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Autore: LB Shadow    29/01/2020    2 recensioni
*** IN PREVISIONE DI ESSERE RIVISTA, RIVOLTATA, CORRETTA E TRASFORMATA COME NEMMENO IL MONDO DOPO IL DILUVIO UNIVERSALE
** Sarà comunque presente una piccola dose (spero non troppo) di OOC, visto che si tratta di un prequel al canon e... beh, dato che è la mia prima fic pubblicata nel fandom. Consigli e critiche sono sempre apprezzati! ^^
*
Seimila anni fa, quando la Terra era appena nata e il Giardino dell’Eden risplendeva di verde, quando tutte le giornate erano state belle e il peccato non si era ancora sparso nel mondo, a guardia della Porta d’Oriente fu collocato un angelo.
Seimila anni fa, quando ogni essere vivente coabitava in armonia e l’Umanità intera consisteva in una coppia di individui (che, detto tra noi, non sembrava avere molte chance di resistere a lungo), un serpente evase dagli Inferi per fare un po’ di casino.
Ispirato all’opera di Mark Twain, il mito della Creazione riscritto attraverso gli occhi dei due migliori attori non protagonisti!
Genere: Commedia, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Aziraphale/Azraphel, Crowley
Note: Cross-over, Missing Moments, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Giorno due dell'Inizio del Mondo

 

Caro diario, scrivo ora che il sole è calato oltre l’orizzonte già da un po’. Oggi è stata una giornata davvero interessante e ritengo doveroso trascriverne il contenuto. Se non altro perché altrimenti rischio di scoppiare.

Sono andato ad esplorare il Giardino, godendomi quello che conoscevo e scoprendo mille cose nuove dietro ogni angolo. Ho impiegato delle ore solo per attraversare il percorso che va dalle grandi cascate ai piedi della montagna appuntita che si trova a sud, e dire che sono solo poche centinaia di passi.

È stato durante quella passeggiata che l’ho visto per la prima volta. Mi avevano informato della sua esistenza, mi avevano anche detto che avrei dovuto tenerlo sotto controllo e che, appena messo piede sulla Terra, sarebbe stato tutto in mano sua. Non mia, sua. Una creatura di Dio, fatta a sua immagine e somiglianza.

Un essere umano.

Era nudo come qualsiasi altro animale e girovagava anche lui alla scoperta del nuovo mondo, con quella tranquillità circospetta che me l’ha fatto subito andare a genio. Per essere il non plus ultra di questo idilliaco capolavoro non pecca di superbia. Sono curioso di vedere come si comporterà in futuro. Lei gli ha dato il potere totale su ciò che lo circonda, il che sembra davvero una responsabilità enorme per un cosino alle prime armi come lui.

Forse avrà bisogno di una mano. O forse sarà meglio che mi faccia gli affari miei.

Al momento sembrava ignorare la mia presenza, perciò ne ho approfittato e mi sono trovato una postazioncina comoda tra i rami di un albero di mango, incuriosito da quella creatura da cui mi avevano tanto messo in guardia.

Preferivo non farmi avanti, non ancora.

Intanto mi sono limitato ad osservare i suoi movimenti, segnandoli mentalmente: a differenza di quasi tutti gli altri, l’umano si muove su due zampe e non ha altrettanto pelo o piume o squame sul corpo. Forse si tratta di un cucciolo e gli spunteranno dopo? Non mi ha dato la sensazione di qualcuno di particolarmente giovane, nonostante sia giunto praticamente ieri. Ammetto però che mi abbia fatto tenerezza. Nascondeva a fatica l’incertezza che comporta l’avere una corporazione con cui si ha poca confidenza. Essendo abbastanza simile alla mia, comprendevo appieno il suo disagio e mi sono trattenuto dal lanciargli un grido di incoraggiamento, pena l’annullamento del mio nascondiglio provvisorio.

Caso volle che l’umano decidesse che il mio fosse il punto migliore per uno spuntino, tra tutti gli alberi a disposizione nei dintorni. La posizione conquistata tra i rami ha quindi avuto vita breve e ho dovuto dire subito addio alla mia carriera di spia. Se non altro ho avuto occasione di fare la conoscenza con la creatura, nel bene e nel male.

− Buon giorno – l’ho salutato, quando ha scostato il fogliame per cogliere uno dei frutti. L’educazione prima di tutto.

