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Autore: moira78    10/02/2020    9 recensioni
Questa storia è il sequel di "Dove volano i miei desideri".
Le coppie sono formate ormai, gli anni passano e le cose cambiano per tutti, nel bene e nel male. La nuova generazione di artisti marziali di Nerima si è appena affacciata al mondo e già dovrà affrontare nuove sfide.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Le ombre del destino.'
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RINGRAZIAMENTI

Cercherò di essere breve, so che i ringraziamenti sono la parte meno letta ma sento di doverli fare di tutto cuore, perché senza determinate persone questa storia non avrebbe mai visto la luce. O sarebbe rimasta incompleta a vita. O avrebbe avuto degli errori. Parlo innanzitutto di Tiger Eyes che non solo è una beta eccezionale, spietata (in senso buon eh!) e puntuale, ma vera e propria fonte d'ispirazione per me: da lei ho imparato molto più di quanto lei stessa si attribuisca e sarà sempre la mia sensei. Parlo di tutti coloro che mi hanno seguita e hanno impiegato anche tempo a commentarmi: la dolcissima Laila e l'onnipresente Fenris, e anche il meno presente ma non meno gradito Mimmuzzu. Chi con paragrafi interi e chi con poche parole, mi hanno dato la spinta a terminare questo lavoro per cui mi sembrava di aver perso interesse. Ringrazio quelli che hanno lasciato commenti solo ad alcuni capitoli, sottolineando comunque aspetti interessanti. Ringrazio anche tutti quei lettori silenti che mi hanno seguita senza commentare e anche coloro i quali, fuori dai denti, mi hanno confessato di non amare i sequel: avete tutta la mia comprensione, leggere 3 storie per capirci qualcosa della trama è un impegno vero e proprio. Non ci sarà un sequel, non più. Se, e sottolineo SE (come diceva Mina) ci sarà mai una storia correlata avrò cura di lasciarla sganciata da questo polpettone lunghissimo che è la trilogia "Le ombre del destino", in modo da renderla alla portata di tutti. Non sono stata affatto breve, lo sapevo... sorry. Buona lettura di finale!



CAP. 25: I FIGLI DEL DOMANI


11 ANNI DOPO

Ukyo si stiracchiò beatamente, lanciando un'occhiata alla sveglia. Aveva ancora un po' di tempo per guardare suo marito addormentato e fare nuovamente la stima della sua vita, come ogni mattina. Si passò una mano tremante sul ventre e inspirò per calmare il battito accelerato del suo cuore.

Va tutto bene.

Cercò di concentrarsi sull'ironia degli eventi che, ad ogni compleanno di un bambino, li portavano inevitabilmente a riunirsi, mentre durante il resto dell'anno si vedevano a malapena.

Eppure c'era stato un periodo delle loro vite in cui si vedevano praticamente ogni giorno, combattendo, lottando per Ranma, sfidandosi. Era stato un periodo spensierato, felice anche se sconclusionato e ora sembrava lontanissimo nel tempo.

Siamo cresciuti. Tutti.

Ora, 15 anni dopo, a praticare le arti marziali in modo continuativo erano rimasti solo Ryoga, Ranma e Kuno. Le donne erano diventate mamme ed erano rimaste a occuparsi di altre faccende persino più impegnative che dare lezioni o allenarsi.

Shampoo si occupava a pieno regime del suo ristorante, ma l'aveva vista spesso dare qualche lezione a Misaki, che aveva i geni dell'amazzone e voleva apprendere tutte le tecniche della madre. Il fratellastro, Wei Qi, invece, pareva più attratto dalla medicina alternativa e Ukyo aveva pensato spesso che dipendesse dalle sue origini tormentate.

Anche Akane si allenava spesso con Asuka, ma con l'arrivo delle altre figlie si era fermata per un lungo periodo di tempo. Ultimamente, le aveva raccontato che Ranma stesso si era incaricato di insegnare delle tecniche alla ragazzina e persino le piccole Ayaka e Kana, che avevano appena 8 e 5 anni, seguivano con molto interesse.

