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Autore: apollo41    24/01/2020    4 recensioni
A undici anni dalla fine della guerra Draco ha trovato un nuovo equilibrio: è il proprietario di un negozio di successo, vive con la sua migliore amica e si gode l’anonimato che deriva dalla mancanza di una vita sociale. Certo, è consapevole di un vuoto che non sa come riempire, ma lo ignora occupando le giornate in un’inutile battaglia contro il Poltergeist che infesta il magazzino del suo negozio. Basta però che a varcare la soglia di Accessori di Prima Qualità per il Quidditch sia un vecchio nemico per fargli scoprire che quel vuoto ha in realtà dei contorni ben definiti.
Dal testo:
Draco poteva sentire fisicamente su di sé lo sguardo di Potter, eppure non riuscì a distogliere l’attenzione da quel pezzo della sua famiglia che non avrebbe mai avuto l’opportunità di conoscere a causa degli errori del suo passato. Era così vicino, eppure così distante che Draco poté quasi sentire il suo cuore spezzarsi.
Teddy, nella sua totale ignoranza di chi lui fosse, gli aveva ricordato per la prima volta in molto tempo cosa di preciso avesse perso per colpa della guerra: qualcosa che neppure tutto l’oro del mondo avrebbe mai potuto dargli.
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Draco Malfoy, Harry Potter, Teddy Lupin | Coppie: Draco/Harry
Note: AU | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Da Epilogo alternativo
Capitoli:
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Capitolo 2

 

Was hiding from dangers
That I hidden in the bright lights

 

Come era diventata tradizione negli ultimi dieci anni, l’intero mese di maggio il Mondo Magico era dedicato alla memoria di tutto ciò che riguardava la Seconda Guerra dei Maghi. Le celebrazioni venivano ovviamente aperte con una cerimonia solenne in memoria dei caduti nel parco di Hogwarts, in corrispondenza con l’anniversario della battaglia che aveva messo fine al conflitto.

Si teneva ogni anno alle prima luci dell’alba, con le più alte cariche ministeriali e i membri dell’ormai sciolto Ordine della Fenice riuniti di fronte alla tomba di Silente, accanto alla quale sin dal primo anniversario della Battaglia di Hogwarts sorgeva un monolito su cui erano stati incisi i nomi dei caduti.

Draco non vi aveva mai partecipato, ma le foto della cerimonia erano sempre sulla copertina del Profeta, che non perdeva neppure quell’occasione per fare gossip sulla vita degli eroi di guerra, soprattutto sui più riservati e che meno comparivano sulle pagine del quotidiano.

Quasi ogni sera dopo quella prima cerimonia, veniva organizzato un evento collegato a qualche iniziativa che nel corso del tempo era stata creata per rimediare ai danni erano derivati dalla guerra, dalle raccolte fondi in favore degli orfani alle serate di discussione per i diritti delle creature magiche.

Era abitudine di Draco evitare anche quel genere di celebrazioni per vari motivi: primo, la sua non era una faccia che molti accoglievano con affetto a gran parte di quegli eventi. Secondo, credeva lui stesso che la sua presenza fosse di cattivo gusto. Terzo, erano rare le volte in cui riceveva degli inviti, e anche in quei casi era più un proforma dovuto al suo status di sopravvissuto, cosa che in realtà gli sembrava un po’ sciocca considerata la parte che aveva avuto durante la guerra, seppure fosse stato scagionato da tutte le accuse perché sotto coercizione.

Tra tutti, c’era però un evento a cui ogni anno si era quasi convinto a partecipare: il Gran Gala di raccolta fondi per il JUST. All’ultimo momento, però, affogava sempre nell’insicurezza, si chiedeva se davvero la sua presenza non sarebbe stata solo fonte di dolore per altri presenti all’evento. Così, già vestito di tutto punto l’attimo prima di smaterializzarsi fuori casa, aveva rinunciato ogni singola volta a partecipare, passando la serata a mangiare gelato insieme a Saoirse – negli ultimi anni aveva perfino provveduto a far recapitare una donazione anonima al Fondo il giorno successivo.

Dopo sei anni da quando aveva iniziato tale tradizione, anche quella sera aveva avuto la certezza che si sarebbe fatto prendere dalla paura, che si sarebbe bloccato a fissare il vuoto senza riuscire a concentrarsi sulla location dell’evento per smaterializzarsi – seppure dovesse solo pensare all’Atrium del Ministero, un posto in cui era stato fin troppe volte durante i processi.

