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Autore: lunatica91    04/02/2020    1 recensioni
-Dov'è che vuoi andare te?-
-Ad un larp.-
-Sì, ok, ma dove hai detto che si svolge questo larp?-
-In un bunker.-

Un gioco può cambiare anche la realtà? Ma infondo, cosa è reale e cosa un gioco?
Genere: Comico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Buonasera a tutti! Scusate per il terribile ritardo ma purtroppo molte questioni nella realtà mi hanno totalemtne deconcentrata. Spero almeno che il capitolo piaccia, nonostante l'attesa ^^ Buona lettura!







-Ma dai! Ieri siamo riusciti a farci stare tutto! Com'è possibile che oggi nel bagagliaio non ci stia più niente?-
-Si è ristretta la macchina?-
-Ma secondo me se sposti quella valigia e ci metti il sacco a pelo … -
-No, no. Secondo me se metti il sacco a pelo e poi la valigia … -
-Zitti tutti! Mi state deconcentrando!-
-Aspettate! Ho io quello che ci vuole.-
Fissammo Gio speranzosi mentre lui armeggiava con convinzione col cellulare: la musichetta accattivante e retro di Tetris aleggiò nell'aria. Andre mandò l'amico silenziosamente a quel paese mentre io ridacchiai di gusto.
Tempo un quarto d'ora che tutti quanti eravamo stipati nell'auto e, navigatore alla mano, pronti all'avventura. Ma lo eravamo davvero?
-Ragazzi, io ho un'ansia assurda, non so voi...- ammise Andre.
-Ma tantissimo!- aggiunse Gio facendo sventolare una mano.
Tommaso ridacchiò tranquillamente, per niente intimorito dal larp, mentre io mi sentii leggermente più a mio agio: sapere di non essere l'unica a provare ansia per l'imminente evento mi fece sentire in un qualche modo più normale.
Quando ci ritrovammo finalmente nel luogo prestabilito, capii in cosa mi ero davvero imbarcata ma dovevo ancora decidere se mi sarebbe piaciuto o meno: guardavo intimidita tutta quella ressa di gente stipata attorno all'edificio e il cuore cominciò a battere più forte, così, istintivamente, mi avvicinai ai miei amici sperando di sparire dietro a loro.
Ci accodammo in mezzo allo stuolo di gente in fila alla segreteria per ottenere pass, oggetti vari e firmare le ultime scartoffie. Le persone attorno a noi, già arrivate e con altrettante valigie e capi di abbigliamento d'epoca, parlavano tranquillamente tra di loro oppure si salutavano calorosamente, come ritrovandosi dopo tanto tempo. Si poteva percepire un'aura pregna di aspettative e agitazione. 
-Buongiorno Cittadina!-
Il tizio della segreteria mi colse impreparata e ci misi un po' a rispondere al saluto, anche perché avevo dimenticato che in quell'universo tutti utilizzavano l'appellativo “cittadino” o “cittadina” davanti al nome. 
-Pronta per l'avventura?- chiese con tono amichevole.
-Ehm... sì, credo.- replicai sorridendo.
-Prima volta ad un larp?-
-Eh sì... si nota molto?-
Il tizio mi rivolse un caldo sorriso che mi calmò leggermente.
-Nah, tranquilla. Non preoccuparti, basta lasciarsi andare e divertirsi. E per qualunque problema siamo a disposizione, ricordalo!-
-Grazie.-
-Bene!- continuò in tono più energico -Ora, la parte burocratica: il nome del tuo personaggio?-
-Dirac.-
-Dirac, Dirac, … Eccolo qua! Ah, vedo una licenza di unione con un certo Ascari. Hai già incontrato tuo marito?-
-Non ancora, sai se è arrivato?-
Si mise a guardare tra i fogli rimasti.
-Mmm... no, i suoi fogli sono ancora qui. Ma ti avvertiamo quando arriva, ok?-
-Grazie!-
Guardai tutti i fogli e gli oggetti che mi aveva passato: c'erano ulteriori piccole informazioni sul mio personaggio e un po' di spille da indossare, che riguardavano il proprio distretto, lavoro, importanza, … 
Indossai subito quella che riportava il mio nome e cominciai a guardarmi attorno interessata: c'era veramente gente di ogni tipo e la cosa, stranamente, mi elettrizzò. Andre e Gio si erano inchiacchierati poco più avanti con alcuni ragazzi ed io, dopo aver provato ad ascoltarli per un po', decisi di prendere coraggio e continuare in solitaria ad analizzare quello strano ed affascinante mondo. 