E lei, Ukyo Kuonji Hibiki? Se tutto fosse andato bene anche lei avrebbe allenato un figlio o una figlia, oppure gli avrebbe insegnato i segreti della cucina giapponese e di quella italiana. A occhio e croce, avrebbe avuto 5 anni.

Ma non era andata così.

Qualcosa era andato brutalmente storto qualche anno prima e la sua gravidanza tanto desiderata si era interrotta dopo poco più di 4 mesi, 125 giorni per l'esattezza. Ricordava ancora il dolore: mentale, fisico, psicologico. Si sentiva spezzata in due e non avrebbe mai capito il motivo.

La sua dottoressa aveva parlato di "casi più frequenti di quanto immaginasse", anche sotto i 30 anni, ma a lei sembrava orribile. Che fossero frequenti o no, la natura non avrebbe dovuto permetterli perché il dolore di una madre rimane sempre lo stesso, ogni singola volta.

Non aveva voluto sentir parlare di bambini per molto tempo e, quando finalmente si era sbloccata, le era parso di averlo fatto più che altro per Ryoga. Ryoga, che le aveva chiesto di sposarla dopo anni di convivenza quando aveva saputo che era incinta. Ryoga, che le aveva gridato di non dire sciocchezze, quando lei aveva sostenuto che rimanere sposati non aveva più senso, perché ormai non sarebbe più stata madre. Ci si sposa per amore, non solo per i figli, e ne avremo altri, vero? Quelle parole avevano riecheggiato nella sua testa, ricordandole quanto si amassero e quanto avessero lottato per essere felici.

Ma ora?

"A che pensi?". La voce di Ryoga la fece trasalire e si sentì all'improvviso come se le stesse guardando dentro. La fissava, invece, con un sorriso dolce che la fece sentire quasi in colpa: come aveva potuto pensare, anche solo una volta, che l'avesse sposata solo per avere figli?

"A nulla", rispose scuotendo la testa e restituendogli il sorriso.

Lui le toccò il naso con l'indice, in un malizioso rimprovero: "Bugiarda, stai di nuovo facendo cattivi pensieri, non è vero?".

Ukyo sospirò: le leggeva davvero dentro. D'altronde, amarsi significava anche quello.

"Tesoro, sta andando tutto bene stavolta, non hai motivo di avere paura. Tra l'altro non ti fa bene".

Facile a dirsi.

"Lo so, so che non è come l'altra volta, però... cerca di capirmi, può comunque succedere di nuovo, no?".

Ryoga si accigliò e la guardò ancora più intensamente: "Ascoltami bene, Ucchan. Non accadrà. E se accadesse io sarò qui, a piangere e a risollevarmi con te. Qualunque cosa accada, brutta o bella nelle nostre vite, noi l'affronteremo insieme. Lo abbiamo promesso quando ci siamo sposati".

Lei annuì, e la speranza tornò a invaderla come una luce benefica dopo una notte buia. D'altronde, ne aveva passate molte: il primo terremoto le aveva portato l'amore. Il secondo glielo aveva fatto quasi perdere e poi ritrovare ancora. Ciò che era accaduto dentro di lei 5 anni prima non era stato altro che un terzo sisma, più forte degli altri.

Lo abbracciò di slancio, ricacciando indietro le lacrime: "Voglio dirlo a tutti", mormorò.

Lui la allontanò per guardarla: "Davvero? Lo farai?".

"Sì, stavolta non aspetterò che le cose vadano male. Anche perché non andranno male. Parlerò con Shampoo, che ha avuto una sorte ben peggiore della mia. Mi metterò a chiacchierare con Akane e civetterò con Kasumi che ha avuto 3 figli e mi saprà dare tutti i consigli. Mi comporterò da futura mamma".

Ryoga l'abbracciò con calore, carezzandole la schiena e baciandola. E, per la prima volta in tanti anni, pensò davvero che sarebbe andato tutto bene.