Tuttavia, nella mente di Draco, anche a distanza di settimane da quel fatidico giorno di aprile, era ancora vivido l’incontro con Potter. Sapeva perfettamente che lui era stato uno dei supporter più vocali del JUST sin dal giorno in cui l’idea era stata proposta al Ministero, ed era molto probabile che Potter fosse presente all’evento di quella serata.

Era stupido che la sola idea che lui potesse essere presente gli fornisse il coraggio per partecipare quando mai prima di allora ci era riuscito, eppure l’attimo prima era in piedi sull’ultimo scalino che si affacciava nel vicolo sul retro del negozio e quello successivo… era al Ministero della Magia per la prima volta in anni.

L’ultima volta che era passato per l’Atrium, aveva a malapena avuto il tempo di guardarsi attorno prima di essere trascinato verso gli ascensori e infine giù, verso le sale per le udienze del Wizengamot. Scosse la testa, cercando di non soffermarsi sul passato, e fece del suo meglio per non dare troppo nell’occhio, cosa non facile con il suo colore di capelli vistoso.

Afferrò dal primo vassoio a tiro un bicchiere e ne bevve almeno metà del contenuto, non trovando affatto sollievo nelle bollicine del vino di scadente qualità. Continuava ad avere la gola secchissima e a pensare di aver commesso un terribile errore.

Teneva lo sguardo verso il basso, scivolando tra gli altri ospiti senza davvero badare alle loro conversazioni. Era sicuro di aver comunque sentito delle voci familiari e di aver intravisto con la coda dell’occhio qualcuno che aveva conosciuto in un passato lontano, ma ignorò la cosa puntando a un angolo se non nascosto, almeno isolato dell’Atrium decorato.

Sembrò trovare ciò che cercava di fronte all’enorme nuova fontana che aveva sostituito entrambe le sue predecessore. Non aveva mai avuto occasione di vedere di persona quella che Voldemort aveva richiesto fosse posizionata in quel punto, era già stata distrutta quando erano iniziati i processi, ma gli erano bastate le foto pubblicate sul Profeta durante la guerra per pensare che fosse orribile.

Ricordava invece quella precedente, quando aveva visitato il Ministero con suo padre molti anni prima, e pensava che questa nuova fontana fosse simile, seppure molto diversa. Rappresentava sempre una Strega e un Mago, tuttavia invece di essere su un piedistallo da cui venivano ammirate dalle Creature, le tenevano per mano come loro pari.

Draco era sicuro che i Goblin e i Centauri avrebbero avuto qualcosa da ridire al riguardo, dopotutto i rapporti con i maghi non erano dei migliori neppure di quei tempi nonostante gli sforzi delle nuove figure presenti nel Ministero a favore di un cambiamento. Era anche sicuro che alcuni Elfi Domestici si sarebbero ancora sentiti un po’ a disagio nell’essere riconosciuti in quel modo, ma il cambiamento richiedeva tempo. Forse prima o poi, in 30 o 50 anni, il sentimento di fratellanza sarebbe stato sinceramente sentito, come si augurava chiunque avesse voluto quella statua.

Stava meditando se valesse la pena affrontare di nuovo la sensazione di assoluto disagio che aveva provato nel mezzo degli altri invitati per raggiungere il tavolo con i canapè dall’altro lato dell’enorme stanza decorata d’oro e bianco, quando qualcuno gli si affiancò.

“Pensavo non ti saresti fatto vedere neppure quest’anno.”

Quando si voltò la riconobbe subito nonostante i folti capelli ricci fossero raccolti in modo elegante sopra la testa e indossasse un abito da sera che le dava un aspetto quasi regale, malgrado il pancione rendesse ovvio il suo essere agli ultimi mesi della gravidanza: Hermione Granger, organizzatrice dell’evento, una delle persone che con maggior fervore aveva lottato per la nascita del JUST, nonché una delle figure di maggior rilievo nella politica ministeriale. Lo osservò con un’espressione neutrale, forse quasi sorridente, un calice da champagne pieno fino all’orlo di succo di zucca stretto tra le dita.

Draco bevve un sorso del suo champagne, quasi avesse bisogno di un altro po’ di coraggio liquido per risponderle, nonostante le sue parole non gli fossero affatto sembrate un’accusa.

“Avevo l’impressione che la mia presenza non sarebbe stata gradita…” commentò, a voce più bassa di quel che avrebbe voluto gli uscisse di bocca.

Lei lo fissò con il viso corrucciato. “Sai che sono stata io a insistere perché la tua richiesta fosse approvata, vero? E che mi occupo di persona della lista degli invitati alla festa?”