Iniziai a leggere curiosamente i nomi su tutti i cartellini che riportavano il nome: Marciano, Kahn, Disney, Kafka, Rockfeller, …  Tutti nomi di grandi personaggi del passato, per ricordare, anche se in minima parte, quel mondo che era stato spazzato via da noi stessi. Tristemente ironico.
Mi soffermai a guardare le svariate differenze di età tra i vari partecipanti, anche se non potevo sapere quanti anni avessero realmente le persone: e se quel ragazzo basso e mingherlino che pareva un diciottenne, in realtà avesse avuto trent'anni? E se la signora nell'angolo, che col viso abbronzato e segnato sembrava avere già cinquant'anni, ne avesse avuti dieci in meno? 
Altra cosa che mi colpì furono i vari accenti delle persone: abituata ormai a sentire solo quelli della mia zona, fu molto bello sentirne di così svariati in un solo, piccolo luogo: romani, toscani, marchigiani, campani, sardi. Era davvero magnifico inebriarsi di tutte quelle sfumature e modi di dire vari. 
Nonostante fosse ancora mattina, il caldo sole d'Agosto iniziò a farsi sentire e quindi mi riparai sotto una tettoia insieme ad un altro gruppetto, intenti a bere e a fumare. Oltre a me, c'era una ragazza, alta e bellissima, che scherzava con un ragazzone dal viso simpatico. Lessi i loro nomi dalle targhette: lei portava il nome di Curie e lui quello di Volta. 
-Oh!- fece lui improvvisamente, dopo aver adocchiato il mio cartellino -Tu sei Dirac del dipartimento scientifico, giusto?-
-Ehm, sì, esatto!-
Lui, con fare spavaldo, mi porse calorosamente la mano.
-Piacere, io sarò Volta, il tuo Ministro e Capo.-
Mi comparve spontaneamente un sorriso di fronte a tanta cordialità e iniziai così a conversare con una tranquillità disarmante con quei due perfetti sconosciuti. 
Ecco, questa cosa mi piacque moltissimo. Non che non fossi abituata agli estranei, tutt'altro, ma non mi aspettavo tanto calore da persone conosciute da all'incirca dieci minuti.
Scandalizzai Curie quando ammisi di essere al mio primo larp.
-Wow!- fece sorpresa -Hai proprio voluto iniziare alla grande!-
-Be', sembrava interessante come tematica.-
-Oh sì, lo è decisamente.- aggiunse Volta annuendo. 
Un'altra cosa che mi venne naturale quasi subito, come a tutti, fu di chiamare le persone con il nome del proprio personaggio. Quasi nessuno, tranne che per qualche coincidenza, si presentò col proprio nome. Forse volevamo mettere le cose in chiaro e non confonderci subito con doppi epiteti, o forse funzionava proprio così. 
All'improvviso apparve un tizio che venne velocemente verso di me.
-Tu sei Dirac, vero? Abbiamo trovato Ascari!-
La frase per un momento mi freddò e, presa dal panico, istintivamente non mi mossi. Poi mi accorsi di quanto fosse stupido e mi precipitati a conoscere il mio fantomatico marito. Mi trovai all'improvviso di fronte a questo ragazzo robusto e dai folti capelli ricci che, con sguardo confuso, mi fissava. Gli porsi la mano imitando la gestualità di Volta ed esclamai: -Ciao! Io sono Dirac, tua moglie, piacere!-
Lui, da confuso che era, arrossì improvvisamente e, con un sorriso tirato, rispose meccanicamente al mio saluto. Rimasi un attimo interdetta dal suo comportamento ma, tempo pochi secondi, anche io mi ritrovai nella stessa situazione: ok, mi era presentata, l'avevo finalmente conosciuto, tutto molto bello, e adesso? Dovevamo parlare? Di cosa, esattamente? Ma dovevamo iniziare subito a relazionarci oppure avremmo dovuto aspettare un momento appropriato?
Con tutte queste domande in testa e nessuna reazione da parte di entrambi, ci congedammo in fretta senza aver concluso nulla e io, mestamente, mi rifugiai dai miei amici per avere consigli. Giustamente loro si misero a ridere e mi dissero semplicemente di tornare da lui e parlarci tranquillamente.
-Ricordati che è solo un gioco.- fece Tommaso incoraggiandomi -Non farti venire paranoie strane per una cosa del genere. Anche perché ricordati, per qualunque cosa, puoi sempre fermarti e dire “No guarda, fermati che devo fare una pausa”, oppure “Basta, che stai esagerando”.-
Quelle parole mi rilassarono. Effettivamente non ci avevo pensato ma, in fondo, era solo un gioco e quindi come tale sarebbe rimasto. Sì, aveva senso. 