***

"Ricordami ancora una volta perché ci troviamo in questa situazione!", blaterò Misaki stritolandogli il torace mentre lui pedalava più veloce della luce.

"Perché mia madre ha dimenticato il regalo per Asuka e tu, come baby sitter saltuaria di mia sorella, sai dove si trovano i suoi vestitini di ricambio", ansimò pensando che gli sarebbe esploso il cuore. O un polmone. O entrambi.

"Perché i bambini fanno disastri quando si rischia di fare tardi?", si lamentò lei facendogli alzare gli occhi al cielo.

"Perché Eri non è una bambina, ma un disastro su due piedi!", ridacchiò Daiki ripensando alla sorellina treenne che si rotolava nel fango con il suo abitino rosa.

Misaki, misericordiosamente, tacque per qualche minuto. Poi gli sibilò in un orecchio: "Qualcuno ci sta seguendo".

"Lo so. Sta usando l'Umisen-ken di zio Ranma ma non troppo bene, per mascherare la sua presenza". Frenò di colpo, giacché erano arrivati e Misaki venne proiettata in avanti. Daiki sorrise ammirato quando la vide atterrare senza problemi dopo un salto mortale in aria. La gonna le si sollevò e lui rise di gusto alla sua espressione furiosa.

"Screanzato, pervertito!", gridò arrossendo.

"Beh, almeno ho offerto uno spettacolo degno di nota a mio fratello", ribatté guardando un punto in cima al muretto. "Puoi uscire fuori, ora, Akio".

"No, grazie, non mi piace vedervi flirtare", sbottò rivelandosi e saltando giù agilmente.

"Non mi riferivo a quello spettacolo. Anche perché non stiamo affatto flirtando, vero Misaki?". Lei però si stava sistemando il vestito e si era già avviata verso la porta d'ingresso.

"Vedi di recuperare il regalo, io cerco i vestitini di Eri".

Quando fu sparita dietro la porta, udì Akio avvicinarsi ma non ebbe il coraggio di guardarlo negli occhi. Poteva avvertire la sua sofferenza vibrare nell'aria come una scarica elettrica: "Se continui a rifiutarla le farai solo del male".

"Io non la amo, e tu lo sai".

"Ma lei ti adora e io non sopporto di vederla soffrire per te", insisté Akio.

"Kami del Cielo, fratello, tutti adorano lei invece. È la ragazza più carina di Nerima, persino Wei Qui che è il suo fratellastro arrossisce quando le passa davanti. Ma amare è un'altra cosa e tu lo sai bene".

Il ragazzo si tolse gli occhiali per pulirli, in un gesto che gli ricordava sempre suo padre. Non era giusto che le cose andassero così, non lo era per nulla. Sua madre aveva raccontato loro di come, tanti anni prima, la loro zia Akane fosse stata un po' come Misaki: non era tanto la sua bellezza, più delicata di quella quasi provocante della ragazza, ma il suo carisma a renderla tanto desiderabile. Tanto che, finché non si era fidanzata con lo zio Ranma, ogni mattina orde di ragazzini la sfidavano per poter uscire con lei. Avevano riso di gusto ai racconti dei genitori e degli zii sulle storie di come i fratelli Kuno e Shampoo si contendessero l'amore di Akane e Ranma e di come persino Ryoga avesse un'ammirazione sfrenata nei confronti di sua zia.

La loro mamma aveva avuto un solo corteggiatore, ma anche la sua storia con il loro papà era stata a suo modo tormentata, seppur con meno colpi di scena. Certo, ricordava ancora con terrore la brutta faccenda del rapimento di quando erano piccoli, ma già da allora era ben chiaro quanto i caratteri suo e di Akio fossero diversi.

Praticamente identici fisicamente, amavano le arti marziali in modo differente. Lui cercava di apprendere le tecniche più distruttive di zio Ranma e di Ryoga, suo fratello preferiva le tecniche di meditazione del loro papà e, sporadicamente, quelle meno aggressive dello zio.