“È un modo per dirmi che ti sono debitore?” chiese perplesso, le mani che iniziavano a sudargli.

La Granger ridacchiò, anche se non sembrava fosse il tipo di risata crudele che le avrebbe rivolto Draco in adolescenza. “No. Sei stato tanto stronzo in passato, e non mi rimangerei quel pugno che ti ho dato, te lo meritavi. Ma non significa che ti meriti che la tua vita sia rovinata per sempre per scelte sbagliate che hai fatto perché eri giovane, immaturo, influenzato dalla paura, sotto coercizione… Wow, è una lista lunga di buone ragioni per metterci una pietra sopra.”

Draco rimase a guardarla in silenzio per qualche istante, riflettendo. “Quindi, tregua?”

“Pensavo potessimo fare un passo in più e provare a essere civili.”

Lei ridacchiò ancora una volta all’espressione di Draco, poi proseguì. “Sono seria, voglio sapere come va il tuo negozio. Harry ha menzionato di esserci stato con Teddy e sembravano entrambi molto impressionati.”

Draco non era sicuro di credere alle sue orecchie, Potter poteva davvero avergli fatto un complimento? Cercò di riprendersi in fretta, non c’era tempo per perdersi in certe stupidaggini.

Hermione Granger, di tutte le persone al mondo, sembrava voler avere una conversazione civile con lui e non poteva permettersi di rovinare anche quella chance di dimostrare d’esser diventato una persona migliore.

Lo stupì, tuttavia, quando parlare del più e del meno con lei gli venne quasi naturale, come se lei fosse davvero disposta a dimenticarsi tutto ciò che Draco le aveva fatto in adolescenza.

Chiacchierarono quasi in modo amichevole del negozio e Draco si scoprì interessato nel sapere di preciso cosa facesse lei al Ministero, soprattutto perché sembrava lavorasse ancora nonostante la gravidanza avanzata – cosa che preoccupava suo marito, da quel che lei gli aveva detto.

Si separarono una decina di minuti più tardi, quando Hermione, che aveva insistito la chiamasse per nome, menzionò di doverlo lasciare per occuparsi di faccende noiosissime e puramente organizzative prima del suo discorso.

Di nuovo solo, Draco scoprì di sentirsi abbastanza coraggioso da guardarsi intorno sul serio per la prima volta, rendendosi conto quindi di coloro che si aggiravano per l’Atrium. C’erano un paio di facce familiari, alcuni erano figli di Mangiamorte che avevano avuto parti minori nel conflitto, ben più piccole di quel che aveva avuto lui, ma che ne avevano subito comunque le conseguenze. Altri erano perlopiù vittime della maledizione Imperius o parenti di chi l’aveva subita in modo errato e al momento era al San Mungo, la mente permanentemente danneggiata e ormai irrecuperabile.

Draco si sentì di nuovo a disagio a esser messo alla pari di questi ultimi casi; si chiedeva perché lui, che per qualche tempo all’inizio era stato perfino orgoglioso della missione che gli era stata affidata da Voldemort in persona – seppure solo a causa della sua ingenuità – fosse ancora considerato una vittima.

Aspettava con impazienza il momento in cui lo avrebbe notato qualcuno che era sul serio degno di quel titolo, qualcuno che lo avrebbe affrontato e gli avrebbe urlato ciò che il suo cervello gli ripeteva spesso riguardo gli errori che aveva commesso in passato.

La voce di Hermione lo risvegliò all’improvviso dai suoi pensieri e si rese conto di aver stretto il bicchiere di champagne così forte da rischiare di romperlo.

“È un tale piacere vedervi tutti qui stasera per festeggiare un decennio di successo non solo del Fondo, ma anche di tutte le iniziative che il JUST ha aiutato a finanziare nel corso degli anni, dalla ricerca alla nascita di fruttuose attività imprenditoriali,” disse con entusiasmo Hermione su un podio leggermente rialzato, in piedi di fronte a una parete coperta da una tenda verde smeraldo.

“Mi rincuora vedere ancora così tanta partecipazione e sapere che il sostegno è sempre presente per questa iniziativa. Sono passati anni, eppure riceviamo ancora molte richieste di aiuto da parte di persone che hanno risentito degli effetti negativi che la guerra ha avuto sulle loro vite in vie indirette come lo è stato per voi. E il JUST è nato per questo, per evitare che ci comportassimo in modo meschino, per non dimenticarci di allungare una mano anche verso chi ha commesso un errore. Per ricordarci che c’è sempre bisogno di un pizzico in più di generosità e comprensione.”

