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Autore: _Amaryllis    09/02/2020    2 recensioni
Fu solo a lavoro, solo soletto in una libreria deserta e poco frequentata, che si ricordò del giornale che aveva nella borsa. Non avendo molto da fare e avendo sistemato gli ultimi arrivi già da qualche oretta, si permise di essere una normale persona con normali interessi e recuperò il giornale, dalla cui prima pagina tuonava con fare minaccioso “Megxit: a rischio la corona?”. Sbuffò, quasi tentato di rimettere in borsa il quotidiano, se non proprio buttarlo, ma si fermò col braccio a mezz’aria, attirato dal nome sull’editoriale in prima pagina: Arthur Pendragon. Ed ecco che gli partì una risata isterica, totalmente fuori luogo, che gli meritò un’occhiataccia perplessa dell’unico signore di mezza età presente in biblioteca – che, a dirla tutta, gli ricordava un po’ Gaius. Non poteva trattarsi di lui. Lui che non si era degnato di tornare con conflitti mondiali, epidemie, osava tornare perché un principe aveva deciso di trasferirsi oltremanica? Questo era il colmo! Un Pendragon a commentare le vicende di un Windsor.
Genere: Commedia, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Merlino, Principe Artù | Coppie: Merlino/Artù
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nel futuro
Capitoli:
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1. L'aspirante praticante



La lettura dell’editoriale aveva permesso a Merlin di stabilire che quell’Arthur Pendragon, chiunque fosse, avesse un’onestà intellettuale da spavento. Analizzava con obiettività fatti apparentemente superficiali unitamente a eventi istituzionalmente rilevanti e dava un quadro pressoché completo della situazione reale britannica. Che fosse o meno il suo Re, di certo era una di quelle persone oneste, genuine, con una sensibilità fuori dal comune in un mondo dove era facile cadere nel tranello del crudele giudizio all’apparenza democratico su qualsivoglia contenuto.
Stabiliti questi fatti in base alla lettura, Merlin si chiese quale fosse il prossimo passo. Doveva certamente incontrare questo Arthur, ma come? Guardò distrattamente la prima copertina del giornale: The Albion Chronicle. Sorrise, pensando che non ci fosse fine alle coincidenze del destino, ed ebbe un’idea, che per essere attuata richiedeva quantomeno chiudere per un giorno la libreria. Riflettendo velocemente, prese dei fogli bianchi e iniziò a trasformarli in documenti di tutto rispetto, dopodiché li inserì in una cartellina vuota su cui scrisse, in corsivo, Merlin Ambrose. Controllò, poi, le ultime pagine del settimanale: a parte un indirizzo della sede della redazione, niente che facesse al caso suo. Con un veloce bagliore dorato di occhi, fece apparire sulla pagina quanto gli serviva e sorrise, sentendo un’eccitazione sotto pelle che, per la seconda volta quel giorno, lo stupiva per la sua presenza.
Non sapeva se l’idea che gli era balzata alla mente fosse malsana o perfetta, però era certamente un inizio. E, ultimo problema, si chiese se, ammettendo che si trattasse del suo Arthur, il Re l’avrebbe riconosciuto, se avesse memoria della sua vita precedente… Troppi interrogativi, forse inutili per ora, ma di vitale importanza, se l’identità di Arthur Pendragon fosse stata confermata.


