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Autore: C_Totoro    09/02/2020    1 recensioni
Questa storia nasce dalla volontà di approfondire il rapporto tra le sorelle Black. Davvero Bellatrix, Andromeda e Narcissa non si sono più viste dopo che Dromeda ha “tradito” i Black sposandosi con un Nato Babbano? Davvero da quel giorno si sono solo odiate?
“Sapeva bene quanto Dromeda, nonostante tutto, amasse le sue sorelle. Odi et amo, diceva Catullo, ed erano proprio questi i sentimenti contrastanti che, Ted lo sapeva, alloggiavano nell’animo della moglie. Non aveva nessuna importanza che non vedesse Bellatrix da quasi dieci anni, che quest'ultima non avesse mai mostrato nessun interesse per Andromeda o Ninfadora da allora. Certi sentimenti non si possono cancellare neanche volendolo.”
I personaggi potrebbero risultare leggermente OOC, ma immagino dipenda dall'idea che ci si è fatta dei personaggi.
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Andromeda Tonks, Bellatrix Lestrange, Famiglia Black, Famiglia Malfoy, Narcissa Malfoy | Coppie: Bellatrix/Voldemort, Lucius/Narcissa, Ted/Andromeda
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più contesti
Capitoli:
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Il Natale si avvicinava sempre di più e Andromeda non era per nulla preparata. L’ultimo mese e mezzo era stato per lei infernale: suo cugino e sua sorella erano stati accusati di essere Mangiamorte ed erano finiti ad Azkaban. Non solo, tutta la comunità magica aveva iniziato a guardarla con sospetto sebbene ormai il suo cognome non fosse più “Black” da tanti anni. La sua somiglianza con Bellatrix l’aveva perseguitata da sempre ma nelle ultime due settimane era stata una vera e propria condanna. In molti l’avevano aggredita, se non fisicamente, sicuramente a parole. Era stata insultata e, più di una volta scambiata con Bellatrix, era stata vittima di un vero e proprio linciaggio. Aveva quindi deciso di prendersi una pausa dal lavoro – il San Mungo alla fine sarebbe andato avanti anche senza di lei per qualche giorno – ed era rimasta a casa con sua figlia Ninfadora, limitando le uscite al minimo indispensabile. Il rimanere chiusa in casa, tuttavia, non aveva fatto altro che acuire quel senso di melanconia che la perseguitava da settimane. Suo marito Ted era stato comprensivo e indispensabile, roccia insostituibile e punto di riferimento senza il quale non era sicura sarebbe riuscita a superare quel periodo. Una qualche parte di lei, infatti, aveva sperato che questi avvenimenti estremi che avevano colpito la loro famiglia e iniziato a trascinare il nome dei Black nel fango sarebbero stati una scusa per far riavvicinare i suoi genitori, sua sorella e, perché no, anche i suoi zii a lei. Invece continuava a esserci un silenzio assordante da parte loro. Andromeda non si era mai pentita della scelta fatta, non avrebbe mai immaginato la sua vita senza Ted, ma la sua famiglia, pur disfunzionale, psicopatica e babbanofoba, era pur sempre la sua famiglia e tutto lo scompiglio degli ultimi mesi l’aveva destabilizzata, rivedere Bellatrix l’aveva destabilizzata.

Ninfadora, per quanto pasticciona, estroversa ed esuberante, era anche una bambina incredibilmente sensibile e si era accorta fin da subito che c’era qualcosa che non andava. Non era la prima volta che vedeva la madre assumere un’aria malinconica e triste ed era sempre stata confusa sui suoi parenti: perché papà Ted aveva i genitori e mamma Andromeda no? Ogni tanto la sentiva parlare delle sue sorelle, Bella e Cissy, ma allora lei aveva delle zie? Fu suo padre Ted a rispondere a tutte le sue domande qualche giorno prima, quando Andromeda era scoppiata a piangere leggendo l’ennesimo articolo su Sirius.

“Dora, vieni qua per favore” l’aveva chiamata dal divano mentre lei stava giocando ad Auror e Mangiamorte con i peluches.

