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Autore: Mary P_Stark    06/02/2020    2 recensioni
Cosa succederebbe se gli dèi dell'Olimpo e gli eroi greci camminassero tra noi? Quali potrebbero essere le conseguenze, per noi e per loro? Atena, dea della Guerra, delle Arti e dell'Intelletto, incuriosita dal mondo moderno, ha deciso di vivere tra noi per conoscere le nuove genti che popolano la Terra e che, un tempo, lei governava assieme al Padre Zeus e gli Olimpici. In questa raccolta, verranno raccontate le avventure di Atena, degli dèi olimpici e degli eroi del mito greco, con i loro pregi, i loro difetti e le loro piccole stravaganze. (Naturalmente, i miti sono rivisitati e corretti)
Genere: Commedia, Malinconico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Epilogo.
 
 
Febbraio 2020 – Isole Eolie
 
 
Affiorando dalle acque di fronte a Salina come un’apparizione spettrale, Acaste riprese ben presto forme umane e, con un battito di ciglia, si trasmutò di fronte alla casa di Aiolos.

Pochi istanti dopo, Poseidone la imitò e, assieme, scrutarono la porta d’entrata della villa di Aiolos, non sapendo bene chi dei due dovesse suonare il campanello. A volte, le gerarchie divine erano assurde.

In quanto figlia di due titani, Acaste era di stirpe più antica rispetto a Poseidone ma, a sua volta, quest’ultimo apparteneva al trittico divino più potente dell’Olimpo, perciò meritava rispetto.

Alla fine, se la giocarono alla morra cinese e, nel perdere, Acaste disse: «Dobbiamo trovare una soluzione migliore oppure, una volta o l’altra, ci prenderanno per idioti.»

«Concordo… soprattutto visto che ti sei fissata nel voler evitare di comparire dentro casa, come avrei fatto io se tu non ci fossi stata» ironizzò Poseidone, strizzandole l’occhio.

Lei sbuffò, preferendo non replicare.

Per quanto le fosse facile apparire in ogni angolo del globo, non apprezzava palesarsi dinanzi alle persone di punto in bianco, specialmente in casa loro. La cortesia era per lei cosa gradita, e a cui ben volentieri si prestava, perciò non entrava mai in una casa, se non dalla porta d’ingresso.

Fu Zéphyros ad aprire, chiaramente abbacchiato dal brutto tempo di quei giorni invernali, ma bello come sempre nel suo completo jeans e maglietta.

Dei quattro venti, lui era di sicuro il più affascinante, e quello che maggiormente teneva alla propria immagine personale. Acaste lo aveva trovato subito interessante, fin dal loro primo incontro, e a ogni sua nuova visita, aveva passato sempre più tempo in sua compagnia.

Pur trattandosi di visite ad Alekos, aveva trovato piacevole fare nuove amicizie e, con Zéphyros, si trovava particolarmente bene.

Sorridendole nel vederla, Zéph la fece entrare dopo essersi inchinato a Poseidone e, con un pizzico di ironia, domandò: «Quante volte ti dovremo dire che puoi trasmutare direttamente in casa? Non ci sono problemi, davvero.»

Lei rise sommessamente, replicando: «Mi sembrerebbe scortese.»

«Fai pure come più ti aggrada, non c’è problema ma, se un domani vorrai apparire in camera mia, io non piangerò» le strizzò l’occhio lui, accentuando così la sua risata.

Poseidone rise a sua volta, e chiosò: «Farò finta di non aver sentito, ragazzo.»

«Ve ne sono grato, sommo Poseidone… non vorrei mai offendere il sommo Oceano, con le mie speranze, e so che voi due siete molto amici» ammiccò Zéphyros, apparentemente per nulla turbato da quel pensiero.

Acaste non avrebbe avuto difficoltà ad accontentarlo – dopotutto, Zéphyros era una compagnia molto piacevole – ma la preoccupazione per Alekos aveva la meglio su tutto, in quel periodo. Anche sui suoi interessi personali.

Spiacente, perciò, disse: «Magari, in un’altra occasione…»

Il vento dell’ovest annuì, replicando più serio: «Non farti carico delle mie battute. Volevo solo farti ridere. Mi sembravi molto in ansia, perciò…»

«Te ne sono grata, Zéphyros. Davvero» mormorò lei, prendendolo sottobraccio mentre Poseidone si accodava a loro. «Lui come sta, oggi?»