Hermione fece una pausa a effetto e nella sala rimbombarono una serie di applausi sentiti. Quando tornò il silenzio, ricominciò a parlare.

“Vorrei quindi ringraziare coloro che ancora donano al Fondo. Coloro che ne hanno usufruito e che ora si sono trasformati in donatori. E infine coloro che usano la loro reputazione per fare ottima pubblicità all’iniziativa,” aggiunse con un sorriso sornione facendo un occhiolino a qualcuno nella folla, accennando anche un brindisi con il bicchiere mezzo vuoto di succo di zucca che aveva ancora in mano.

Draco spostò l’attenzione in quella direzione e notò, per la prima volta, la presenza di Potter. L’aveva cercato con lo sguardo nella folla poco prima, ma con tutta probabilità era stato circondato da troppe persone perché riuscisse a notarlo dal suo nascondiglio così in disparte rispetto al resto degli ospiti.

“E infine, un grazie a un… Anonimo donatore, che ci ha procurato il pezzo che inauguriamo con questa serata,” Hermione fece un’altra pausa a effetto, girò le spalle alla folla e, bacchetta alla mano, con un movimento di polso aggraziato la tenda che aveva coperto la parete sparì.

Al suo posto c’era un semplice muro bianco a cui era appeso un quadro che ospitava niente meno che Severus Piton in piedi nell’aula di Pozioni, una serie di calderoni che sembravano sobbollire alle sue spalle, i vapori che salivano in rivoli lenti e riportavano Draco all’adolescenza.

Sembrava che Piton fosse parecchio annoiato all’idea di dover restare in bella mostra di fronte a tutta quella gente, tuttavia per il momento si stava limitando a restare in silenzio a braccia incrociate, lanciando occhiatacce verso chiunque dall’alto in basso.

“Questo secondo quadro del Preside Piton verrà appeso nel corridoio che porta alla sala comune di Serpeverde, nella speranza che sia fonte di coraggio per coloro che si sentono persi nei momenti più bui, citando le parole del nostro anonimo donatore,” concluse Hermione tra gli scrosci di applausi, prima di interrompere l’incantesimo che amplificava la sua voce e tornare a passeggiare tra gli altri ospiti.

Draco osservò il quadro per qualche secondo, convinto che Severus avesse portato gli occhi al cielo a quelle ultime parole, ma anche sicuro di averlo visto, se possibile, impallidire, inverdire e arrossire allo stesso tempo. Sembrava che l’uomo avesse una chiara idea di chi fosse il misterioso donatore che aveva pagato perché venisse creato un suo secondo quadro in nome del JUST. Doveva essere qualcuno dell’Ordine che aveva sempre creduto nella sua innocenza… Forse la McGranitt?

Ancora perplesso, Draco cercò di nuovo con lo sguardo Hermione. Non fu affatto stupito di trovarla che chiacchierava con Potter in persona; avevano dei calici pieni in mano, seppure contenessero liquidi diversi, e sembrava che stessero facendo un brindisi.

Cercò di non prestare molta attenzione a Potter, non gli faceva bene concentrarsi troppo su di lui. Sapeva che era troppo grande il rischio di ricadere nella sua adolescenziale ossessione per il Salvatore. Non riuscì comunque a impedirsi di pensare che sebbene Potter fosse molto attraente vestito di tutto punto in abiti formali da mago – con quella lunga veste grigio scuro dagli intricati dettagli bianchi che aveva scelto per la serata –, Draco lo preferiva come lo aveva visto nel suo negozio: casual, in abiti babbani, quasi fuori posto nel mezzo di Diagon Alley e per questo impossibile da non notare perfino in una folla.

Distolse lo sguardo e si decise infine ad avviarsi verso il tavolo con i canapè; aveva davvero toccato il fondo se l’unica opzione che gli era rimasta per reprimere quei pensieri era affogarli nel cibo. Saoirse lo avrebbe deriso così tanto se lo avesse saputo. Non che ne avrebbe mai fatto parola con lei…

Per quanto il buffet fosse ricco e invitante, non riuscì a mantenere la sua attenzione a lungo e ben presto Draco si trovò a gironzolare tra gli ospiti ancora una volta. Per qualche ragione aveva deciso di non tenere lo sguardo sul pavimento, forse incoraggiato dal vino che aveva bevuto senza nulla nello stomaco.