“Ti ricordi la foto che hai visto nel giornale l’altro giorno?”

Dora annuì e così facendo cambiò per l’ennesima volta il colore dei suoi capelli. Ancora non riusciva a gestire in modo perfetto quel suo dono così raro.

“La foto della signora che assomiglia alla mamma” disse lei.

“Proprio quella. La mamma ora non sta molto bene e non riesce a parlartene di persona ma è arrivato il momento che tu capisca qualcosa di più. Quella signora è una signora molto cattiva” le spiegò Ted pazientemente prendendo in braccio Ninfadora e tirando fuori la prima pagina della Gazzetta del Profeta di qualche giorno prima. “Ma è anche la sorella più grande della mamma”

“Quindi ho una zia cattiva?” chiese Ninfadora avvicinando il viso alla foto e analizzandola per bene. Sì, quella signora assomigliava proprio alla sua mamma ma, guardandola bene, iniziò a scorgerne le differenze. I capelli di sua madre erano più lisci, chiari e luminosi, i suoi tratti erano più distesi… in generale la zia cattiva le sembrava una donna infelice, mentre la sua mamma non lo era… almeno, non fino a qualche giorno prima.

“Be’ sì, diciamo così. Bellatrix si chiama. Ha fatto delle cose orribili e ora è in prigione”

Dora spalancò la bocca.

“Azkaban?!” aveva sentito spesso parlare i suoi genitori di quel luogo in cui c’erano i dissennatori, luogo senza felicità, luogo di
punizione e perdizione.

“Azkaban sì”

“Quindi deve essere proprio super cattivissima”

“Ti abbiamo parlato di Tu-Sai-Chi, ricordi? Ecco, Bellatrix è una sua seguace… una sua amica, diciamo”

Ninfadora studiò ancora per qualche attimo la foto.

“La mamma è triste perché Bellatrix è in prigione?”

Ted scosse il capo. Non era facile spiegare a Ninfadora in modo semplice e senza scendere nei dettagli tutta la faccenda. Aveva solo otto anni ma non potevano più rimandare quel discorso, Andromeda era di umore volubile, le persone avevano ricominciato ad associarla alla famiglia Black e, di conseguenza, volenti o nolenti, la faccenda aveva avuto ripercussione sulla loro felice e tranquilla vita.

“Non proprio” Ted sospirò. La verità è che neanche lui capiva appieno la tristezza di Andromeda e quindi come poteva spiegarla a sua figlia? Lasciò cadere così il discorso, pur sapendo che prima o poi avrebbero dovuto parlare con Dora seriamente, non poteva di certo andare a Hogwarts senza essere consapevole delle sue parentele: i ragazzini l’avrebbero mangiata viva.

Erano quindi lentamente passate le settimane e, con tutti quei pensieri in testa, Andromeda si era completamente dimenticata di comprare un regalo di Natale a Ted. La comunità magica si stava riprendendo dalle ferite, gli articoli su Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato stavano diminuendo e i giorni di riposo, pur acuendo in un certo senso la sua malinconia, stavano facendo il loro effetto su Andromeda: da quando non doveva interfacciarsi con le persone tutti i giorni e vedere le loro espressioni titubanti si stava di nuovo ricaricando. Aveva quindi deciso di azzardare una gita a Diagon Alley con Dora per cercare un regalo per Ted e prendere una boccata d’aria dopo tutti quei giorni chiusa in casa. Ninfadora aveva accolto con estremo entusiasmo la proposta e ora stava saltellando accanto a lei lungo la via che portava al Paiolo Magico. In quell’ultimo periodo si sentiva quasi più a casa e più al sicuro nel Mondo Babbano che non in quello magico: i Babbani non sapevano nulla di Bellatrix Lestrange e quindi non la trattavano con sussiego o diffidenza.