Ora che si trovava all’ingresso della redazione dell’Albion Chronicle, ebbe la conferma che l’idea che aveva avuto fosse pessima. Stava titubando sull’uscio da cinque minuti, guardando le sue converse consunte di colore blu, e il ragazzo alla reception l’aveva fissato con sospetto già un paio di volte. Alla quarta persona che varcò l’ingresso davanti a lui, Merlin si decise che, fatto trenta, poteva benissimo fare trentuno: avrebbe provato ad andare fino in fondo con quel piano e, nel caso di disfatta, si sarebbe arreso con onore. Mosso da pensieri quasi cavallereschi, si diresse verso il receptionist e, con una smorfia che doveva sembrare un sorriso, parlò con voce stranamente acuta.
«Buongiorno, sono qui per l’annuncio di praticante temporaneo».
«Praticante temporaneo?» chiese il ragazzo alla reception con confusione. Merlin tirò fuori, con finta nonchalance, il giornale che aveva dato inizio a tutto, opportunamente modificato, così come tutte le copie di quel giornale in città, e lo porse al receptionist, che sembrò rilassarsi.
«Ah, l’annuncio. Certo, mi segua».
E Merlin lo seguì in un open space con una quindicina di persone a lavoro. Non aveva la minima idea di come fosse una redazione di giornale e sentì crescere dentro di lui l’ansia all’impazzata: il suo piano richiedeva un grado di preparazione che non era sicuro di avere e si sentì come al suo primo giorno a Camelot, spaurito, in un ambiente lontanissimo da lui, senza avere le conoscenze minime per sopravvivere a un lavoro che non aveva chiesto. Solo che questa volta ci si era buttato a capofitto per provare a sé stesso il ritorno dell’asino. L’idea si stava rivelando veramente pessima.
Il ragazzo che lo aveva accolto si fermò bruscamente e Merlin quasi gli finì addosso. Nella colluttazione, la cartellina che teneva in mano cadde e tutti i fogli contenuti svolazzarono sul pavimento. Mentre raccoglieva i documenti, vide sott’occhio qualcuno arrivare, alzò allora lo sguardo con eccitazione ed ebbe una piccola delusione nel notare che non si trattava ancora di Arthur: pregò tutte le divinità che conosceva affinché il ragazzo al suo fianco non lo chiamasse Arthur e sospirò con sollievo quando sentì pronunciare il nome Thomas.
«Thomas, c’è qui una persona per l’annuncio per il posto di praticante».
«Un annuncio per il posto di praticante?» chiese quel Thomas con la stessa confusione che pochi istanti prima aveva il receptionist.
«Sì, l’annuncio sul numero di ieri mattina» rispose il ragazzo, porgendogli la copia del giornale di Merlin.
«Ah, l’annuncio» commentò con improvvisa sicurezza Thomas. «Ok, seguimi» aggiunse poi rivolgendosi a Merlin.
Il mago lo seguì con la paura che il suo piano stesse per crollare da un momento all’altro e si chiese se non avesse fatto un passo più lungo della gamba, modificando tutti i numeri del settimanale stampati. Anzi, con paura ancora più grande, si chiese se fosse effettivamente riuscito a farlo.
Troppo tardi per tornare indietro, si fermò con Thomas davanti a un’altra postazione, occupata da un signore che, per Diana, riconobbe a prima vista. Non poteva essere lui: sembrava così diverso, eppure tutti i pensieri di Merlin lo portavano a formulare un’unica, (non così) azzardata ipotesi sull’identità dell’uomo.
«Gaius,» iniziò a dire Thomas, totalmente inconsapevole di ciò che stava facendo a Merlin con quell’unica parola. «C’è qui un ragazzo per l’annuncio per la posizione di praticante».
All’improvviso fu come tornare indietro nel tempo, nei locali del castello di Camelot destinati al cerusico. Quel Gaius, in onore dei vecchi tempi, lo guardò accigliando in maniera spaventosa il sopracciglio e ripeté in maniera laconica «È qui per l’annuncio».
«Sì» intervenne a quel punto Merlin, senza mai distogliere lo sguardo da quegli occhi così familiari, «per l’annuncio presente sul numero uscito ieri» aggiunse, guadagnando tempo. Gaius stette in silenzio per un attimo e Merlin ebbe per un istante l’impressione che tutta la copertura stesse per saltare improvvisamente e che si sarebbe potuto scavare subito una fossa per nascondersi, magari con la magia, cos’aveva più da perdere? - invece l’uomo lo sorprese.