Aveva l’impressione che tutti si conoscessero da precedenti serate simili a quella, e nonostante le facce familiari, nessuno si avvicinò mai per rivolgergli la parola. Era impensabile che fosse lui il primo ad avvicinarsi, ancora insicuro su chi avrebbe potuto attaccarlo se avesse provato a intavolare una conversazione amichevole, quindi ben presto rinunciò, sentendosi incredibilmente isolato nel mezzo della folla.

Stava ritornando al suo angolo nascosto per ammirare l’architettura dell’Atrium un’ultima volta prima di mettere una fine anticipata alla serata e andarsene, quando si accorse che Potter si era avvicinato al dipinto e stava ora chiacchierando con l’uomo che ne era ritratto.

Seppure fosse a una certa distanza, Draco era sicuro che Potter stesse sorridendo, mentre Piton aveva un’espressione contrariata e le braccia ancora incrociate. Lo scambio gli sembrò comunque abbastanza pacifico e se doveva essere sincero a Draco parve quasi che tra i due ci fosse una certa confidenza, come se non fosse la prima conversazione che c’era stata tra loro da quando Severus era morto.

Ripensando al comportamento di Hermione e al suo brindisi con Potter, Draco si chiese distrattamente se il misterioso donatore che aveva pagato per il quadro non fosse proprio lui, anche se la cosa non sembrava avere nessun senso considerato il loro passato. Certo, Potter aveva più o meno pulito la reputazione di Piton, ma il Professore era pur sempre stato davvero orribile con lui.

Spostò all’improvviso lo sguardo dal Salvatore quando lo vide ridere di qualcosa che Piton aveva detto.

Draco tornò al suo gironzolare senza meta, prima di fermarsi accanto alla fontana con la statua come aveva previsto il suo programma originario. Era perfino riuscito a recuperare un altro bicchiere di champagne lungo la strada. Era sicuro di poter definire quella serata un fallimento solo al 70% se fosse riuscito a tornare a casa almeno un po’ brillo. Non ci avrebbe messo molto dopo averne bevuti già tre bicchieri e aver a malapena toccato il cibo dal tavolo dei canapè, rifletté fissando il fondo del bicchiere ormai vuoto ancora una volta.

“Hermione mi aveva detto che ti nascondevi qui, ma non pensavo che avessi già messo le radici,” lo punzecchiò la voce di Potter all’improvviso, facendolo sussultare.

Si girò verso di lui, che gli stava porgendo un altro bicchiere. Non si era neppure accorto che Potter lo aveva approcciato, occupato com’era a cercare di ignorare ciò che gli stava accadendo intorno.

Draco poggiò il bicchiere vuoto sul bordo della fontana e accettò quello che gli veniva offerto.

“Non lo chiamerei nascondersi, solo allontanarsi e stare dove alla folla non importa che io stia.”

La faccia di Potter si corrucciò in un misto tra una risata e una smorfia. “Nascondersi, quindi.”

Draco sospirò. “Semantica, Potter.”

“Come preferisci.” Stavolta una risata gli sfuggì davvero dalle labbra. “Ho menzionato a Teddy che siete parenti,” aggiunse poi e Draco per poco non si stronzò con il sorso di champagne che aveva appena bevuto.

“Perché?”

Potter scrollò le spalle. “Credo che tu gli piaccia. O perlomeno potresti piacergli se ti conoscesse. La guerra lo ha già privato di abbastanza parenti, non vedo perché dovrebbe rinunciare a conoscere una parte della sua famiglia che è viva e vegeta.”

Draco rimase a bocca aperta per qualche istante, poi spostò lo sguardo. “È una pessima idea.”

“Perché?” domandò Potter. “Mi avevi dato l’impressione di volerlo conoscere anche tu…”

Con una risata amareggiata appena trattenuta, Draco si girò di nuovo verso di lui. “Oh, non saprei. Magari avresti prima dovuto pensare a cosa avrebbe detto mia zia? Mi sembra di capire che è lei la tutrice legale di Teddy?”

Harry si schiarì la gola, spostando il peso da un piede all’altro, come se avesse ricordato all’improvviso che a tutti gli effetti non era lui il padre di Teddy e che quel genere di decisioni non gli spettavano.

“Come immaginavo. Beh, lascia che chiarisca io per te, allora. Dal modo in cui dava loro la caccia, dal modo in cui li odiava come se fosse la cosa peggiore che le fossero mai capitati, posso dire quasi con certezza anche senza essere stato presente che sia stata Bellatrix a uccidere il marito di mia zia, sua figlia e suo genero,” ammise in un sussurro pieno dell’odio che provava per Bellatrix. “Non credo che zia Andromeda voglia avere a che fare con nessuno dei membri della mia famiglia.”