La mattinata di shopping natalizio passò piuttosto velocemente e Andromeda si rese presto conto che era esattamente ciò che le serviva: del tempo con sua figlia, senza pensare a niente. Le strade erano semi deserte, la maggior parte delle persone a lavorare. Fu proprio verso l’ora di pranzo, quando Dora si era piantata davanti alla gelateria di Florian Fortebraccio, che Andromeda fece un incontro del tutto inaspettato. Aveva ceduto alle suppliche della figlia e le aveva comprato un cono pistacchio e cioccolato, Dora era così felice di starsi gustando l’agognato gelato che stava saltellando agitando il cono avanti e indietro.

“Dora, fai attenzione!”

“Grazie mamma, grazie, grazie, grazie!”

Fece una piroetta su se stessa, perse l’equilibrio e andò a sbattere contro una signora che stava passando proprio in quel momento.

“Ops!” esclamò portandosi le mani alla bocca e sporcandosi il naso con il gelato.

“Scusi, mi dispiace tantissimo signora…” iniziò a scusarsi Andromeda, afferrando per un bracco Dora ma, come la signora si voltò verso di lei irritata le parole le morirono in bocca.

“Cissy!” sussurrò Andromeda, basita. Non riusciva a crederci. In tutti quegli anni non le era mai capitato di incontrare Narcissa per caso in giro per le strade ma quella di fronte a lei era, inequivocabilmente, la sua sorellina minore. L’ultima volta che l’aveva vista era ancora una studentessa all’ultimo anno di Hogwarts e ora invece eccola lì, con in braccio il suo bambino di quasi due anni, una donna.
Era bionda quanto lei era scura, incredibilmente simile alla madre, una vera e propria Rosier. Andromeda era sempre stata un po’ invidiosa di Cissy che aveva solo ed esclusivamente preso le caratteristiche migliori sia dei Rosier che dei Black. Se Andromeda e Bellatrix avevano preso le palpebre pesanti dei Rosier, Narcissa aveva invece preso il taglio definito dei Black. L’unica figlia bionda, l’unica a non avere il nome associato agli astri in cielo.

“Andromeda?” domandò titubante Narcissa mentre la sua espressione si trasformava da estremamente irritata a esterrefatta. Sentì il suo cuore battere più forte, colta di sorpresa, non sapeva come reagire. Andromeda era stata bandita dalla famiglia e non le parlava da un decennio, ma vederla lì, di fronte a lei, era qualcosa d’inaspettato e sconvolgente, avrebbe dovuto ignorarla e tirare dritto, anzi, non gliene sarebbe proprio dovuto importare nulla di Andromeda, non avrebbe neanche dovuto ricordarsi quel nome, figurarsi pronunciarlo!

“Scusami mi dispiace per l’abito” si riscosse per prima Andromeda “Dora è una vera pasticciona” spiegò con una mezza risata scoccando uno sguardo di rimprovero alla figlia. “Gratta e netta!” disse, sfilando la bacchetta dal mantello e puntandolo sull’abito della sorella che tornò lindo e pulito come prima. Spostò di nuovo la sua attenzione sulla sorella più piccola che continuava a guardarla impassibile. Andromeda esitò ancora qualche secondo, guardò il bel bambino biondo che sua sorella teneva in braccio e che, se le cose fossero andate in modo diverso, avrebbe potuto veder crescere in quanto zia. Fece un rigido cenno di assenso con la testa poi, rassegnata, la salutò.

“Be’, ci si vede allora, Cissy”

Andromeda prese Ninfadora per mano ancora non del tutto conscia dell’incontro che aveva appena avuto e iniziò a risalire il viottolo per rientrare a casa.

“Andromeda, aspetta!” la chiamò Narcissa, trattenendola per un lembo del mantello. Aveva agito d’istinto, senza neanche sapere bene perché la stesse fermando, senza sapere per quale motivo volesse parlarle. Vide Andromeda girarsi, anch’ella sorpresa dall’atteggiamento della sorella minore.