«Certo, mi chiedevo perché fino ad ora non si fosse ancora presentato nessuno» commentò Gaius, e Merlin si chiese se fosse una conseguenza del suo incantesimo o, cosa più probabile, quel Gaius avesse deciso, per motivi che gli erano ancora ignoti, di avallare la sua pantomima.
«Bene, allora vi lascio» disse Thomas, lasciando Merlin al cospetto del suo vecchio mentore. Il gioco di sguardi non si interruppe e Merlin, sotto pressione, passò ai convenevoli che ci si sarebbe aspettati in una situazione del genere.
«Comunque piacere, mi chiamo Merlin Ambrose».
«Ambrose», ripeté Gaius, quasi si stesse prendendo gioco del cognome scelto da Merlin per quella vita. «Il mio nome è Gaius Jones» disse porgendogli la mano.
Fu una stretta di mano veloce ma strana. Merlin aveva tanta voglia di chiedergli se si ricordasse di lui, se si ricordasse chi era, e di come era possibile che anche lui fosse tornato.
«Se vuoi seguirmi» disse Gaius, interrompendo quella massa confusa di domande che gli giravano per la testa, «andiamo un attimo nell’ufficio del personale per sbrigare normali pratiche di assunzione». La parola assunzione era stata intenzionalmente calcata con un tono divertito e Merlin ebbe la conferma che quantomeno Gaius non era cascato alla storia dell’annuncio come i due precedenti ragazzi.
Merlin percorse a testa bassa la strada che li separava dall’ufficio citato, con la paura inspiegabile di vedere Arthur proprio in quel momento. A questo punto voleva procedere per gradi, aspettare che Gaius facesse il primo passo e vedere come doveva comportarsi. Tutta la cautela che fino a quel momento non aveva avuto nell’ideare il piano si palesò adesso al cospetto del suo vecchio mentore.
«Allora, Merlin, finalmente» disse Gaius, annunciando tacitamente di ricordare tutto.
«Ti ricordi… ti ricordi tutto? Com’è possibile? Chi è tornato oltre a te? L’Arthur della redazione è il mio Arthur?».
«Calma, calma, ragazzo» lo interruppe Gaius sorridendo, «una domanda alla volta. La tua frenesia non è cambiata, vedo».
Merlin ricambiò il sorriso e, commosso, non riuscì a trattenersi dall’abbracciare il cerusico.
«Non hai idea di quanto tu mi sia mancato, Gaius» gli sussurrò nell’abbraccio. «Negli anni ho rimpianto non averti salutato un ultima volta dopo la morte di Arthur, mi dispiace non essere tornato».
«Sapevo nel momento del nostro ultimo incontro che niente ti avrebbe fatto tornare indietro».
E, proprio durante quel momento di tenerezza, un colpetto di tosse, di quelli solitamente fatti di proposito per richiamare l’attenzione, arrivò forte e chiaro, segno che qualcun altro era entrato nella stanza.
Complice il ritrovamento di Gaius, non fu con ansia che Merlin si girò ma con uno stato di benessere che non sentiva da tempo. E quando lo vide, nonostante tutti i cambiamenti che lo stile del terzo millennio richiedeva, seppe che era lui, il suo Arthur Pendragon.
Capelli color grano più corti ma ordinati, barba leggermente più scura che gli conferiva un aspetto al tempo stesso distinto e sbarazzino, occhi blu penetranti e inquisitori, si ergeva con una fierezza fuori dal tempo il suo Re. Incuriosito da quel momento che aveva interrotto, se ne stava impettito sull’uscio, in attesa che qualcuno gli spiegasse cosa stava succedendo.
«Arthur» iniziò a parlare con tono cauto e condiscendente Gaius, «ti presento Merlin Ambrose, l’unico aspirante praticante che si è presentato al mio annuncio». Con quelle parole, che gli provocarono un piccolo tuffo al cuore, Merlin capì che quell’Arthur non aveva idea di chi fosse e non ricordava niente della sua vita precedente. Non perdendosi d’animo, fece del suo meglio per fare un sorriso e allungò la mano in segno di educazione.
Ma la mano restò per aria e Arthur, inarcando le sopracciglia, incrociò le braccia in segno di sospetto.
«Non avevo idea che stessi cercando un praticante e in ogni caso un abbraccio mi sembra del tutto fuori luogo come modo di presentarsi e… un momento, Merlin?» chiese tutto a un tratto sorpreso, il che fece rivivere per un attimo la speranza in Merlin che l’asino, tutto sommato, si ricordasse di lui. «È uno scherzo?».