In quel momento gli organizzatori ci chiesero di radunarci per iniziare ad avviarci verso il bunker.
Ci guardammo sorridendo. Ormai era arrivato il momento. 



E si entra nell'antro buio che chiamerò casa per qualche giorno. È tutto strano, irreale, sembra davvero di essere già entrati in una realtà parallela, ma ancora la trasformazione non è completa. I tunnel sono pronti, è tutto costruito e addobbato adeguatamente ma, appunto, è ancora tutto finto, solo un set, solo finzione. No... non è ancora iniziato tutto, non siamo ancora nell'anno 2054, stiamo solo visitando un bunker.
-Ora visiteremo il luogo dove viviamo, dove siamo cresciuti e l'unico conosciuto in questo mondo.- 
Ci inoltrammo in un tunnel malamente illuminato ma quasi tutti ci bloccammo davanti ad una realtà che non avevamo davvero colto: di fronte a noi si stagliava una colonna di ordinati bagni chimici. Vada per oggi, pensai ricordando con nostalgia il bagno dell'albergo, e vada anche per domenica sera, ma domani? Cioè, domani avremmo dovuto usare davvero questi cosi per andare in bagno?! Sentii distintamente più di una voce affermare che sarebbe rimasto stitico.
Gli organizzatori ci mostrano ogni stanza: ecco la sala degli incontri organizzativi del Presidente, che pare uscita davvero dal 1950, polvere compresa; proprio lì accanto c'è l'unico passaggio verso l'esterno, l'unica via d'uscita conosciuta, luogo pericoloso e allettante ma territorio esclusivo dei coraggiosi esploratori; più in giù c'è l'intelligence dove vengono gestite le informazioni che arrivano dall'esterno, se arrivano; poco oltre c'è il Computer programmato per permetterci di sopravvivere e che noi abbiamo preso ad adorare quasi quanto un essere umano; e poi, incastrati in un angolo, ci sono i pochi archivi rimasti, gli unici ricordi di un mondo ormai devastato. Al piano superiore ci sono l'infermeria, il laboratorio scientifico, la serra con le Piante, unica risorsa di sostentamento, la mensa e le camere da letto. 
-Qui dormiranno i Cittadini di rango più alto.- e l'organizzatore indicò dei letti piuttosto decenti per il posto. 
-Qui invece i restanti cittadini.- 
Ci spostammo nella sala a fianco, trovandoci di fronte una distesa di brandine che pareva avessero davvero visto la guerra e un enorme gemito partì dalla maggior parte del gruppo. 
Ci dicono di vestirci e prepararci per poi presentarci nella sala riunioni per iniziare davvero a giocare. Mi avviai veloce tra le brandine per accaparrarmi un letto decente.
-Ehi, aspetta!- 
Mi giro confusa e vedo il mio cosiddetto marito farmi segno di avvicinarmi. 
-Ho preso due letti vicini. Non dobbiamo forse essere una coppia?-
Ridacchio divertita.
-Giusto! Grazie, marito.- 
Ecco, il cambio di abiti mi fa percepire qualcosa di diverso: ora, con quella gonna informe e il sottogonna ad alzarla goffamente, la camicetta troppo leggera per quelle temperature, le scarpe scomode e vecchie, con i capelli già intrisi di sporco e umidità nonostante siano passati soltanto pochi minuti, inizio a sentire la differenza. Sento il personaggio iniziare a fuoriuscire, infondo questo è il suo elemento, il suo regno, la sua vita, non la mia. Io l'ho solo presa in prestito.
Quando mi avvio con gli altri nel salone sento che qualcosa sta per succedere: siamo entrati tutti con abiti non nostri, chi già zoppicando, chi ridacchiando nervosamente, chi imprecando perché gli abiti non stanno come dovrebbero stare. Siamo ancora noi, ma per poco.
Mentre gli organizzatori iniziano a parlare sento qualcosa scattare: non sono gli organizzatori quelli, colei che sta parlando è il nostro Presidente; quella ragazza nell'angolo che fissa nervosamente il Computer non vede l'ora di tornare al lavoro; gli uomini vestiti di grigio rimangono composti al loro posto e tengono d'occhio la gente come bravi poliziotti. E nel mezzo vedo due occhi tristi fissarmi di tanto in tanto. Io vorrei rispondergli di non preoccuparsi, che andrà tutto bene, ma Dirac non è dello stesso avviso e quando distolgo lo sguardo, be'... non sono io a farlo. È Dirac ormai a comandare i giochi. 