“Perché non mangiamo un boccone insieme?” le chiese di getto “Potremmo andare in quella taverna di Nocturn Alley in cui andavamo da ragazze” le propose con un mezzo sorriso, indicando, con un gesto del capo, il viottolo stretto e scuro dedicato alle Arti Oscure.
Andromeda esitò per qualche istante. Una parte di lei avrebbe voluto seguire Narcissa senza pensarci due volte, era curiosa di parlare con lei e capire che tipo di donna fosse diventata; amava davvero Lucius? Com’era stato per lei diventare mamma? Come stavano i loro genitori? Dall’altro canto, però, avrebbe voluto evitare di portare Dora a Nocturn Alley… tuttavia capiva perfettamente il motivo per cui Narcissa avesse proposto quel posto: in quella taverna nessuno avrebbe fatto domande e il loro incontro, con ogni probabilità, sarebbe rimasto segreto.

Andromeda annuì quindi lentamente e, insieme a Narcissa, s’inoltrò nel vicoletto malfamato. La taverna in cui andavano da ragazze non era così molto addentro Nocturn Alley e non era neanche così mal frequentato, era solo la zona a non essere delle migliori.
Andromeda si tenne vicina Ninfadora, che era rimasta leggermente spaesata dal repentino cambiamento del corso degli eventi, fino a che non giunsero alla Taverna di Merlino.

Le due sorelle si accomodarono in un tavolo appartato, ordinarono velocemente e poi presero a guardarsi di sottecchi, imbarazzate. Andromeda continuava a osservare il piccolo Draco. Aveva letto ovviamente della nascita del rampollo dei Malfoy ma era la prima volta che vedeva il bambino. Assomigliava incredibilmente a Lucius ma aveva anche qualcosa di Narcissa. Sembrava un bambino vivace e sveglio, guardava con i suoi immensi occhi grigi i capelli di Ninfadora cambiare colore e, quando la bambina si rese conto di avere l’attenzione del cuginetto, iniziò a trasformare anche il naso, facendo ridere il piccolo Draco.

Narcissa osservava, all’apparenza distaccata, i due bambini interagire e si domandava per quale motivo si fosse infilata in quella situazione. I sospetti su Lucius, l’arresto di Bellatrix, Rodolphus e Rabastan… non era mai stata così stressata. La paura di vedere Lucius sotto processo e condannato all’ergastolo ad Azkaban l’aveva paralizzata per settimane, neanche il piccolo Draco le aveva dato la forza e, anzi, il solo pensiero di doverlo crescere da sola la faceva sprofondare nello sconforto più profondo. I suoi genitori non si erano poi dimostrati di particolare aiuto e anzi, dopo essersi allontanati da Andromeda, dopo essersi allontanati da Bellatrix avevano escluso anche lei. Non si erano mai schierati apertamente col Signore Oscuro proprio perché erano persone caute che mai avrebbero preso una posizione netta e decisa se avesse significato assumersi dei rischi. E quindi, non appena anche Lucius era stato associato ai Mangiamorte, eccoli smettere di rispondere alle sue lettere, eccoli non presentarsi più al pranzo della domenica… spariti, come se lei non fosse esistita. Aveva provato a rivolgersi a Bellatrix ma, quando era andata a trovarla a Villa Lestrange qualche giorno dopo la caduta del Signore Oscuro, aveva trovato una folle. Bellatrix sembrava non capire neanche cose le stesse chiedendo, continuava a ripetere che doveva trovare il Signore Oscuro, che non poteva essere caduto, a tratti sembrava essere lì con lei, poi continuava a vaneggiare. Narcissa l’aveva quindi lasciata alla sua follia e, quando qualche settimana dopo, ormai tranquilla perché Lucius era riuscito a farsi scagionare, era stata contattata dagli Auror per l’arresto della sorella maggiore aveva quasi avuto un mancamento. E ora eccola lì, seduta alla Taverna di Merlino, nella quale non metteva piede da un decennio, con una persona con cui non aveva a che fare da altrettanto tempo.

Narcissa aveva odiato Andromeda a lungo. Si ricordava molto bene quel pomeriggio di fine agosto in cui aveva proposto una gita a Diagon Alley prima che lei, Narcissa, dovesse ritornare a Hogwarts per il suo ultimo anno. Bellatrix, Narcissa e Andromeda avevano passato una splendida giornata a ridere, scherzare poi, Andromeda aveva proposto di fermarsi a cena lì. Narcissa si ricordava benissimo com’era andata quella serata: era l’ultima volta che aveva cenato con sua sorella Andromeda. Si erano sedute tutt’e tre ridendo poi, a poco a poco, aveva notato come Dromeda avesse iniziato a incupirsi fino a rimanere completamente in silenzio.

