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Autore: Wild_soul    30/01/2020    1 recensioni
Cosa conosci tu della mia vita, se non quello che io, di mia spontanea volontà, ho voluto rendere pubblico? Cosa mi impedisce di celare lati del mio carattere? Assolutamente nulla, quindi non avere il coraggio di affermare chi io sia, perché nessuno è in grado di comprendere qualcuno. Dalle volte siamo noi stessi a scoprire sfaccettature del nostro carattere che mai avremmo immaginato di possedere.
Genere: Avventura, Introspettivo, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Caleb/Akio, Jude/Yuuto, Kageyama Reiji, Sorpresa
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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“Mi hai chiesto di incontrarci, Ember? C’è, forse, qualcosa che non va?”  

“Ad essere onesto, c’è qualcosa che mi spaventa. Ho celato per giorni questo mio segreto, ma ora è arrivato il momento che tu sappia” il ragazzo si sedette più comodamente sulla poltrona, schiarendosi nervosamente la voce e puntellando le dita affusolate nei braccioli in venuto scuro. Era davvero quella la cosa giusta da fare? “C'è qualcosa che mi preoccupa, qualcosa che stona nella solita e monotona vita del professor Dark. Capisci cosa intendo?”  

“No, non comprendo”  

“Ray è cambiato e qualcosa sta muovendo la sua vita in modo innaturale”  

“E quindi? Tu mi avresti chiamato qui solo per riferirmi che Dark sta attraversando una comune crisi di mezza età?”  

“C’è qualcosa di più, idiota, ma non lo capisci?”  

“Non ho mai incontrato quest’uomo se non un paio di volte in tutta la mia vita, quindi non sono la persona adatta con cui discuterne”  

“Oh, invece sei molto più utile di quanto tu possa pensare” affermo il ragazzo, sfiorando delicatamente con la mano un punto ben preciso al di sotto del sottile tessuto della camicia, che celava un ematoma di considerevoli dimensioni che si espandeva su tutto il fianco sinistro.  

“Dimmi cosa posso fare per te”  

“Devi entrare nella vita di Dark e scoprire quante più cose possibili. Non mi interessa a quale prezzo”  

“Mi hai preso per un cane da caccia?”  

“Sei solo la persona più fidata che mi rimane. Xavier è stato ucciso dallo stesso bastardo che gli avevo detto di fare fuori. Ed ora sei rimasto tu”  

“Ho un cattivo presentimento riguardo a quello sconosciuto, Eliot, ma non chiedermi esattamente cosa, perchè non saprei risponderti. Questo famoso ignoto appare e scompare nella notte, senza lasciare alcuna traccia di sè. Ho già fatto ricerche su di lui, ma il risultato è stato un buco nell’acqua”  

“Ti accompagnerò in queste tue ricerche. Ho bisogno di sapere il nome di quel vigliacco con gli occhi da demonio”  

“Occhi da demonio?” ripetè l’altro  

“Sì, occhi rossi, rossi come il sangue. Quando ho incrociato il suo sguardo, mi è sembrato di vedere riflesso le fiamme dell'inferno”  

“Rossi…” 

“Qualcosa che non va, Caleb?”  

“Non prendere per sicure le mie parole, ma credo di avere appena ristretto il mio circolo dei sospettati…”  

****  

 

Stonewall si richiuse alle spalle il portone di casa Ember, scendendo velocemente i pochi gradini che lo separavano dal suolo e percorrendo la strada, lasciando che la propria mente scivolasse nei suoi pensieri. Eliot gli aveva parlato di occhi rossi, un dettaglio che non lo aveva lasciato assolutamente indifferente.  

Sì, il suo campo di sospettati si era decisamente ristretto, ma gli avrebbe dato l’adeguata attenzione solo più avanti, perchè per ora la sua priorità era un’altra.  