"Potresti innamorarti di lei, un giorno", riprese Akio guardando a terra e giocando con un sasso.

"Insomma, smettila di essere così arrendevole! Va bene, Misaki ha un debole per me invece che per te, che l'ami come un disperato, ma se fosse lei un giorno a innamorarsi di te? Perché non puoi lottare per lei?!".

"Perché siamo come il giorno e la notte! Lei somiglia molto di più a te!", sbottò Akio alzando la voce.

"Ma potrebbe essere un vantaggio, vi completereste a vicenda!", buttò lì, sapendo che entrambi potevano avere ragione.

"Al cuor non si comanda", concluse lui tristemente.

Daiki non ci vide più, si lanciò verso il fratello e lo prese per le spalle: "Insomma, reagisci! Non puoi comportarti così, o rischi di perderla prima ancora di averla conquistata. Ti ricordi cosa ci ha raccontato papà? Per la sua indecisione e timidezza stava per perdere la mamma!".

Akio teneva lo sguardo basso. "Io non...".

"Ah-ehm, scusate?". La voce di Misaki li interruppe e vide il fratello arrossire violentemente. "Daiki, il regalo?".

"Ci vado io", si offrì Akio marciando, sempre a testa bassa, dentro casa e facendo sfumare così la possibilità di rimanere qualche minuto solo con lei.

Daiki scosse la testa, contrariato. Ormai suo fratello si era arreso ma non avrebbe lasciato le cose così. Un giorno avrebbe parlato chiaro con Misaki, anche se questo avrebbe significato spegnere la luce che le si accendeva negli occhi ogni volta che lo guardava. Avrebbe dato non sapeva cosa perché quella luce fosse rivolta al suo fratellino.

***

Akane appese il festone e si allontanò di qualche passo per controllare l'opera. Chiuse gli occhi e ricordò il momento in cui, circa 15 anni prima, Ranma le aveva chiesto di sposarla in cima a una scala mentre preparavano la festa di compleanno dei suoi nipotini.

Si voltò a guardare il dojo deserto e per un attimo le sembrò di essere tornata indietro nel tempo, quando loro erano solo due fidanzati incoscienti e inconsapevoli dell'amore. Ora avevano tre figlie splendide, come aveva predetto un giorno Ranma stesso e suo padre, Genma e il vecchio Happosai facevano a gara per fare i nonni e i maestri di vita, a seconda delle occasioni.

Improvvisamente, i tre entrarono chiacchierando tra loro dei dolcetti e di chi dovesse mangiarli per primi e lei rivide la scena di una serata di Natale di quando aveva 16 anni. Come in un incredibile dejà-vu, osservò l'entrata di Ryoga e Ukyo, mano nella mano e le parve di avere una visione di loro, molto più giovani, che si contendevano Ranma, uno per combattere e l'altra per sedurlo.

Entrò Nabiki e la vide giovane e sfacciata mostrare a Kuno le foto della ragazza col codino chiedendo soldi in cambio. Poi sbatté le palpebre e sua sorella indicava al figlio Haru qualcosa alle spalle di Kuno, scoppiando a ridere.

Fu la volta di Kasumi, materna come sempre a fianco dei suoi ragazzi che avevano quasi la stessa età di lei e Ranma quando si erano conosciuti e con la piccola Eri che le trotterellava intorno, nel suo abitino appena cambiato. Rivide Kasumi con il grembiule e un vassoio di tè mentre tutti erano riuniti a tavola, un giorno in cui Ranma l'aveva fatta infuriare e ogni singolo componente della famiglia si concentrava sul loro litigio. Lei, la maggiore, a cui nessuno chiedeva mai nulla se non il pranzo o la cena. Kasumi, la donnina di casa su cui nessuno poneva mai veramente l'attenzione ma che aveva sempre una buona parola per tutti.