C’era una certa amarezza nella sua voce, ma Draco la annegò in tutto ciò che era rimasto nel suo bicchiere, prima di abbandonare anche quello sul bordo della fontana. Era quasi tentato di mettersi a sedere su quel bordo invitante, tuttavia Potter era già abbastanza in vantaggio nei suoi confronti; non sarebbe crollato in quel modo sotto il peso della dura verità di fronte a lui. Aveva rinunciato a tutta la dignità che poteva dare a Potter per il momento.

Era sicuro che a quelle parole lui se ne sarebbe andato, che lo avrebbe finalmente lasciato in pace dopo che gli aveva ricordato una delle persone che sapeva Potter odiava di più al mondo. Invece rimase lì, accanto a lui, seppure la mano libera fosse chiusa in un pugno così stretto che le nocche erano bianche e le unghie dovevano essere affondate in modo doloroso nel suo palmo.

Quando Draco si decise finalmente a guardarlo di nuovo in viso, Potter era pallido e aveva gli occhi persi nel vuoto, in un punto a caso dell’Atrium, come se fosse incastrato in un ricordo molto vecchio.

Draco sospirò tra sé e sé, desiderando un altro bicchiere, magari con qualcosa di più forte di quel maledetto vino scadente tutto bollicine. Doveva aver detto qualcosa di davvero sbagliato per aver ridotto Potter in condizioni simili.

Per un istante provò un forte rimorso ad averle pronunciate, ma sapeva che erano necessarie per proteggere Teddy dalla cattiva reputazione che seguiva il nome Malfoy. Quel ragazzino innocente non si meritava di essere accostato ai suoi errori in alcun modo.

“Severus sembrava disapprovare la tua scelta di parole,” borbottò all’improvviso Draco, cercando di cambiare argomento nella speranza che Potter si riprendesse.

Non sapeva neppure perché ci stesse provando in realtà. L’istinto gli stava urlando di andarsene sin dal momento in cui Potter gli aveva rivolto la parola. Tuttavia voleva davvero tentare d’avere per una volta una conversazione decente con lui.

Ci vollero un paio di istanti, ma dopo aver sgranato gli occhi in sua direzione, Potter si riprese.

“Prego?”

“Fonte di coraggio per coloro che si sentono persi nei momenti più bui…” citò Draco. “Sembrano ciarle degno soltanto dell’Uomo di Silente.”

Era una provocazione ovviamente; nonostante fossero passati anni dalla morte dell’ex Preside di Hogwarts, uno dei tanti nomignoli che la gente ancora usava per Potter era l’Uomo di Silente.

Draco ignorò la morsa che lo colse alla gola al solo pensiero di Silente. Era una cosa a cui si era abituato negli anni ed era consapevole che nonostante fosse ormai di pubblico dominio che Silente avesse già programmato la sua morte, Draco sapeva anche che non si sarebbe mai liberato del tutto dal senso di colpa per le sue azioni.

Lui boccheggiò per un istante, poi sorrise e prese un sorso senza rispondere.

“Quindi è per questo che non hai intrapreso la carriera da Auror?” domandò infine Draco rompendo di nuovo il silenzio quando divenne ovvio che Potter non gli avrebbe dato spiegazioni ulteriori riguardo il quadro.

Potter ridacchiò. “Oh no, Kingsley era l’Uomo di Silente tanto quanto me, anche se a volte ha messo in dubbio ciò che facevo per ordine di Silente dopo la sua morte…” Fece una pausa per bere ciò che gli era rimasto nel bicchiere e poi proseguì. “Sono sicuro che Kingsley avrebbe voluto uccidermi quando nel bel mezzo del secondo anno di training ho mollato, soprattutto perché si era esposto per farmi ammettere nonostante mi mancassero i M.A.G.O. necessari.”

“Comprensibile. Era appena stato eletto dopotutto, e la sua campagna era tutta basata sul non essere corrotto e bigotto come i suoi predecessori,” ribatté Draco con un sogghigno sulle labbra.

“Almeno Ron ha continuato il training ed Hermione ha fatto per anni un lavoro meraviglioso come sua assistente.”

“Ricordo gli articoli di giornale quando hai mollato. Pensavano tutti che stessi avendo una crisi di mezz’età in anticipo. O che saresti diventato il nuovo Signore Oscuro…”

Ancora una volta Potter ridacchiò. “Il Profeta ha sempre adorato pubblicare cavolate quando si tratta di me.”