Adombrandosi in viso, i caldi occhi verde giada del vento dell’ovest si fecero cupi e, dalla sua voce, trasparì tutto il suo nervosismo.

«Ora è con Boreas. Stanno lavorando accanto al motore della sua Porsche. Pare che perdersi accanto ai lavori di meccanica lo distragga a sufficienza dal…»

«…dal pensare al mondo esterno, vero?» terminò di dire lei, incupendosi non meno dell’amico.

Poseidone imprecò tra i denti, ma non si espresse in tal senso. L’aver ricevuto una richiesta di aiuto da parte del figlio lo aveva preoccupato non poco perciò, quando aveva saputo della prossima visita di Acaste, si era accodato.

Stando alle parole del vento dell’ovest, doveva essere successo qualcosa, dalla sua ultima visita, avvenuta nel periodo natalizio. Ma cosa?

Zéphyros li indirizzò verso un’ampia scala a chiocciola in muratura e, nell’annuire, dichiarò: «Non vi stupite se, all’inizio, avrà dei ripensamenti sul suo trovarsi qui. Lo fa ogni qualvolta qualcuno viene a fargli visita. Dopo, però, gli passa.»

Acaste sospirò affranta, mormorando: «E’ peggiorato così tanto?»

«Per la verità, all’inizio era persino difficile trattenerlo qui, quando qualcuno si presentava in visita. Riteneva suo dovere tornare per sistemare le cose. Di quali cose stesse parlando, però, non ne ha mai fatto menzione. Ora, sembra essersi stabilizzato» replicò Zéph, sfiorando rassegnato il muro che correva lungo la scala a chiocciola. «Per noi, questo posto è una gabbia entro cui dobbiamo tornare ogni notte, pena la punizione di Zeus per aver sgarrato ma, con Alekos, sembra funzioni abbastanza bene per tenere a bada quello che lo angustia.»

«Ma finirà col diventare una gabbia anche per lui» mormorò per contro l’oceanina.

«Non se le grandi menti risolvono il problema per tempo» cercò di ironizzare Zéphyros, aprendo per lei la porta del garage.

Lì, Acaste e Poseidone si ritrovarono in un mondo fatto di motori, bielle, valvole, alberi a camme e quant’altro e, per quanto l’oceanina comprendesse un po’ la meccanica delle auto, vide pezzi di cui non conosceva affatto l’origine.  

Poseidone, in compenso, si illuminò in viso e, scusandosi con la coppia, si avvicinò all’automobile per curiosare da vicino.

La Porsche incriminata si trovava nel mezzo del garage, sollevata su un ponte e con il blocco motore completamente distaccato dal telaio.

Alessandra, Achille e Nótos stavano ripulendo i cilindri con precisione certosina, mentre Aiolos e Alekos erano impegnati nel controllare le valvole del motore.

Boreas aveva gli occhi lustri di commozione – o era panico? – ed Euros gli batteva consolatorio una mano sulla spalla, parlottando con lui come a volerlo chetare.

L’entrata in scena di Acaste e Poseidone provocò il previsto trambusto ma, già sapendo cosa aspettarsi da Alekos, i due prevennero qualsiasi sua crisi apparendo allegri e spensierati, pur non sentendocisi affatto.

Alekos, per prima cosa, tributò un abbraccio prolungato e dolce all’amica e, nel sorriderle, disse: «Consola Boreas, se ti riesce. Ha paura che non saremo in grado di rimontargli l’auto.»

Lei assentì con vigore e il giovane, con occhi lucenti di soddisfazione, mormorò: «Non sai quanto mi faccia piacere che tu sia qui. Sono sicuro che farai la felicità di Zéphyros. Sentiva la tua mancanza, perciò sono lieto che tu sia venuta a trovarci. Ora, va davvero tutto bene.»

«Beh… anch’io sentivo la sua mancanza» riuscì a dire lei, volgendosi in tempo per nascondere la sua espressione preoccupata.

Ciò detto, lo ascoltò mentre discorreva di motori con Poseidone, e questo le concesse il lusso di parlare mentalmente – senza che lui se ne rendesse conto – con Zéphyros.

“Che ti dicevo?”, gli trasmise il vento dell’ovest, facendo spallucce.

“Sbaglio, o mi è parso che, per lui, io e te fossimo come un Cubo di Rubik da risolvere?”, sottolineò per contro Acaste. “Perché ha detto che ‘ora va tutto bene’? Cosa intendeva dire?”