****

 

Jude gemette di dolore non appena avvertì l’ennesima fitta partire dalla ferita per poi propagarsi su tutto il corpo. Sentiva la pelle iniziare mano a mano ad intorpidirsi, troppo stanca anch’essa di quella continua sofferenza, mentre gli occhi continuavano a bruciargli a causa dell’irritazione. Aveva pianto, aveva pianto, forse, tutte le lacrime della sua vita, aggrappandosi alla vana ed irrealizzabile speranza che, prima o poi, avrebbe alzato lo sguardo, ritrovandosi davanti la figura di Dark.

Ma così non era stato.

Lo aveva abbandonato definitivamente, ed aveva ragione. Lui, uomo severo e da una condotta di vita prettamente spartana, era riuscito a celare dentro di sè, per quanto gli fosse possibile, una personalità così dissonante rispetto a quelli che erano i suoi ideali. Era stato in grado di sopportare quella metà estranea, assecondando le sue frecciatine arroganti e, talvolta, lanciandone lui stesso delle altre. Ma ora era finito, era tutto finito. E per cosa poi? Per quella lingua biforcuta che, per l’ennesima volta, Jude non era stato in grado di tenere a freno.  

Stupido, stupido ragazzo.  

Si accucciò ancor più, rannicchiandosi a terra in posizione fetale, piegando le gambe all’altezza del petto e avvolgendole con le braccia.  

Aveva freddo.  

Tremò quando avvertì l’ennesima fitta arrivare a fagli pulsare le tempie.  

Dolore e ancora dolore, lacrime su lacrime, singhiozzi su singhiozzi.  

Poi, un’altra scossa lo percosse, facendolo arrivare a conficcarsi le unghie nelle braccia  

Ray, dove sei?  

**** 

 

Sbuffò, mente osservava disinteressato nuvolette di fumo che si arricciavano e snodavano in modo casuale sopra la sua testa. Aveva fatto davvero male ad ascoltare quel pazzo di Eliot, aveva riflettuto. E pensare che la sua unica intenzione era quella di farla pagare a quello schifoso che aveva ammazzato Xavier, ma ora la situazione stava degenerando.  

Andare ad indagare sulla vita di Dark era, a suo dire, assolutamente insensato. Studiare certi piani lo faceva sembrare una sorta di poliziotto, anche se solitamente era proprio lui a scappare non appena li sentiva nominare. Ma almeno, con quell’incontro di pochi giorni prima, la sua lista di colpevoli si era ristretta drasticamente. 

“Occhi rossi”, eccola la parole chiave.  

Ricordava di quel ragazzo che aveva visto qualche volta al pub, ma, soprattutto, quello che accadeva ogni qual volta si erano intrattenuti fino a tarda notte… E pensare che era rimasto fin da subito affascinato da una bellezza così elegante.  

Sgranò gli occhi.  

Ma certo, ecco il suo nome: Jude. 

**** 

 

Dark trattenne a stento un sussulto non appena avvertì come una scossa, veloce e invisibile, sfiorare la sua schiena, fino a soffiare sulla sua spina dorsale.  

Si mosse appena sulla sedia in velluto, tentando di celare quell’improvvisa sensazione di estremo disagio che lo aveva colto. Non aveva, di certo, bisogno di altri guai a causa di Sharp, questo era sicuro, per cui era arrivato alla severa, ma giusta, conclusione di ignorarlo per quanto gli fosse possibile.  

Mosse lentamente il suo sguardo verso l’alunno di fronte a sè, che lo studiava con occhi glaciali.  

Già, potevano degli occhi come quelli essere freddi?  

Trattenne a stento un’imprecazione non appena si rese conto, suo malgrado, che, per arrivare a porsi certe domande, anche la sua sanità mentale stava iniziando a vacillare.  

“Professor Dark” la voce di Eliot lo richiamò alla realtà “Mi scuso se, per l’ennesima volta, le ho chiesto di venire a farmi visita, ma ho necessità di assicurarmi che lei stia bene”  

“Deve essere confuso, Ember. è lei ad aver subito un’aggressione, non io”  

“Questo lo so bene, così come che lei, circa un paio di giorno fa, è stato avvistato di prima mattina in una delle tante stradine che sboccano su Harrison Street”  

Dark ingoiò impercettibilmente aria a vuoto. Dove voleva arrivare?  