Credo si sia spaventato alla mia vista perché è caduto all’indietro e mi ha fissato con gli occhi sbarrati per almeno una decina di secondi, senza emettere un suono dalla bocca spalancata. Superato lo shock (voleva un mango e si è trovato davanti un essere celestiale, posso comprenderlo) si è ricomposto e ha assunto nuovamente quell’aria sospettosa, quasi glaciale, che mi ricorda inevitabilmente come sia stato creato a Sua somiglianza.

− Buon giorno – ha risposto lui. Parla! Miracolo divino, egli parla! Non ho mai ascoltato nessun altro animale qui parlare! Ma si è zittito subito. Con un movimento lesto ha preso il suo spuntino e si è messo a distanza di sicurezza dall’albero. Non mi voleva vicino. Mi osservava come se io stesso fossi uno strano animale mai visto prima.

Poi, cogliendo un lampo di conoscenza intrinseca alla sua esistenza, credo mi abbia riconosciuto.

− Tu… sei un angelo? – ha chiesto, sempre con quel bagliore di paura negli occhi. – Sei stato mandato da Dio? Per me?

Ora, la situazione stava assumendo contorni imbarazzanti perché non sapevo esattamente cosa rispondere. Dovevo incutere sacro terrore? Farmelo amico? Nessuno mi aveva avvisato che avrei potuto imbattermi nell’umano in questa maniera. In teoria le nostre esistenze sarebbero dovute transitare su percorsi paralleli, con me che controllo che il regolamento venga rispettato e lui che… ehm, fa le cose che dovrebbe fare. Qualunque esse siano. Il Paradiso, e in particolare Gabriele, hanno bellamente trascurato l’argomento e mi hanno lasciato in questa situazione a dir poco ingrata.

Ho quindi deciso di dire semplicemente come stavano le cose.

− Sono un angelo, sì, complimenti. Beh, per essere precisi non direi che sia stato inviato dall’Altissima in persona, sai, esiste una gerarchia piuttosto rigida in Paradiso e diversi ruoli, i miei superiori sono giunti alla conclusione che io sarei stato quello più adatto per scendere sulla Terra e…

− È tua, quella? – mi ha interrotto e mi ha indicato i piedi dell’albero.

Appoggiata al tronco c’era la mia spada, abbandonata e priva di qualsivoglia tutela.

OH NO.

Mi sono sentito come sul punto di scorporarmi sul posto.

Ora mi spiego meglio, visto che non ne ho scritto prima e non ho intenzione di dimenticarmene di nuovo, oh, che triste scelta di parole. Proprio adatte a questo caso.

Il Paradiso mi ha fornito di un’arma per compiere il mio lavoro di guardiano: una spada fiammeggiante, nel vero senso della parola. Un aggeggio spaventoso, appuntito, letale, in totale contrasto con la titubanza che mi montava dentro; questo succede quando dimentichi la ferocia che anima le anime celesti. La spada serve a dissuadere i ribelli e a punire chi si oppone al Piano Divino. Ricordo bene lo sguardo duro di Michele nel vedermela in mano, ma non poteva farci nulla. Gliel’avrei ceduta volentieri, sarebbe stata estremamente più adatta al suo personaggio assetato di sangue infedele, ma a quanto pare è un accessorio che concedevano solo a chi lavora nel Giardino.

L’avevo posata momentaneamente per salire sul mango e ora questo piccolo essere mi domandava se fosse roba mia.

− Accidenti. Sì, non toccarla, ti prego, adesso la riprendo.

Sono precipitato a terra con una velocità inammissibile alle leggi di questo Mondo, riacquistando il possesso dell’arma. Quest’ultima, forse riconoscendo il suo padrone, si è accesa come una torcia, innalzando le sue fiamme verso l’azzurro. L’umano è rimasto immobile, muto e statico più delle pietre, gli occhi ancora più grandi di prima, ipnotizzato dal fuoco. Nelle pupille nere vedevo i guizzi di luce riflessi estinguersi e rinascere.

Per un attimo infinito ho temuto che sarebbe rimasto in questa posizione per sempre, finché la spada non si fosse spenta, e con essa il suo incantesimo.

− Bella – ha detto soltanto dopo un’eternità, parole uscite da sole senza che lui se ne rendesse davvero conto.