“Che succede Dromeda?” le aveva chiesto Bellatrix sorseggiando la sua acquaviola “A un tratto sei così silenziosa!”

Andromeda fece un sorriso triste e Narcissa ricordava perfettamente come il suo cuore avesse preso a pompare più velocemente, il suo sesto senso le diceva che sarebbe arrivata una notizia terribile che le avrebbe completamente cambiato la vita.

“Vi devo dire una cosa” fece un sospiro “Che non credo vi farà piacere” proseguì, abbassando lo sguardo sul suo succo di zucca.

Gli occhi di Bellatrix si assottigliarono, si mise più composta raddrizzando la schiena.

“Parla” la spronò con voce dura e senza alcuna gentilezza.

“Mi sposo” disse Andromeda decisa, senza alcuna esitazione.

Narcissa batté le mani entusiasta, fece una risatina e abbracciò di getto Andromeda. Che sciocca era stata! Le aveva fatto salire tutta quell’ansia per poi darle questa bella notizia!

“Dromeda ma perché allora sei così melodrammatica! Questa è una cosa meravigliosa, ma chi è lo sposo? Rabastan? O forse Avery?”

Bellatrix invece era rimasta in silenzio e guardava Andromeda corrucciata. Non aveva mai sentito parlare la sorella di nessuno e ora, tutt’a un tratto, aveva deciso di fare felici i loro genitori e sposarsi? Di rinunciare al suo sogno di diventare una guaritrice al San Mungo, quando era ormai un anno che pregava i suoi genitori di lasciarle seguire il suo sogno? No, c’era qualcosa che non andava.

“Aspetta a esultare Cissy” la redarguì infatti Bella “Mi sa che non ci ha ancora detto tutto. Chi sarebbe il fortunato?”

Andromeda esitò, poi però alzò la testa, fiera. Non si vergognava della sua scelta, aveva solo paura di perdere le sue sorelle, le sue due migliori amiche.

“Ted Tonks” rispose, guardando Bellatrix negli occhi, poi, per togliere proprio ogni dubbio aggiunse “Un Nato Babbano, Tassorosso”

Narcissa strabuzzò gli occhi, incredula. Doveva aver capito male, non poteva essere vero. Queste erano cose che accadevano nelle altre famiglie, non nella famiglia Black, non a loro, non Andromeda!

“Un Sanguesporco, vorrai dire” ruggì Bellatrix, sbattendo una mano sul tavolo. “Non osare, Dromeda, non osare sporcare il nome della famiglia!”

Andromeda si lascò andare in una risata amara “Non sono di certo io a star sporcando il nome della famiglia, Bella, questa semmai sei tu…” abbassò leggermente la voce “Tu che ti sei associata a quel criminale pazzoide e poi, fai la predica a me quando tu stessa ti sbrodoli innamorata di un Mezzosangue? Finiscila di fare l’ipocrita!”

Bellatrix fece per sfoderare la bacchetta ma venne fermata da Narcissa.

“Tu non sei degna neanche di pensare al Signore Oscuro! Non ti permettere di dire… non osare…”

“Ipocrita, sei solo un’ipocrita!” rincarò Dromeda tenendo stretta anche lei la sua bacchetta, pronta, se fosse necessario, a difendersi.

Sapeva che non sarebbe stato facile, lo sapeva. Ma un conto era saperlo dentro di sé, un altro vedere sua sorella Bella fuori di sé e completamente arrabbiata con lei. Aveva uno sguardo di disgusto che raramente le aveva visto in faccia.

Cissy guardava le sue due sorelle maggiori litigare con gli occhi umidi, spostando lo sguardo prima sull’una e poi sull’altra.

“Andromeda” disse piano.

