutta quella gente. La soluzione più efficace, quando siamo da soli, è la fuga. In un luogo sicuro.
E il luogo sicuro in questione era il bagno dell’Auradon Prep.
Non c’era nessuno, per fortuna.
Mal corse immediatamente verso il primo lavandino che vide, sciacquandosi la faccia con dell’ottima acqua fredda.
Sospirò, sollevata. Recuperò la calma, il controllo, il fiato, il battito cardiaco in quel getto d’acqua.
Quella vita la stava stremando.
Non ne poteva più dei giornalisti. E Ben non stava facendo nulla a proposito. E non era nemmeno lì per difenderla o aiutarla a scappare dalla curiosità opprimente dei giornalisti.
Chiuse l’acqua fredda e mise le mani sul lavandino, mentre l’acqua gocciolava dal suo mento, posandosi sull’abito che indossava.
Sospirò di nuovo. Aveva l’aria triste. Stanca.
Si guardò allo specchio: l’acqua le aveva rovinato il trucco. L’eyeliner le stava colando dagli occhi, come fossero lacrime nere. O forse erano proprio le sue lacrime.
Ma non poteva uscire in quello stato: rapida, prese della carta assorbente e fece del suo meglio per rimuovere ogni imperfezione.
Le dispiacque per Evie: aveva impiegato un’ora per truccarla come una principessa.
Rimosse ogni traccia di trucco dal suo volto. Era naturale, se stessa. Senza maschere. Come doveva essere.
Ma non aveva rimosso del tutto le tracce dell’eyeliner: sembrava quasi un panda.
Prese dell’altra carta e vi mise del sapone. Poi lo strofinò sugli occhi, dopo averlo leggermente inumidito.
Si sciacquò di nuovo il volto, per rimuovere il sapone dagli occhi, e si asciugò di nuovo.
Si guardò di nuovo allo specchio.
C’era qualcuno alle sue spalle!
Una persona alta, con un cappotto nero.
Mal si voltò di scatto: occhi rossi luminosi, pelle scura come la notte, lunghi capelli grigi. Sguardo serio e minaccioso.
Il suo rapitore! L’uomo dagli occhi rossi! Ad Auradon! Com’era possibile?
Impallidì. Non ebbe la forza di urlare. La sua voce rimase come bloccata nella sua gola. Ansimava, senza emettere suoni.
Si abbassò ed indietreggiò, finendo al muro, sotto un lavandino.
L’uomo si avvicinava sempre di più, serio.
-N-no! Fermo!- esclamò Mal, chiudendosi in se stessa –Non avvicinarti!-
Allungò una mano, mentre nascondeva il volto tra le gambe: una saetta uscì da essa. Non prese l’uomo, solo lo stipite della porta del bagno. Non lo aveva nemmeno sfiorato.
Ma lui continuava ad avvicinarsi, senza alcun timore.
Lei era sempre più terrorizzata. Si tolse una scarpa e minacciò di lanciarla.
-Non mi avrai di nuovo!- esclamò, quasi mettendosi a piangere; i ricordi legati alla Fortezza Oscura tornarono di nuovo, gli orrori cui quell’uomo l’aveva sottoposta –Prima mi mandi qui e ora mi vuoi di nuovo? Vattene via!-
Fece per lanciare la scarpa, ma la mano dell’uomo le bloccò il polso. Lei, finalmente, urlò e distolse lo sguardo dal suo rapitore, proteggendosi con l’altro braccio.
-Mal, calmati! Sono io!-
La paura l’aveva resa sorda per un attimo.
Ma poi realizzò un particolare: “Mal”? L’uomo dagli occhi rossi l’aveva sempre chiamata “piccola colomba”. Non l’aveva mai chiamata per nome.
L’uomo osservò in avanti, notando il suo riflesso nello specchio.
-Oh, giusto…- mormorò, abbassando lo sguardo.
Lasciò il polso della ragazza, ancora paralizzata e confusa, e si alzò.
Mise la mano dentro una tasca, estraendo un nastro nero.
“Cosa vorrà fare con quello…?” pensò Mal, ancora pallida e piena di paura.
Il nastro coprì gli occhi dell’uomo.