“Quindi, perché tra tutte le cose che avresti potuto fare, hai scelto di diventare professore di Hogwarts?” domandò Draco.

“Credo che ci fosse una piccola parte di me che avesse già capito che sarebbe finita così. Essere un Auror, come Sirius o mio padre, quello era il sogno di un ragazzino. L’idea che fosse il mio destino era quasi una conseguenza della guerra… Ma quando a scuola insegnavo ai ragazzi dell’ES? Era diverso.”

Draco rimase incantato. Non solo dalle sue parole, anche dalla luce che sembrava brillare nei suoi occhi mentre parlava a cuore aperto di qualcosa di così intimo. Per un attimo non si sentì degno di ascoltare quelle parole, tuttavia Potter proseguì e Draco pensò che la cosa migliore da fare fosse ascoltarlo in rispettoso silenzio.

“Non so se è perché Silente è stato la persona che di più ha influenzato il mio modo di vedere il mondo, se mi sono rimaste impresse alcune parole che mi ha detto riguardo il perché Riddle avesse provato a diventare insegnante quando era giovane… Però l’idea di avere di influenzare in qualche modo ciò che sarà del futuro di ogni studente a cui insegnerò… È un potere che mi spaventa e mi entusiasma allo stesso tempo. Ci ho girato intorno per un po’, ma mi è bastata una chiacchierata con Minerva per rendermi conto che non sarei mai stato felice se fossi diventato un Auror.”

Rimasero in silenzio per lunghi istanti, Draco che lo osservava impressionato e allo stesso tempo con il cuore che gli piangeva per esser stato complice della morte di quello che forse non era stato solo un mentore per Potter, ma una parte integrante della sua famiglia sgangherata.

All’improvviso a disagio, Potter si passò distrattamente una mano tra i capelli, prima di parlare di nuovo. “Tu invece? Come sei finito a comprare il negozio? Non mi sembrava il tipo di lavoro che avrebbe attirato la tua attenzione.”

Draco sospirò e tornò a concentrarsi sulla fontana, tutta la sua attenzione presa dal piccolo Elfo Domestico che, a una più attenta osservazione, somigliava incredibilmente a Dobby, il vecchio Elfo della famiglia Malfoy. Si chiese se fosse possibile o se fosse solo suggestione, il ricordo di una lotta e di una fuga dal Manor che gli saliva nel retro della gola come bile.

“Era l’unico posto che era disposto ad assumermi,” ammise quasi senza volerlo con la voce spezzata. Si chiese perché di preciso con Potter fosse così facile rinunciare a piccole briciole della sua dignità a cui era rimasto stretto per lungo tempo.

“Oh…”

Draco si riprese, stringendo ancora di più le braccia al petto, un po’ offeso dalla pietà che era sicuro Potter gli stesse rivolgendo. Non aveva davvero il coraggio di guardarlo in faccia. “Non fraintendere, ci è voluto del tempo ma alla fine ho imparato ad amare quel lavoro. Sono stato molto fortunato.”

“Ci è voluto tempo, però…” mormorò, incoraggiante.

Forse fu quel tono a spingere Draco a provare a sbirciare l’espressione di Potter. Sembrava ancora una volta che fosse sinceramente curioso, non perché volesse prenderlo in giro, solo per puro desiderio di sapere, come Draco era stato curioso dei motivi che lo avevano spinto a scegliere l’insegnamento.

Gli sembrò giusto, quindi, ricambiare l’onestà con una dose di altrettanta vulnerabilità. Forse erano i bicchieri di champagne a parlare, ma dopotutto non aveva molta altra dignità che gli fosse rimasta, quindi perché avrebbe dovuto provare a tenersela stretta.

“All’inizio ci sono stati degli episodi di persone che passavano al negozio solo per ricordarmi che ero finito nel posto che mi spettava. Penso sia stata un’ottima lezione di vita. Qualcuno si comportava infine esattamente come io mi ero sempre comportato con gli altri. È stato illuminante.”

“Non avevano comunque il diritto di comportarsi in quel modo.”

Draco scrollò le spalle. “Mi ha insegnato ad apprezzare cose che avevo sempre dato per scontate, suppongo. Persone che in passato chiamavo amici sono state meno fortunate. E il proprietario del negozio è sempre stato molto gentile. Cacciava con garbo fuori dal negozio chiunque provasse a comportarsi in quella maniera di fronte a lui,” concluse con un sorriso malinconico.