Ed ecco Shampoo, coi capelli corti ma la faccia ancora sbarazzina, seguita da quella figlia così bella che accecava come la luce del sole, un marito che aveva cominciato ad amare solo dopo anni di disprezzo e un secondo figlio adottato che sembrava volersi trovare ovunque tranne lì, in mezzo a tutta quella gente. Le pareva ancora di scorgere il piglio deciso e arrogante della piccola amazzone viziata che si strusciava su Ranma come una gatta, anche quando non era trasformata, correndogli dietro per tutta Nerima con la sua bici per le consegne. Eppure i suoi lineamenti erano più distesi, più sereni. Si vedeva lontano un miglio che era felice, nonostante tutto ciò che le era accaduto.

Trattenne un ansito quando si fece avanti una Kodachi che aveva poco a che vedere con la giovane ginnasta in body che cercava di avvelenare tutti. Ora era una donna perfettamente truccata, con i capelli raccolti e l'espressione severa di chi non ha mai trovato l'amore. Provò quasi pena per lei, quando scoccò un'occhiata altezzosa a suo marito, che era appena entrato con Asuka, Ayaka e Kana.

"Alla fine è riuscita a legarti definitivamente a sé con la prole, a quanto vedo", disse acidamente guadagnandosi le occhiate indignate di Ranma e di suo fratello Kuno.

"Chi è questa?!", sbottò Asuka e Akane adorò sua figlia per l'espressione oltraggiata di Kodachi.

Si avvicinò a grandi passi e Ranma le mise una mano attorno alle spalle, tirando a sé anche le loro figlie: "Si chiama Kodachi ed è vostra zia. Questa, Kodachi, è la mia famiglia e Akane è mia moglie. Il nostro legame lo abbiamo deciso noi, senza che nessuno ci obbligasse".

Su quella frase, mentre Kodachi come ogni rara volta in cui tornava dai suoi viaggi cominciava a decantare i suoi grandi risultati come stella della ginnastica in giro per il mondo, lei e Ranma si scoccarono un'occhiata. Quasi simultaneamente, si girarono a guardare i rispettivi padri e scoppiarono a ridere di cuore.

"Perché ridete?", domandò Kana.

Akane si asciugò le lacrime che a forza di ridere le sprizzavano dagli occhi e rispose: "Oh, nulla, tesoro, un giorno te lo racconteremo!".

***

"Ehm... è permesso?". Nabiki si voltò alla voce nota e inarcò le sopracciglia per lo stupore.

"Akari Unryu e Katashi Buta!", esclamò, poi lanciò un'occhiata significativa al ventre prominente della ragazza e si ricordò di quando, qualche mese prima, Ryoga e Ukyo avevano dato la notizia che i coniugi Buta avrebbero presto avuto prole.

"Il termine è fra un mese ma mi sento già a pezzi! Dove posso sedermi?", chiese Akari sorridendo. Se qualcuno l'avesse vista in quel momento, con un pancione di otto mesi e solo leggermente claudicante, non avrebbe mai detto che era stata per anni paralizzata dalla vita in giù.

Nabiki le porse una sedia e si mise a chiacchierare per un po' con Katashi: "Se non fosse stato per Ryoga non l'avrei mai conosciuta", dichiarò lui con occhi sognanti.

"Beh, se non fosse stato per te non avrebbe mai camminato", ribatté Nabiki.

"Ryoga ha cominciato a guarirla prima di me. Ma sono felice di averlo sostituito!", disse prima di scoppiare a ridere.

Akari si alzò, accomiatandosi con il marito per andare a salutare gli altri e finalmente Nabiki vide da lontano l'ultima persona che mancava. Gli andò incontro, allontanandosi dal caos: erano più di dieci anni che non lo vedeva, anche se lo aveva sentito spesso per telefono e si erano addirittura scritti.

"Ho sempre dimenticato di dirti una cosa molto importante, ma volevo farlo di persona", esordì mentre lui la guardava così intensamente che si sentì quasi a disagio.

"Cosa, Nabiki?", le domandò riavviandosi il ciuffo di capelli in un gesto simile a quello di suo marito.