Bella. Come un tramonto o l’acqua che scorre nel fiume, quest’arma per lui è bella. Evidentemente non sapeva a cosa diamine servisse.

− Certo, proprio uno splendore – ho borbottato, cercando di non lambirlo con la fiamma erompente. Sforzo non condiviso, poiché lui sembrava aver scambiato il fuoco per una specie di animaletto bisognoso di coccole e protendeva pericolosamente una mano nel tentativo di accarezzarlo.

− No, no, no. Sciò. Non è un giocattolo. – l’ho scacciato. – Meglio per te se ne stai lontano, potresti farti male. Bruciarti.

L’avviso sembra averlo scosso dal torpore. − Cosa significa “farmi male”? – ha domandato, l’emblema dell’inconsapevolezza.

Oh, grazia divina, vieni in mio soccorso! In questo mondo così nuovo non c’è spazio per il dolore! Come fare a spiegare qualcosa che ancora non esiste?

− Significa che… è qualcosa di brutto che ti accade, la punizione se fai qualcosa di sbagliato. – ho tirato corto. Lui sembrava aver capito.

− E cosa significa fare qualcosa di sbagliato? – ha domandato di nuovo.

Ma allora ditemelo che volete mettermi alla prova!

− Significa andare contro le regole imposte. Ti dicono “non fare questo!”, tu lo fai e vieni punito. Causa ed effetto. Il farti male è la conseguenza dell’infrangere le regole.

Stavolta sembrava aver davvero capito. Alleluia.

− Toccare quella cosa lì è sbagliato?

− Esatto.

“Ti prego” ho pensato, “non insistere nel voler toccarla. Stattene buono e rendimi il lavoro più facile”

− Mangiare la frutta del Giardino non è contro le regole, giusto? – ha chiesto, un velo di onesto sacro timore nell’espressione corrucciata.

− No – gli ho risposto, anche se mi sono sorti nuovi dubbi nell’istante in cui ho aperto bocca. Lui ha tirato un sospiro di sollievo.

− Se qualcosa non serve a riempirmi la pancia, allora non m’interessa. – ha dichiarato. Detto questo, si è richiuso di nuovo nel suo silenzio e si è allontanato, placido, alla ricerca di cibo come si era preposto di fare prima del piccolo incidente.

“Singolare punto di vista” ho pensato, osservandolo mentre se la prendeva comoda. Davvero è lui la creatura che porterà scompiglio nel mondo? Mi è apparso sì intelligente, ma non ribelle. Non vedo il motivo per cui ai piani alti si siano agitati tanto riguardo.

Me ne sono andato senza far rumore e lui ha appena alzato gli occhi per seguire i miei movimenti, non una parola, non un saluto, ma sulle labbra ho percepito il fantasma di un sorriso. Forse sapeva già che ci saremo incontrati di nuovo.

Chissà.

Che bizzarra creatura che è l’essere umano, mi piacerebbe saperne di più, indagare il suo comportamento, fin dove arriva la sua intelligenza. Perché, se qualcosa è fatta a immagine e somiglianza del Creatore Supremo, deve per forza nascondere tutti i misteri dell’universo nascosti nella propria anima, vero?

L’incontro di oggi è stata come una scintilla comparata alla fiamma divina che può scaturirne, lo sento, lo sento! Che c’è un’immensità nascosta dietro questa creatura apparentemente dedita solo a nutrirsi. Possibilità. Qualcosa di precluso sia ai Cieli che agli Inferi.

Mi ci vorrà tempo. Tempo e coraggio. Dovrò imparare a comunicare con l’umano, se voglio conquistare la sua fiducia. Questo formicolio di eccitazione che mi solletica dentro… amore.

Mi sono innamorato a prima vista dell’Umanità.

Caro diario, confido a te e solo a te questo sentimento strano che in quanto angelo non dovrei provare. Quelli della mia lega dovrebbero amare solo Dio e cantarne le lodi. Che sia sbagliato ciò che sento? Legarmi troppo a questo luogo terreno, che sia peccato?

Spero di fare la scelta giusta e liquidare sentimenti errati sul nascere. Cercherò di non farmi coinvolgere più di tanto, a dispetto della mia curiosità e del desiderio di diffondere Amore.

Bisogna rispettare le regole, così sta scritto nel Piano Divino.

   
 
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