Andromeda si volse verso di lei e Cissy vide il suo viso distendersi mentre la guardava, forse speranzosa che avrebbe trovato in lei un’alleata.

“Quindi scegli lui, un ragazzo, un Sanguesporco, invece che noi? Le tue sorelle? La tua famiglia?”

Andromeda si allungò sul tavolo, afferrando la mano di Narcissa e scuotendo leggermente il capo.

“Io non sto scegliendo lui e non sto abbandonando voi! Scelgo me stessa e ciò che credo possa rendermi felice. Al di là di Ted, c’è anche il fatto che io nella mia vita voglio lavorare ed essere indipendente mentre i nostri genitori non vogliono permettermelo!”

Narcissa tolse di scatto la mano dalla stretta della sorella.

“E hai il coraggio di dire che non ci stai abbandonando?”

“Ma chi l’ha detto che non dobbiamo più vederci? Il nostro affetto va al di là di queste cose, io lo so e lo sapete anche voi… vero?” chiese speranzosa Andromeda. Bellatrix fece uno strano verso.

“Non capisco neanche cosa stai dicendo. Hai scelto di sposare un Sanguesporco, per me la faccenda finisce qua” disse Bellatrix alzandosi in piedi “Mi fai schifo Andromeda, sei una degenerata e che Morgana ti maledica! Dovessi vedere te o quello schifoso Sanguesporco… non so se ne uscirete vivi”

Andromeda abbassò lo sguardo “Non sto scegliendo lui al posto vostro, Cissy, è importante per me che tu capisca questo. Non preferisco lui a voi, fosse per me potremmo continuare a vederci…”

“Ma sai che non è possibile! Sai che, anche se tu vuoi, questa è, di fatto, una scelta” abbaiò Bellatrix, poi afferrò Narcissa con forza e la fece alzare in piedi “Vieni Narcissa. Ha rovinato tutto, tutto!”

Sì, Narcissa si ricordava molto bene quel tremendo pomeriggio. Lei era ancora così giovane e ingenua, neanche sapeva quantificare quanto grave fosse stato quel gesto di Andromeda. Iniziò a capirlo quando i suoi genitori la cancellarono dall’albero genealogico, quando non vide più le sue cose per casa, quando si smise di pronunciarne il nome. Iniziò a capirlo quando avrebbe avuto bisogno di lei e lei non c’era perché aveva scelto quel Sanguesporco. L’aveva lasciata sola a fronteggiare una famiglia difficile, da sola a cercare di recuperare Bellatrix… E ora eccola lì, seduta con “Andromeda la rinnegata” proprio nello stesso posto in cui anni prima c’era stato il loro ultimo incontro.

“Come mai sei andata a trovare Bellatrix?” le chiese piano continuando a osservare i loro due bambini, i due cugini che si incontravano per la prima volta.

“Ero seria quando vi avevo detto che non si trattava di scegliere. Che non sceglievo tra Ted e voi” rispose Andromeda “Narcissa” aggiunse toccando piano il braccio della sorella che trasalì sgranando gli occhi. Era stata anni senza il tocco della sorella, senza la sua voce. Ma fu proprio quel gesto a convincerla a guardare Andromeda, a vederla davvero: era una donna felice e realizzata – aveva sentito che era diventata primaria al San Mungo -, era una moglie innamorata e una madre fiera della propria figlia. La vedeva tranquilla nella sua scelta, decisa. Non vedeva nessun rimpianto, nessun dolore nell’avere abbandonato la sua sorellina… non le aveva neanche mai mandato una lettera in tutti quegli anni. L’invito al matrimonio? Non pervenuto. E aveva il coraggio di dire che non aveva scelto!

“Sono andata da Bellatrix perché è mia sorella e le voglio bene, nonostante tutto, nonostante quello che ha fatto”

Narcissa scoppiò a ridere, una risata fredda e senza felicità.