Improvvisamente, venne circondato da una nube nera. La sua altezza cambiò, come il colore della sua pelle e quello dei suoi capelli. E la sua voce.
-Spero così vada meglio…-
Mal si illuminò.
-Non posso crederci…- mormorò, alzandosi in piedi; la persona che aveva di fronte a lui aveva i capelli argentati e la pelle chiara –Riku!-
Non lo aveva mai visto in faccia, quando entrambi erano prigionieri alla Fortezza Oscura: a malapena era riuscita a scorgere i capelli argentei. Ma la sua voce l’aveva impressa nella sua mente.
Riku le sorrise.
-Ciao, Mal.-
Anche Mal ricambiò il sorriso. Corse verso di lui, abbracciandolo.
Delle lacrime vere stavano scendendo dai suoi occhi. Lacrime per scaricare la paura e lacrime di gioia insieme.
Lacrime che inumidirono il cappotto del ragazzo.
Lui ricambiò l’abbraccio, strofinando più volte la mano sulla schiena della ragazza.
Poi si osservarono in faccia.
Lui le scostò un ciuffo umido di capelli dal volto.
-Riku, io… io…- mormorò lei, tra i singhiozzi –Io non so proprio cosa dire… Tu, qui?! Ma come…? Perché prima eri…?-
Il sorriso di Riku si tramutò in un’espressione triste.
-E’ una storia lunga, Mal.- le prese il volto –Ma non parliamo di me. Parliamo di te, piuttosto! Guardati!- le osservò il vestito, i capelli -Come sei cambiata da quando ti ho conosciuta! Mai avrei immaginato di vederti così! Tempo fa non lo credevo possibile. Come hai fatto a scappare dalla Fortezza Oscura?-
-Non sono scappata. E’ stato l’uomo dagli occhi rossi a mandarmi qui.- spiegò Mal, tirando su con il naso –Quella volta che è venuto nelle prigioni e c’eri anche tu, mi ha trascinata un una stanza con un grande portale a forma di cuore e mi ha spinta in un varco oscuro. Disse che ormai aveva mia madre in pugno e finché avesse continuato a credere che ero sua prigioniera, poteva usarla come burattino per i suoi piani. Ma non era necessario che rimanessi lì. Mi sono ritrovata nell’Isola degli Sperduti e poi sono venuta qui, ad Auradon.-
Un ricatto. Un modo efficace per manipolare le persone.
Riku continuava ad avere l’espressione triste, ma sollevata: non passava giorno senza che pensasse a lei, preoccupato. Ma la ragazza che singhiozzava, impaurita, nelle fredde prigioni della Fortezza Oscura era di fronte a lui, cresciuta, serena, felice. Forse anche più forte.
-Ma ogni giorno ho pensato a te, là da solo in quella prigione.- proseguì lei –Avrei tanto voluto liberarti, ma non sapevo come fare. Ma ora sei qui e ne sono felice! Quindi anche tu sei scappato da lui!-
Lui scosse la testa.
-No. Ho permesso ad Ansem di manovrarmi.-
Ansem. Dunque era quello il nome dell’uomo dagli occhi rossi, pensò Mal.
-Mi ha persino costretto a mettermi contro il mio migliore amico. Ho permesso all’Oscurità nel mio cuore di prevalere. Ansem è ormai una parte di me. Ecco perché prima mi hai visto con quell’aspetto. Devo indossare questa benda, per non permettere a nessuno di vedere l’Oscurità dentro di me.-
Raccontò l’intera storia, da quando aveva visto la ragazza portata via da Ansem.
Mal impallidì quando le raccontò del destino di sua madre, di come era morta.
Entrambi erano sopravvissuti ad Ansem. Anche se in due modi differenti.
Lei provò compassione per il ragazzo. Non era suo amico. Nelle prigioni si erano a malapena rivolti la parola.
Provava solo pietà per lui, commossa dalla sua storia, dal suo desiderio di scappare dalla sua isola. Ma non per quello che aveva fatto per realizzarlo.
In quel momento, però, Mal stava provando per lui lo stesso affetto che provava per Jay, per esempio: un profondo affetto fraterno.
E forse era ricambiata.