“Mi pare logico. Quella notte non avevo chiuso occhio a causa di alcuni lavori rimasti incompleti, tuttavia, quando ho terminato di riordinare e sono salito in camera, non sono riuscito ad addormentarmi, quindi ho preferito fare una passeggiata” si giustificò, mentendo spudoratamente  

“Gira voce che lei sia stato avvistato proprio a pochi metri dal cadavere di un ragazzo, professore” sentenziò tagliente l’alunno “Per sua informazione, quel giovane era un mio carissimo amico, venuto a mancare, appunto, un paio di giorni fa a causa di una sparatoria”  

Dark aprì un paio di volte bocca, ma richiudendola subito dopo, imponendo a se stesso di non far uscire neanche una singola parola, ben conscio, infatti, che qualsiasi vocale sarebbe potuta ripercuoterglisi contro.  

“Xavier Foster, le dice nulla questo nome, professore?”  

“Ricordo di aver letto di lui su un giornale qualche giorno fa”  

“E nulla più?”  

“Assolutamente no”  

“Quindi lei sostiene di non aver mai avuto nulla a che fare con Foster?”  

“Confermo” seguirono dei secondi di silenzio che, a parere del maggiore, durarono fin troppo. Eliot studiò per un tempo indeterminato il linguaggio del corpo del professore, le mani intrecciate, le gambe accavallate e lo sguardo. Tutti questi erano chiari segni a dimostrazione delle false affermazioni dell’uomo.  

Stava mentendo  , stava mentendo spudoratamente.  

“Le sue parole, professore, per me sono sacrosante, e sono pronto a giurare che quello che lei mi sta riferendo non sia nient’altro che la pura verità” mentì  

“La ringrazio per la sua fiducia, Ember”  

“A questo punto sono obbligato a porle una domanda, Dark. Secondo lei, chi potrebbe essere stato a compiere un’azione tanto empia?”  

“Non posso assolutamente aiutarla, non ne ho idea”  

“Bene, la ringrazio comunque” Ray fece per alzarsi, ma la voce dell’alunno lo richiamò nuovamente “Un ultima cosa, professore. Vorrei parlarle di quello che è successo durante l’ultima lezione tenuta a casa sua…”  

“Non c’è assolutamente nulla da chiarire, Ember” sentenziò l’uomo, con voce atona “Si è trattato di un semplice fraintendimento”  

“Oh, quindi è così che lei ha interpretato il mio gesto?”  

“Esattamente Ember, e ribadisco che non c’è assolutamente nulla da chiarire”  

“Perchè non si è allontanato, allora?”  

“In realtà ti ho cacciato da casa mia” rispose seccamente l’uomo, riducendo drasticamente la conversazione dal lei  al tu 

“Non sa mentire, Dark, so che c’è dell’altro”  

“Nulla che ti debba realmente interessare”  

“E invece si” sbraitò il minore, sbattendo i pugni sui braccioli della poltrona ed alzandosi in piedi “Mi riguarda, proprio perchè non credo che lei sia quel tipo di persona che prende sotto gamba certe azioni”  

“E se lo fossi, Ember? E se tu non mi conoscessi tanto bene quanto credi? Cosa conosci tu della mia vita, se non quello che io, di mia spontanea volontà, ho voluto rendere pubblico? Cosa mi impedisce di celare lati del mio carattere? Assolutamente nulla, quindi non avere il coraggio di affermare chi io sia, perchè nessuno è in grado di comprendere qualcuno. Dalle volte siamo noi stessi a scoprire sfaccettature del nostro carattere che mai avremmo potuto affermare di avere” Dark si allontanò dal ragazzo di alcuni passi, fino a trovarsi a pochi metri dall'uscio di casa “Le auguro una pronta guarigione, Ember, ma non mi venga mai più a cercare” sibilò a denti stretti, pochi attimi prima di afferrare la maniglia e sbattere il portone dietro di sè.  