«No, Arthur, il suo nome è veramente Merlin, sua madre era semplicemente un'appassionata di leggende arturiane» rispose subito Gaius, coprendo il silenzio di Merlin. «E, casualità del destino, è il figlio di due miei vecchi amici, per questo l’ho abbracciato. Non lo vedevo da molto tempo».
«Mhm» fece Arthur, quasi non fosse convinto da quanto sentito. «Bene, io sono Arthur Pendragon, direttore dell’Albion Chronicle. Non sarai trattato con favoritismi, nonostante le tue conoscenze, questa è una redazione seria e rispettabile, dunque se non sarai in grado di svolgere il tuo lavoro varcherai la porta e a mai più rivederci, sono stato chiaro?». Quella presentazione fece capire a Merlin che non sarebbe stato affatto facile riavvicinarsi all’Asino Reale e che il caratteraccio gli era rimasto, in tutto il suo splendore.
«Chiarissimo, grazie per la calorosa accoglienza, amico» replicò Merlin in tono ironico, meritandosi uno sguardo irato del tipo non-hai-idea-di-con-chi-tu-stia-parlando.
«Primo, fossi in te, salverei l’ironia per altri momenti, e secondo, ci conosciamo, forse?». Merlin ebbe una sensazione terribile di déjà-vu e, rassegnandosi a un destino che si faceva beffe del suo passato, fece segno di no con la testa.
«Eppure mi hai chiamato “amico”» replicò Arthur. Merlin si morse il labbro, era troppo doloroso replicare alla stessa maniera di un tempo. Gli sembrava incredibile trovarsi davanti ad Arthur e non poter riabbracciarlo dopo tutto quello che avevano passato insieme: gli sembrava un insulto alla memoria ripartire letteralmente da capo, da quell’antipatia reciproca da cui tutto aveva avuto inizio.
«Chiedo scusa, errore mio» sussurrò, sconfitto.
«Esatto, errore tuo» replicò Arthur, totalmente inconsapevole del conflitto interiore che stava avendo il ragazzo di fronte a lui. Poi, rivolgendosi a Gaius, parlò nuovamente. «Allora, qual è il compito di Merlin?».
«Avevo pensato fosse ovvio, capo» rispose Gaius, marcando la parola capo esattamente come faceva con sire, «sarà affiancato a te».
Boom. La faccia che fece Arthur fu talmente comica che Merlin si sentì sollevato: l’asino rimaneva tale, con o senza memoria, e, seppur il destino in forma di Gaius avesse pensato per Merlin di porli di nuovo fianco a fianco in un rapporto di subalternità, era incredibilmente divertente godersi la reazione di Arthur.
«Ma… Gaius...» provò a replicare Arthur con maniera infantile. Poi, ricordandosi del suo ruolo, provò a ridarsi un contegno. «Non ho bisogno né tempo per un praticante. Per di più non vorrei mai avere lui come praticante».
«Non preoccuparti, neanche io vorrei avere te come capo, il sentimento è totalmente reciproco» disse Merlin meritandosi un’occhiataccia da Gaius e uno sguardo furioso da Arthur.
«Vedi, Gaius, è totalmente irrispettoso e...».
«Ora basta. A te» disse indicando Arthur, «serve un assistente, quanto a te» disse poi indicando Merlin, «comportati come più conviene e mettiti a lavoro, Arthur ti dirà cosa fare». Detto questo, li lasciò da soli a guardarsi in cagnesco. Per quanto Merlin mal sopportasse la situazione che si era venuta a creare, era stranamente confortante ricadere nel vecchio rapporto che aveva con Arthur. Senz’altro sapeva per certo che, dietro quella facciata di asino, si nascondeva un cuore sensibile, richiedeva solo un po’ di tempo e fiducia.
«Sono totalmente al tuo servizio» disse Merlin in segno di pace. A quelle parole, un sorrisetto irriverente spuntò sulla faccia del Pendragon, facendo temere a Merlin di aver commesso un terribile errore.
«Oh, fa’ attenzione alle parole che scegli, Merlin, potrei farti camminare sulle ginocchia per tutta la redazione».
E in quel momento, pur straziato dal non essere riconosciuto da Arthur e dalla familiarità di quelle battute, ricambiò il sorriso irriverente e replicò con il sarcasmo che non aveva dimenticato.
«Fossi in te non lo farei».
«Peccato che tu non sia me, allora» rispose Arthur in maniera nuova rispetto al loro vecchio copione. «Non mi costringere a farlo» aggiunse prima di uscire dalla stanza con un Seguimi! forte e chiaro.