E lui, nonostante il suo comportamento maleducato ed indisponente, le aveva offerto una possibilità di scappare, insieme. Forse non voleva rimanere solo, forse aveva provato tenerezza per la ragazza, in fondo non così diversa da lui.
-Mal…- riprese Riku, prendendole le mani e stringendole lievemente; sembrava imbarazzato –Mi dispiace per le cose che ti ho detto alla Fortezza Oscura. Mascheravo la mia paura e la mia insicurezza dietro all’arroganza e non sono stato capace di comprendere la tua situazione ed essere un vero amico.-
La ragazza scosse la testa, sorridendo dolcemente.
-Non devi scusarti. Eri spaventato, disperso e confuso. E’ perfettamente normale.- abbracciò di nuovo il ragazzo –Oh, Riku, che sollievo rivederti…-
-Anche per me è la stessa cosa.- rispose lui, tornando a sorridere –Non sapevo sapessi lanciare dei fulmini.-
-L’ho scoperto da poco. Avresti dovuto vedere la faccia della fata Smemorina quando ho lanciato il primo fulmine per caso…-
-Beh, intanto dovrai ripagare quello stipite…-
Risero entrambi.
-E davvero mi avresti colpito con una scarpa?-
-Beh, i tacchi possono essere letali, non lo sapevi?-
Scrutò con attenzione il cappotto indossato dal ragazzo. Ebbe l’impressione di aver già visto qualcosa di simile, non molto tempo prima…
-Riku, perché sei vestito così?- domandò, allarmata.
Riku tornò serio.
-Credimi, Mal, sono davvero felice di rivederti sana e salva, ma purtroppo non sono qui per una semplice visita.- spiegò –Sono in missione. Re Topolino e io stiamo spiando e seguendo le tracce dell’OrganizzazioneXIII.-
Mal era confusa. Inclinò la testa, preoccupata.
-Organizzazione… XIII?-
-Sono un gruppo di persone… ecco non sono proprio persone, sono Nessuno… Ah, troppo da spiegare in poco tempo! Girano per i mondi seminando il caos, con gli Heartless e i Nessuno. Non sono così diversi da tua madre o Ansem. E sono tutti vestiti con questo cappotto. Ignoro il loro fine, ma sembra che stiano usando il potere del Keyblade per costruire una specie di Kingdom Hearts artificiale. Tranquilla, io non faccio parte dell’OrganizzazioneXIII, ma DiZ mi ha detto che era necessario per non farmi scoprire da loro. In questo modo, celo la mia presenza.-
Mal si staccò per pochi istanti da lui.
-Aspetta, aspetta…- disse, mettendosi le mani sulle tempie; era sempre più confusa –Cielo, quante cose da assimilare in un giorno… Mi stai dicendo che ci sono tizi con il cappotto nero che mandano mostri in tutti i mondi per costruire un coso-Hearts artificiale usando il Keyblade?-
Era da poco tempo che, nelle lezioni della fata Smemorina, avevano affrontato il tema del Keyblade. Era a conoscenza del suo potere e della sua storia.
-Sì, in parole povere, sì.- rispose Riku, dopo un breve istante di silenzio.
-E temi che potrebbero venire anche qui?-
-No, temo sia già accaduto. Dov’è il tuo amico Carlos?-
-Non lo so. Se non è con Rudy a fare una passeggiata, credo sia con suo padre.-
-Suo padre? Vuoi dire Xigbar?-
Xigbar? Come faceva Riku a sapere il nome del padre di Carlos?
-Come fai a sapere il suo nome?- domandò la ragazza.
Riku si morse il labbro inferiore, imbarazzato.
-Ecco… Xigbar è un membro dell’OrganizzazioneXIII.-
Improvvisamente, Mal ebbe come un bagliore: un flashback. Il cappotto nero! Ecco dove lo aveva visto!
Giorni prima, infatti, aveva intravisto, nella camera di Carlos, lui e suo padre Xigbar entrare in un portale.
Entrambi indossavano un cappotto nero, uguale a quello di Riku!
Il ragazzo si allarmò dallo sguardo preoccupato della ragazza: la prese per le spalle, senza stringerle.