****  

 

Scavalcò silenziosamente la staccionata, assicurandosi che nessuno si fosse accorto della sua presenza, e attraversò il cortile della villa, nascondendosi dalla luce dei lampioni.  

Non era, di certo, la prima volta che compiva azioni di tale portata, eppure poteva avvertire una strana sensazione montargli nel petto ogni qualvolta si voltasse indietro.  

C’era qualcosa di strano che il professor Dark celava tra le mura della sua abitazione, a detta di Eliot, e lui ne avrebbe ben presto scoperto la causa.  

Fece saettare i suoi occhi verdi lungo l’imponente muratura in rilievo cinquecentesca della villa, fino a decidersi ad entrare, utilizzando semplicemente una copia delle chiavi che, chissà come, Eliot era stato in grado di procurarsi e di dargli. Quel ragazzo aveva appigli economici da qualsiasi parte, quindi era meglio non farsi domande sul come ci fosse riuscito.  

Caleb entrograve, facendo subito una rapida perquisizione delle stanze, senza trovare qualcosa di effettivamente interessante. Quello che gli era stato richiesto era di trovare e prelevare delle prove, ma quello che al momento poteva osservare era del pessimo gusto negli arredamenti.  

Ma fu solo dopo qualche minuto di ricerche a vuoto, che gli balenò in mente un’idea. Se veramente Dark era considerato essere il migliore scienziato in tutta Londra, nel suo laboratorio avrebbe potuto trovare oggetti sicuramente molto più interessanti di quelli analizzati fino a quel momento.  

Gli ci volle relativamente poco a trovare la stanza giusta e, non appena entrato, si meravigliò di trovare uno specchio da parete abbastanza grande proprio sulla sua sinistra. Sicuramente Dark era un uomo dai gusti opinabili.  

Si mise a frugare tra le varie boccette disposte prima sul balcone e, poi, nei vari ripiani degli scaffali, curandosi nel rimetterli esattamente al loro posto, per evitare qualsiasi tipo di sospetto da parte del professore.  

Fu proprio quando stava iniziando a dubitare del reale successo della sua ricerca, che una boccetta di un colore più acceso delle altre risaltò al suo sguardo tanto quanto il nome che lesse su di essa. Non era il nome di un elemento chimico e nemmeno quello di un qualche strano prodotto; quello che vi lesse sopra, fu il nome di una persona: Jude Sharp. 

**** 

 

Dark corse a perdifiato lungo l’immensa distesa grigia di fronte a sè, come temendo di non essere arrivato in tempo. Era stato un illuso nell’aver anche solo potuto ipotizzare di riuscire ad allontanarsi tanto facilmente da Jude.  

Non ne era in grado, non poteva, non riusciva.  

Si arrestò sul posto, guardandosi intorno e cercando di definire lo spazio intorno a sè.  

“Sharp!”  

Dark  

“Dove sei?”  

Professore  

Corse, corse ancora fino a quando non avvertì il cuore martellargli in gola e le orecchie pulsare dalla fatica, ma doveva trovarlo o non se lo sarebbe mai perdonato.  

“Sharp!”  

Ray  

E ringraziò ogni santo del paradiso, ogni stella del cielo, ogni filo d’erba, ogni goccia d’acqua non appena riuscì a distinguere in mezzo a quella distesa infinita una piccola macchia scura.  

Jude  

Jude era lì, immobile, con il corpo esanime mollemente disteso al suolo, occhi chiusi e bocca appena aperta. Con una mano stringeva tra le dita il sottile tessuto della benda accuratamente legata attorno al busto, mentre il petto si alzava e abbassava irregolarmente. Dark si avvicinò a quel corpo che, in quel momento, gli pareva essere così inerme da non essere in grado neanche di respirare. Allungò delicatamente una mano verso quella del minore, pigramente abbandonata lungo il fianco.  