"Grazie, Kinnosuke Kashao", disse dal più profondo del cuore, inchinandosi. Non credeva che avrebbe mai fatto un gesto simile nella sua vita.

"Ma... Nabiki, ti prego, non... non ce n'è bisogno, sono passati tanti anni!", balbettò lui, ora a sua volta a disagio.

"Se tu non mi avessi ospitata e poi portata quasi di forza all'ospedale di Tokyo su quel tuo trabiccolo volante, oggi forse non avrei la mia famiglia", continuò mettendo un braccio attorno alle spalle di Haru, che l'aveva raggiunta e guardava lo sconosciuto con curiosità.

"Lui è il signore che ti ha portata all'ospedale come mi hai raccontato?", chiese guardandolo con tanto d'occhi.

"Già, è proprio lui", rispose Nabiki, sorprendendosi di udire la voce di Tatewaki all'unisono con la propria.

"Wow, forte!" esclamò il suo ometto con un sorriso enorme, riempiendola d'orgoglio.

Nel frattempo, suo marito si stava inchinando ringraziandolo a sua volta e Kashao si grattò la nuca in evidente imbarazzo.

"Oh, ma che sorpresa! Come stai, Kashao?". Akane arrivò, trafelata e con la paletta per tagliare la torta in mano: "Ora che ci siamo tutti possiamo spegnere le 11 candeline di Asuka, che ne dite?", propose allegramente.

Gli uomini s'incamminarono parlando tra loro, con Haru che faceva domande più o meno imbarazzanti sulla sua nascita. Per un attimo, a Nabiki parve che il suo bambino avesse due papà e idealmente voleva pensare che fosse così: Kashao era stato quanto di più vicino a un marito e a un padre premuroso potesse chiedere, quando era lontana da Nerima.

"Non ha ancora trovato l'amore, vero?", le chiese Akane mentre camminavano qualche passo dietro di loro.

"Non lo so, ma credo di no. Mi dispiace per lui, però sono certa che arriverà il momento, d'altronde è ancora giovane, no?". Nabiki aveva ancora addosso il suo sguardo carico d'amore, che non lasciava spazio ad alcun dubbio. Sperava di tutto cuore che la dimenticasse prima possibile, l'ultima cosa che voleva era che soffrisse per qualcosa che non avrebbe mai potuto avere.

"Tutti siamo ancora giovani, sorellina", dichiarò Akane impettendosi.

"Oh, certo, così giovani che abbiamo ancora tanto tempo per avere altri figli", buttò lì guardandola di sottecchi.

Incredibilmente, sua sorella arrossì: "Cosa? Oh, no, per ora va bene così, io e Ranma abbiamo deciso che tre è il numero perfetto e Asuka sta cominciando ora gli allenamenti, mentre Ayaka ha solo 8 anni e Kana è ancora molto pi...".

Nabiki, che sapeva come l'avrebbe presa, scoppiò a ridere, lieta di averla messa in difficoltà anche solo per pochi secondi: "Io non parlavo di te, ma di me", disse tutto d'un fiato.

Akane si fermò, guardandola con la bocca spalancata: "Tu...?".

"Oh, no, non ancora! Ma direi che ho pagato il mio pegno e ora posso concedermi il lusso di desiderare di diventare di nuovo madre. Volevo dedicarmi ad Haru completamente, come per ripagarlo del fatto di non averlo accettato durante i primi mesi in cui l'aspettavo. Dopo un anno dalla sua nascita mi sono detta: ok, Nabiki, è un bambino felice, non risente affatto della tua negatività passata, ti stai dedicando a lui anima e corpo, ora rilassati. Me lo sono ripetuta anche quando ha compiuto due anni e tre anni. Non voglio aspettare che ne compia 12 per essere finalmente pronta, quindi mi butterò nella mischia e vedremo cosa succede".

Inspiegabilmente, Akane l'abbracciò e Nabiki si rese conto che sua sorella si era commossa fino alle lacrime. Non ne capiva completamente il motivo, ma la sua nuova apertura nei confronti dei sentimenti le riservava sorprese continue e doveva tutto a quel bambino che somigliava a lei e a suo marito in maniera incredibile.