 

Percorsero a ritroso il cammino che avevano fatto lui e Gaius poco prima, fino a fermarsi a una scrivania piena di fogli e libri.
«Non hai un ufficio tuo?» chiese Merlin con una sorpresa che non riusciva a contenere.
«Al contrario dell’idea che ti sei fatto di me, non amo riservarmi agi solo perché sono il direttore del giornale. Preferisco stare nell’open space come tutti gli altri» borbottò Arthur. Quell’atteggiamento risultò particolarmente gradito a Merlin: sapeva per esperienza che dietro la facciata d’Asino Reale si nascondeva un animo buono e, nei limiti, umile, e quella ne era la conferma. «Che c’è? Sembri sorpreso» commentò il direttore.
«Non avrei mai detto che fossi capace di un simile gesto, te ne devo dare atto» disse Merlin con sincerità.
«Beh, non ti dirò “grazie” perché mi stai implicitamente dicendo che fino a due secondi fa mi avresti dato del troglodita» controbatté Arthur. «Allora, in realtà non ho ben capito il tuo scopo qui, a quanto pare il tuo fare da praticante, almeno all’inizio, consisterà nel farmi da assistente» e detto questo lo squadrò da capo a piedi. «Quanti anni hai, di grazia?».
«Venticinque, quasi ventisei» rispose prontamente Merlin.
«Sembri un adolescente, da domani cerca di vestirti da adulto» commentò con fare schizzinoso Arthur. «Ora, il primo compito della giornata è affiancarmi alla prima riunione delle 11: sai già in cosa consiste, giusto?».
A quella domanda, Merlin rimase a bocca aperta come un pesce lesso. Non aveva minimamente pensato alle conoscenze richieste a un aspirante giornalista e lui, di giornalismo, sapeva poco e niente. Dopo qualche secondo di assoluto silenzio, Arthur sospirò e iniziò a parlare.
«Facciamo l’assurda ipotesi che tu non sappia nulla» e qui squadrò Merlin ancora una volta, «alle 11 c’è una prima riunione in cui io, il direttore, il caporedattore e i capi di tutti i servizi analizziamo il giornale fresco di stampa e lo confrontiamo con la concorrenza. Analizziamo la copertura che abbiamo dato di una notizia. Poi si passa alla fase di strutturazione del prossimo numero, individuando più temi e realizzando il timone, uno schema delle varie pagine che andranno a comporre il settimanale, tutto chiaro fin qui?».
E Merlin disse sì e continuò ad ascoltare il suo Re, chiedendosi se il suo regno adesso fosse il giornalismo. Parlava con sicurezza e passione della vita della redazione e aveva una pazienza che a Merlin ricordò quella che un tempo Arthur aveva con i suoi cavalieri. Avrebbe ripetuto centinaia di volte un movimento che a lui veniva fluidamente spontaneo ma che i suoi cavalieri trovavano meccanicamente difficile.
Era incredibile riscoprire Arthur ancora una volta, in un contesto così diverso. E ancora più incredibile era guardarlo lì, a pochi passi, e non potergli dire quanto gli fosse mancato. Certo, anche se Arthur avesse ricordato, gli avrebbe detto che quei pensieri erano cose da donne, non da uomini cavallereschi (e Merlin gli avrebbe risposto che, no, i sentimenti sono cosa da essere umani, fine). Eppure avrebbe preferito essere ripreso piuttosto che non riconosciuto affatto.
«Quindi ora è il momento della riunione e si terrà nella sala principale» continuò Arthur, inconsapevole della piega che avevano preso i pensieri di Merlin. «Se ti sei perso qualcosa, non è affar mio, chiedi agli altri, credo di aver fatto pure troppo. Ora seguimi».