Ray  

“Sono qui” sussurrò, stringendo appena le dita del ragazzo nella sua presa, quasi a volerlo rassicurare della sua presenza. Prese quel volto delicato e stravolto dalla stanchezza tra le mani, appoggiandolo al suo grembo e prendendo ad accarezzarlo con quanta più dolcezza possibile.  

Quanto poteva essere stato stupido a compiere un’azione così scellerata? Come aveva potuto anche solo pensare di fargli del male? Idiota, era un completo idiota.  

Tuttavia, si rincuorò lievemente non appena vide i lineamenti del minore rilassarsi sotto il suo tocco, come se la sua vicinanza lo stesse realmente tranquillizzando.  

“Non ti abbandonerò mai più, Jude. è una promessa” sussurrò nuovamente, accostando la sua fronte a quella del ragazzo e socchiudendo gli occhi, anche lui provato dalle cariche che aveva dovuto affrontare quel giorno.  

Mai più  

Sussultò non appena avvertì il corpo del minore muoversi sotto di lui, ed alzò prontamente il viso per paura che il ragazzo rinvenisse e si ritrovasse in quella situazione di vicinanza estrema francamente imbarazzante.  

Lo vide arricciare il naso, mentre i suoi occhi si schiudevano pigramente a scoprire due iridi rosso fuoco.  

“Ray?” sussurrò con un filo di voce, non sicuro che quello che si stava palesando di fronte al suo sguardo non fosse un’allucinazione. Vide il professore sorridere appena. Un sorriso vero, dolce, che forse mai era mai riuscito ad ammirare prima. “Allora sei tornato davvero”  

Il maggiore fece per rispondere, ma non ebbe il tempo anche solo di aprire bocca, che due mani nivee e bollenti dalla febbre si posarono delicatamente ai lati del suo collo, attirandolo verso il basso. Bastò quel semplice tocco, e il suo cervello perse completamente il lume della ragione, non dando modo al professore di reagire neanche quando avvertì le labbra del minore posarsi prima delicatamente, poi con più sicurezza, sulle sue. Quasi tremò non appena il minore approfondì quel contatto così intimo, tanto che si chinò verso l’altro, intrecciando le sue dita tra i rasta del ragazzo. Poi, una scossa attraversò tutta la sua spina dorsale, fino ad arrivare al suo bassoventre.  

Si scansò bruscamente, come se si fosse scottato.  

Sbagliato  

“Sharp, cosa stai fac-“ ma si bloccò non appena si accorse che Jude aveva nuovamente perso i sensi tra le sue braccia “La febbre ti sta facendo delirare” affermò ad alta voce, forse con l'unico intento di convincere se stesso “Stavi sicuramente sognando qualcun altro, forse Stonewall”  

****  

 

“E dunque, professor Hillman, cosa mi sa dire del liquido che le avevo chiesto di analizzare?”  

“Devo essere sincero, Ember, l’analisi di questo prodotto mi ha richiesto molto più tempo del previsto, ma le scoperte che ho fatto sono sconcertanti”  

“Ebbene?”  

“Questo non è un normale esperimento, ma una vera e propria porta che conduce direttamente agli Inferi. Chi ha creato questo composto aveva come obiettivo quello di scindere la mentalità umana nelle due facce della medaglia: buono e cattivo”  

“Cosa sta farneticando?”  

“Esattamente questo, Ember. Chi ha fatto questo lavoro, ha permesso la nascita di un essere che incarna il male in persona” mormorò l’uomo, forse più sotto shock dello stesso ragazzo che aveva di fronte a sè.  

“Esiste una soluzione a questo?”  

“Una sola, in realtà”  

“E sarebbe?”  

“Eliminare chi ha creato questa pozione. Uccidendo lui, morirebbe anche il suo gemello negativo”  

   
 
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