Cadde di nuovo il silenzio tra di loro. Draco poteva sentire ancora una volta lo sguardo di Potter su di sé, ma si fece forza e continuò a studiare un punto a caso oltre la fontana, non osando riportare gli occhi sulle statue in caso riconoscesse altri visi familiari ricordati per sempre nell’oro del monumento.

“Sei davvero cambiato, eh? Un tempo non saresti stato così aperto su qualcosa di così… personale. Non con me perlomeno,” Potter fece una pausa. “Magari con Mirtilla.”

Draco si girò di scatto, sorpreso. Potter stava sorridendo divertito, ma non in modo crudele, anzi; sembrava quasi un sorriso complice, come se quello scontro che avevano avuto nel bagno anni prima fosse una battuta di cui solo loro avrebbero potuto ridere. Si chiese come di preciso potesse scherzare a cuor leggero di qualcosa di simile, ma scoprì che dopotutto importava davvero poco di quell’incidente perfino a lui che ne portava ancora le cicatrici sul petto. Erano passati davvero troppi anni.

“Potter, come ci tieni a puntualizzare, non ho molto da perdere ai tuoi occhi. Hai già visto ciò che di peggio potevo dare, dubito che qualsiasi cosa mi esca di bocca potrebbe farti cambiare idea,” ribatté con sarcasmo quasi d’istinto.

Il sorriso di Potter se possibile divenne ancora più smagliante. “Oh, ne saresti stupito…”

Draco stava quasi per ribattere ancora una volta quando all’improvviso una voce estranea li interruppe.

“Posso fare una foto, signori?” Era il fotografo del Profeta, quello che da tutta la sera Draco aveva evitato come la peste nel disperato tentativo di non finire in nessuno degli scatti che aveva fatto degli ospiti dell’evento.

Prima che Draco potesse darsi alla fuga con una scusa qualsiasi, Potter lo afferrò per una spalla e se lo strinse contro il fianco.

“Ma certo, Louis! Che dici, va bene qui con la fontana alle nostre spalle?” domandò Potter con un occhiolino rivolto al giovane fotografo, le cui gote andarono in fiamme immediatamente al sentirsi chiamare per nome.

Draco osservò entrambi con gli occhi sbarrati, senza comprendere di preciso cosa stesse accadendo.

Da quando Potter era così affabile con la stampa? Era sicuro che lui odiasse i paparazzi. Non lo avevano tormentato per tutta la sua vita, dopotutto? Perché chiamava quel ragazzino per nome?

Prima che se ne rendesse conto, il flash scattò e Draco si ritrovò con gli occhi che passavano dal viso sorridente di Potter all’obbiettivo, ancora completamente preso di sorpresa dalla luce abbagliante del flash.

Era probabilmente uno scatto orribile, ma il fotografo parve soddisfatto quando Potter si spostò verso di lui per stringergli la mano e chiedergli affabile di fargli avere una copia della foto appena possibile.

Il ragazzo si allontanò come in uno stato di trance e Draco comprendeva perfettamente il suo stato d’animo. Aveva difficoltà lui stesso a riprendersi da ciò che era appena accaduto e per un attimo si chiese se Potter non avesse lanciato di nascosto un Confundus tanto forte da colpire entrambi in una volta sola.

Fu l’improvviso crack nel punto di Apparizione proprio accanto agli ascensori a cogliere l’attenzione di entrambi e a risvegliare del tutto Draco dalla sua riflessione.

Avvolto nella divisa degli Auror, i capelli scompigliati e se possibile un paio di centimetri più alto di quanto era stato l’ultima volta che Draco l’aveva visto, Ron Weasley stava procedendo quasi a passo di carica verso Hermione, esclamando ad alta voce sopra il caos di voci degli ospiti una serie di scuse per il suo terribile ritardo.

“È stato un piacere, Draco,” borbottò Harry prima di avviarsi in direzione dei suoi migliori amici senza lasciargli neppure il tempo di rispondere in alcun modo.

Stavolta Draco si accorse immediatamente che Potter aveva usato il suo nome, ma incolpò il troppo champagne che aveva bevuto del rossore che era sicuro gli fosse apparso sulle punte delle orecchie e sulle gote a giudicare da quanto accaldato si sentì all’improvviso.

Gli ci vollero solo altri 30 secondi prima di decidere che la sua serata fosse senza alcuna ombra di dubbio giunta al termine e Smaterializzarsi; nessuno si sarebbe davvero accorto della sua improvvisa dipartita.

   
 
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