 

La riunione fu alquanto interessante. Le notizie principali da coprire erano la Brexit e la Megxit: per la prima, l’attenzione era più febbrile, si studiavano le mosse del governo anche quando non c’erano notizie ufficiali, per questo l’accortezza che i giornalisti dovevano avere era massima. Per quanto riguardava la situazione dei duchi del Sussex, Merlin capì che la copertura della notizia stava per essere ridimensionata: Arthur aveva esplicitamente detto che il loro non era un giornaletto come il Daily Mail che dissertava sul nulla spacciandolo per notizia, dunque ci sarebbero stati degli articoli, certo, ma oculati. Quanto a lui, stavolta l’articolo di fondo avrebbe riguardato la situazione di stallo negli accordi per la Brexit.
La riunione finì prima che Merlin potesse memorizzare la metà dei nomi delle persone presenti. Ognuno si diresse alle proprie postazioni e Merlin seguì Arthur fino alla sua. Notò, con una non così piccola sensazione di piacere, che era stata liberata una scrivania vicino ad Arthur per lui: sarebbe finito a fargli da segretario, questo era ovvio, ma per il momento ogni minuto speso con Arthur valeva oro.
Il resto della mattinata corse veloce. Senza farsi notare da Arthur, cercò sul motore di ricerca notizie sul suo conto ma scoprì ben poco: tutte le notizie che si trovavano riguardavano la vita professionale, i successi che aveva avuto nel mondo del giornalismo e i primi, timidissimi passi nel mondo politico in seguito all’annuncio del referendum sull’appartenenza del Regno Unito all’Unione Europea. Merlin scoprì, infatti, che Arthur si era schierato apertamente con il remain e che, pur rimanendo il direttore di una testata giornalistica, aveva fatto dei suoi editoriali un punto di riferimento per quanti erano d’accordo con le sue idee politiche. La cosa non stupì Merlin: c’era sempre stato in Arthur un carisma particolare, quel tipo di carisma che lo aveva reso un grande Re e in cui Merlin aveva sempre riposto grande fiducia.
Riguardo alla vita privata, Merlin non trovò nulla. L’unica notizia che più fonti riportavano era che Arthur fosse nato a Glastonbury, nel Somerset, trent’anni prima. Glastonbury, ovvero quella che molti ritenevano (e che Merlin sapeva essere) l’antica Avalon. Si chiese quale fosse il passato di Arthur, se l’esistenza del cognome Pendragon implicasse anche il ritorno di Uther e Igraine. Erano tornati anche gli altri? D’altronde Gaius era tornato e il drago non gli aveva detto esplicitamente le condizioni in cui si sarebbe svolto il ritorno del suo Re.
Arrivato a un punto morto con le sue indagini improvvisate, Merlin chiuse il motore di ricerca. Si ripromise di chiedere a Gaius più informazioni alla fine della giornata lavorativa, valeva a dire da lì a qualche ora. A quanto gli aveva detto l'ex cerusico, infatti, la sua giornata tipo copriva l’orario che andava dalle 9 del mattino alle 17, diversamente da quanto richiesto per altri ruoli.
Tornò allora a svolgere i compiti assegnatigli da Arthur, cercando di non sfigurare davanti al Re del Passato e del Futuro.