“Che, secondo il suo metro di giudizio, non era giusto che tu non fossi qui con me, ed era combattuto tra il chiamarti e lo stare zitto per non obbligarti a venire. Insomma, un’autentica battaglia navale a livello mentale. Ma credimi… oggi è meglio di un mese fa” sottolineò Zéphyros, per contro.

“Ha ragione il mio amico, Acaste… è migliorato, anche se sembra strano dirlo” si intromise Aiolos, guardando spiacente l’oceanina. “So che può essere difficile notare particolari come questo ma credimi, stiamo facendo il meglio per lui. Quando la dependance per lui sarà pronta, potrà tornare a casa, ma fino ad allora…”

“Sarà come questa casa?”, protestò Acaste, accigliandosi.

Deve essere come questa casa, almeno finché non disinnescheremo la bomba che c’è nella sua testa” precisò Aiolos facendosi duro in viso. “Non credere che ci stiamo divertendo, a tenerlo lontano dalla famiglia, o a destinarlo a un rifugio che sarà più una prigione che un’abitazione, per lui. E’ per il suo bene.”

Acaste non poté ribattere alle parole del dio dei venti, perché non aveva proposte alternative al problema di Alekos. Finché Érebos non avesse scoperto come calmierare il potere dell’amico, lei non avrebbe potuto far altro che accettare quanto ne fosse venuto, e dare una mano ove possibile.

“Non è solo, Acaste. Ci stiamo occupando tutti di lui, non temere” cercò di consolarla Aiolos, prima di impallidire visibilmente e sgranare gli occhi subito dopo.

Acaste ne seguì lo sguardo stravolto e, con uno strillo, si portò alle spalle di Zéphyros quando vide entrare nel garage anche le arpie di Eris.

«Ma che ci fanno, loro, qui?!» esalò la giovane, impallidendo visibilmente mentre Poseidone si nascondeva a sua volta dietro un ridente Alekos.

«Mi tengono compagnia» si limitò a dire Alekos, come se fosse la cosa più naturale del mondo.

“Anche questo è un bene?!” esalò la giovane oceanina, guardando sconvolta Zéphyros.

“No, questo no. Ma su quei due mastodonti non abbiamo potere, e anche Eris fa fatica a trattenerli a casa, il che è tutto dire. La presa di Alekos, su di loro, è molto forte” ammise Zéph.

Acaste osservò quindi piena di sgomento le due enormi aquile arpie avvicinarsi goffamente sulle grandi zampe artigliate, finendo con il posizionarsi a pochi passi da Alekos.

Quest’ultimo sorrise loro e dispensò a entrambe una carezza sul capo, prima di tornare al lavoro, apparentemente tranquillo e sereno.

Acaste, però, si domandò quanto, di quella tranquillità, fosse genuina e, soprattutto, salutare.

Alekos avrebbe resistito, al di fuori di quella gabbia dorata?

Lanciato uno sguardo terrorizzato a Poseidone, domandò mentalmente: “Non c’è davvero niente che possiamo fare?”

“Siamo qui per questo. Per aiutare. E lo faremo, Acaste. In ogni modo possibile” sottolineò Poseidone, prima di sorridere al figlio, che assentì al suo indirizzo. “Commisi a mia volta degli errori, in gioventù, coi miei figli, ma voglio rimediare. Tu mi aiuterai a farlo, cara, e così aiuteremo anche Alekos.”

“D’accordo… ma lontano da quelle arpie. Davvero non riesco a star loro vicino” esalò lei, spostandosi poco alla volta perché i suoi movimenti non apparissero una fuga.

Poseidone le sorrise comprensivo, ben comprendendo il suo stato di panico. Per niente al mondo sarebbe stato vicino a quegli affari con le ali ma, per Alekos, avrebbe sopportato anche quella paura.





N.d.A.: è chiaro che Alekos ha un problema nel gestire la sua doppia natura e, soprattutto, il potere derivatogli dal filato di Erebos. Per ora, sembra che la struttura unica della casa di Aiolos riesca a contenere i poteri del ragazzo ma, come anche Moros ha sottolineato, questo è solo un pagliativo.
Riusciranno i nostri eroi a trovare il sistema per chetare ciò che sta agitandosi nella mente di Alekos?
 
  
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