“Tu non hai idea di chi sia diventata nostra sorella” le disse “davvero, non ne hai proprio idea. Quando… quando il Signore Oscuro è caduto lei…”

“Lei è impazzita” completò Andromeda “Sì, l’ho notato quando sono andata a parlarle. Ha fatto cose orribili, ha detto cose orribili. Ma è mia sorella e non potevo lasciarla andare ad Azkaban così… ancora adesso non riesco a pensare che non la rivedrò mai più”

“Sei davvero peculiare, signora Tonks. Ti sposi un Sanguesporco, sparisci per un decennio e ora fai la santarellina, quella che ‘non avrebbe mai voluto’… è troppo facile così. Sparisci per anni, ci lasci, molli me e Bellatrix e poi ricompari ora e fai quella a cui è sempre importato?”

Narcissa era molto offesa, ferita. Più di quanto si aspettasse. Aveva sedici anni l’ultima volta che l’aveva vista e quella giornata era partita come una giornata di festa, di divertimento e invece? Invece Andromeda l’aveva tradita! Aveva preso quella giornata e l’aveva buttata via, aveva deciso che preferiva un Nato Babbano a loro, a lei, la sorellina più piccola, la sorellina che aveva giurato di proteggere e che avrebbe sempre amato… e faceva anche finta che non fosse colpa sua se non si vedevano da dieci anni! No, mica era colpa di San Andromeda. Era colpa sua – di Narcissa – di Bellatrix, dei loro genitori…

“Ma è così, Narcissa, devi credermi. Per me possiamo riprendere a vederci anche da subito! Vieni a pranzo da noi, porta anche Lucius… sei felice con lui?”

Narcissa si alzò in piedi. Che sciocca era stata a invitare Andromeda a pranzo insieme. Ma cosa si aspettava? Che si mettesse a piangere e la pregasse di perdonarla? Che ammettesse l’errore e le dicesse che aveva sbagliato a scegliere Ted Tonks? Sì. Era esattamente ciò che si sarebbe aspettata. E invece eccola lì, sfacciata come dieci anni fa a difendere il suo presunto “amore” e aveva anche il coraggio di invitare lei e Lucius a casa sua… ma chi si credeva di essere?

Prese Draco in braccio che iniziò a frignare perché non voleva lasciare Dora.

“Cissy…” la chiamò piano Andromeda, la voce rotta.

“No Andromeda” la bloccò Narcissa “Aveva ragione Bellatrix. Ti odio e che Morgana ti maledica!” si voltò e corse fuori, senza aspettare nessuna risposta. Ancora ferita da quella sorella che aveva tanto amato e sulla quale aveva fatto sempre riferimento da bambina. Ma ora non aveva tempo per pensare alla sua infanzia, non aveva tempo per investire sentimenti in lei. Lucius e Draco avevano la precedenza. Loro due e la loro nuova vita nella luce, dalla parte giusta, lontano dalle tenebre.

“Mamma” disse Ninfadora, tirando per la manica Andromeda “Ma chi era la signora? La zia Narcissa?”

Andromeda scosse leggermente il capo.

“Era mia sorella, ma cammina nelle tenebre e non sa dove va”.

Chi dice di essere nella luce e odia suo fratello è ancora nelle tenebre. Chi ama suo fratello dimora nella luce e non v’è in lui occasione di inciampo. Ma chi odia suo fratello è nelle tenebre, cammina nelle tenebre e non sa dove va, perché le tenebre hanno accecato i suoi occhi. (1Gv, 2, 9)

***
Eccoci al secondo capitolo! Pensavo sarebbero stati capitoli più scollegati tra loro ma invece, per quanto leggibili assolutamente singolarmente, credo si capisca di più se letti tutti. A parte ciò, niente. In questo capitolo ho cercato di presentare un po' il rapporto tra Andromeda e Narcissa, un incontro fortuito a Diagon Alley che però non porta i frutti sperati... Narcissa è ancora nelle tenebre. 
Ho anche provato a spiegare come secondo me sia andata la "confessione" di Andromeda. 
Grazie per le numerose letture, spero che la storia vi stia piacendo. Grazie a Dani che mi fa sempre sapere cosa ne pensa in pvt e grazie a Ecate per aver lasciato una recensione!
Alla prossima, 

Clo
  
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