"Ehi, calma, non vorrai che tutti pensino che ti ho fatta piangere io, vero?", scherzò cercando di ricacciare indietro il nodo che aveva in gola, "Andiamo da mia nipote, abbiamo una torta da tagliare e dei regali da consegnare!".

***

"Bene, eccoci qui. Questa è la scuola di arti marziali indiscriminate Tendo-Saotome e voi... siete gli allievi, i figli del domani, la nuova generazione. Molti di voi sono qui per un legame di parentela e ci conoscono bene, altri hanno sentito parlare della nostra palestra e si vogliono mettere in discussione. Ma credo che solo alcuni di voi proseguiranno questo percorso, magari perché scopriranno di volere altre cose dalla vita".

Akane distolse lo sguardo da Ranma, che parlava con una serietà e una calma che raramente gli aveva visto in volto. Gettò uno sguardo ad Asuka e Ayaka, altrettanto seri e giurò a se stessa che avrebbe accettato qualsiasi loro decisione, anche se avrebbe significato non avere eredi diretti. Kana era ancora troppo piccola, ma spesso si divertiva a emulare i loro movimenti e, se fisicamente le ricordava Ranma-chan con quei riflessi rossi nei capelli, il piglio deciso era inequivocabilmente il suo di quando era ancora una ragazzina. La cosa più divertente, però, era vedere Ranma gonfiarsi d'orgoglio per le sue tre splendide figlie femmine: alla fine aveva avuto ragione lui e Akane non poteva che esserne a sua volta orgogliosa e felice.

Guardò Daiki e Akio, quest'ultimo che sembrava aver deciso di partecipare alle lezioni solo per stare vicino a Misaki, la quale non aveva occhi che per il gemello. Anche Wei Qi non sembrava convinto della sua scelta, ma la sua naturale curiosità per le tecniche marziali, seppur per quelle meno aggressive come nel caso di Akio, lo aveva portato a confrontarsi con se stesso.

Infine, il piccolo Haru, che sembrava un Kuno in miniatura con gli occhi di Nabiki, pareva fremere dalla voglia di impugnare un bokken. Tutti gli altri bambini erano vicini di casa oppure venivano da più lontano e si trovavano lì per imparare le tecniche leggendarie che avevano fatto parte della sua vita e di quella di Ranma, nonché di tutti i loro amici.

"Sappiate che tecniche come il Moko Takabisha, lo Shishi Hokodan o l'Hiryu Shoten-Ha non sono ancora alla vostra portata e, per molti di voi, non lo saranno mai", stava dicendo Ranma come eco ai suoi pensieri, "ma solo i più decisi e i più integri, sia a livello fisico che mentale potranno impararle".

Il fuoco si accese negli occhi di Misaki e di Daiki, mentre sua figlia Asuka sorrise come se sapesse che sarebbe arrivata al livello di suo padre senza ombra di dubbio. Akane ne fu inorgoglita, ma si domandò se la sua estrema sicurezza non le sarebbe stata d'ostacolo.

"Ora vi divideremo in due gruppi: i più giovani si alleneranno con mia moglie Akane, mentre gli altri staranno con me. Nessuno vi obbliga a imparare le arti marziali e non dovete farlo né per dovere, né per stare vicino a qualcuno, perché non funziona così". Lo vide guardare brevemente in direzione di Akio, poi si portò una mano al petto: "L'amore per le arti marziali indiscriminate viene da qui, e io e Akane lo sappiamo bene. Quindi non barate o ce ne accorgeremo". Finalmente, Ranma sorrise e guardò lei.

"Che ne dici, cominciamo?", le domandò facendole l'occhiolino.

"Sì, Ranma, cominciamo", rispose ricambiando il sorriso, sentendosi felice e completa.

Si diedero le spalle, concentrandosi sui rispettivi allievi, dividendosi il dojo come era stato deciso dal destino più di 15 anni prima.
   
 
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