-Ascolta, Mal.- disse, con tono calmo –Che sia suo padre o no, Carlos non deve avvicinarsi a quell’uomo. E’ molto pericoloso. E’ un manipolatore, un ingannatore. Lo costringerà a cedere all’Oscurità con ogni mezzo possibile, e lo userà per i fini dell’OrganizzazioneXIII perché questo è il modus operandi di tutti loro. Devi tenerlo lontano da lui. E’ per il suo bene e per questo mondo. Promettimelo, Mal! Promettimi che terrai il tuo amico Carlos lontano da suo padre!-
Gli diede la sua parola.
Non la mantenne.
Era passato un anno.
Carlos aveva ceduto all’Oscurità, uccidendo sua madre Crudelia. E Auradon era stata distrutta.
Mal stava contemplando il paesaggio boscoso di fronte a sé, stringendo il suo Keyblade, con aria malinconica, con i capelli viola in preda al vento leggero che soffiava. Pensava all’evento di un anno prima, al suo nuovo incontro con Riku. Pensava alla sua promessa, che non aveva mantenuto.
Da un certo punto di vista, si sentiva responsabile della distruzione di Auradon.
Non aveva avvertito Carlos su Xigbar.
Non ci riusciva. Non ne aveva il coraggio.
Ogni volta che lui tornava da un viaggio in un altro mondo con suo padre, era felice. E l’entusiasmo che mostrava quando raccontava ogni sua esperienza non aveva paragoni. Non lo aveva mai visto così felice in tutta la sua vita. E si sentiva felice anche lei.
Non voleva farlo soffrire: aveva sofferto così tanto nella sua vita, nella sua infanzia, e non aveva mai conosciuto l’amore di un genitore. Ma lo stava scoprendo a piccoli passi, grazie a suo padre Xigbar.
Aveva ritrovato la sua famiglia.
Meritava di essere felice.
Ma, in quel momento, realizzò che avrebbe dovuto farlo: Auradon era distrutta, e lei, Carlos, e i loro amici avevano perso tutto. Una cosa persino peggiore che venire a conoscenza che tuo padre è membro di un’organizzazione che corrompe le persone facendole cedere all’Oscurità.
E nel tentativo di proteggere il poco che rimaneva loro, Carlos aveva proposto di diventare Custodi del Keyblade.
Avevano tutti superato l’esame; ognuno ebbe un Keyblade del cuore, un Keyblade che rispecchiava il loro essere, la loro personalità.
Mal osservò il suo: aveva la forma di sua madre versione drago.
Poi osservò i suoi amici: il sole stava tramontando, quindi Chad, Ben, Gil ed Harry stavano montando le tende, mentre Jay stava accendendo il fuoco del falò. Aveva imparato a controllare i suoi poteri del fuoco.
Sembravano entusiasti dei loro risultati, dei loro Keyblade. Il Maestro Yen Sid li aveva portati in un bosco,  in un mondo cui non conoscevano il nome, per perfezionare le loro abilità con il Keyblade. E Carlos ci metteva più impegno di tutti. Era quello più determinato a divenire un degno Custode del Keyblade.
Tutti loro erano cambiati, in un solo anno. Fisicamente e mentalmente.
Ma le cose non dovevano andare così. Se Mal avesse mantenuto la sua promessa e avesse avvertito in tempo Carlos su suo padre, loro sarebbero ancora ad Auradon, a vivere la loro vita, tranquilla, serena, come ogni adolescente della loro età.
Ma lei aveva anteposto i suoi sentimenti alla sicurezza di un mondo, e, come conseguenza, questo era stato distrutto. Tuttavia, non era del tutto pentita di quello che aveva fatto.
Carlos era suo amico, in fondo, quasi un fratello. Ed è sempre difficile dire la cruda verità ad una persona a noi cara. Ma è ancora più grave rendersi conto di ciò che può portare l’omertà.
E’ dunque meglio dire la verità, a costo di rendere triste la persona cara, o mentire per il suo bene, ma causando una perdita ancora più grande?
Nemmeno Mal conosceva la risposta.
-Riku, se io ti avessi chiesto di fare la stessa cosa con Sora, cosa avresti fatto?-
   
 
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