Il Presidente finisce il discorso e ci sprona a tornare al lavoro. Dirac fa un cenno di assenso e si volta trovandosi di fronte Ascari col braccio pronto ad accompagnarla. Senza nemmeno degnarlo di uno sguardo, si fionda fuori dalla sala, arrabbiata, sicura, caparbia. 
E il gioco non è più tale, ora è tutto completamente reale. Ma infondo, cosa è reale? E cosa è un gioco?



Le ore passano, Dirac riprende confidenza con i colleghi ed il suo adorato laboratorio. Si vede che è a suo agio tra provette e polveri varie. Trova che Mendel sia adorabile e un'ottima lavoratrice, ma si chiede se non sia troppo intima in certe occasioni... Newton le ricorda tanto un altro Cittadino e, più di una volta, ha rischiato di confonderli (ma sono io o Dirac che li confonde?). Einstein è un'ottima supervisore e non vede l'ora di aiutarla nel corso delle giornate. Curie è proprio una mamma, dedita alla famiglia sopra ogni cosa... anche lei diventerà così un giorno? Vorrebbe diventare così? Darwin e Faraday sembrano dei bravi scienziati, nonostante professino il Duncanesimo. Aveva letto nei libri dell'archivio che in passato altri scienziati erano riusciti a bilanciare le loro credenze con il raziocinio, dunque perché giudicarli?
Dirac (o forse io?) non vuole uscire dal laboratorio. Non vuole incontrare Ascari. È proprio sotto di lei, sente i suoni dell'intelligence, i discorsi borbottati per non farsi sentire da tutti. Le piace stare nel laboratorio con i suoi colleghi, non vuole ancora incontrare l'inizio dei suoi litigi, anche se sarà inevitabile... 
-Allora, colleghi, è tempo di metterci a fare le Pillole.-
Tutti ci girammo verso la Cittadina Mendel.
-Giusto, Mendel.- asserì Einstein mentre inforcava gli occhiali da laboratorio. 
Io mi schiarii la gola, sperando di darmi un'aria professionale mentre ascoltavo, senza ben capire, la ricetta di queste fantomatiche Pillole. In realtà la cosa fu molto divertente: c'erano degli aggeggi per fare davvero delle pillole, di quelle bianche e rosse, e noi, mischiando polveri varie, le avremmo assemblate. 
-Molto bene, Cittadina Dirac.- si complimentò Mendel quando feci uscire delle pillole pronte -Continua così e tra poco potremmo somministrarle.-
Qualcosa in quella frase mi fece capire che non le stavamo facendo solo per finta e la cosa mi inquietò alquanto. Avevo all'improvviso bisogno di chiarimenti.
-Ma... cioè... noi stiamo davvero mischiando questa roba?- chiesi timidamente a Mendel.
Lei mi fissò stranita.
-Certo, Cittadina. É grazie a noi che il Bunker sopravvive.-
All'improvviso anche gli altri rimasero un attimo sconcertati dalla cosa.
-Vuoi dire che dobbiamo mangiarle sul serio?- chiese Newton in tono apprensivo.
-Ovviamente. Vuoi forse morire di radiazioni?-
-E se dovessimo sbagliare la dose?-
-Ma non è mica la prima volta che le facciamo, dovresti conoscere bene la procedura.- fece Mendel inasprendo i toni -Ora però sbrighiamoci, che tra poco ci sarà la visita e i medici non sono molto pazienti...-
Rimasi sconcertata dal fatto che avremmo dovuto mangiare davvero quelle pillole. Appena Mendel si girò, Darwin e Faraday si avvicinarono rassicuranti.
-Ehi, tranquilli. Sono cose normalissime, hanno solo il nome tecnico-
-Ma siete sicuri?-
-Sì sì, ve lo giuriamo.- mi rassicurò Darwin con un sorriso -Li usiamo anche all'università in laboratorio, sono cose tipo farina, zucchero, borotalco...- 
Tirai un sospiro di sollievo.
-Ah, ok grazie...- 
Aspetta. Borotalco?!
-Come borotalco?-
-Be', sì, in minima parte serve per fare le pasticche.- mi spiegò Faraday -Serve per non farle attaccare alla superficie del contenitore. Davvero, non preoccuparti, non moriremo!-
Non mi aveva del tutto convinta, ma avrei sempre potuto non mangiarle. 



Durante i larp, i pasti sono sempre piuttosto spartani, ma in un bunker le cose si complicano ulteriormente: l'acqua sapeva già di umidità e polvere e tutto il cibo era liofilizzato. Insomma, per quanto fossi preparata all'idea di pranzi mediocri, la prima cena si rivelò decisamente difficile. Ora capivo perché qualcuno sosteneva di dimagrire durante i larp.