 

Che l’unico ad essere tornato, oltre ad Arthur, fosse Gaius, Merlin non se l’aspettava. Quando aveva visto il suo vecchio mentore, la speranza di rivedere altri volti conosciuti, Gwen, Lancelot, Gwaine e gli altri, si era fatta avanti prepotente ma il medico di corte di una volta era stato assai sicuro: nessuno delle loro vite precedenti aveva avuto il loro stesso onore.
Gaius era nato sul finire del secondo conflitto mondiale. Non aveva recuperato interamente la memoria fino alla maggiore età, quando iniziò a capire che gli strani sogni che faceva di continuo non erano sogni ma ricordi che l’inconscio cercava di recuperare e che le bizzarre casualità che gli capitavano erano piccole dimostrazioni della sua magia assopita.
Aveva atteso con ansia un incontro con Merlin, sperando addirittura di incontrarlo molto prima che fosse anziano come invece era accaduto a Camelot. Eppure mentore e allievo non avevano avuto questa fortuna: il medico non aveva interrotto la sua vita di interrogativi né Merlin aveva avuto il piacere di avere una conferma che la sua attesa millenaria non fosse vana.
Un’unica gioia della vita di Gaius fu ritrovare Arthur quando ormai il Re era un ragazzo. Gaius era stato il suo mentore nel suo primo lavoro in una redazione giornalistica e aveva avuto così modo di conoscere Arthur e sapere qualcosa della sua vita.
Arthur era un orfano, disse Gaius a Merlin. Il suo corpicino, avvolto in una coperta, fu trovato una mattina a Glastonbury, città nella quale era cresciuto, presso l’Abbazia. Era stato cresciuto da un’amorevole famiglia del luogo ma il nome gli era stato dato, quasi per scherzo, ben prima dell’adozione: all’orfanotrofio dove era stato portato avevano ben pensato di dargli il nome del leggendario Re Arthur, visto che era stato trovato in quella che molti credevano essere stata l’antica Avalon.
Gaius e Merlin sorrisero tristemente a quel gioco del destino: al loro Re l’unica cosa della vecchia vista rimasta era il nome, dato per una scherzosa coincidenza. Merlin pensò a quanto dovesse essere stato difficile, per l’Arthur bambino, crescere senza sapere quali fossero le proprie origini.
Gaius disse ancora al mago che Arthur non aveva mai interrotto i suoi legami con la famiglia affidataria ma che era cresciuto comunque con la convinzione di essere stato abbandonato. Merlin si pentì di ciò: aveva vissuto per lungo tempo a Glastonbury ma, col passare dei secoli e il ritorno di Arthur che non sembrava verificarsi mai, restare a così pochi passi dal luogo dove un tempo sorgeva Camelot era diventato un cancro, per Merlin. E se invece fosse rimasto? Avrebbe sentito parlare di Arthur? Avrebbe potuto essergli vicino durante la sua crescita?
«Non rimpiangere di non esserci stato prima per lui, Merlin. Pensa che ora tu sei qui per lui e lui è qui per te» lo confortò Gaius stringendogli la mano.
Finalmente iniziarono a scorrergli sul viso silenziose lacrime: fino ad ora, dalla scoperta del nome di Arthur sul giornale, Merlin stranamente non aveva liberato le proprie emozioni. Si considerò fortunato a farlo davanti a un suo grande amico, il suo mentore di una vita.

 

 

 

 

 

 

Angolo dell’autrice

 

Salve!

Sono stata tentata più volte di cambiare dettagli di questo capitolo. Fa un po’ paura creare la propria idea del continuo di questa serie.

Il mio timore più grande è stato l’incontro tra Merlin e Arthur: temo che Merlin sia OOC, tuttavia il mio intento era di non nascondere con la malinconia dei ricordi l’ironia pungente che ha sempre caratterizzato le risposte di Merlin ad Arthur.

Vi prometto che della vita di Arthur sapremo di più molto presto, la questione non sarà liquidata così, attraverso le parole di Gaius. Per ora, sapremo quanto ha saputo Merlin.

Un’ultima cosa: non ho idea di quale sia la giornata tipo di una redazione, tutto ciò che so l’ho appreso da Internet, quindi chiedo scusa in anticipo per la presenza di errori, in questo capitolo e nei prossimi.

Vi ringrazio per essere arrivati fin qui, ci risentiamo, se volete, nelle recensioni e nel prossimo capitolo.

 

Amaryllis.

  
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