Dirac si trascina verso le sue mansioni di relax, non trovandole minimamente rilassanti e anzi, sentendosi sempre più stanca e leggermente affamata. Così, durante  un momento di solitudine, Dirac si ferma a riflettere. Non è riuscita a rimanere tale per tutto il giorno: più di una volta io giocatrice ho fatto capolino, fino ad arrivare ad una sorta di connubio, di unione, tanto che a volte nemmeno io capivo più chi stesse parlando, io o Dirac?
Ogni tanto Dirac ha chiesto consiglio agli altri Cittadini riguardo suo marito: alcuni l'hanno aiutata, altri sono rimasti sul vago, altri ancora hanno cercato di defilarsi garbatamente per non dover rispondere. Rimango sola con i miei pensieri e quelli di Dirac, rimuginando sul da farsi e iniziando ad accusare la stanchezza che inizia ad annebbiare i pensieri.
-Tutto bene?-
Alzo gli occhi e il volto gioviale di Faraday mi si staglia di fronte. 
-Non proprio...- 
Chi è che ha risposto? Io o Dirac?
-Ne vuoi parlare?-
Sorrido e gli faccio segno di sedersi e, per la prima volta da quando è iniziato il larp, mi sento a mio agio. Sento lo stress della situazione sciogliersi e scivolare via, lentamente, e la mia voce racconta i problemi di Dirac, e un po' anche i miei. Infondo, credo che siamo molto simili.
Faraday mi ascolta e parla tranquillamente, tanto da non capire se stia solo giocando o se davanti a me ho una persona reale. Fingo che sia così, non riuscirei ad accettare una menzogna del genere in questo momento.
-Eccoti finalmente!-
Io e Faraday ci freddiamo sul posto mentre Ascari fa scorrere confuso lo sguardo tra noi due. Sono talmente presa alla sprovvista che una parte di me si sente colta in flagrante, quasi in colpa. Faraday, altrettanto imbarazzato, fa scorrere lo sguardo tra Dirac e suo marito e, con molto tatto e un mezzo inchino, si defila lasciandoli soli.
Ed eccoci davvero soli. Dirac e Ascari. Io e mio marito. Fa strano e non riesco a sciogliermi. Dirac è arrabbiata, io sono imbarazzata, ho paura di non uscire da questa situazione.
Ascari è nervoso, non riesco a capire chi stia parlando, se lui o il giocatore: a volte risponde in modo scanzonato, beffardo, e quello non è Ascari. Dirac lo mette al suo posto (o sono io? Anche io lo faccio certe volte...) ed eccolo lì Ascari, il volto abbassato e la voce tornata poco più di un sospiro. Sento le labbra incresparsi in un sorriso, ma cerco di contenermi: Dirac non approverebbe.
Continuiamo a parlare per un po', impacciati ma sempre più nella parte, sempre più presi, sempre più Dirac e Ascari. Purtroppo la magia non dura: la vera me inizia a fuoriuscire, troppo in colpa e fissata, e blocca completamente Dirac. Anche l'altro ragazzo si impappina, ed eccoci tornati alla realtà. Questo scoprirsi rende le cose ancora più imbarazzanti e nonostante i discorsi e il provare a rimettersi nei panni dei due coniugi, la cosa non ci riesce. Non c'è alchimia con quel giocatore e quindi bisogna accontentarsi di far evolvere quello che si può. Un allarme mi salva da quella situazione imbarazzante e io posso tornare al mio caro laboratorio...



-Allora, come sta andando?-
La voce dall'altro capo del telefono è scherzosa.
-Difficile, lo ammetto, ma molto interessante! Sai che ci sono solo bagni chimici?!-
Mi nascondo in una stanzetta apposita per telefonare al mio ragazzo. È notte e non credo che disturberò qualcuno. Speravo che chiamandolo mi sarei sentita meglio, ma in realtà quella lontananza non mi ha fatto provare la solita nostalgia: nonostante l'ora tarda, sentivo di stare sprecando tempo nel rimanere lì a chiacchierare con lui. Lo trovai eccessivo come pensiero e me ne vergognai, ma ciò non cambiò il fatto che non gli dissi che una parte di me doveva ancora ambientarsi e neanche che mi desse fastidio perdere tempo a chiacchierare con lui. Chiusi semplicemente la chiamata salutandolo velocemente e tornai quasi immediatamente nei panni di Dirac.
Qualcuno dirà che è sbagliato nascondersi nei panni degli altri e magari ha anche ragione, ma sentivo di averne bisogno: sentivo di dover essere qualcun altro e vedere la mia vita da una diversa prospettiva e Dirac, in fondo, era una prospettiva perfetta.
   
 
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